sabato 31 maggio 2014

Tsipras: "Tocca a Juncker cercare una maggioranza"



Secondo il Trattato sull'Unione Europea il parlamento europeo ha il diritto di approvare, e quindi di non approvare, le nomine che gli vengono presentate dal Consiglio Europeo per la Presidenza della Commissione Europea.

Durante la recente campagna elettorale è stato chiesto ai cittadini dell'Europa di esprimere la loro scelta fra cinque candidati, ciascuno di essi scelti dai maggiori partiti europei. Come candidati abbiamo fatto campagna elettorale, abbiamo dibattuto e cercato il consenso dei cittadini europei.

La mia posizione è che il Consiglio Europeo non debba nominare alcun candidato per la Presidenza della Commissione che non abbia partecipato a questa competizione elettorale.

La mia posizione è che il Parlamento Europeo non debba approvare nessun candidato che non ha partecipato a questa competizione democratica.

Presentare qualsiasi altra nomina avrebbe l'effetto di screditare complessivamente le recenti elezioni, trasformandole, dopo un tale atto, in una pantomima.

Questo è un principio democratico basilare. È un obbligo morale del Consiglio Europeo di presentare il candidato che ha ricevuto il maggior consenso nelle elezioni europee.

Durante questa campagna elettorale io sono stato il candidato della Sinistra Europea. Mi sono opposto fermamente alle politiche del Partito Popolare Europeo e del suo candidato, il Sig. Jean-Claude Juncker. Questa opposizione rimane e rimarrà.

Ciononostante il Partito Popolare Europeo ha vinto queste elezioni; per cui è il Sig. Jean-Claude Juncker che deve cercare di formare la necessaria maggioranza parlamentare negoziando con gli altri gruppi politici.

Alexis Tsipras
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Appello alla comunità mondiale sulla situazione in Ucraina



Tratto dal sito Marx21.it, pubblico un appello alla comunità mondiale apparso sul sito del Partito Comunista della Federazione Russa. In questo appello si fa luce sulla reale situazione in Ucraina, stato ormai governato da nazifascisti e da oligarchi filoeuropei, e sui rischi dell'escalation della violenza statale. 

Noi, il popolo della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk, in questo momento critico ci rivolgiamo alla comunità mondiale con la richiesta di aiuto immediato e di una risposta immediata a ciò che sta accadendo nella nostra terra, in relazione alla minaccia che incombe su di noi dell'annientamento da parte delle forze nazi-fasciste, che vengono usate dal regime dell'Ucraina.

Dichiariamo che il nostro unico desiderio è rappresentato dall'aspirazione a vivere in conformità con le nostre tradizioni e costumi storici, con la nostra cultura e le nostre abitudini, in pace e in rapporti di buon vicinato con tutte le nazioni, i popoli e gli stati che non mostrano ostilità nei nostri confronti.
Il nostro è un popolo lavoratore e creativo, ma è stato costretto a imbracciare le armi per proteggere la vita e il proprio futuro, poiché non gli è rimasta altra scelta. Noi non abbiamo mai mostrato aggressività nei confronti di alcuno stato o popolo, non abbiamo mai perseguito obiettivi di espansione e di annessione di altri territori. Noi resistiamo per la nostra terra e per le nostre famiglie, e resisteremo fino alla fine. Non è la prima volta che succede nella storia.

E' stato così negli anni della Seconda Guerra Mondiale, quando le orde degli occupanti fascisti calarono sulla nostra terra pacifica. Al prezzo di colossali perdite umane e di uno sforzo immane, l'Unione Sovietica insieme agli altri stati che sostenevano la pace nel mondo sconfisse il fascismo hitleriano, che aveva portato anche nella nostra terra un immenso dolore e fiumi di sangue. Ed ecco ora, dopo più di 70 anni, la peste bruna ha di nuovo alzato la testa. Non c'è bisogno di elencare le incalcolabili azioni fasciste che si svolgono nell'Ucraina di oggi. Kiev, Odessa, Khmelnitsky, Slovyansk, Kramatorsk, Donetsk e molti altri luoghi sono bagnati oggi dal sangue di pacifici cittadini, colpevoli solo di opporsi alla politica contraria ai valori umani delle autoproclamatesi autorità ucraine, che si sono impossessate con la forza della guida del paese.

Oggi, quando non ci è rimasta altra scelta che quella di morire senza sottometterci a fascisti privi di umanità o di sollevarci in difesa della nostra vita e di quella delle nostre donne, dei vecchi e dei bambini, abbiamo scelto la via della lotta. Ma siamo ben consapevoli che la nostra lotta, nonostante la nostra determinazione, senza l'aiuto della comunità mondiale, schierata a difesa della pace nel mondo, sarà più dura.

Secondo quanto apprendiamo da fonti attendibili, le autorità ucraine che agiscono di concerto con gli Stati Uniti si stanno preparando a una resa dei conti che ricoprirà completamente di sangue la nostra terra. In questa operazione di pulizia non verrebbero risparmiati nemmeno le donne e i bambini. Questo scenario fascista dovrebbe essere portato a compimento in tempi brevissimi. Noi, il popolo della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk, siamo pronti a far fronte al nemico, che porta la morte a noi e ai nostri figli. Ma ci auguriamo sinceramente che la comunità mondiale non stia a guardare e risponda alla nostra richiesta di aiuto, poiché è assolutamente evidente che l'idra fascista salita al potere ci sta attaccando e domani, nutrita e guidata dagli Stati Uniti, avanzerà ancora, e allora il mondo si troverà sulla soglia di una nuova guerra mondiale. Tuttavia, è evidente che noi naturalmente non identifichiamo i governi degli Stati Uniti e di alcuni loro alleati europei con il popolo americano e i popoli d'Europa.

Esprimiamo anche la speranza che le forze e le personalità responsabili dell'incitamento all'odio nazionale tra gli slavi, attraverso la manipolazione, la provocazione e l'istigazione, e responsabili anche del sostegno finanziario a organizzazioni nazionaliste estremiste il cui scopo è quello di sferrare attacchi militari, economici, informativi e di altro tipo al nostro popolo, siano consapevoli che dovranno inevitabilmente subire la giusta punizione, corrispondente alla scala delle atrocità e dei crimini di guerra che hanno commesso.
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mercoledì 28 maggio 2014

Una donna delle pulizie entra a Strasburgo



Vi posto un articolo di Checchino Antonini, ex giornalista di Liberazione, pubblicato sul sito Pop Off. L'articolo parla del fatto che tra le file di Syriza è stata eletta Konstantina Kouneva, addetta alle pulizie. Nel 2008 tentarono di ucciderla perché aveva svelato lo sfruttamento padronale.


Nella pattuglia di eletti di Syriza al Parlamento europeo ci sarà anche Konstantina Kouneva, ora cinquantenne, immigrata in Grecia dalla Bulgaria, leader del Sindacato dei pulitori e dei domestici, il Pecop. Nel 2008, mentre lavorava come addetta alle pulizie per la Oikomet (che fornisce servizi in subappalto alla ferrovia del Pireo) è stata aggredita con acido solforico (vetriolo). Era il 22 dicembre 2008 e ci furono proteste e scontri con la polizia greca durante gli eventi della Dekemvriana. Sugli striscioni c'era scritto "Kostandinka, non sei sola". La protesta è continuata almeno fino al 22 gennaio 2009 coinvolgendo 3mila persone fronteggiate dalla polizia con i gas lacrimogeni. L'attacco è stato descritto come il più grave assalto a un sindacalista in Grecia negli ultimi 50 anni. 

Konstantina era arrivata sette anni prima in Grecia, laureata in storia, e si è sempre battuta per i diritti delle ''schiave moderne'', le addette delle pulizie, l'unico mestiere che le fu offerto. Per questo tentarono di ucciderla. L'8 marzo del 2009 divenne il simbolo della festa della donna; qualche giorno prima, nella notte fra il 3 e il 4 marzo, una ventina di uomini con le facce nascoste da maschere di Carnevale ha dato fuoco ad alcuni vagoni della metropolitana Kifissià-Pireo, fermo nella stazione di Kifissià, sobborgo chic di Atene, proprio "per vendicare Konstantina Kuneva", come il gruppo ha poi rivendicato su Internet, firmandosi "Banda della coscienza rivoluzionaria". All'Oikomet, la ditta di pulizie di cui la signora bulgara era dipendente precaria (e che "affitta" i servizi dei suoi addetti a imprese pubbliche su scala nazionale), le donne erano costrette a firmare contratti "in bianco" di cui non ricevevano mai la copia. Lavoravano 6 ore al giorno ma ne pagavano loro solo 4,5 in modo da non raggiungere mai le 30 ore settimanali, limite oltre il quale l'attività viene riconosciuta come lavoro usurante, con i relativi benefici contributivi previsti dalla legge. Anche la tredicesima veniva decurtata arbitrariamente dalla società. 

Kostantina Kuneva è sfuggita per un pelo alla condanna a morte quella notte del 23 dicembre che un gruppo di sconosciuti l'ha aspettata sotto casa, nel sobborgo popolare di Petralona, e le ha gettato vetriolo sul viso e sulle spalle, costringendola persino a ingoiare dell'acido, per tapparle la bocca per sempre. Ha perduto un occhio. S'è sottoposta a tre operazioni chirurgiche: interventi plastici ricostruttivi, in attesa di curare a fondo anche gli organi interni bruciati dal veleno, stomaco e polmoni. Le cure sono state pagate grazie ad una maxi colletta che, grazie a un appello lanciato da Liberation, varcò i confini dello stato greco dove un'immigrata non ha diritto alla previdenza sociale. 

