mercoledì 30 ottobre 2013

Riferimenti meridionalisti identitari



Il secessionismo come componente delle proteste e delle manifestazioni sociali? 
Non è una mia idea...ma di Zitara....

Il meridionalismo come componente culturale del superamento ideale del nazionalismo giacobino?
Non è una mia idea...ma di Vitale....

Il meridioanlismo come movimento ideale di antagonismo al sistema camorristico?
L'ha inventato Tassoni...

L'alfabetizzazione del popolo meridionale alla verità storica? 
l'ha fatta Pino Aprile...

La propensione politica del meridionalismo?
I primi furono Barone e Manna 

Il meridionalismo culturale come arma da usare nei media?
Manna (de gregorio-de Marco-canale 21.tormentone) fu maestro a tutti.

Il meridionalismo come idea mediterranea?
Idea di Franco Nocella... con tentativo (ottimo) di riconcretizzazione concettuale di Esposito 

Il meridionalismo come sfondo su cui rivalutare l'epoca Borbonica e di conseguenza tutto il sud ed ridare orgoglio al nostro popolo?
De crescenzo-Pazzaglia-Gulì-Lanza-Laricchia....sono stati precursori e sono grandi motori.

La rivalutazione storica come movimento d'Opinione al fine di una nuova nazione e di una nuova idea di nazione... con tanto attivismo?
Marro ha dato l'anima...

L'imporre una visione nuova del meridionalismo, professionale, profonda, preparata,pulita senza orpelli e senza torcicollo?
Parlato...solo lei poteva riuscire in un'impresa ardua....

Nando Dicè

martedì 29 ottobre 2013

La via identitaria è l'unica che conduce alla Libertà



Quando i Catalani scesero in piazza per chiedere l’indipendenza della Catalunya dalla Spagna, mostrarono le loro bandiere nazionali e alcuni cartelli in cui erano scritte parole d’ordine e rivendicazioni del movimento.

Un cartello mi colpì, anche perché, in tutto quel fiorire nazionalistico che si traduceva anche nello scrivere e nel parlare in Catalano invece che in Castigliano (lo Spagnolo ufficiale), era scritto in inglese: “Not better, not worse: just different!”.

Tradotto: non migliore né peggiore, ma differente. Semplicemente differente. Possiamo dire che il fondamento dell’Identitarismo, e quindi del meridionalismo identitario di cui Insorgenza Civile è l’incarnazione, è riassumibile in questo assunto: i Popoli non sono migliori o peggiori di altri, ma sono differenti.

Noi Napulitani, che con fierezza non riconosciamo lo Stato unitario italiano come nostro “stato nazionale”, non lo facciamo perché ci sentiamo migliori dei toscani, dei liguri o dei sardi. Il nostro orgoglio identitario non nasce dal desiderio di non “mischiarci con quelli”, perché noi “non ci abbiamo nulla da spartire”; nasce, viceversa, proprio dalla consapevolezza che, fino a quando le varie comunità nazionali saranno costrette dentro uno Stato unitario che per storia e cultura non poteva né doveva nascere, la libertà di tutti e di ciascuno sarà una chimera irraggiungibile, mentre la realtà sarà sempre fatta di catene economiche e culturali che il Sistema (nel nostro caso, il Sistema Italia, espressione degli interessi economici del nord) imporrà e difenderà, con la forza del poliziotto, col voto del parlamentare ascaro e con la penna del giornalista.

“Ragionate come la Lega” è l’altra accusa che spesso viene mossa. Accusa a cui è fin troppo facile rispondere: la Lega non è altro che il frutto di un provincialismo estremizzato, che ha chiuso le menti invece di aprirle, che ha ceduto all’egoismo del Sistema liberista e colonialista e l’ha difeso, invece di combatterlo. La Lega ha inventato una nazione (la Padania), mentre noi abbiamo avuto sette secoli di unità nazionale, prima dell’invasione piemontese; noi non dobbiamo inventarci una storia, noi abbiamo una storia.

Il leghismo esiste solo in funzione di un nemico (Roma Ladrona e i Terroni mantenuti), mentre la nostra Identità è a prescindere, direbbe Totò. La via identitaria è l’unica che può condurre alla libertà di tutti e di ciascuno, perché è l’unica fondata sull’accettazione, e non sulla negazione, delle differenze, senza dare a nessuno l’etichetta di “migliore”.

martedì 22 ottobre 2013

Hanno le panzane piene



La pornostar Nappi: «Brunetta perfetto per un film hard».
Ho capito, Biancaneve, ma te ne mancano altri 6...

Esce l'ultimo libro di Fabio Volo. Sperando che Dio esista.
Si intitola "La strada verso casa". Mi auguro che la trovi occupata.
La strada verso casa. Tra qualche anno potrò dire "io non lo lassie".

Alfano: "La manovra non è il Vangelo".
Se l'avesse scritta Berlusconi non direbbe così...

Letta: "L'immigrazione in Italia è un problema europeo".
Bruxelles: "Siamo d'accordo", e poi estromette l'Italia dall'Unione Europea.

"Sulla clemenza a Berlusconi sono stato chiaro", ha detto Napolitano, parlando come Di Natale.

Il Giornale paragona Berlusconi a Kennedy.
Olè, olè, olè olè... Oswald...Oswald!

lunedì 21 ottobre 2013

Fassina: "Maradona è un miserabile"


Briatore a Sky


Rapporto Svimez: il Sud va sempre peggio!



Come ogni anno, puntuale, arriva il bolletino Svimez sullo stato del Mezzogiorno. Un baraccone tenuto in piedi da bende e prebende, quello dello Svimez, del quale francamente ci chiediamo quale sia l’utilità dal momento che il fosco quadro presentato di anno in anno e le ipotetiche possibilità di sviluppo del Sud sono sempre inquadrate in un quadro nazionale che è chiaramente ai nostri occhi inesistente.

Ogni anno, dunque, la sintesi del disastro compiuto dall’Italia verso il Mezzogiorno, su cui discettano politici ed economisti. Quest’anno, giusto per la cronaca, dal Rapporto annuale sull’economia del Sud, sapete cosa viene fuori? Che il Mezzogiorno rischia la desertificazione industriale. Ma no, davvero? Non è così da 153 anni?

Secondo il rapporto Svimez, ovviamente presentato a Roma mica a Napoli, Bari o Palermo, i consumi non crescono da cinque anni e si continua a emigrare al Centro-Nord. Una famiglia su 7 guadagna meno di mille euro al mese, la disoccupazione reale supera il 28%, crescono le tasse e si tagliano le spese. Situazione ancora più grave riguarda proprio le famiglie che, in un caso su quattro, rischiano la povertà, anche con due stipendi in casa.

E ancora, grande scoperta, il rapporto Svimez segnala che negli ultimi venti anni sono emigrati dal Sud circa 2,7 milioni di persone. Riguardo alla provenienza, in testa per partenze la Campania, con una partenza su tre 36.400. In direzione opposta, da Nord a Sud, sono circa 61mila persone, che rientrano nei luoghi d’origine, soprattutto Campania. Unico dato interessante è questo, a nostro avviso: c’è un emigrazione di “ritorno” in atto, che qualcosa significa e sulla quale varrà la pena soffermarsi prossimamente

Puntuale come ogni anno, oltre al rapporto, arriva anche la letterina di Giorgio Napolitano in qualità di capo dello Stato italiota. Stavolta però raggiunge forme di paradosso mai lette prima: “In questa direzione e’ necessaria una riqualificazione delle stesse istituzioni, che permetta di superare diffuse inefficienze e di assicurare la realizzazione di politiche nazionali ed europee dirette alla crescita dell’economia e dell’occupazione.”

