lunedì 26 aprile 2010

Una mostra sotto l'Ara Pacis


Una domenica mattina soleggiata può divenire un ottimo motivo per parcheggiare lungo il Tevere e visitare l'Ara Pacis. Il Senato Romano, quasi duemila anni fa, decise di erigere l'Altare della Pace in onore di Augusto che aveva "pacificato" (cioè, ridotto in schiavitù con il Sangue e la Spada) due province ribelli.

Ciò che in realtà interessa a me e Marinella non è l'architettura razionale e classica dell'altare, nè i bassorilievi che ne adornano le fiancate: nelle stanze situate sotto l'Ara Pacis è stata allestita una mostra. Dedicata al più grande poeta italiano degli ultimi cinquant'anni.
Una moderna ed austera scalinata ci fa scendere ai piani inferiori, dove il buio di stanze regolari ci attende.

Attendo che la retina faccia il suo lavoro. Quando l'occhio si è abituato all'oscurità, vedo parole bianche proiettate sul pavimento nero. Amore, Libertà, Guerra, Genova. Perpendicolari a queste scritte, si stagliano trasparenti pannelli che si animano di versi e musica, di visi e di volti, di parole dette con voce calda e bassa, mentre il pollice e l'indice stringono l'immancabile sigaretta. Il fumo distrugge i polmoni e rovina la voce, dice la medicina. La prima affermazione è certamente vera. Non ho, ahimè, strumenti per negare la seconda. Dico solo che la voce del Poeta genovese è accordata perfettamente alla sua chitarra e al cuore di migliaia di esistenze.

Il buio s'infittisce quando lasciamo la stanza dei fantasmi, ed entriamo in quella dei dischi. Basta mettere un 33 giri su un tavolaccio di legno scadente per ascoltarne stralci delicati e furiosi. Io e Marinella abbiamo una predilezione per Il Bombarolo, traccia indelebile dell'indelebile Storia di un Impiegato. Il profilo del Poeta genovese anarchico compone la copertina del disco.

Sulle pareti di questo cunicolo annerito è possibile scorgere qualche foglio di carta su cui è incisa una poesia o i versi di una canzone. Le immancabili foto di una vita passata sotto i riflettori, nonostante Fabrizio abbia fatto di tutto per tirarsi fuori dal mondo delle celebrità. Addirittura, una pagella scolastica. Non mi aspettavo di trovare voti così bassi. Una sfilza di Cinque e di Sei, nessuna eccellenza nemmeno nelle arti letterarie italiane, latine o greche. E' proprio vero: talvolta il genio si annida in anfratti che difficilmente la Scuola riesce ad esplorare. Misera consolazione, forse. Ma tant'è.

Passo dopo passo, mano nella mano, carezza dopo carezza, Marinella ed io giungiamo alla sala dei tarocchi. Una luce più forte ci preannuncia la fine del tour: la freccia sulla parete sentenzia "Uscita". Prima, però, c'è questa interessanta stanza multimediale, dove un nano in carne ed ossa simboleggia Il Giudice. Non un giudice comunista, di quelli che Berlusconi odia. Un giudice, bensì, che ha passato la vita a farsi prendere per il culo, semplicemente perchè "diverso": nel suo caso, la diversità si chiama nanismo. Ebbene, tal nano decide di vendicarsi di tutti coloro che per anni lo hanno deriso, insultato, offeso. E ricorda a tutti che ha il cuore fin troppo vicino al buco del culo.
Marinella realizza un tarocco col proprio nome, dopo una donna poco sveglia che ha perso dieci minuti a capire come fare un tarocco, fallendo al fìn.

All'uscita dell'Oscura Mostra, l'immancabile consumismo impone di passare tra cartoline e t-shirt, boccali e tazze, orologi da parete e preservativi del Maggio Francese. Prima dell'ultimo passo, prima del ritorno nel mondo dei non-morti, un libricino aperto invita ai visitatori di lasciare un segno della loro presenza. Marinella ed io decidiamo di scrivere due righe, che si concludono con: "Grazie, Fabrizio".

1 commento:

  1. ...è poesia, è arte, è cultura, è vita....

    Marinella

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