Konstantina ricominciò a parlare, con l'aiuto di una macchina specifica, prima, comunicava toccando il viso e scrivendo a fatica messaggini su foglietti di carta. Ha cicatrici sul viso e sulle mani, già segnate da anni di lavoro duro, e che hanno cercato di difendersi dagli aguzzini come hanno potuto. Le sue colleghe hanno occupato nel 2009 gli uffici amministrativi della ferrovia e hanno ottenuto che il contratto con la Oikomet fosse stracciato, e di essere assunte a tempo indeterminato.
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Forse SEL non ha capito bene...



Mi sa che alcuni dirigenti di Sinistra Ecologia Libertà non abbiano capito bene. Eppure il messaggio arrivato dal voto alle europee per la lista "Altra Europa con Tsipras" è chiaro, lampante, non suscettibile di incomprensione: c'è spazio, in Italia, per un movimento unitario di sinistra che si ponga nel solco di Syriza e della Linke tedesca e che stia alla sinistra del PD.
Quattrovirgolazerotre: sembrava incredibile solo due settimane fa, eppure si è riusciti a superare uno sbarramento alto (che nel 2009 non fu superato né da Sel né dal Prc) e ad eleggere ben tre eurodeputati. E' bene ricordare che questi tre sono stati eletti in una lista che si richiamava a Tsipras, e non a Schulz; che Syriza, il partito di Tsipras, sta nel Partito della Sinistra Europea ed ha visioni politiche ed economiche molto diverse da quelle del Pasok, partito che fa parte del PSE (la grande famiglia dei socialisti liberali e democratici, di cui fa parte anche il PD renziano); che in tutta Europa, i movimenti politici di sinistra si sono consolidati o sono cresciuti, mentre tutti i partiti di centrosinistra sono arretrati (ad esclusione del PD).
Questi sono dati, non interpretazioni. Si sperava che, alla luce di questi dati, i dirigenti italiani dei due partiti che hanno contribuito alla nascita della Lista Tsipras, cioè Sel e Prc, avessero individuato il solco entro cui mettersi in cammino. Verso il sol dell'avvenire? Ci accontentiamo di un futuro migliore, non preoccupatevi.

Purtroppo queste speranze sono state, in parte, deluse dalle ultime dichiarazioni di alcuni esponenti di Sel, tra cui il leader Vendola e il capogruppo alla Camera, Gennaro Migliore. Vendola ha dichiarato che bisogna stare con Renzi, in una posizione di sostegno critico. Secondo il governatore della Puglia, gli italiani "amano" l'ex rottamatore fiorentino e hanno fatto una scelta chiara tra la speranza renziana e il populismo grillino o berlusconiano.
Sono, però, soprattutto le parole di Gennaro Migliore a destare preoccupazione. In una intervista a Repubblica, il capogruppo partenopeo ha dichiarato che in Europa si deve contribuire ad eleggere Schulz (ma come? Non abbiamo appena votato per Tsipras?) a presidente della commissione europea; che in Italia bisogna creare un soggetto unitario della sinistra insieme al PD (in cui, ormai, la sinistra è ridotta a sterile opposizione interna...); che PD e Sel devono abbandonare i rispettivi contenitori (certo, come no... uno di quei contenitori ha appena preso il 40% dei voti); che c'è l'impronta di Sel in molte battaglie di Renzi (ha detto proprio così, lo giuro); propone di sostituire i deputati di NCD e Scelta civica coi deputati di Sel (che sono numericamente inferiori e non sufficienti a reggere un governo, ma questo particolare gli sfugge).

Cosa dire? Sel è sicuramente un partito spaccato in due: c'è un anima "governista a tutti i costi", di cui Migliore è l'espressione; c'è un anima "syriziana", ad esempio Fratoianni, che vuole costruire un soggetto politico autonomo alla sinistra del PD, col quale si può e si deve cercare ogni convergenza possibile, sia sul piano nazionale che sul piano locale, senza però fondersi con la "nuova Balena bianca" renziana.
Chi la spunterà? Lo scopriremo tra poco.
Tra i due, preferisco i syriziani, ça va sans dire...
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martedì 27 maggio 2014

La battutta di arresto pentastellata



"Il MoVimento 5 Stelle è il grande sconfitto di queste elezioni". E' questa la vulgata, da due giorni almeno. Non sono totalmente d'accordo: il M5S ha preso il 21%, cioè milioni di voti. Milioni di voti che, però, si sono già ridotti rispetto alle Politiche di un anno fa e che continueranno a ridursi se tutto il MoVimento, e non solo Grillo, non si renderà conto degli errori politici e comunicativi commessi in questi mesi.
Noto la totale incapacità di analisi del voto di moltissimi pentastellati. E me ne dispiaccio. Manca completamente una riflessione sull'astensionismo nelle regioni in cui sono forti, cioè nel Sud e nelle Isole. Come mai, per la prima volta, molti grillini hanno disertato le urne? Nessuna risposta.
Una prima analisi dei flussi dimostra quanto milioni di persone, che un anno fa avevano votato M5S, hanno votato PD. O meglio, hanno votato Renzi (perchè a mio avviso questa è una vittoria soprattutto di Renzi). Ciò significa che l'elettorato del M5S aveva una base di sinistra che non ha gradito il "congelamento" dei propri voti e la totale indisponibilità ad aprire uno spiraglio per un governo PD-M5S-Sel (o anche per un semplice patto di desistenza). E' stata fatta una valutazione su questo aspetto? No.
Negli ultimi anni c'è stato un forte astensionismo di sinistra, che in genere ha penalizzato soprattutto Sel e Prc. Qualcuno di questi astenuti sinistrorsi è tornato a votare: molti hanno votato PD, qualcuno ha votato Tsipras. Come mai così pochi hanno optato per il M5S, che invece risucchia voti soprattutto a Forza Italia? Non si sa.

La riflessione più alta è stata, più o meno: gli italiani sono vecchi e conservatori, si sono venduti per 80 euro e questo Paese è destinato a morire.
Sicuramente gli 80 euro possono aver inciso, ma di certo non portano un partito che aveva il 25% a superare il 40%, contando che moltissimi non avranno questi 80€ in busta paga. Renzi ha vinto perchè è riuscito ad incarnare le due storiche esigenze dell'elettorato italiano in tempi di crisi: necessità di cambiamento e pragmatismo. Si, perché l'Italia non ha mai avuto una rivoluzione. Un motivo ci sarà? Gli italiani - mi scuserete se uso questa categoria, ma lo faccio solo per capirci - non sono rivoluzionari: si dividono in conservatori, in gradualisti e in "strappisti". Gli "strappisti" sono coloro che auspicano un progresso per strappi, con forti accelerazioni e brusche frenate. Per usare una metafora sportiva: Valentino Rossi è uno strappista, la sua guida incarna alla perfezione questa caratteristica. Gli strappisti, in Italia, non sono maggioranza, ma sono molti di più di quanto si pensi. E in genere stanno a sinistra, anche a sinistra del PD. Un anno fa hanno votato M5S, mentre domenica hanno votato (in massa) il PD renziano e (in parte) la lista Tsipras, la quale ha proprio il compito di far rinascere la Sinistra fondandosi sugli strappisti.

L'incapacità di analisi del voto dei pentastellati è dimostrata anche dal fatto che, prima del videomessaggio di Grillo, nessuno ha preso la parola ed ha azzardato una bozza di analisi. Dopo il video del Capo, tutti si sono accodati. "Aspettiamo di avere i risultati ufficiali" è stata la dichiarazione più utilizzata dai pentastellati durante la notte elettorale, anche quando i risultati erano ormai chiari: il PD aveva doppiato il M5S. Punto, non c'era altro da attendere.

La politica è anche tattica, compromesso (al rialzo, si spera), capacità di analisi e di sintesi. Oltre che comunicazione. Cose in cui il M5S è mancato, almeno in questa tornata elettorale. E le elezioni amministrative di ieri stanno a dimostrare che il problema non è solo il voto d'opinione (che può premiarti oggi e punirti domani): è anche la sfiducia del "pueblo" nel fatto che votare M5S possa essere costruttivo, oltre che distruttivo. Proprio nelle amministrative il MoVimento era capace di raggiungere risultati incredibili; oggi è, quando va bene, la terza forza politica ed è abbastanza distante sia dal centrosinistra che dalla destra.
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lunedì 26 maggio 2014

Gioie e delusioni delle elezioni europee



Quando mi chiedono se preferisco sentire prima una notizia buona o una brutta, io scelgo sempre la brutta. Meglio partire male e poi riprendersi. Per questo oggi, in questo post sulle elezioni europee che si sono concluse ieri notte (o stamattina, più correttamente), voglio partire prima dalle cose che reputo negative, senza considerare troppo il dato dell'astensionismo (più alto delle passate Europee, ma più basso della media europea).

Partiamo dall'Europa: l'avanzata delle forze populiste e neofasciste è decisamente preoccupante. Probabilmente, gli europei hanno riversato su questi partiti il loro disgusto per ciò che l'Europa è diventata: una Unione monetaria e liberista, senza anelito di libertà e di comunità, senza solidarietà e troppo germanocentrica. Le forze populiste, si sa, hanno semplicemente bisogno di un nemico fabbricato ad hoc: lo straniero, l'ebreo, il diverso, o la Merkel. Il loro messaggio è passato, non c'è che dire. Gli argini "democratici" hanno tenuto a stento. L'orda nera rischia di creare un Vajont di dimensioni continentali.
Anche la tenuta della Merkel è alquanto preoccupante: i tedeschi hanno confermato il sostegno al governo (unici, insieme agli italiani, a sostenere il partito di maggioranza), e le voci antieuropeiste hanno raggiunto risultati importantissimi. Basti pensare che il neonato AfD è il quarto partito tedesco, e i neonazisti dell'NPD sono riusciti - prima volta nella storia - ad ottenere un seggio a Strasburgo.

