mercoledì 28 aprile 2010

Lo specchietto



Gianni lavorava part-time in una azienda in crisi durante la crisi. Gianni aveva un contratto di apprendistato della durata di tre anni che sarebbe scaduto dopo pochi mesi. Gianni guadagnava circa 900 euro al mese.

Gianni aveva una Panda tutta scassata. Aveva deciso di comprare una Fiesta nuovo modello. Mise i soldi da parte con grande parsimonia: rinunciò a vacanze, uscite con amici, trasferte per seguire la squadra di calcio. Dopo due anni, riuscì ad avere una somma decente che gli permettesse di dare un buon anticipo per l'acquisto di una Fiesta grigio metallizzata.

Il giorno tanto attesò, finalmente arrivò. Andò a ritirare l'auto con una gioia nel cuore enorme. Il giorno dopo si recò al lavoro con l'auto nuova, mostrandola a tutti i colleghi. Era felice, Gianni, finalmente felice.

I giorni successivi divennero settimane. Ogni sera, dopo il turno di lavoro, Gianni girava intorno all'auto controllando che tutto fosse a posto. Una sera, però, ebbe una brutta sorpresa: qualcuno gli aveva rubato lo specchietto laterale dal lato passeggero. Incazzato come una belva, ma rassegnato alla realtà partenopea che spesso ti fa vivere episodi del genere, Gianni tornò a casa. Quella notte non riusci a dormire.

Il giorno dopo andò da un rivenditore autorizzato e comprò un nuovo specchieto, se lo fece montare, pagò quanto doveva e si recò al lavoro.

Dopo una decina di sere, Gianni ebbe una nuova brutta sorpresa: gli avevano rubato anche l'altro specchietto, quello dal lato guida. Questa volta entrò dentro al supermercato e protestò con la direzione, dicendo che il servizio di sicurezza era indecente visto che per la seconda volta gli avevano rubato uno specchietto. La direzione prese nota del suo reclamo, ma si vedeva che nessuno aveva voglia di muovere un dito.

Quella notte Gianni non riuscì a dormire.

Il giorno dopo andò dallo stesso rivenditore autorizzato e comprò nuovamente uno specchieto, se lo fece montare, pagò quanto doveva e si recò al lavoro.

La notte, però, Gianni non riusciva a dormire più bene. Ed anche quando era al lavoro, usciva sempre a controllare che l'auto fosse a posto. Iniziò a divenire paranoico. Cercava di parcheggiare sempre in posti diversi. Se era fortunato, metteva l'auto in un posto vicino alla grande vetrata del negozio, così riusciva a sorvegliarla. Spesso si distraeva, e mentre i clienti gli chiedevano informazioni su un determinato prodotto, Gianni non li ascoltava nemmeno: guardava solo la sua auto, e stava attento a che nessuno si avvicinasse.

Andò avanti così circa un mese, poi una sera si accorse che gli avevano rubato, per la terza volta, uno specchietto: anche questa volta, gli avevano rubato quello del lato guida. Furibondo come non mai andò alla direzione e pretese di parlare col capo della vigilanza interna. Cercarono di placarlo, ma ormai era fuori di sè. Alla fine, comunque, non riuscì a parlare col direttore della sicurezza, che se ne era andato da una uscita laterale appena il suo turno era finito.

Anche quella notte, Gianni non dormì. Anzi, rimurginò. Chiuso in un silenzo tombale, passò la notte fuori al balcone a pensare, pensare, pensare.

Il giorno dopo, Gianni non si recò dal rivenditore autorizzato a prendere un altro specchietto... ma andò a Napoli, in una armeria. Prese 400 euro dal suo conto postale e le investì su una pistola SIG SAUER usata e una piccola confezione di proiettili.

Prese una settimana di ferie, ma si recava comunque al lavoro. Parcheggiava la macchina vicino al bosco, entrava nel supermercato, lo attraversava ed usciva dal lato opposto. Faceva tutto il giro e ai andava a nascondere nel bosco. Dopo sei giorni, finalmente ebbe la sua occasione: uno sconosciuto si avvicinò alla sua Fiesta, si guardò intorno e cominciò a lavorare con un cacciavite. Gianni attese che il delinquente finisse il suo lavoro e uscì dal bosco all'improvviso:

"Brutto figlio di puttana", urlò allo sconosciuto "quanti cazzo di specchietti hai deciso di rubarmi?".

Il delinquente si girò di scatto, ma non appena vide la pisto si pietrificò.

"Nun fà strunzate, fratè... che hai fà cu chella pistola?", blaterò il ladro, ma Gianni parve non sentirlo.

"Mi hai rubato tre specchietti, ed oggi volevi fottermi il quarto. Sei una merda".

Gianni si avvicinò allo sconosciuto, che si stava letteralmente cacando sotto: "Scusami, fratè... ti chiedo scusa", implorò in maniera nemmeno tanto convinta. Gianni non lo ascoltava nemmeno:

"Cammina", gli ordinò indicando il bosco, "cammina fino a quando non ti dico di fermarti. Bastardo."

Il ladro entrò nel bosco con Gianni ed una pistola alle spalle. Camminarono per un centinaio di metri, con il ladro che continuava a chiedere scusa mentre Gianni non diceva nulla. Assolutamente nulla.

"Fermati qui", gli disse all'improvviso. Intorno non c'era nulla, e l'unica luce lontana proveniva da un lampione dell'asse mediano. "Mettiti in ginocchio", gli comandò.

Il ladro eseguì: si mise in ginocchio dando sempre le spalle a Gianni. "Fratè, che vuò fà? Ja, perdonami. Aggio sbagliato, lo so. Ti giuro che a'macchina toja nun la tocco chiù. Prenditi sti soldi", gli disse, porgendogli qualche carta da 50 euro, "saranno quasi duecento euro. Prendili, così stiamo pace".

Gianni gli girò intorno, gli si mise di fronte e prese i soldi. Lo guardava sempre con sguardo severo. Ma piano piano, secondo dopo secondo, il suo viso cominciò ad allargarsi. Un tenue sorriso, quasi un ghigno sinistro, si dipinse sul suo volto. Il ladro prese coraggio: "Ja, lasciami stare. Abbiamo sistemato tutto, no?". Gianni cominciò ad ingigantire il sorriso, ed il ladro pian piano fece lo stesso. Dopo pochi secondi, Gianni cominciò a ridere di gusto. Il ladro, abbastanza frastornato, seguì Gianni e cominciò a ridere anche lui. Rideva sempre più forte, seguendo le risate di Gianni. Poi, d'improvviso, entrambi smisero di ridere. All'unisono. Il ladro cancellò il sorriso dal proprio volto e sgranò gli occhi. Un liquido caldo cominciò a scorrergli dalla fronte. Quando il liquidò passo davanti all'occhio sinistro e raggiunse la bocca, il ladrò capì: era sangue. Era il suo sangue. Guardò Gianni con aria pietosa, come a chiedergli e a chiedersi perchè. Perchè stava per morire? Perchè Gianni gli aveva piazzato una pallottola in testa?

Gianni non rispose. Continuò a guardarlo in faccia, con lo stesso ghigno. Lo stesso, identico ghigno. Non disse nulla. Il ladro stramazzò a terra. Morto stecchito.

Gianni attese quasi un minuto, prima di ritornare all'auto. Pulì bene le suole delle scarpe prima di entrare, mettere in moto, e tornare a casa.

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