Ma di quali linee di sviluppo parla Napolitano? Riqualificare le Istituzioni? Incominciasse da se stesso. Fascista da giovane, Comunista da adulto, Liberista da Vecchio. Incominciasse a dire che quelle istituzioni sono il suo fallimento, che le inefficienze sono frutto della sua politica come ministro degli interni che segretava le dichiarazioni di Schiavone.

Ma poi realizzare le politiche nazionali ed europee, se la SA RC è ancora in via di realizzazione? Quando poi parla di crescita, mica si riferisce alla crescita dell’incremento tumorale? Perchè al Sud quella si che è in via di sviluppo. Napolitano è il grande liquidatore di una SPA fallita di nome italia. Si dimetta, vada al confino….e ripartiamo da capo, con la elezione su base singola e senza partiti di membri della società che riscrivano tutta la costituzione…noi del sud vogliamo la rottura del patto costituzionale…l’Italia non solo sta uccidendo il Sud, ma ci trascina in un baratro senza fine….salviamoci finchè siamo in tempo.

Tratto da Insorgenza

Decreto del fare: mancano i soldi per le infrastrutture al Sud



Ceffone sonoro ai creduloni che hanno dato credito alle balle contenute nel “decreto del Fare”, a chi ancora si illude che questo Stato e questa classe politica possano portare benefici al Sud.

Dopo gli annunci del premier Enrico Letta, che alla Fiera di Bari aveva ribadito che presto si sarebbe proceduto a rendere superveloce una tratta oggi collegata da un paio di eurostar e soprattutto da autobus turistici che impiegano 4 ore circa per percorrere la Napoli-Bari, ecco la verità svelata dalla magistratura contabile.

Nonostante gli annunci dopo il decreto del Fare, infatti, all’appello mancano almeno 100 milioni di euro per realizzare la tratta. In poche parole il primo lotto dell’alta capacità ferroviaria tra Napoli e Bari non è dotato di copertura finanziaria certa.

E’ questo il motivo per cui la Corte dei Conti ha negato il visto di legittimità al progetto preliminare della tratta Cancello-Frasso Telesino e della variante di Maddaloni, il cuore dell’opera.

Ma le carte – pare che sia la prima volta nella storia d’Italia – sono state rispedite al Cipe. Con il risultato che l’avvio della gara d’appalto, previsto entro dicembre 2013, slitterà di almeno un anno.

Nell’occhio del ciclone c’è proprio la delibera Cipe del 18 febbraio scorso giudicata addirittura “illegittima” anche sulla base di “aspetti poco chiari” nelle fonti di finanziamento per il raddoppio della linea storica Cancello-Frasso Telesino, che richiederà 6 anni di lavori: 200 dei 730 milioni dovrebbero arrivare dagli ex Fas, 100 dal cofinanziamento delle Regioni, gli ultimi 430 da «altre risorse statali a valere sulle disponibilità del contratto di programma Rfi». Ma di questi 430, in realtà ne mancano all’appello 100.

Risibile la giustificazione del Cipe che, ricordiamo, è il comitato interministeriale che decide gli investimenti infrastrutturali, che se l’è cavata promettendo «di reperire detto importo, con priorità di finanziamento, nella rimodulazione del prossimo contratto di programma Rfi». Circostanza, questa che secondo la Corte dei conti rischia di «dare luogo a fenomeni patologici», cioè al rischio di non portare a termine l’appalto.

Letta però su questo non ha detto più una sola parola. In un suo recente discorso, però, si era vantato che lo “sblocca cantieri” avrebbe dato nuove infrastrutture al mezzogiorno. «Lo sblocca cantieri – aveva detto Letta – ha fatto ripartire l’Alta Velocità Bari-Napoli». Ma quella che per il governo (e non solo per questo, ma anche per i precedenti) è considerata una priorità per far ripartire il Sud, in realtà è solo un raddoppio di binario da Cervaro (alle porte di Foggia) a Caserta (da Bari a Foggia-Cervaro, così come da Caserta a Napoli, c’è da sempre): 160,275 chilometri, stabiliscono le carte delle linee ferrate. Il protocollo d’intesa del 27 luglio del 2006 (firmato da ministero delle Infrastrutture, Regioni Puglia e Campania, Ferrovie dello Stato e Rfi) riguardava, e riguarda, l’Alta Capacità ferroviaria, non l’Alta Velocità, quella della linea tirrenica, per intenderci.

In pratica si tratta della possibilità di far viaggiare i treni con maggiore frequenza (proprio perché invece di un binario ce ne saranno due) così che, quando l’opera sarà completata, ogni giorno viaggeranno 15mila passeggeri e 6mila tonnellate di merci in più. Quando l’opera sarà completata, appunto. Considerata la presa di posizione della magistratura contabile, e facendo due rapidi conti, forse l’alta velocità ferroviaria tra Napoli e Bari nelle più ottimistiche previsioni vedrà il suo completamento nel 2030…

Proprio sicuri che abbiamo tanto tempo davanti?

Tratto da Insorgenza

domenica 20 ottobre 2013

Nessuno scontro? Nessuna notizia!



Ce li vedo, i giornalisti di regime. Nella tarda serata di ieri avranno certamente spento le telecamere, staccato i microfoni, chiuso i taccuini con quell'amarezza tipica di chi si aspettava lo scoop degli scontri furenti, delle camionette incendiate, dei vetri in frantumi, dei bancomat distrutti. Nulla di tutto questo. Quei cattivoni dei NoGlobal travestiti da NoTav travestiti da Black bloc travestiti da Autonomi non hanno fatto niente. Forse - e dico forse - c'è stato qualche scaramuccia nei pressi della sede di CasaPound, ma in generale nessuno spargimento di sangue, nessun terrorista da spedire in prima pagina, nessuno speciale di Porta a Porta sulla "galassia anatgonista".
Tutto ciò è un bene? Da un certo punto di vista, sicuramente si: ogni supposta per il Sistema e i suoi pennivendoli è sempre positiva. E sicuramente in molti, ieri, tifavano per gli scontri. Il problema, semmai, si pone il giorno dopo: quanto spazio ha avuto lo sciopero generale del 18 e il corteo del 19 ottobre sulla stampa nazionale e internazionale? Poco più di zero. Siccome è andato tutto bene, siccome i manifestanti sembravano delle pecorelle ammaestrate che andavano da un punto A a un punto B senza creare troppi problemi... che ne parliamo a fare? Chi ce lo fa fare di riempire le pagine dei giornali, e i servizi televisivi, che avevamo tenuto liberi per gli scontri annunciati? Magari dobbiamo riempirli pure con le reali motivazioni delle manifestazioni, con le rivendicazioni sociali di queste zecche comuniste e anarchiche! Poi il direttore si incazza, il padrone si infuria...
Allora hanno pensato bene di utilizzare l'assioma: nessuno scontro, nessuna notizia. Siccome non è successo ciò che il Sistema voleva, i media del Sistema non ne devono parlare.