Veniamo ora alle dolenti note italiche. L'affermazione del PDR (Partito Di Renzi) è preoccupante: era dalla seconda metà degli anni 50 che un singolo partito - in quel caso fu la Democrazia Cristiana - non raggiungeva risultati elettorali così alti. Renzi ha ormai completato lo spostamento al centro del PD: il suo elettorato, oltre alla vecchia base orfana del Pci - Pds, è ormai moderato, interclassista, pragmatico e disponibile a piccole novità. Gli alleati di Renzi, che stanno tutti a destra del PD, hanno subito una clamorosa mazzata: NCD riesce a superare lo sbarramento solo grazie al voto nel sud e nelle isole; Scelta Europea è definitivamente estinta, con buona pace dei bocconiani e dei montiani.
Resiste ancora - ed è davvero incredibile - un elettorato berlusconiano e leghista: il 15% degli italioti è ancora disponibile a votare per il Ducetto di Arcore; la Lega di Salvini è riuscita a completare una rimonta difficilmente pronosticabile, ottenendo bei risultati nel nord e addirittura qualche voto al centro e al sud.

Diamo un'occhiata, adesso, alle buone notizie, prima in Europa e poi in Italia. In Europa assistiamo ad un bel risultato della Sinistra Europea, che ottiene una decina di seggi in più rispetto al risultato del 2009. Il merito è certamente di Syriza, la federazione di sinistra greca guidata da Tsipras: 27% e primo partito greco. Si conferma anche la Linke tedesca, che probabilmente è il primo possibile riferimento per una eventuale sinistra unita in Italia. Buoni anche i risultati del Front de Gauche francese, di Izquierda Unida in Spagna e del Bloqueo de Izquierda portoghese, oltre al KKE greco. Questi risultati dimostrano che a sinistra del PSE (e, in Italia, a sinistra del PD renziano) c'è un mondo che chiede ascolto e rappresentanza. Un mondo che spesso non vota o magari disperde il voto, ma che è pronto a ritornare quando una sinistra degna di questo nome si presenta nelle piazze, nelle istituzioni e nelle urne.
Chissà se la Sinistra italiana avrà recepito la lezione. Di certo, il risultato ottenuto dalla lista Altra Europa con Tsipras (4.03%, 3 seggi) va considerato come un qualcosa di straordinario e di inimmaginabile fino a due settimane fa, quando la stessa esistenza della lista era sconosciuta alla maggioranza degli italiani. C'è voglia di sinistra, in Europa come in Italia: una sinistra che sappia protestare ed essere conflittuale, ma anche candidarsi a governare. Pronta ad accordi tattici, non a compromessi al ribasso con chi ha attuato politiche economiche che hanno frantumato il tessuto sociale di tanti stati europei. 

Capiranno Vendola, Ferrero e compagni che il tempo della divisione e della dispersione è finito? Ne dubito, ma ci spero.
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sabato 24 maggio 2014

Silenzio elettorale



Oggi non si parla di elezioni. Oggi si riflette. Ed io sto riflettendo. Andare o non andare a votare? Nel secondo caso, per chi votare? Negli ultimi giorni ho espresso chiaramente la posizione predominante, ma voglio concedermi ancora oggi per riflettere. Non tanto per i candidati e i partiti italiani che fanno parte della Sinistra Unitaria Europea: se fosse solo per loro, la decisione di non votare sarebbe già presa e confermata. Non me ne vogliano Moni Ovadia, Barbara Spinelli o Luca Casarini, ma credo che una forza anticapitalista, o quantomeno "di sinistra", dovrebbe candidare lavoratori, disoccupati, operai, bidelli, insegnanti, piccoli artigiani, esponenti dei movimenti e dei conflitti sociali che, dal Tav a Muos, hanno percorso questa sottospecie di Paese. Nella lista elettorale, invece, vedo molta intellighenzia e poca classe sociale.
Il dubbio, semmai, mi sorge pensando al partito europeo in cui gli eletti di questa lista siederanno: un partito in cui ci sono i compagni greci (Siriza e KKE) e portoghesi (Bloqo e Partido), i francesi del Nuovo Partito Anticapitalista (erede della Lega Comunista Rivoluzionaria) al Partito Comunista di Boemia e Moravia, e altre realtà politiche e sociali molto più combattive delle nostre Sel, Prc, e munnezza varia.
Votare la Lista Tsipras significa votare anche per i tanti compagni che, in tutta Europa, lottano davvero contro il capitalismo e il fascismo (a differenza della sinistra italiana, indecentemente non combattiva). Per questo motivo, oggi passo la "giornata di riflessione prima del voto" a pensare. Domani deciderò, se far prevalere il disgusto per la sinistra italiana o il sostegno agli anticapitalisti europei.
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venerdì 23 maggio 2014

Ce lo chiede l'Europa. Vota NESSUNO



Documento astensionista della rete comunista Noi saremo Tutto in vista delle elezioni europee.

Il 25 maggio in Europa si terranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo. Si tratta di un organismo politico che si affianca ad un’altra serie di strutture decisionali dell’Europa. Il suo ruolo politico è presunto: fino ad oggi il Parlamento Europeo ha votato l’ottanta per cento delle proprie delibere all’unanimità per avere un maggior peso di contrattazione rispetto alla Commissione Europea e al Consiglio Europeo. Da anni il Parlamento Europeo è governato da una alleanza ferrea tra i partiti di centro e il Partito Socialista Europeo. Anche questa volta tutti gli analisti prevedono che si formerà una alleanza tra il centro destra rappresentato dal Partito Popolare Europeo e il Partito Socialista Europeo. In questo senso, le elezioni europee sono già finite. Il terzo posto si giocherà tra la sinistra europea e le destre che stanno recuperando consensi in tutta Europa, a partire dalla Francia di Marine Le Pen. Ma il vero risultato politico delle elezioni sarà un astensionismo molto elevato, al di là di qualsiasi proposta politica. Sarà un dato con cui occorrerà confrontarsi.

Non vogliamo con questo sostenere che i risultati saranno ininfluenti nel processo politico europeo. Siamo consci infatti che una vittoria del Front National in Francia, per fare un esempio, porterebbe ad una accelerazione non secondaria del processo di integrazione europea, pena il suo fallimento, e quindi allo sviluppo di contraddizioni significative all’interno del rapporto tra classe politica europeista francese e la sua popolazione, molto maggiori della precedente bocciatura della costituzione europa per via referendaria su cui il maggiore sindacato francese CGT si spese allora pubblicamente contro.

Il Parlamento Europeo è un ente sostanzialmente privo di capacità politiche reali: è la giustificazione “democratica” di un processo politico i cui contorni non sono ancora del tutto chiarificati a causa delle resistenze all’interno delle frazioni politiche in alcuni stati. La costruzione di quel che chiamiamo “blocco imperialista europeo” è infatti un processo in fieri, evidente ma non del tutto lineare a causa delle resistenze di alcuni settori sociali all’interno dei singoli paesi.

Il processo di riunificazione infatti ha avuto numerose conseguenze sugli strati sociali europei; queste conseguenze sono diventate evidenti e drammatiche dopo l’emergere dell’ultima ondata della crisi economica.

Il disastro sociale dei paesi PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) è sotto i riflettori di tutti. Il processo ha avuto una chiarificazione evidente soprattutto in Grecia, anche in conseguenza della resistenza del popolo ellenico.

In realtà il processo di integrazione europeo va avanti da anni a forza di ristrutturazioni sociali che non cominciano con l’euro ma sono state forzate dall’introduzione della moneta unica e dall’abbandono della sovranità monetaria. E’ un processo il cui ruolo guida spetta alla Germania. L’invadenza dei trattati europei (da Maastricht in poi) sulla vita dei cittadini e dei lavoratori si compone di manovre che portano a disastri salariali, precarietà, privatizzazione, dismissione del welfare sociale europeo. Le ricadute sono in grandissima percentuale a carico dei lavoratori salariati e dei giovani, ma colpiscono duramente anche alcuni settori perdenti della borghesia (piccole imprese, commercianti). Per essere applicate hanno bisogno di un consenso generale: dalla Commissione Europea arrivano le direttive, che Parlamento Europeo e Consiglio non potranno che avallare e che i governi nazionali applicano o riversano sugli enti locali. In tutto questo meccanismo nessun ingranaggio deve saltare, tutta la politica è forzata all’interno di uno schema predefinito.

In maniera forse troppo schematica, ma sicuramente attinente alla realtà, si può definire il processo europeo come una ristrutturazione neoliberale a carico dei lavoratori con ricadute su una parte di borghesia perdente. All’interno dei singoli stati europei si rimodellano quindi le alleanze favorendo l’unità tra le forze politiche che rappresentano gli interessi del capitale che ha tutto da guadagnare da una guida tedesca (in Italia questa frazione politica ha come perno il PD con i suoi alleati) e le forze della borghesia perdente che lasciano trapelare una crescente insoddisfazione verso la struttura dell’Europa (in Italia queste forze vengono rappresentate dalla destra berlusconiana e post fascista). I colpiti dal progetto di integrazione trovano spesso sponda solo nel populismo che anche quando riprende giuste rivendicazioni sociali o si muove in un’ottica interclassista (movimento 5 stelle) oppure razzista o reazionaria (Lega Nord, destre neofasciste europee).

In questo quadro la sinistra europea (con alcune differenze nei vari paesi) ripete sostanzialmente un ritornello sganciato da ogni realtà. L’Europa dei popoli è un progetto che, se è mai stato nella testa di qualche pensatore, non ha nessuna possibilità di essere perseguito all’interno di una cornice che in questi anni si è chiarita definitivamente.

Le privatizzazioni, le delocalizzazioni nei paesi a basso costo del lavoro, le ristrutturazioni salariali, le diminuzioni delle tutele e delle garanzie dei lavoratori, il mantenimento di un enorme esercito industriale di riserva, non sono un passaggio temporaneo dovuto alla prevalenza di alcune forze di destra neoliberale, ma sono insite nel processo di integrazione stesso. In questo senso non si darà alcun avanzamento delle classi sociali subalterne senza la rottura di quella che abbiamo definito la gabbia dell’Unione Europea.

