lunedì 26 aprile 2010

Il venditore di poesie



Vendeva poesie agli angoli delle strade. Si metteva lì, col banchetto. Aveva un archivio di poesie. Tu potevi andare lì e sceglierne una, che magari potevi dedicare a tua moglie, alla tua fidanzata, a tua madre. Vendeva poesie sui marciapiedi dove le persone camminavano a passo svelto coi cellulari incollati alle orecchie, ignari della poesia che cinge ogni vicolo ed ogni piazza. Vendeva poesie d'amore e di amicizia, di pace e di speranze.

Lo trovavi sempre lì, ogni santa mattina. All'ingresso della stazione di Rebibbia. E lo ritrovavi sempre lì, ogni santa sera, quando il treno vomitava pendolari. La sera, invece, era solito bazzicare Piazza Navona: tra i ritrattisti vedevi questo banchetto su cui era scritto VENDESI POESIA. Rideva sempre. E se qualcuno obiettava che la Poesia non si vende, non si deve vendere, egli rispondeva: "Non la venderei mica se la gente l'avesse. Ma il mondo ha perso la poesia, io l'ho ritrovata e la rivendo. Quando tutti avranno ritrovato la Poesia, cambierò mestiere.".

Altre sere, invece, specie nei week end, lo trovavi a Castel Sant'Angelo, tra le bancarelle di libri usati. Oppure a Trastevere, a Piazza Trilussa. Era sempre lì, col suo sorrisino in faccia e il suo banchetto di poesie in vendita.

Per diciassette anni ha fatto questo mestiere, il venditore di poesie. Poi, d'improvviso, sparì. Disse agli ambulanti amici suoi che doveva tornare al paese, per un'emergenza. Se qualcuno lo cercava, l'avrebbe trovato la settimana successiva. Dopo un mese, invece, il venditore di poesie tornò, e chiese agli altri ambulanti se qualcuno lo avesse cercato. "I primi quattro-cinque giorni ti hanno cercato un pò di persone, glielo abbiamo detto di tornare dopo una settimana, ma poi non si sono visti più".

Il sorriso, che aveva sempre popolato il volto del venditore di poesie, sparì. La carnagione si fece pallida. Gli occhi si arrossarono, e si inumidirono. Non disse nulla. Ringraziò gli ambulanti e li salutò. "A domani", disse loro.

Sono undici anni, da quella sera, che quel domani non arriva.

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