Su questo tema il "movimento" deve riflettere, con urgenza. Ci riflettano tutti i movimenti: quelli dei lavoratori e quelli per il diritto all'abitare, quelli contro le discariche a quelli contro le opere inutili. Cosa vogliamo, dal punto di vista comunicativo? Vogliamo che le nostre battaglie abbiano risonanza mediatica? O vogliamo provare ad ingrossare le fila dei nostri cortei, puntando sui social network e sulla controinformazione?
Nel primo caso, gli atti vandalici e gli eventuali scontri violenti sono una necessità imprescindibile. Non avremmo conosciuto il problema del TAV in Valdisusa, nè il tentativo di sversare altra munnezza a Terzigno, nè tante altre cose se non avessimo assistito a scontri e persino ad atti di sabotaggio. I riflettori della "informazione" non arrivano se non c'è carne sul fuoco, e la stragrande maggioranza delle persone si informa dai canali mainstream.
Si pone, ovviamente, un problema pratico: più le piazze diventano roventi, più le persone si spaventano e magari preferiscono stare a casa invece di partecipare a cortei, assemblee, iniziative e altro. E qui arriviamo al secondo caso: una piazza tranquilla, goliardica, colorata è sicuramente più invitante di una rissosa e arrabbiata. E' facile pronosticare che una manifestazione pacifica avrà una partecipazione maggiore, e gli ultimi cortei del 18 e, soprattutto, del 19 ottobre (più di 70mila persone, completamente autorganizzatesi, senza partiti o sindacati confederali a gestirli) stanno lì a dimostrarlo. Ma chi ha saputo i motivi delle mobilitazioni? Coloro che ieri sera o stamattina hanno visto il TG1 o il TG5 (i due telegiornali più visti in italia), adesso conoscono la piattaforma rivendicativa di chi è sceso in piazza? Sanno perchè 70 mila persone sono scese in strada ieri?
No, non lo sanno. E se non si mettono su internet a cercare di informarsi, non lo sapranno mai. E' su questa scelta tattica che si decide il presente e il futuro di tutti i movimenti antisistemici.

sabato 19 ottobre 2013

Basta coi cattivi maestri! Evviva i cattivi discepoli!



Ogni volta che una pietra infrange il vetro di un Mc Donald's, sento parlare di "violenti".
Ogni volta che una trave sfascia un bancomat, sento parlare di "teppisti".
Ogni volta che una molotov incendia l'asfalto, sento parlare di "terroristi".
Ogni volta che un presidio reagisce alle cariche della sbirraglia, sento parlare di "antagonisti".
Ogni volta che un manifestante vestito di nero fa qualcosa che ai benpensanti non piace, sento parlare di "Black Bloc".
Ogni volta che c'è una occupazione, sento parlare di "comunisti" o "anarchici".
E soprattutto, ogni volta che accadono queste cose sento parlare di "cattivi maestri".
Chi c'è dietro questi pericolosi sovversivi che distruggono tutto e attentano alla liberaldemocrazia occidentale? Su quali scritti si sono formati? Chi li spinge a compiere tali deplorevoli atti?
C'è chi la butta in filosofia: Nietzche, Marx, Lenin, Stirner e altri sarebbero i cattivi maestri. Altri puntano su qualcosa di più contemporaneo: Negri, Evola, Bonanno, fino ad arrivare a Travaglio (!) e Grillo (!!).

Mi fa piacere tutto ciò. Godo nel vedere i pennivendoli di regime attaccare tutte le forze e le individualità antisistemiche, accusandole di essere i bravi discepoli dei succitati cattivi maestri.
Non hanno ancora capito che noi siamo i cattivi discepoli di quei buoni maestri che bazzicano la Trilateral, il Club Bilderberg, la Bocconi, il Corriere della Sera, i vari think tank neocons o neodem, Confindustria, il sindacato collaborazionista, i partiti liberaldemocratici, e munnezza varia. Noi abbiamo preso gli insegnamenti di queste strutture di Sistema, li abbiamo analizzati, li abbiamo criticati e lavoriamo per capovolgerli.

Si, siamo proprio dei cattivi discepoli...

mercoledì 16 ottobre 2013

Cronaca insorgente degli eventi di italia - Armenia



“Luce guarda che viene un ragazzo per organizzare qualcosa per Italia Armenia”. Gianni lo abbiamo conosciuto così, come spesso capita in Insorgenza. Qualcuno che ci contatta, perché magari sa che con noi le cose si fanno. Senza troppi bla bla bla. Era la prima settimana di settembre.

E si, perché di manifestazioni noi di Insorgenza, come è noto, ne abbiamo in attivo a decine. Abbiamo una sede aperta da cinque anni e un sistema “operativo” più o meno rodato… Massimo che impagina i volantini, Cec che si occupa degli slogan, Donato che organizza il gruppo in piazza e mantiene i rapporti con la Digos, che regolarmente informiamo dei nostri spostamenti, io e Nando che gestiamo propaganda o altre problematiche pratiche. E poi Vincenzo che manda messaggi a tutti, Marika che diffonde i link sul web  e tanti tanti altri più o meno con compiti fissi.

Poi di volta in volta, nuove teste si uniscono e ci affiancano. In questo caso Errico, un ragazzo di Mugnano, per il nuovo volantino. E Gianni, appunto, venuto da noi un mese fa a chiederci una mano.

A settembre si decide dunque di aprire un gruppo su fb, non come insorgenza (tant’è che nessuno di noi lo gestisce tranne Gianni, appunto) con l’appuntamento. Per noi insorgenti, e ne avevamo parlato anche con il nostro gruppo di Casal di Principe, impegnato sul territorio della Terra dei fuochi, era fondamentale il messaggio contro il biocidio. Ma poi gli eventi avevano avuto il sopravvento, con Prandelli che aveva deciso di dedicare la partita alla lotta alla camorra. Era nata così l’idea di definire la partita derby dal momento che proprio sulla terra dei fuochi le complicità Stato-camorra sono comprovate. Il volantino l’avevamo concepito così e pure lo strisicone.


Gianni in queste settimane lo abbiamo visto in sede un altro paio di volte, sempre per la manifestazione del 15. L’ultima lunedì pomeriggio quando tutti insieme, sempre sotto la regia dell’instancabile Donato, ci siamo visti in sede per mettere a punto le ultime cose e soprattutto lo striscione, a mio avviso tra i più belli della nostra storia, del cui testo avevamo informato la Digos appunto, che ci aveva autorizzati a attaccarlo FUORI allo stadio fino a inizio partita e il cui testo vedete nella foto qui sopra. Un testo abbastanza forte, cazzuto, chiaro.

E così tutto organizzato come sempre, alle 16 ci siamo ritrovati tutti nel piazzale dove sono i varchi per i distinti a iniziare il volantinaggio davanti al nostro striscione, ripreso per un puro caso anche da un cameramen del tg3 di passaggio.

Alle 19 30, a volantini finiti, abbassiamo lo striscione anche su richiesta della Digos. Nando, febbricitante, va a casa, così come Checco, il leone del web, Antonio, e altri. Dentro allo stadio, del nostro gruppo, entrano solo Giovanni e il suo amico da noi appena conosciuto, ma subito “insorgentizzato” grazie alla nostra bandana, Pasquale e Floriana con un biglietto omaggio dell’ultim’ora, Gigi ed Elena che lo avevano comprato fuori allo stadio. Io, Donato, Gegè, Lorenzo e non ricordo chi più, decidiamo di aspettare l’inno per fischiare da fuori. Ma poi, dopo, “intalliamo” tra una birra, una chiacchiera e un “goool” urlato a squarciagola che l’Armenia rifila subito all’Italia, che ci procura addosso i  soliti sguardi attoniti di quelli del camioncino dei panini parcheggiato di fronte a noi.