Su questo tema, non siamo isolati, in quanto molte forze sociali antagoniste e comuniste cominciano a fare i conti con questa realtà. Stupisce però come tutto questo ragionamento venga espulso dal dibattito politico sulle elezioni, ridotte a mero teatrino in cui tutti gli attori recitano una parte che espelle dalla discussione la natura del processo che si vorrebbe influenzare con le elezioni. Basti pensare all’omissione della questione Ucraina, quando in realtà, una delle partite più importanti sul futuro dell’Europa si gioca su quel territorio e dove, dopo le elezioni, potrebbe diventare all’ordine del giorno un più risoluto intervento militare.

Tutto questo con particolare evidenza in Italia dove nessuno, nella sinistra, analizza il ruolo guida del Partito Democratico in questo processo e dove il malcontento sociale si riversa in forze lontane anni luce dal movimento operaio e comunista.

In questo senso la scelta dell’astensionismo attivo per noi è uno strumento politico e di chiarificazione. Il ruolo dei comunisti non può prescindere da una analisi strutturale dei compiti da svolgere e dall’individuazione dei soggetti sociali che si intende rappresentare. Non si tratta di una scelta dogmatica, ma di una scelta di campo necessaria all’interno di uno sforzo ineludibile per la ricostruzione di un soggetto politico anticapitalista che non potrà uscire dall’unione di ceti politici residuali e pezzi di borghesia intellettuale, ma solo dalla chiarezza degli obiettivi e dall’individuazione delle forme organizzative in cui muoversi nell’attuale fase politica.
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giovedì 22 maggio 2014

Il volto umano del renzismo



Vi posto un articolo del Collettivo Militant, sezione della rete comunista Noi Saremo Tutto. In questo articolo si parla del clima repressivo che si sta respirando a Roma (ma non solo), che si sta acuendo con l'approssimarsi delle elezioni europee. Elezioni che non servono a niente e che non cambieranno niente, visto che il Parlamento europeo non conta un cazzo e le decisioni vengono presi dalla Commissione. Invece di pensare a questa Europa, indecente e dannosa, pensiamo alle lotte sociali nei nostri territori, nei nostri quartiere, nelle nostre piazze, nelle nostre strade. Pensiamo al diritto all'abitare, alla lotta alle privatizzazioni, al contrasto ai licenziamenti, all'antifascismo e all'antirazzismo militante. NESSUNO pensa a queste cose. Non Renzi, non Berlusconi, non Grillo, non Vendola.

Anche ieri, un’occupazione abitativa sgomberata a San Paolo, senza alcuna mediazione o trattativa possibile. Il giorno prima, l’arresto in piazza di Paolo Di Vetta e a seguire di Luca Fagiano, dirigenti dei movimenti di lotta per la casa, accusati di aver partecipato alla manifestazione del 12 aprile, violando per questo lo spirito delle misure cautelari ancora in corso. Per non dire dello sgombero della Montagnola, di Godot e delle altre occupazioni lo scorso mese, o gli arresti di febbraio. Il clima politico è quello della fine di ogni margine di trattativa, lo scontro è totale e la mediazione politica inesistente. I pochi assessori o consiglieri “amici” e “vicini ai movimenti” ogni volta si lavano le mani da un problema che dicono chiaramente non avere il potere di risolvere o mediare. In tutto questo, bisogna anche rilevare il ridimensionamento del ruolo della Digos quale apparato di mediazione tra intervento della polizia e movimenti. In piazza o sotto un palazzo occupato sta venendo meno anche quel livello di trattativa che il dialogo con la Digos permetteva, riuscendo ad evitare il confronto esclusivamente muscolare fra repressione e compagni, nonché impendendo – a volte e in determinati frangenti – l’accanirsi repressivo dei PM. Oggi il PM Albamonte rappresenta il simbolo di un potere repressivo che agisce senza più alcun vincolo, libero di calcare la mano senza alcuna remora, perché politicamente l’indicazione è quella di risolvere una volta per tutte la questione sociale della nostra città e del paese intero senza margini alla comprensione politica delle mobilitazioni. Se questo è il nuovo terreno che ci si presenta di fronte, la partita va giocata all’attacco ma senza avventurismi, perché questi non verranno più tollerati come in passato.

Che il responsabile politico di questo nuovo corso repressivo sia il PD ci sono pochi dubbi. Piuttosto, sta proprio nell’aver individuato coscientemente nel Partito Democratico il problema politico principale, che ha prodotto questa situazione. E’ l’aver portato avanti un discorso politico, e averlo trasformato in iniziativa politica contro il PD, che ha mutato l’ordine della cose. Il PD non può essere contestato perché rappresenta l’ossatura dello Stato e del discorso europeista, oggi l’unico collante politico di una serie di interessi molto più grandi del nostro piccolo paese, nonché l’unico argine alla deriva verso l’insignificanza internazionale dell’Italia. L’alternativa al PD oggi, per le classi dirigenti, non esiste. Di certo non costituiscono una possibile alternativa la Lega Nord sempre più fascistizzata di Salvini, o il partito di Berlusconi in via di disfacimento; men che meno, il poujadismo piccolo borghese di Grillo, che si è dimostrato nei fatti non avere la credibilità e la capacità di modificare alcunchè nel paese. Oggi il PD è l’ultima speranza per un pezzo di capitalismo italiano di restare ancorato alle dinamiche internazionali. Un ruolo ridimensionato e sottoposto, ma che garantisce quel posto al sole legato alla UE necessario al grande capitale italiano nel processo di concentrazione industriale portata avanti da anni. Criticare il PD, dunque, significa scontrarsi con lo Stato dunque, non più con una forza politica. E’ giusto che sia così, ma bisogna essere all’altezza della situazione. Non è più dialettica politica, quanto un discorso di potere. E’ bene comprenderlo subito, altrimenti la macchina repressiva spezzerà sul nascere ogni velleità antagonista dei nuovi movimenti.

Detto questo, oggi abbiamo deciso di annullare l’iniziativa di dibattito di Vota Nessuno. Impossibile continuare come niente fosse di fronte all’arresto di un partecipante all’iniziativa, ma soprattutto impossibile rimanere impassibili agli eventi di questi due giorni. E’ obbligatoria una risposta, e questa non può essere l’iniziativa come se niente fosse. E’ necessaria una presa di posizione militante, che avverrà oggi e che ci impedisce contemporaneamente di portare avanti il dibattito. In ogni caso viene mantenuto l’aperitivo-cena e la serata musicale dopo, perché la repressione ha un suo costo anche economico da sostenere, difficilissimo da onorare. Per tutto questo ci vedremo stasera al Lucernario Occupato, alla Sapienza, per condividere questi ragionamenti e molto altro ancora.

Paolo e Luca liberi!
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Il fallimento della tessera del tifoso



Pubblicato su Pagina99.it un interessantissimo articolo, a firma Luca Manes, in cui viene dimostrato il clamoroso e storico fallimento della famigerata Tessera del Tifoso, che non ha allontanato i violenti dal calcio ed ha solo favorito l'allontanamento degli sportivi (stadi vuoti, militarizzazione delle zone vicino agli stadi, caro biglietti, ecc...). Gli unici a rimanere con la schiena dritta, mentre tutto andava in rovina? Gli Ultras, con tutti i loro limiti e le loro contraddizioni.

“Penso che la tessera del tifoso abbia fatto il suo tempo. Negli ultimi anni, salvo una leggera, recente, inversione di tendenza, c'è stato un sensibile decremento delle presenze negli stadi. Occorre rivisitare completamente i rapporti tra calcio e tifosi”. In questi termini netti e definitivi si è espresso il presidente del Coni Giovanni Malagò in un'intervista concessa all'inizio del 2014 al mensile della Polizia di Stato. Una sonante bocciatura, una quasi totale sconfessione della linea imposta dal ministro degli Interni Roberto Maroni nella seconda metà del 2009 e introdotta nella stagione 2010-11. Il problema, sempre secondo Malagò, è che per colpa “di poche persone ci sia una forte penalizzazione, in termini di complessità procedurali e burocratiche, a danno di un'intera comunità”. Concetto ribadito poche settimane fa, quando il capo dello sport italiano manifestò tutto il suo sdegno alla notizia che a Bergamo era stato negato l'accesso allo stadio a due bimbetti perché sprovvisti della tessera, in possesso invece del loro babbo che li accompagnava.

E proprio qui sta uno dei punti dolenti dello strumento: dopo uno dei tanti nadir del football nostrano, l'uccisione dell'ispettore Filippo Raciti durante gli scontri in occasione del derby Catania-Palermo del 2 febbraio 2007, con la tessera si voleva provare a isolare i violenti e a far tornare le famiglie nelle arene calcistiche italiane. Gli stadi, si disse all'epoca, si sarebbero di nuovo riempiti dopo anni di magre – per la verità causate non solo dalle intemperanze degli ultras. I dati hanno da subito smentito Maroni e il suo entourage. Se nell'ultima stagione senza tessera, la 2009-10, l'affluenza totale in Serie A fu di circa nove milioni e 200mila spettatori, con una media per match di 25.570 unità, nella scorsa stagione si è scesi a otto milioni e 400mila, per un dato a partita di 24.655 tifosi. Il 2013-14, che ormai sta chiudendo i battenti, dovrebbe presentare un leggero incremento, ma siamo ben lontani dai livelli dell'età dell'oro del calcio italiano. Se ci spostiamo in Serie B le cose vanno ancora peggio: 5mila spettatori a partita sono veramente pochini, soprattutto se paragonati agli oltre 17mila della serie cadetta inglese, tanto per volgere lo sguardo oltre confine. Ma d'altronde, sempre rimanendo nell'ambito dei principali campionati continentali, si nota che nella classifica delle dieci squadre con maggior seguito allo stadio non ne compare nemmeno una del Bel Paese, ma tante inglesi, spagnole e tedesche. Eppure l'Olimpico e San Siro, che ospitano squadre di primo piano del nostro calcio, hanno capienze intorno agli 80mila posti.