A un certo punto, quasi alla fine del primo tempo, da dentro arriva sul mio cellulare la telefonata di Elena: “Ragazzi, correte hanno preso Gigi”. Corriamo, abbandonando persino lo striscione ormai arrotolato (e poi recuperato da Donato più tardi) fuori al varco delle tribune dove erano entrati tanti altri gruppetti e tanti singoli per sventolare dagli spalti la bandiera delle Due Sicilie o per esprimere il lutto vestiti di nero, ma principalmente per aggredire sonoramente l’inno di Mameli, simbolo di un’Italia nella quale noi, come altri, non ci riconosciamo.

Questi gli intenti di tanti ambientalisti e meridionalisti: un intento pacifico, per la terra dei fuochi. Tanti infatti gli striscioni e i cartelli che erano comparsi allo stadio. Tra questi quelli di Francesco, un avvocato iscritto a Insorgenza e poi fondatore di Unione mediterranea ma, soprattutto, un amico, che aveva distribuito volantini con su scritto “Napoletani per discriminarci, italiani per inquinarci” subito sequestrati dagli stewart.

Sì perché dentro qualcuno, non noi ma un altro gruppo, era entrato allo stadio con un mega striscione e Gianni, Floriana, Jorge, Gigi, Elena e Pasquale si erano trovati là vicino, sugli spalti. Uno striscione ben più soft del nostro, più leggero, che recitava: “Mentre vuje pazziate nuje murimm avvelenat”. Con estrema violenza, pare perché coprisse la visuale delle telecamere Rai, uno stewart alto due metri accompagnato da altri cinque, si era però avvicinato subito al gruppo dei nostri e, spintonando tutti, aveva strappato di mano ai ragazzi lo striscione.

E’ in questo caos che Jorge, il più bassino rivelatosi poi il più tosto, aveva provato a spiegarsi rivolgendosi all’armadio: “Lo facciamo anche per voi” con il risultato di vedersi sollevato, strattonato, preso a ceffoni. Gianni e Gigi, a quel punto, istintivamente si erano avvicinati allo stewart dicendo di lasciare Jeorge, che non aveva fatto nulla se non esprimere un pensiero. Con il risultato di trovarsi l’uno ammanettato e trascinato violentemente giù allo stadio e l’altro di essere identificato salvo poi essere rilasciato perché furbamente aveva millantato di essere un avvocato (“Vuje nun c’entrate niente, avvocà” gli avevano detto i poliziotti, restituendogli i documenti).

Donato, io, Pasquale e Floriana ormai usciti, Gegè, Elena e Gigi, ci mettiamo a parlare da fuori con i poliziotti che erano dentro e che spiegavano a me, ignorante da stadio sempre più consapevole, che gli stewart nello stadio hanno poteri di polizia. Cerco di capire come funziona e scopro che lo stadio è una vera e propria zona franca. La legge insomma consente a gente non qualificata di arrestare addirittura dentro: gli stewart hanno questo potere nonostante siano vigilanti privati, pagati dalle società che gestiscono gli stadi. Incompetenti, violenti? Che importa! La legge consente loro tutto e il contrario di tutto in quella che ormai – si è capito – per lo Stato italiota è un luogo dove vigono altre regole.

Comunque nel caos a un certo punto vediamo Gianni e Jorge ammanettati e portati via dalla volante della polizia. Riusciamo a capire solo che li portano al commissariato San Paolo, là di fronte, dove ci avviamo tutti in fretta, incluso Francesco, che è avvocato, e dove ci raggiunge poi Nando, avvertito a telefono. Degli autori dello striscione, che ripeto non era nostro, neanche l’ombra (anche se due di quel gruppo ci raggiungono poi in tarda serata, incazzati più di noi).

Giro di telefonate e ci rassicura il fatto che alcuni hanno ripreso tutto e che dunque abbiamo, a parte numerosissimi testimoni oculari, il video del bestione che infierisce su Jorge e gli altri, insieme a diversi agenti della polizia.

Ecco, la polizia. Come ho detto e tengo a precisare, come Insorgenza abbiamo avuto sempre un rapporto corretto con la Digos, correttissimo. Non siamo pazzi, non lanciamo i nostri ragazzi per strada come kamikaze. Abbiamo sempre parlato di come gestire la piazza, sempre invitato tutti a mantenersi calmi, a non fare cazzate, a non rischiare inutilmente denunce. E infatti basta guardare la nostra storia: decine e decine di manifestazioni sempre pacifiche, sempre prive di qualsiasi violenza. Ci conoscono. Ci conoscono uno per uno. Nomi e cognomi. Chi siamo, dove abitiamo, dove ci vediamo. Cose normalissime in uno Stato di polizia come il nostro, cose che non ci sconvolgono, di cui siamo consapevoli.

Tant’è che fuori al commissariato, quando accorrono anche gli agenti Digos che seguono sempre i nostri cortei e i nostri presidi, ci domandano di Gianni e Jeorge: “Non sono nostri iscritti, ma trattateli come se lo fossero”. Gianni e Jeorge dentro, intanto, da uomini veri quali hanno dimostrato di essere ieri (per me insorgenti ad honorem) scagionano il movimento da ogni coinvolgimento. “No, non siamo iscritti a insorgenza”. E del resto, mentre entrava spintonato in macchina dai poliziotti, Gianni mi aveva già detto: “Luce non fatevi coinvolgere, non vi preoccupate”. Ma poi mi aveva sorriso da dentro al commissariato quando ci aveva visto tutti là fuori ad aspettarlo. E quando finalmente due ore dopo Gianni e Jeorge sono usciti fuori, hanno trovato tutti noi insorgenti ad abbracciarli.

Chiedo a Jeorge se avesse avuto paura. Mi risponde di no. “Sapevo di non aver fatto niente”. E’ piccolo d’altezza, ma grande. E tosto. Gianni ancora di più. Già sorride. E’ calmo. Mi piace.

Si torna a casa. Alcuni vengono a casa nostra, dove restano fino alle 4: si sfogano. Tanti altri sono ancora connessi, si materializzano su fb per ribattere a qualche imbecille buono a fare il gioco del sistema, a qualche rivoluzionario da tastiera che parlava di flop della fischiata. Per difendere chi c’era, comunque, e di qualunque gruppo facesse parte. Per difendere – rendetevi conto a che punto basso siamo arrivati nel mondo meridionalista – chi ha avuto il coraggio di metterci la faccia. Io penso ai tanti striscioni offensivi che ci indignano, quelli che invocano la nostra morte, quelli che ci chiamano colerosi. Per quelli no, non si muove nessuno stewart. Nessun poliziotto. Nessuno squallido Che Guevara da pc. E scrivo la mia cronaca per l’unico giornale libero dove sono riuscita a trovare spazio, Paralleloquarantuno.

Alle 6 e 30 del mattino vado a dormire. Amareggiata ma più forte. Orgogliosa del gruppo nel quale milito. Orgogliosa di aver trovato ancora una volta altri come noi. Grazie ragazzi.

Lucilla Parlato, tramite Insorgenza.it

Perchè lo Stato italiota carica gli Insorgenti



Con tutto il rispetto per chi fa il proprio lavoro, siamo in uno stato di polizia e ieri al San Paolo di Napoli lo si è visto. Lo si è vissuto.
Il gruppo era folto, come nelle grandi occasioni per Insorgenza civile, movimento con il quale ho partecipato alla manifestazione per la Terra dei fuochi in occasione di Italia-Armenia: un volantinaggio e uno striscione fuori allo stadio, settore tribune, dalle 16 a inizio partita, concordato con la Digos, a cui si era chiesta, come di consueto, regolare autorizzazione.
striscione autorizzato insorgenzaDa tempo si era deciso che la partita Italia-Armenia sarebbe stata l’occasione per lanciare un piccolo segnale contro quello che orrendamente viene definito “biocidio”, ossia lo sterminio della nostra gente tramite sversamenti tossici nei territori tra Napoli e Caserta. Da Casal di Principe, Pianura, e da altre parti della “Terra dei fuochi”, quelli che nel gruppo di Insorgenza da anni combattono sul proprio territorio contro gli abusi all’ambiente erano tutti presenti, tant’è che alle 19 i volantini erano già finiti.
Alle 19,30, mentre nel piazzale cominciavano ad affollarsi scolaresche tricolorate, grazie ai numerosi biglietti omaggio donati alle scuole per riempire un San Paolo insolitamente deserto, su richiesta della Digos decidiamo di abbassare lo striscione. Alcuni ci salutano, qualcuno entra dentro, il grosso resta a chiacchierare fuori allo stadio anche per ascoltare i fischi e fischiare, seppur dall’esterno.
Dentro, infatti, altri gruppi e tanti singoli avevano deciso di comprare i biglietti, per sventolare la bandiera delle Due Sicilie o per esprimere il lutto vestiti di nero, ma principalmente per aggredire sonoramente l’inno di Mameli, simbolo di un’Italia nella quale noi, come altri, non ci riconosciamo.
Dieci minuti dopo la “fischiata”, però, la telefonata allarmata di una delle nostre ragazze fa cambiare verso alla serata: “Venite al varco presto, hanno ammanettato Gigi”.
Era successo che un altro gruppo aveva esposto sulle tribune uno striscione: “Mentre vuje pazziate nuje murimme avvelenate” e che pochi minuti dopo uno steward, accompagnato da altre quattro persone, lo aveva strappato via dalla tribuna violentemente, spintonando tutti, tra cori improvvisati della platea contro la polizia “tumori, tumori, tumori” e tentativi di spiegazione da parte di uno dei ragazzi vicini a Insorgenza, che più che difendere uno striscione non nostro difendeva un principio: “Lo facciamo anche per voi”.
Ed è a quel punto che lo Stato di polizia si è materializzato nella sua brutalità.
Perché uno Stato che consente che dei ragazzi che non hanno fatto null’altro che esprimere un pensiero, un messaggio, siano aggrediti da uno steward, presi a schiaffi dai poliziotti, minacciati, fermati, interrogati per ore, non è accettabile, non è civile. E in questo Paese lo abbiamo visto accadere troppo spesso in questi ultimi anni, troppe volte, nonostante tra i poliziotti, fuori al commissariato San Paolo di Fuorigrotta, c’è stato chi, in abiti borghesi, dopo è venuto a chiederci scusa.
Complici video, foto, tante testimonianze in nostro possesso, i due “colpevoli di pensiero” alla fine, sono stati rilasciati.
Al contrario di chi aveva introdotto lo striscione allo stadio, dileguandosi alla vista della polizia, la loro colpa è di aver difeso la libertà di dire che ci avvelenano. Un concetto molto meno forte del nostro, autorizzato, che chiamava in causa Stato, camorra e industrie ma molto più fastidioso per le telecamere Rai, che intanto raccoglievano ipocrite l’appello per salvare i bambini del terzo mondo. Ma non i nostri qui.
Una serata indelebile e amara come poche. Amara come il ricordo di tanti altri striscioni visti sugli spalti. Ad esempio quelli che invocavano il Vesuvio a lavarci sul fuoco.
Per quelli non si è mossa mai una mosca. Non è una storia di ordinaria italianità?

Tratto da Parallelo 41

A.I.C.A.B.
All Italian Cops Are Bastard

Onore alla Albano antifascista che insorge



Non è possibile non gioire nel vedere cittadini di tutte le età scendere in piazza e difendere la memoria e l'attualità democratica e antifasista della propria città. E' quello che è accaduto ieri ad Albano Laziale, in occasione del tentativo di funerali per il boia nazista delle Fosse Ardeatine, Erich Priebke. La salma del criminale mai pentito è arrivata ad Albano Laziale dopo che il Prefetto di Roma, il famigerato Pecoraro, aveva annullato la delibera del Sindaco Marini che impediva al feretro di arrivare in città.
Una decisione assolutamente immotivata e incomprensibile, anche alla luce del fatto che Albano Laziale (e un po' tutta la zona dei Castelli Romani) è stata storicamente colpita dal nazifascismo ed ha duramente lottato per la Liberazione; inoltre, è notorio che ad Albano viva Maurizio Boccacci, nazista e negazionista dichiarato, più volte arrestato per le sue attività politiche di stampo fascista; infine, il funerale del maiale nazista sarebbe stato celebrato in una chiesa lefevbriana, afferente cioè ai cristiani scismatici integralisti di Lefevbre, negazionisti e tradizionalisti.
Tutti questi motivi avrebbero dovuto scongiurare la scelta di Albano Laziale come sede per i funerali del gerarca nazista, ma il prefetto Pecoraro se ne è altamente sbattutto gli zebedei ed ha spedito pure un bel mucchietto di sbirraglia. E' molto grave che un prefetto non calcoli i rischi di decisioni di tale natura. Infatti non ci è voluto molto prima che vi fossero scontri e tafferugli, che hanno raggiunto l'apice nella notte, quando la Albano antifascista aveva già causato la sospensione del rito funebre e presidiava le strade manifestando in maniera netta il proprio disgusto e odio per Priebke e per il nazifascismo. Nonostante una ventina di fascistelli dai 17 ai 70 anni, con tanto di saluto romano e canti indegni, fosse giunta ad Albano col solo intento di provocare i manifestanti democratici e antifascisti, la sbirraglia non è intervenuta: si sa, i servi del Sistema e i fascisti sono sempre dalla stessa parte della barricata.

La Albano antifascista ha vinto la battaglia: il funerale non è stato celebrato e il feretro è stato trasportato all'aeroporto di Pratica di Mare, da dove probabilmente verrà spedito da qualche parte. Cittadini di tutte le età e, probabilmente, di varia estrazione politica e sociale (imprenditori e disoccupati, elettori del PD e militanti comunisti) sono scesi in piazza ed hanno urlato la loro rabbia e il loro disprezzo, difendendo la memoria della propria città e impedendo al solito gruppetto di fascisti di celebrare una specie di parata nostalgica per rendere omaggio ad un essere abietto come Priebke.
I cittadini di Albano hanno dimostrato, ancora una volta, come si ottengono i risultati: lottando, scendendo in piazza, bloccando le strade, presidiando il territorio. 