“Noi lo avevamo detto sei anni fa che la tessera non sarebbe servita a nulla, ma anzi avrebbe solo creato problemi alla stragrande maggioranza dei tifosi che si recavano allo stadio, in casa o in trasferta, per seguire la propria squadra del cuore” ha dichiarato a pagina99 l'avvocato Lorenzo Contucci, da anni in prima fila per la tutela dei diritti dei tifosi. Tuttavia Contucci non è troppo ottimista sugli sviluppi futuri. “Temo che possa cambiare ben poco e che gli annosi problemi del calcio italiani continueranno a non essere risolti”.

Probabile che qualche novità sul fronte governativo si materializzerà dopo le elezioni europee, quando anche i fatti della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina avranno abbandonato le prime pagine dei giornali.

Ma per quali ragioni la tessera del tifoso è stata percepita come uno strumento vessatorio, e non solo dalla eterogenea galassia degli ultras? In primis perché di fatto rappresentava una schedatura di massa, dal momento che viene rilasciata solo dopo il nulla osta da parte della questura di competenza – che la nega a persone soggette a Daspo in corso o che hanno ricevuto condanne per reati da stadio negli ultimi 5 anni. Senza la tessera, almeno inizialmente, non si aveva la possibilità di andare in trasferta o di acquistare abbonamenti. Oltre a uno strumento volto a garantire maggiore sicurezza negli stadi, agli occhi di tanti appassionati la creatura di Maroni è sembrata un enorme favore fatto ai club, che per fidelizzare i loro “tifosi-clienti” vendevano loro una carta di debito ricaricabile affidandosi ai principali circuiti bancari e alla Lottomatica. Sebbene poi anche su questo versante non tutto sia funzionato al meglio. 

“Ho vari amici e parenti che hanno ricevuto la tessera dopo un anno, con tutti i problemi che questo ha comportato”, ci ha raccontato Gianmarco Pirozzi, supporter del Napoli. I ritardi, che il club partenopeo addebita alla piattaforma scelta, la Postpay, in alcune occasioni hanno impedito l'acquisto dei biglietti, ma più spesso hanno causato problemi a chi seguiva la squadra lontano dal San Paolo. Una volta presentatisi ai tornelli sì con il biglietto, ma solo con la richiesta della tessera, i tifosi andavano incontro a infinite polemiche con gli steward e fastidiose lungaggini varie. E quello quello del Napoli non era un caso isolato.

Come se non bastasse, il 14 dicembre 2011 il Consiglio di Stato ha accolto un ricorso presentato dal Codacons e ha dichiarato illegittimo l'abbinamento obbligatorio della tessera con l'acquisto di carte di credito elettroniche, di fatto limitandone il potenziale commerciale. 

Insomma, le prime crepe si sono notate abbastanza presto, ma a scardinare in maniera forse definitiva il “sistema tessera” è stata la nuova Roma targata Usa. Nel marzo 2013, ha ottenuto il permesso dal Viminale di introdurre la sua fidelity card slegata da controlli e schedature, ma con gli stessi requisiti di emissione previsti per la tessera (quindi si può rilasciare solo ai tifosi “per bene”). Un esempio seguito da diverse società: Napoli, Fiorentina, Genoa, Parma, Bologna e Lazio. Come strutturata, la fidelity card è subito apparsa un prodotto più vicino alle membership delle squadre inglesi, che afferiscono solo al rapporto club-tifoso, lasciando fuori lo Stato. 

A Cesena, come ci ha spiegato Roberto Checchia, presidente del coordinamento dei club di supporter del team romagnolo, si è arrivati addirittura a dare la gestione diretta della tessera ai tifosi. “Insieme a Te”, lanciata lo scorso luglio, è anche essa svincolata dai circuiti bancari e dal vaglio preventivo della questura. Serve solo l'ok del Centro Elettronico Nazionale di Napoli, che controlla se i richiedenti siano soggetti a Daspo o abbiano ricevuto condanne per reati da stadio. “Nella prima stagione le cose sono andate bene, abbiamo emesso oltre 1.500 tessere e le persone si sono dette molto soddisfatte di questa nuova esperienza” afferma Checchia entusiasta.

Certo, il ministero degli Interni, tramite l'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, poteva sempre vietare le trasferte ai possessori delle nuove fidelity card. Ma lo stesso è accaduto in varie occasioni anche per chi aveva la tessera. Un altro dei tanti corto circuiti dello schema ideato dall'attuale governatore della regione Lombardia, il quale avrebbe “clonato” in malo modo un progetto già esistente. Ovvero la Carta del tifoso, ideata dall'imprenditore italo-inglese Anthony Weatherill. Dopo Calciopoli, altra pagina tristissima del football made in Italy, e la tragica scomparsa dell'ispettore Raciti, a Weatherill venne in mente che fosse indispensabile un mezzo per rinfocolare la passione dei normali fruitori del fenomeno calcio, non più visti unicamente come clienti da spremere, ma quali soggetti attivi e con voce in capitolo. “Lo sport reca in sé un insieme di valori molto alti, che dovrebbero essere presi ad esempio nel mondo attuale e che invece sono ignorati, o ancor peggio calpestati” ci ha detto Weatherill. 

“Il progetto Carta serviva a conservare questi elementi di grande rilievo, tuttavia le istituzioni sportive, che avrebbero dovuto apprezzare una tale iniziativa, hanno finito per stravolgere una pratica sportiva ultracentenaria. Se si vuole risolvere veramente i problemi del calcio bisogna ripartire dal rispetto dei valori da parte di tutti quelli che hanno a che fare con lo sport, nessuno escluso” ha aggiunto Weatherill, che ci ha illustrato come con il suo progetto sarebbero stati i tifosi a riempire di contenuti e servizi la carta, in base alle proprie esigenze. “Tutto sarebbe nato dal basso, e non calato dall’alto come è accaduto nell'ultimo periodo”, ha concluso l'imprenditore, profondamente deluso dallo “scippo subito” (per il quale è ricorso alle vie legali) e per come siano andate le cose in questi anni nel football nostrano. E non è l'unico. 
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Informali, nasce la Cospirazione del Fuoco Nero



Dopo aver letto su RadioAzione.org questo documento pubblicato da alcuni militanti dell'area anarchica informale, ho pensato che fosse interessante postarlo sul mio blog. Da un po' di tempo sto seguendo le vicende della FAI - Federazione Anarchica Informale e, in generale, dell'anarchismo informale e nichilista. Lo scritto sotto riportato rappresenta, a mio avviso, un esempio topico di ciò che l'informalità sia e voglia.

Diamo vita alla Cospirazione del fuoco nero, con un attacco compiuto il 7 maggio 2014. A due anni dal giorno in cui i nostri compagni anarchici e fratelli Nicola Gai e Alfredo Cospito colpirono l’ A.D. di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi con dei colpi d’arma da fuoco. A loro, con vendetta e amore sono dedicate queste nostre azioni.
Durante la notte del 7 maggio abbiamo posizionato un ordigno incendiario su un distributtore di benzina, l’ordigno forse mal costruito stando all’inesperienza, non ha svolto il suo compito di distrutore tramite il fuoco, ma fisicamente armati di alcune trance abbiamo tagliato tutti i tubi di erogazione del carburante. Mentre appena un mese prima abbiamo attacato fisicamente alcuni bancomat.
Abbiamo trascorso molto tempo a riflettere sulla questione dell’informalità e il dar vita a un gruppo d’azione. Durante queste
riflessioni, tra risate e inquietudini, dibattiti accesi, desideri e ansie,
progetti e strategie, abbiamo deciso di dar vita alla Cospirazione del Fuoco Nero ed entrare in guerra con la megamachina del dominio.
Siamo Anarchici d’azione, rifiutiamo qualunque modello centralista di organizzazione che attenui la nostra rottura con tutto l’esistente.
Parliamo di una nuova Anarchia e di conflittualità permanente, senza dogmi nè “avanguardie rivoluzionarie”.
Come Cospirazione del Fuoco Nero siamo e saremo una rete
informale di cellule autonome d’azione diretta. Una rete che lotta per
l’Anarchia con le lancette puntate sul Qui ed Ora.
Abbandoniamo definitivamente il basso profilo dell’Anarchismo sociale, e passiamo a un conflitto permanente contro ogni Potere, senza arrestarci di fronte alle conseguenze legali, mettendo in gioco tutti noi stessi.
Siamo Anarchici e non avvocati preoccupati delle leggi del nostro nemico.
Ci liberiamo dal cappio al collo e della frustrazione e della sconfitta.
Tutte le azioni che compieremo e rivendicheremo come Cospirazione del Fuoco Nero, formano parte della guerra che dichiariamo al dominio, alla civilizzazione e alla sua società.
Purtroppo molto pochi oggi sono quelli che parlano e propongono una sovversione esistenziale delle nostre condizioni di vita, quelli che rivendicano una liberazione totale di fronte alla degradazione della nostra esistenza.
Esistenza che viene valutata in base al possesso di oggetti morti e illusioni.
Pertanto, per noi la questione non è se siamo più o meno liberi in questo mondo, ma se accettiamo di continuare a vivere in una maniera che ci opprime.
Vediamo intorno a noi tante persone, inclusi poveri, operai, carcerati,
immigrati ecc. che vivono dipendenti da questo mondo e dalla sua civilizzazione come se fosse la cosa più preziosa che hanno.
Per questo noi, come Anarchici Nichilisti, dichiariamo guerra a tutto, alla mano che tiene la frusta come alla schiena che la sopporta. Riteniamo che non basti dedicarci a ideologie indulgenti che offrono sempre un alibi all’immobilità e alla passività del ”popolo sfrutato”. E’ questo “popolo oppresso” che ogni 4 anni vota per i propri tiranni, è il “popolo” che vede nei propri padroni dei modelli da imitare, è il
“popolo” quello che entra in estasi con la droga del consumismo, è il “popolo” che crede come una religione nella proprietà, è il “popolo” che chiede “più polizia, più carceri, più tecnologia…”.
E’ basandosi su questa critica che fa irruzione la tendenza Anarchica Nichilsta e la nostra prospettiva antisociale.
Queste azioni che rivendichiamo con questo comunicato andiamo a inserirle nel PROGETTO FENICE, sono per noi stessi, per i nostri fratelli e le nostre sorelle in guerra contro qualunque potere, sono per i nostri compagni e la nostra compagna della CCF incarcerati come per chi continua fuori, sono per i compagni Anarchici Gianluca Iacovacci e Adriano Antonacci, per Niccolò Blasi, Claudio Alberto, Mattia Zanotti, e la compagna Chiara Zenobi come per tutti i
compagni e tutte le compagne nei circuiti dell’ Alta Sorveglianza qua in Italia come in qualunque nazione, sono per Andreas Tsavdaridis e Spyros Mandylas, sono per i nostri fratelli e le nostre sorelle sequestrati nelle galere del dominio in ogni parte del mondo, dall’Indonesia al SudAmerica.

COSPIRAZIONE del FUOCO NERO – FAI-FRI
NIENTE MENO DI TUTTO!
CON LE LANCETTE
PUNTATE SUL QUI ED ORA!
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mercoledì 21 maggio 2014

Alluvione nelle Marche, gli Ultras impegnati a pulire case e strade



Vi posto un articolo tratto da Senigallianotizie.it, in cui viene data notizia dell'ennesimo atto di generosità e di impegno civile e sociale degli ultras, i quali invece sono sempre accusati di essere gentaglia violenta e basta. In questo caso parliamo degli ultras dell'Ancona, che sono stati pubblicamente ringraziati dai cittadini di Senigallia. Perchè? Leggete qui sotto:

“Senigallia ringrazia la curva nord“: con questo striscione – “firmato Borgo Bicchia – 3 maggio 2014″ -  esposto durante la partita Ancona-Pistoiese (Titolo Nazionale Dilettanti), giocata allo stadio Del Conero domenica 18 maggio, un gruppo di sostenitori senigalliesi ha voluto ringraziare la curva biancorossa.

Nei giorni immediatamente successivi all’alluvione del 3 maggio infatti, alcuni tifosi dell’Ancona erano venuti a Senigallia per dare una mano nella pulitura delle case invase dal fango (foto): era stata proposta pure un’amichevole con incasso in beneficenza, poi saltata, si spera solo temporaneamente.

Senigallia ha voluto così esprimere la propria riconoscenza.

Nel corso della partita Ancona-Pistoiese, allo stadio del capoluogo è stato ricordato inoltre Natalino Miserocchi, storico giocatore dell’Ancona e della Vigor Snigallia, scomparso recentemente.
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Foto di Puteolana - Metapontino, play out serie D






martedì 20 maggio 2014

Criminalizzare le curve per lavarsi la coscienza



Vi posto un interessante articolo tratto da La Gazzetta Palermitana, in cui viene sviluppato un tema fondamentale: il bisogno, la necessità per i perbenisti italici (e non solo) di trovare un "altro" da cui prendere le distanze per tutelare la propria presunta integrità morale. Un capro espiatorio verso cui riversare odio: gli ultras rispondono perfettamente a questa necessità.

Arriva puntuale, in determinate stagioni, proprio come l’influenza. O come una moda che periodicamente ritorna. Parliamo della campagna di criminalizzazione del mondo delle curve italiane scatenata il 3 maggio, data della finale di Coppa Italia Napoli – Fiorentina. Abbiamo già scritto su come i media hanno dimostrato maggiore irresponsabilità dei tifosi nel raccontare, con una incredibile e imbarazzante quantità di falsità, una giornata piena di tensioni. Poi sono stati i giorni dei processi pubblici sui giornali cartacei e online e nei talk show (Giletti imbattibile nel festival del luogo comune). Sul banco degli imputati, senza diritto di replica e difesa, è finito il variegato mondo delle curve. Gli ultras: il male assoluto, la causa di tutte le sventure dell’italica società. Noi de La Gazzetta Palermitana.it non ci siamo uniti a questo coro stonato.

Fin da piccolo ho sempre provato molta diffidenza nei confronti di quanti tracciano una frettolosa linea divisoria tra buoni e cattivi, senza alcuna possibilità di analisi, di approfondimento e di critica. Spesso i professori alla lavagna dell’argomento in questione ne sanno poco, molto poco. Qui nessuno vuole fare l’avvocato difensore delle curve. Chi conosce il mondo ultras sa quanto esso non ami i salamelecchi. Vogliamo soltanto rilevare come sia in atto in Italia una corale azione di purificazione attraverso la criminalizzazione delle curve.

In psicoanalisi si chiama “catarsi” che l’enciclopedia Treccani definisce così: “processo di liberazione da esperienze traumatizzanti o da sistemazioni conflittuali, ottenuto attraverso la completa rievocazione degli eventi responsabili, che vengono rivissuti, a livello cosciente, sia sul piano razionale sia su quello emotivo (abreazione)”. La messa in scena della demonizzazione delle curve serve all’intera società italiana per lavarsi la coscienza dalle sue colpe.

Il mondo ultras è violento. Eppure siamo nel Paese dei femminicidi, soprattutto tra le mura domestiche, delle morti provocate da risse per futili motivi, dei mostri che puntualmente appaiono nelle nostre città, dai morti sul lavoro causati spesso dall’incuria dei datori di lavoro. Per non parlare di certi sadici picchiatori che non portano al collo una sciarpa ma indossano una divisa per conto dello Stato. Risposta alla provocazione: non tutti gli agenti sono mele marce. Nuova provocazione: non tutti i frequentatori delle curve sono mele marce.

 Il mondo ultras è infiltrato dalla criminalità organizzata. Siamo nel Paese dove la “mafia spa” è la prima azienda più produttiva con utili pari a cinque manovre finanziarie. L’economia è infiltrata, la politica è infiltrata, persino le confraternite religiose (come dimostra un recente fatto di cronaca a Palermo). Insomma perché stupirsi per la presenza in curva di parenti di boss nel Paese di mafiopoli?

 Il mondo ultras è corrotto per via delle scommesse illegali e le manipolazioni delle partite. Non mi sembra che la corruzione in Italia sia una novità da circoscrivere agli stadi ed al tifo organizzato.

 Mettere in scena gli “orrori” provocati dagli ultras, spesso ingigantiti e non contestualizzati, sembra servire a tutti per lavarsi la coscienza. Come se noi tutti fossimo esenti da quei mali. Ironia della sorte, a puntare il dito contro quegli “avanzi di galera” sono proprio i settori della società che hanno tanto da farsi perdonare. Criminalizzare gli ultras per illuderci che il male del nostro tempo possa essere recintato senza alcuna contaminazione.

Il mondo delle curve è più semplicemente lo specchio della società, nelle sue facce migliori e peggiori. Chi vuole parlare di questo mondo deve conoscerlo dall’interno perché troppo complesso per affibbiargli banali categorie. Nelle curve (come nel resto della società) troverete un coacervo di pulsioni spesso contraddittorie: onore e infamia, passione e psicosi, violenza becera e cavalleria di altri tempi, solidarietà e avversione. E se invece di avventurarci in superficiali analisi, tipiche di trasmissioni come L’Arena, scomodassimo qualche grande pensatore contemporaneo scopriremo perché le curve sono un micidiale polo di attrazione per i giovani. Nel nostro tempo della “società liquida”, descritta dal grande sociologo Zygmunt Bauman, l’uomo postmoderno cerca corpi solidi a cui legarsi. Le curve forniscono un naturale immaginario identitario (i colori sociali, la territorialità) che la società globalizzata nega con una violenza subliminale. Sono processi e dinamiche sociali di “resistenza identitaria”, delineate da un altro gigante del pensiero sociologico quale Manuel Castells, che prendono forme incontrollabili. Sono tutte tematiche delicate e complesse che certo giornalismo attrezzato culturalmente solo per commentare il Grande Fratello, o la classe politica che (da una parte e l’altra) sfoggia personaggi come Scajola e Genovese, non sono in grado di capire.

 Se qualche “novello solone” provasse a conoscere il folle e variegato mondo delle curve cambierebbe idea. Alcuni conoscendo i lati più negativi odieranno ancora di più gli ultras, altri inizieranno a comprendere le reali dinamiche di questo ambiente rischiando di provare qualche colpevole simpatia. Di riflesso, sicuramente, spegnerebbero la tv alla vista di Giletti.

Un tedesco, tale Johann Wolfgang Goethe, scriveva: “non si possiede ciò che non si comprende”.
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Ultras del Perugia raccolgono fondi per i bimbi ciechi



Ultras uguale violenti fascistoidi cerebrolesi? No, non ci stiamo. Negli ultimi anni l'equazione ha trovato sempre maggior sostegno nei media di regime, eppure gli esempi di ultras che si impegnano nel sociale e che vivono il loro Ideale ogni giorno, e non solo sulle gradinate di uno stadio, sono tantissimi e molteplici.
Oggi pubblichiamo un articolo del sito Umbria24.it, in cui si parla dei fondi raccolti dagli ultras del Perugia per i campi estivi per i bambini ipovedenti.
Ovviamente i pennivendoli che hanno riempito di inchiostro e merda sugli ultras le pagine dei giornaletti nelle ultime settimane hanno evitato di informare i cittadini di questo e di tanti altri esempi di ultras impegnati nel sociale.