In una parola: insorgendo.

martedì 15 ottobre 2013

Volantino insorgente per Occupanti - Armenia


L'Insorgente num.1




A quindici giorni dall'uscita del numero 0 de "L'Insorgente - quindicinale meridionalista identitario", esce oggi il numero 1, che è possibile leggere cliccando qui: L'Insorgente num.1 . 
Chiunque volesse collaborare con articoli, foto, disegni, poesie o altro, è pregato di contattarmi alla mail ant.lucignano@libero.it
Il prossimo numero uscirà il 1° Novembre.
Saluti insorgenti!

lunedì 14 ottobre 2013



Cariche della polizia sui manifestanti, nel tentativo di fermare la mobilitazione, in corso ormai da tempo, contro il biocidio nella “Terra dei fuochi”.

Stamattina centinaia di manifestanti e residenti si sono ritrovati sotto la sede dell’assessorato regionale all’Ambiente in via Depetris a Napoli per protestare contro la realizzazione di un nuovo inceneritore a Giugliano, nel Napoletano.

Oggi, nonostante il bando sia stato sospeso, era prevista l’aggiudicazione dell’appalto. Stamattina una quarantina di manifestanti erano riusciti a entrare nell’edificio esponendo scritte come ‘L’inceneritore né a Giugliano né altrove’.

Un’invasione pacifica che ha determinato una carica da parte delle forze dell’ordine. Feriti e contusi ancora non si contano. Scrive Ciro Corona, di Resistenza Anticamorra, sulla sua pagina fb: “Pestati a sangue i manifestanti che con le mani alzate protestavano contro l’apertura delle buste della gara d’appalto x l’inceneritore di Giugliano… SIETE COME SCHIAVONE urlava ai celerini e ai politici la folla che assisteva al massacro”. Una vera e propria vergogna.

Sul fronte istituzionale come è noto sono due le offerte giunte sulla scrivania del commissario straordinario Alberto Carotenuto per la costruzione del termovalorizzatore di Giugliano. A partecipare al bando “sospeso” sono la A2A, la multi utility che gestisce l’impianto di Acerra, e l’Astaldi di Roma, nota per la realizzazione della Tav Roma-Napoli, la Fiera di Milano e l’ospedale di Mestre e che già ci aveva provato, senza successo, con l’inceneritore di Napoli Est. Le offerte sono pervenute pochi giorni prima della scadenza. Tutto come previsto insomma. Grandi multinazionali degli appalti pronte a invaderci, senza pensare al dramma del nostro territorio, solo per i propri interessi economici e non certo per altro. Il problema dei rifiuti non si risolve così!

I due colossi delle grandi opere sono dunque pronti a costruire l’impianto che dovrebbe incenerire i 6 milioni di ecoballe di Taverna del Re. Il termovalorizzatore dovrebbe sorgere nell’ex centrale turbogas, in zona Torre Carinati. Un’opera da 316 milioni di euro per la costruzione e 24 milioni l’anno per la gestione. Ma la gente campana si sta svegliando e fa sentire ogni giorno sempre più forte il suo no. Ai manifestanti di questa mattina non può che arrivare tutta la solidarietà di Insorgenza. Riteniamo sia un atto gravissimo caricare persone che difendono solo ed esclusivamente la nostra terra, la nostra salute, la nostra vita, il nostro futuro. La lotta non si ferma e non si fermerà, tantomeno con i manganelli.

Tratto da Insorgenza

venerdì 11 ottobre 2013

Napoli colera: lettera di un Fedayn a Insorgenza Civile



Caro Nando, 
da meridionalista e da appartenente al gruppo Fedayn (seppur lontano dal mondo ultras da qualche anno) nonché amico fraterno di Alessandro Cosentino, l’ultras che ha spiegato alla stampa le ragioni dello striscione: ”Napoli colera”… riscuotendo ancora una volta il malcontento del mondo meridionalista tutto e divenendo così oggetto di critica, spiego a te la reale natura di quel tipo di contestazione difficile da comprendere per chi non vive questo tipo di realtà: va innanzitutto detto che è impossibile conciliare due linguaggi così distinti quali quello ultras da quello politico. Per un meridionalista, ascoltare cori autoironici contro la propria città o leggere una frase offensiva come “napoli colera” è il massimo dei peccati capitali. Questo avviene perchè la chiave di lettura è politica, ma da un punto di vista ultras tutto ciò non ha nulla a che fare con i concetti e le interpretazioni errate cui assistiamo in questi giorni da parte dei vari movimenti, difatti non dobbiamo certo andare a Milano per ascoltare cori razziali contro Napoli….si verifica il medesimo fenomeno anche quando giochiamo con altre squadre del Sud. Quello che cerco di dire è che il mondo ultras sposa battaglie differenti dalle nostre pur contrastando il medesimo nemico, gli ultras infatti si battono contro quella stessa repressione atta a zittire tanto il loro pensiero quanto quello meridionalista. Non è concepibile che una curva venga chiusa per uno sfottò, e se oggi è accaduto a Milano…domani accadrà a Napoli. La contestazione promossa dai Fedayn non è stata di sostegno ai milanisti e dunque al nemico, si è trattato bensì di un atto di coerenza verso la propria mentalità, una messaggio antisistemico verso uno Stato che cerca di penetrare nel tessuto del tifo calcistico dettando le proprie leggi e punendo i non omologati. E chi meglio dei napoletani avrebbe potuto dissentire essendo noi la parte lesa, essendo stati noi tutelati da quello stesso STATO che ci proponiamo di combattere? Il messaggio degli ultras è chiaro e lampante: non vogliamo essere difesi dal nemico e soprattutto non attraverso quegli stessi mezzi che il nemico utilizza per annientare il nostro pensiero. Tutto ciò con la politca non ha nulla a che fare, non ha nulla a che fare con il divario Nord-Sud, nulla a che fare con i soprusi sul nostro territorio, nessuna autocritica o autoironia, solo un semplice messaggio: lo Stato deve restare fuori dal nostro mondo. LA CURVA NON SI TOCCA!

Risposta di Nando Dicè, presidente di Insorgenza Civile: "è un modo di ragionare troppo distante dal mio, anche se nel loro odio verso lo Stato in fondo li comprendo, anche se le ragioni mi sembrano limitative, ma come ho espresso pubblicamente la mia idea, così mi sembra giusto far conoscere quella degli Ultras".

giovedì 10 ottobre 2013

Caro Prandelli, Stato e camorra non sono nemici, ma alleati!


Liborio Romano, 
l'uomo che rappresenta l'alleanza tra Stato e Camorra fin dal 1860

Le dichiarazioni delle ultime ore di Cesare Prandelli, che va predicando che Italia-Armenia, che si giocherà al San Paolo di Napoli, sarà dedicata alla lotta alla camorra, più che sorridere fa rabbia. Vero che Prandelli è nato in provincia di Brescia, nella profonda Lombardia, e che altro non è che un allenatore di calcio, per giunta anche ex-giocatore della Juventus. E abbiamo detto tutto. Certo è che pare assai strano che cada dalle nuvole con queste dichiarazioni di intenti. Da settimane, infatti, nel mondo meridionalista antisistemico che Insorgenza in parte rappresenta, si moltiplicano le iniziative promosse attraverso Fb di proteste o fischiate durante la partita della loro “nazionale”. Tutte a favore della Terra dei fuochi, quell’emergenza nazionale che vede tante forze unite in questo momento e pochissima attenzione mediatica ma, soprattutto, politica.