La crisi che morde azzanna anche il portafoglio di associazioni come l’Uic. Una onlus, l’Unione italiana ciechi e ipovedenti, sempre vissuta sui contributi di enti pubblici e soggetti privati. Che negli anni le hanno destinato soldi, fondi e risorse. Che oggi scarseggiano. Che in certi casi «non arrivano proprio più». Emilio Vantaggi, presidente regionale dell’Uic, con la crisi e non solo combatte ogni giorno. E infatti a momenti gli scappava una lacrima quando gli ultras del Perugia – Ingrifati, Armata rossa e Brigata, più il gruppo «Quelli del Santa Giuliana» e i titolari del circolo «Il ritrovo del Grifo» – gli hanno consegnato l’assegno con su scritta la cifra raccolta venerdì alla festa-promozione organizzata all’antistadio.

La raccolta Duemilacentottanta euro e spiccioli: soldi che l’Uic utilizzerà per realizzare campi estivi riabilitativi di orientamento e mobilità per bambini ciechi di età compresa tra i tre e i sette anni. «Parliamo di circa quindici bimbi – specifica Vantaggi – che grazie al grande cuore degli ultras, per un’intera settimana, parteciperanno a laboratori didattici con operatori specializzati. E poi parliamo dei genitori che li accompagneranno, che verranno seguiti da un’equipe di psicologi». Tutto grazie, appunto, ai 2180.20 euro raccolti durante la festa autofinanziata dagli ultras del Grifo. «Spesso gli ultras vengono denigrati, accusati di atteggiamenti scorretti o violenti. In questo caso invece – continua Vantaggi – hanno dimostrato di essere altro. Penso che molti altri segmenti della società civile dovrebbero imparare da loro. Non ho parole per ringraziare i gruppi della Nord».

Pallone e maglia Oltre all’assegno, consegnato giovedì, i supporter biancorossi hanno donato all’Uic un pallone e una maglia ufficiale del Perugia. «Come è nata questa iniziativa? Semplice. Siamo stati contattati, ci è stato chiesto di dare una mano e lo abbiamo fatto. Abbiamo subito risposto: “Sì”. Ci siamo attivati, e alla fine siamo riusciti a coinvolgere un discreto numero di persone, circa un migliaio». Così, uno degli esponenti di spicco della tifoseria perugina. Un altro, a seguire, ha argomentato: «Questa volta abbiamo approfittato del momento di festa, della gioia provocata dalla promozione in B. Ma come Curva sono anni che ci impegnamo in iniziative (di solidarietà, ndr) del genere, a 360 gradi. Il nostro modo di vivere lo stadio, di essere ultras è anche questo. Lo facciamo coi nostri pregi e coi nostri difetti, anche se spesso viene dato eccessivo risalto, troppo, soltanto ai secondi…».
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domenica 18 maggio 2014

Riot Terrons Squad - Hooligans



When sunday comes...
buona domenica a tutti gli ultras.
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sabato 17 maggio 2014

Lettera di un anarchico informale



Sono mesi, per non dire anni, che si parla della FAI, Federazione Anarchica Informale (da non confondere con la più antica Federazione Anarchica Italiana). Mi sono interessato subito a questo aspetto dell'anarchismo che non conoscevo, e non nascondo di criticarne alcune analisi e azioni così come ne condivida altrettante.
Un mondo, quello dell'anarchismo informale, che non conoscevo e che certamente è vivo, per quanto ricco di contraddizioni (talvolta anche insormontabili e insostenibili).
Oggi vi posto una lettera, che è anche una rivendicazione, scritta da Gianluca Iacovacci dalla cella di un carcere di Stato. Una lettera pubblicata sul mensile La Miccia, e che io ho trovato tra le pagine del sito RadioAzione.org.
Credo sia una lettera molto interessante, che svisceri alcuni punti fondamentali per incominciare a comprendere il fenomeno dell'informalità anarchica.

Cari compagni e coraggiosi resistenti, 
mi trovo prigioniero come tanti, colpito dalla repressione dello stato che ci vuole annientare.
Non per quello che si fa ma per ciò che ci siamo “azzardati” ad essere, a dire o pensare.
Mi trovo con Adriano e tanti altri sulla giostra inquisitoria della gogna mediatica antiterroristica della democrazia.
Voglio prima di tutto ringraziare tutte le compagne e i compagni che mi hanno portato Solidarietà anche oltre confine, direttamente e non, perché sono convinto che ci si sostiene anche solo con le proprie esistenze di lotta.

Abbiamo la stessa rabbia contro questo esistente grigio e misero che ci schiaccia e ne sentiamo le stesse ferite, ma proveremo la stessa gioia con la meravigliosa realtà dei nostri sogni e desideri.

La mia è una condizione di individuo ostile catturato e messo in cattività.
La prigionia ed i patimenti a cui vengo sottoposto sono stati escogitati premeditatamente da altri esseri umani, e dipendono dalla permanenza al potere del sistema che me li ha inflitti.
Sarò certo rinchiuso, ma lo Spirito e le idee continuano; non si possono tenere sotto chiave né addomesticare e questo non può che continuare a darmi la forza di resistere.

Con gioia e nelle mie piene volontà ho scelto l’anarchia e continuerò a farlo, amando la terra per ciò che è, alla continua ricerca di selvatichezza e dell’emancipazione dalle comodità, denaro compreso.
Vedo nell’Anarchia la pulsione selvaggia e primordiale ormai assopita, se non del tutto morta, nell’uomo civilizzato del progresso.
Non ho mai adoperato mezzi termini e maniere, accetto il rischio di dovermi procurare il cibo, coltivare e raccogliere quanto basta a nutrirmi.
Per arrivare a questo userò ogni mezzo necessario per convincere altri individui, dopodiché potrò anche rinunciare alla penna e all’inchiostro con cui scrivo la mia rabbia.

Sono da sempre al fianco della resistenza indigena, degli antiautoritari e nativi che lottano contro le prove di forza dello Stato delle Multinazionali, mettendo in pratica la resistenza attiva, il sabotaggio e l’azione diretta.
Supporto tutti/e i/le compagni e compagne che vogliono liberarsi dall’autorità e partecipano con determinazione alla Lotta internazionale anticapitalista e antimperialista.

Tralasciando il bene e il male o il giusto e sbagliato, che vanno bene per le suore e i preti, la mia posizione e di altri individui è spinta dai propri istinti, nelle possibilità dei propri mezzi e con le probabili conseguenze di rischio.

Ho sempre messo in una visione unica la Liberazione dell’Uomo da ogni padrone e dalle sue gabbie mentali e reali, con la Liberazione degli animali dalle strutture di tortura e morte, e ogni altro luogo che trasforma un vivente in prodotto, oggetto o svago.

Sono anarchico, non appartengo a questo tempo di non-vita meccanizzata ad uso e consumo dei governi. Non riconosco nessuno Stato, tribunale o qualsiasi altra istituzione e autorità, né i sistemi giuridici, militari, civili e religiosi.

Per i giudici e magistrati in vestaglia dell’inquisizione non sono altro che una pratica burocratica a giustificare i loro stipendi. Giudizi non ne voglio, soprattutto da chi non sa amare la terra, lottare e sognare, ma sa far solo il suo mestiere ed eseguire ordini; non ne voglio tantomeno dal popolo, coccolato da sempre nel ventre putrido dello Stato e legato ad ogni costo alla democrazia che come parola ha ancora un buon effetto soporifero.

Questi Uomini di legge giocano con le loro leggi fasciste-democratiche per vomitare sentenza, e nel mio caso “l’appartenenza” a un’associazione terroristica organizzata, come lo sono in realtà lo Stato, gli eserciti e le Multinazionali.

Entrando nella fastidiosissima e paranoica caccia alle streghe, detta anche questione giudiziaria, anche una scritta su un muro viene catalogata dalla polizia Politica come “azione/atto terroristico in esecuzione del programma (?) eversivo F.A.I….”, in casi differenti individualmente o insieme al compagno e fratello Adriano, a cui non trovo altro modo per esprimergli il mio affetto e la mia Solidarietà se non con la mia determinazione, già contraccambiata con il suo coraggio e forza di Spirito.

Questi giochetti se li possono tenere da parte. Mi sarei risparmiato parecchie rogne “formali” visto che l’informalità è la mia realtà, ma non sono da solo (nel caso) in mani nemiche.

Le azioni a cui si riferiscono nello specifico, che non eseguono nessun “programma”, sono state messe in pratica da me e dichiarate con comunicati FRONTE RIVOLUZIONARIO INTERNAZIONALE – FEDERAZIONE ANARCHICA INFORMALE/ Individualità Sovversive Anticivilizzazione e sanno bene, grazie alle loro amate telecamere, che sono state eseguite da una sola persona, cioè io, in risposta alla devastazione, per logiche di profitto, del Pianeta e delle terre in cui vivo e in Solidarietà con i ribelli in conflitto con l’esistente.

Il GPS, e altre diavolerie, che gentilmente i militari hanno installato su un auto da me in uso da un paio d’anni, mi collegherebbero, in modo indiziario o più, ad altre azioni dirette e sabotaggi. In certi casi viene da pensare alle amate biciclette, ma bisogna capire che stiamo combattendo un sistema che probabilmente vorrà installare rilevatori satellitari direttamente nelle teste delle persone.

Mentre qualcuno teneva in caldo le mogli di questi pedinatori, ho notato come hanno catalogato il materiale sequestrato e come hanno svolto i loro compitii di polizia politica nell’aver impaginato, anche in grassetto e copia-incolla, minuziosamente nei loro fogli, diverse azioni contro Entri energetici/industriali e commerciali, compreso un fantasioso furto di denaro, e altre inutilità, da un distributore incendiato. Per non intaccare la mia integrità, il coraggio e il sacrificio non mi piego al “colpevole-innocente”, è veramente troppo.

Che siano trenta o cento azioni non importa, vorrà dire che in Italia sono mille e nel mondo diecimila!