Ebbene, basterebbe che Prandelli ascoltasse qualche intervista rilasciata dal pentito Carmine Schiavone, o qualche carta processuale del “Processo Carosello” per rendersi conto che parlare di camorra qui a Napoli non è cosa che si può fare con tanta superficialità.

I ghiozzi italioti in parte, ovviamente, ci cascheranno. Plaudiranno al Prandelli anticamorra, ormai vittime della sindrome di Stoccolma anche loro. E magari se l’Italia dovesse vincere, tutti a sventolare il tricolore. Purtroppo le pecore sono tante. Troppe.

Ma è anche vero che molti altri sono svegli e ben presenti. C’è chi, come il rap ‘O Iank dei Fuossera, ha proposto di assistere di spalle alla partita Italia-Armenia vestiti di nero e con una mascherina bianca per sensibilizzare l’opinione pubblica nazionale e internazionale sullo stato in cui versa la Campania. E in gruppi Fb come “San Paolo in lutto” o come “Fischiamo il loro inno di sangue” raccolgono nuove adesioni ogni giorno.

Noi ci auguriamo che il popolo napoletano faccia arrivare all’intero Paese un messaggio forte e chiaro.

Tratto da Insorgenza

mercoledì 9 ottobre 2013

Striscione "Napoli colera": ironia o autogol?



Uno striscione per la Terra dei fuochi prima della partita del Napoli. “La terra dei fuochi deve vivere: Assieme si può” recita, dimostrando tutta l’ingenuità politica di Aurelio De Laurentis, che voci ben informate vorrebbero presto scendere in campo, probabilmente contro il suo compagno di banco da stadio, Luigi De Magistris, alle prossime elezioni comunali.

Uno striscione che, per chi vedeva la partita da casa, comunque non può che essere apprezzato. Perché vedete, si continua a dire che allo Stadio la politica non entra. Però poi non è mai del tutto vero e lo stadio, diciamocela tutta, può essere uno straordinario megafono: basti pensare ai famosi fischi all’inno nazionale degli scorsi mesi per rendersene conto.

Pochi istanti dopo la bella sorpresa di aver visto a centro campo lo striscione per la terra dei fuochi, ecco che la telecamera di Sky inquadra la curva B e un altro striscione: “NAPOLI COLERA”.

Parte il tam tam su fb, quasi immediato. Si pensa alla solidarietà con la curva del Milan, chiusa per i cori e gli striscioni contro il Napoli. La gente non capisce, non apprezza quel “Napoli Colera”. Fa male, e soprattutto fa male in tempi di tiepidi risvegli, di gente in piazza per la terra dei fuochi, di difensori appassionati contro chi ci chiama popolo di merda.

Più tardi però alcuni capi storici della Curva B fanno sapere che non si voleva esprimere nessuna solidarietà alla curva del Milan e che i cori di ieri e lo striscione erano ironici e rivolti contro le autorità sportive che per decenni hanno evitato di affrontare il problema del razzismo antinapoletano. Altri invece dicono che quello striscione è stato fatto per invocare un sistema calcio diverso e per tutelare la libertà d’espressione  nelle curve (nella A c’era anche uno striscione anti Milan).

Ok. Prendiamo per buona ogni spiegazione.  Ma il risultato qual è?

Guru ed esperti di comunicazione ci insegnano che se un messaggio viene equivocato vuol dire che non è un buon messaggio. Oltre al fatto che in queste ore non si parla che di quel “Napoli Colera”, con grande rabbia di chi, come ad esempio il quotidiano on line Parallelo 41, sta facendo per la battaglia per la terra dei fuochi una colonna portante della propria mission giornalistica.

Senza contare che, come osserva sempre Parallelo, il fossato tra ultras e tifosi semplici con lo striscione di ieri si amplia sempre più, massacrando anche l’illusione di  Nino D’Angelo che nel ragazzo della curva B, insuperato inno della squadra cantava: “‘è ‘na casa chisto stadio, parimmo na famiglia sultanto dinta ‘cca. Viecchie e giuvane cercano rint’a nu pallone  nu poco ‘e pace nu juorno nuovo ca se chiamma liberta’”.

In una famiglia però ci sono delle priorità. E la priorità a noi, francamente, pare un’altra. Perché Napoli Colera offende tutti e soprattutto, nel giorno dello striscione sulla terra dei fuochi, offende soprattutto le tante persone che hanno perso un proprio affetto perché a Napoli, oggi, al posto del colera c’è il cancro. E ce lo hanno portato dal Nord. E poi se “Chi non milita non merita” è un altro principio ultras, non credete che i tifosi professionisti oggi, in tempi di risveglio di coscienze, dovrebbero provare a lanciare qualche messaggio meno egocentrico e più utile a tutti?

Tratto da Insorgenza

martedì 8 ottobre 2013

Fischio l'inno e me ne vanto...


La scomparsa del Centro



No, non parliamo del Centro politico, cioè di quell’area che possiamo definire “post democristiana” o liberale.
Parliamo del Centro Italia, di quel lembo di terra che, per consuetudine, si faceva confinare a nord con la Pianura padana e a sud con la Campania e il Molise.
Nel Centro Italia c’era di tutto: dai toscani agli umbri, dai marchigiani agli abruzzesi, fino ai cittadini del Lazio.  
Cominciamo, quindi, col mettere in evidenza che considerare omogenei culturalmente, storicamente, economicamente e socialmente i territori e i popoli sopra elencati, è una follia. Cosa hanno avuto ed hanno in comune gli Abruzzesi e i Toscani? Quali vicende storiche o quali attualità sociali accomunano un cittadino di Terracina ed uno di Urbino?  Diciamoci la verità: parlare di Centro Italia è quasi peggio che parlare di Padania (altra invenzione storico-culturale). Non è possibile negare, viceversa, le tante similitudini che esistono tra un abruzzese e un pugliese, tra un frusinate e un molisano.
Persino tra Roma e Napoli, ormai, ci sono più similitudini che diversità. Chi vive a Roma potrà costatare alcune cose: moltissimi romani sono di origine napolitana; Roma ha ormai gli stessi problemi economici, sociali ed ambientali di Napoli o di Palermo; i romani sono odiati dal nord tanto quanto noi “terroni”.
Essere insorgenti a Roma significa essere insorgenti nel Sud, visto che Roma ormai è la capitale di una nazione che non esiste: l’Italia.

sabato 5 ottobre 2013

Emigrazione, una ferita mediterranea



“Onore a te, fratello del Mediterraneo: avresti contato i tuoi spiccioli ogni sera per poi spedirli alla tua famiglia lontana. Come i nostri fratelli emigranti, di un tempo che non e’ ancora un fu”.