Comunque è ridicolo e banalmente sminuitivo discuterne dei fatti, sarebbe come annullare la visione reale di conflitto e Resistenza, e riconoscere la logica democratica del “gioco finito male” o dei buoni contro cattivi.

Ora gioiscano pure dei loro trofei di caccia questi giudici, sulla vita e sulla morte dei loro simili, mentre il pianeta muore e l’uomo decade. Ma tutto ha u inizio e una fine, come i loro organi e le ossa, la legge e l’ordine cadranno e ne resterà solo cenere e macerie.

La società è oramai una forzatura dei valori rabberciati e rattoppati qua elà, con sforzi coercitivi a tenerli insieme e allo stesso tempo usati per annientare individui ostili ad essi.

Da secoli in nome di Dio e Potere l’autorità impone la civilizzazione, l’ordine e la dottrina. Trasforma l’Uomo in macchina da forza lavoro, in contribuente e cavia per la scienza; quei pochi conservano nativa selvatichezza e un pensiero conflittuale li schiaccia con la violenza, il terrore e li rinchiude nelle galere o nei manicomi per “rieducarli”, fino a che non ne avrà il totale controllo.
In caso contrario agirà per il loro annientamento.

I pilastri della Civiltà stanno crolando sotto i colpi dei suoi stessi fallimenti. Sempre meno spazi restano vivibili e incontaminati, le guerre dilagano ovunque con tutte le conseguenze, e sono sempre più efferate a minacciare lo sterminio con armi tecnologiche e il dominio dei vinti.
Queste violente e gratuite capacità di dominio e tirannia dell’uomo civilizzato, sono tanto più efferate quanto la società è “avanzata” tecnologicamente.

La Resistenza della Macchina Tecnologica-industriale vive soltanto in un percorso di liberazione da ogni autorità e ordine, corre verso un’orizzonte degli eventi, un nulla non scritto. E la nuova resistenza selvaggia e informale che risponde, e prende iniziativa, contro la violenza dei governi sempre più blindati e spietati a reprimere gli oppositori, come le compagne e i compagni colpiti e rastrellati nelle “operazioni” persecutorie/repressive antianarchiche e controinsurrezionali.
Compagni che non si sono piegati alle torture e all’isolamento nelle sezioni speciali delle carceri e nemmeno alle ferite negli attacchi, persino alla morte.

Sono orgoglioso di essere forte della mia integrità di Spirito e di correre in questi sentieri difficili che ci aspettano, al fianco dei non-sottomessi e dei senza legge, gli ANARCHICI.
Eterni cospiratori, sognatrici e sognatori forgiati dal coraggio, che affrontano titaniche e TIRANNICHE forze e l’esistenza in una Vita non scritta. Con elementari e limitatissimi mezzi, eppure posseggono un irriducibile determinazione.
Per concludere vorrei incoraggiare tutti con una metafora di quello che sento in tutti voi: vedo lo Stato e l’ordine come un solitario Uomo civile sperduto nella Foresta, in balia di animali feroci. Allo scorgere dell’arrivo di una tempesta nella notte, quell’Uomo non teme più di diventare pasto delle belve ma trema all’arrivo della tempesta.

Dalle valli ai monti, dalle campagne alle Foreste, per la Liberazione del Pianeta e i suoi viventi. Perchè la terra vale più dello sporco denaro!

MORTE ALLA CIVILTA’!
LUNGA VITA ALL’ANARCHIA!

Gianluca Iacovacci
Prigioniero anarchico
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giovedì 15 maggio 2014

Un ultras romanista: "Non li condivido, ma mi aspettavo quegli striscioni"



Vi posto un articolo tratto dal sito internet della rivista Sport People. E' stato scritto da un anonimo ultras della Roma, che non approva gli striscioni apparsi domenica all'Olimpico eppure non si scandalizza. Anzi, se li aspettava. In questo articolo spiega perché.
Pur non condividendo alcuni passaggi dell'articolo, non posso negare che esprima una posizione chiara e, allo stesso tempo, amaramente realistica sulle dinamiche interne alla Curva Sud e sulle prospettive del movimento ultras in generale.

Premessa: gli striscioni apparsi domenica a Roma, non mi appartengono e non avrei voluti vederli nella mia curva. Il fatto è che a differenza di molti, me li aspettavo.
Ma procediamo per gradi perché domenica scorsa è paradigma di molti aspetti.
Gli striscioni solidali con colui che è accusato di aver sparato ad alcuni tifosi del Napoli sono degli striscioni figli di una cultura ultras esistente. Lo so che per molti la cultura ultras è qualcosa di romantico, fatta di coreografie, striscioni e cori, tutto molto bello ma ne è solo un aspetto. La cultura ultras è machista e si fonda sul cameratismo. Non è per forza fascista ma per alcuni aspetti che ha preso, è culturalmente piuttosto di destra. Se non cominciamo a dirci le cose come stanno, probabile che si continui a rincorrere un mito che non esiste.
Da qui nasce la mia mancanza di stupore agli striscioni di domenica. Alcuni gruppi della sud, sopratutto quelli in cui circolano alcuni vecchi ultras, hanno espresso vicinanza a un loro ex compagno di battaglie. Giusto o sbagliato, questo è accaduto. Del resto sarebbe stato sorprendente e piuttosto ipocrita se la tifoseria ultras romanista avesse fatto finta di nulla. Nelle scritte non c’era sostegno all’accaduto ma soltanto alla persona. Vi fa inorridire? Ok, ma del resto fa parte di una mentalità di strada, sempre più legata a quella ultras. E se la strada cambia, cambia anche la cultura ultras. Vi fa vergognare? Ok, ma non cambia la sostanza. Nei nostri quartieri spesso assistiamo a scritte in sostegno per i più disparati casi, alcuni vergognosi, ma così è.
Del resto, a sinistra e non soltanto, si continuano a immaginare le curve come luoghi diversi e distanti dalle città. Errore. Le curve sono quei luoghi dove quelle contraddizioni a cui assistiamo quotidianamente, esplodono nella maniera più becera e violenta. Ora, siccome non sono sociologo-antropologo o quella roba lì non starò a citare chissà chi. I miei ragionamenti sono frutto di osservazioni decennali. Tornando al discorso iniziale, la violenza verbale, spesso razzista e omofoba da stadio, non è diversa da quella a cui assistiamo in qualsiasi discorso, di qualsiasi bar cittadino. O almeno nella mia città. Perché Roma questa è. Ma poi ci si sorprende che a Roma ci siano i fascisti allo stadio, forse perché spesso fuori di fascisti ne vediamo ben pochi (parlo di militanti) senza pensare che quelli che spesso indichiamo come fascisti (lasciamo perdere i tentativi fallimentari dei suddetti nel fare reclutamento negli stadi) non sono altro che i figli di questa città, cresciuti in quel brodo culturale razzisteggiante e prepotente di cui è pregna Roma ad ogni angolo. Perché questo è il punto, né più né meno. E così che vanno letti gli avvenimenti degli ultimi giorni, cercando di non farsi intossicare dalle ricostruzioni e dalle indignazioni a uso e consumo dei media, dalle inchieste, dai reportage e dalle finte interviste a pseudo ultras incappucciati. E di tutto questo, di riflesso o direttamente, vive anche la cultura da stadio.
Oltretutto dal 2007 col pacchetto Maroni, la trasformazione degli stadi in luoghi di trincea ha ulteriormente esacerbato gli animi di chi va allo stadio: e allora l’ultras che diventa vittima, l’ultras che va espulso da quel luogo perché ritenuto corpo estraneo. Tentativo fallimentare perché mentre tutti gridano al “modello inglese”, l’ultras è già arrivato al modello inglese. Decide di sciogliersi, di organizzarsi in piccoli gruppi non identificabili, di confondersi con la massa da stadio, sentendosi sempre più un soldato in trincea. Lo sciopero del tifo domenica durante Roma-Juventus ha evidenziato sempre più come l’ultras stesso ormai sia qualcosa di completamente diverso da come è stato per una vita e da come viene tuttora narrato. La spaccatura tra chi “appartiene” ai gruppi ultras e il resto dei tifosi, anche quelli più accesi, ormai è evidente anche in una stessa curva. A mio avviso, gli ultras si stanno suicidando, perché dovrebbero cercare di coinvolgere anche “i tifosi normali” nelle loro lotte contro la repressione, tanto quanto dall’altra parte spesso non interessa niente, tranne il vedersi la partita, senza essere disturbato da bandiere o fumogeni, perché se una volta la partita si viveva anche sugli spalti, ormai per molti è soltanto quella che si gioca in campo. Partecipano ai cori che poi fanno squalificare la curva per poi lamentarsi per la squalifica o per gli ultras stessi che li fanno. Non vogliono tifare 90′ ma si lamentano se non c’è un tifo organizzato. Solite contraddizioni che esistono da sempre. Non tutti i tifosi sono “consumatori” e basta. Non tutti “gli ultras” sono portatori del tifo sano e giusto. Alla fine gli ultras stessi finiscono nel radicalizzarsi sempre di più e ormai troppe volte ho la sensazione che vivano più di rappresentazione di se stessi che non di altro. Un po’ come in alcune situazioni di movimento in cui la piazza non è più il luogo del conflitto ma bensì della sua rappresentazione cinematografica.
Non sta a me dare le soluzioni, del resto vivo in una città che troppe volte mi mette a disagio, tanto quanto la mia curva. Non chiamo goliardia il razzismo, evito qualsiasi moralismo e casomai mi preoccupo di come trovare gli anti-corpi necessari per far fronte al razzismo diventato opinione pubblica. Ma ritengo altrettanto pericoloso entrare a gamba tesa in un discorso del genere, senza interrogarci sulle trasformazioni della nostra società, sul come cambiano i rapporti tra abitanti e i luoghi in cui vivono, su quello che davvero siamo.

Un tifoso cor core acceso da na passione.
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