 Storie di stragi nelle acque. Ne parlava Nanni Moretti nel suo film “Aprile”, osservando che nessuno all’epoca di un episodio tristemente analogo, si era fatto vedere su quelle sponde. Oggi i responsabili partitocratici, burattini di un sistema economico a cui quei morti sono indifferenti, l’Europa massone in primis, l’Italia beota in seconda battuta, squittisce e blatera le sue ipocrite riflessioni.
Ricordiamo allora, e senza aggiungere altro, solo e semplicemente i nomi delle ultime due normative sull’immigrazione in Italia, nomi bipartisan, nomi tristemente noti: la Turco-Napolitano (che non è una citazione di un film con Totò protagonista, dal momento che Napolitano sta per Giorgio Napolitano, allora ministro dell’interno) e la Bossi-Fini.
La verità è che l’Europa vuole mantenere i popoli colonizzati, perché questo fa gioco alla sua economia, al suo perverso gioco d’azzardo monetario.
E così quei trecento morti, quel lutto nazionale (come se ci fosse una nazione) ipocritamente proclamato, con tanto di polemiche tra Destra e Sinistra, le stesse che a braccetto pretendono di governare il Paese, suonano stonatissime. Oltre al fatto che proprio nel giorno del disastro la Fondazione Migrantes aveva diffuso dei dati, passati in secondo piano, sull’emigrazione in Italia. Dal rapporto emerge che sono sempre di piu’ gli italiani che vivono oltre i confini nazionali. Al primo gennaio 2013 i residenti all’estero sono 4.341.156, il 7,3 per cento dei circa 60 milioni di residenti in Italia. Con una crescita, in valore assoluto, rispetto allo scorso anno del 3,1 per cento, pari a 132.179 persone.
Si tratta di dati drammatici soprattutto per il Sud. Ad esclusione di Roma, prima in graduatoria con piu’ di 298 mila residenti, seguono soprattutto province siciliane e campane. In particolare, nella graduatoria delle prime 10 province di “emigranti” si susseguono Cosenza (152.403), Agrigento (152.403), Salerno (119.095), Napoli (113.787), Catania (108.413), Palermo (107.658) e Avellino (102.230). In nona posizione si trova Milano (98.583) e, a chiudere, e’ Potenza (95.653).
E sono dati ufficiali, dati tratti dall’anagrafe. Dunque dati falsati, dal momento che non tutti gli emigrati cambiano residenza…
L’emigrazione è una piaga. Una piaga che riguarda tutta l’area mediterranea. Non c’è niente di più mostruoso dell’esodo di uomini, costretti a lasciare la propria terra, la propria patria, per sopravvivere. Non sono solo i bisnonni e i bisnonni del Sud ad essere andati via. Anche i ragazzi di oggi fanno le loro valige, ogni giorno, in cerca di fortuna.
Non dimentichiamolo mai. Quelli che hanno trovato la morte nel nostro mare non sono stranieri, sono nostri fratelli. Colonizzati, come noi.

Lucilla Parlato (Insorgenza Civile)

venerdì 4 ottobre 2013

Italia - Armenia al S.Paolo: fischiamo l'inno!



Adesso ce lo chiederanno ancora una volta.
Dopo gli striscioni che ogni domenica ci accolgono negli stadi di mezza Italia.
Dopo che per decenni hanno sversato veleni provenienti dal nord nelle nostre splendide terre.
Dopo averci condannato a oltre un secolo di emigrazione.
Dopo aver consegnato la nostra Terra e il nostro Popolo nelle mani delle mafie e delle multinazionali.
Dopo questo ed altro, hanno ancora il coraggio di chiederci e chiedersi: "Come mai voi napulitani fischiate l'inno di mameli?".

Se non lo avete ancora capito, siete proprio italiani...

giovedì 3 ottobre 2013

Perchè il 18 ottobre bisogna scioperare



Venerdì 18 ottobre ci sarà uno sciopero generale indetto dai sindacati di base e a cui aderisocno i tantissimi movimenti politici e sindacali che non si riconoscono in nessuno dei partiti "istituzionali" e dei sindacati confederali.
Quel giorno, con ogni probabilità, anch'io sarò in piazza. Perchè? Perchè mi sono rotto i coglioni di come il Sistema ci fa lavorare e vivere. Le condizioni di lavoro continuano a peggiorare, seguendo il trend degli ultimi decenni; la disoccupazione aumenta, creando tantissima domanda di lavoro, anche a basso costo e senza le tutele contrattuali; la precarietà di lavoro si è ormai tradotta in precarietà di vita. Come se non bastasse, assistiamo ad aziende che inquinano ampie fette di territorio, ma fanno profitti da capogiro; la partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale è una chimera sempre più lontana; la gerarchia aziendale si impone con forme ormai dittatoriali e mafiose (basti pensare ai veri e propri ricatti padronali); moltissime aziende chiudono da un giorno all'altro senza dir nulla ai lavoratori, che si vedono recapitare una letterina che dice loro di recarsi in Polonia, se non vogliono perdere il lavoro.
Non solo il lavoro, però, è diventato un inferno. Anche la qualità della vita di tutti i giorni è peggiorata clamorosamente: i servizi basilari sono insufficienti per quantità e qualità; la privatizzazione costante di molti settori strategici non ha portato alcun beneficio; le famiglie hanno sempre meno soldi da spendere, e quelli che spendono valgono sempre di meno grazie a parolacce come "Inflazione", "Spread", ecc...; moltissime donne lasciano il lavoro per poter accudire i figli; il traffico congestiona ormai tutte le grandi città italiane, senza che vi sia un investimento deciso su altre forme di mobilità, meno inquinanti; la salubrità dell'ambiente e dei prodotti della terra è ormai compromessa da discariche, inceneritori, e soprattutto dalla trasformazione dello splendido SUD in discarica d'Italia, ove le aziende del nord sversano rifiuti chimici e tossici (in combutta con le mafie).
Tutto ciò - e non solo questo - senza che nessuno muova un dito e faccia qualcosa.

Allora sia chiaro: tocca al Popolo, alle Comunità, agli Uomini tutti cominciare a lottare, organizzandosi in maniera orizzontale e non gerarchica, autogestita e dal basso. I partiti "di governo" hanno dimostrato di essere incapaci - o in malafede - e il MoVimento 5 Stelle non potrà mai incidere fino a quando rimarrà chiuso e ancorato in una sterile opposizione, in attesa di un irraggiungibile 50 per cento più uno. Rifiutando la critica alla struttura economica del Sistema (il capitalismo) e ragionando solo sulla possibilità di riformare pacificamente lo stesso, il M5S sta solo perdendo tempo e lo sta facendo perdere ai tantissimi che, in buona fede, avevano riposto in esso una grande speranza.

mercoledì 2 ottobre 2013

Video di Nando Dicè sull'importanza delle prossime elezioni Europee



 Il video di Nando Dicè, presidente del Movimento di Insorgenza Civile, in cui il leader insorgente parla delle novità virtuali e reali di Insorgenza, e in cui apre la lunga campagna elettorale per le Europee 2014.

martedì 1 ottobre 2013

L'Insorgente (num. 0)



Esce oggi il numero zero de "L'Insorgente - quindicinale meridionalista identitario". Un periodico non iscritto a qualsivoglia tribunale, completamente autogestito e autoprodotto, in cui si parlerà di Sud e non solo: un occhio di riguardo verrà sempre dato alla realtà romana, la città dove vivo e dove nascerà ufficialmente una delegazione di Insorgenza Civile, il movimento politico in cui milito.
L'Insorgente vuole essere una prova, un tentativo: creare un quindicinale libero e libertario, gratuito e interamente dedicato alla cultura e alla politica del Sud, dove per Sud si intendono i territori dal Lazio alla Sicilia.

L'Insorgente uscirà il 1° e il 15 di ogni mese. Per vivere, ha bisogno della collaborazione di tutti. Articoli, poesie, foto, interviste: tutto può servire per realizzare, ogni quindici giorni, un foglio insorgente! 
E' possibile leggere il numero 0 su L'Insorgente .