martedì 31 luglio 2012

Pearl Jam-Black

“O accettate i veleni o restate senza lavoro”




Gli operai dell’Ilva non sono dalla parte dei padroni Riva. Essi hanno pagato sulla propria pelle, prima e più di tutti, la mostruosità di un inquinamento decennale. Ma hanno, prima ancora, pagato per il regime di sfruttamento, schiavitù salariale e persecuzione imperante in fabbrica.
Hanno pagato con la morte, gli infortuni e le malattie professionali, in una fabbrica nella quale non si sa mai se a fine turno si uscirà ancora vivi e integri.
Nessuno può fare la lezione agli operai dell’Ilva. Non la possono fare i padroni Riva, che li sfruttano  a  sangue,  li  ammazzano  e  giudicano  la  prevenzione  delle  morti,  degli  infortuni, dell’inquinamento una rottura di scatole. Non la può fare lo Stato, il padrone che per 36 anni ha condotto lo sporco lavoro di sfruttatore inquinante poi continuato dai Riva. Non la possono fare i dirigenti sindacali, che hanno preferito collaborare con lo Stato e i Riva facendo accordi al ribasso sulla pelle degli operai e hanno dimenticato i loro interessi. Non la possono fare politici, magistrati, giornalisti e altri benpensanti che per 50 anni hanno sempre ignorato i problemi degli operai, prima dell’Italsider, poi dell’Ilva, per compiacere i padroni che gli danno da mangiare.
I sindacati Cgil-Cisl-Uil vogliono far scendere in piazza gli operai in difesa della fabbrica, cioè del padrone. 
Ma gli operai dell’Ilva non difendono né i Riva né la fabbrica che inquina Taranto. Lottano per il posto di lavoro e il salario, per non fare la fame, per la difesa della propria salute, per sopravvivere.
La lotta degli operai inchioda i Riva alle loro responsabilità e fa gli interessi dell’intera popolazione di Taranto.
Gli operai dell’Ilva sono un esercito e hanno fatto sentire la propria voce. Chiedono che finalmente la magistratura svolga il proprio ruolo senza timori verso padroni e politici. Chiedono che lo Stato non regali ai Riva altro denaro pubblico per “disinquinare”, come più volte in passato e come i 336 milioni di euro già promessi: i Riva sono padroni di un’azienda che produce immensi profitti, frutti della fatica degli operai, non devono intascare altri soldi pubblici, escano loro il denaro necessario.
Ora gli operai vogliono fare i conti con chi ammazza essi e la città di Taranto, senza cedere sul diritto al salario e alla salute, senza cedere al ricatto “o accettate i veleni o restate senza lavoro”, senza  dover  più  scegliere  fra  il  lavoro  e  la  vita.  Se  il  Tribunale  del  riesame  confermerà  il sequestro, che lo Stato si faccio carico della vertenza di Taranto e assicuri il lavoro a tutti gli operai. Se invece non confermerà il sequestro, la partita è aperta per costringere i Riva con la lotta ad assumersi le loro responsabilità di assassini e inquinatori davanti agli operai e a tutta Taranto.
Gli operai dell’Ilva hanno scoperto la propria forza, sono un esercito che fa paura. Questa forza è ora di esercitarla.

Volantino distribuito all'Ilva di Taranto

Resistere tanto, obbedire poco




Ci hanno provato in tutti i modi. Una settimana di fuoco incrociato tra giornali e politici di ogni schieramento: criminalizzare e dividere il movimento per depotenziare e far fallire la marcia di oggi. A partire dalla Cancellieri fino ad arrivare all’ultimo Ferrentino di turno. Tutti a sparare a zero contro un movimento “violento” e raccomandare la popolazione della Valle di Susa di stare a casa.Il prefetto poi ha vietato di fatto la manifestazione e istituito posti di blocco in tutte le strade di accesso per Giaglione. Ma si sa, l’obbedienza e la paura non sono di casa in questa valle.
Ma ancora una volta non ha funzionato: almeno in cinquemila  hanno marciato tra boschi e sentieri impervi. Non era una manifestazione qualunque, servivano gambe buone per la montagna e sangue freddo per non cadere nelle provocazioni. Eppure anziani, giovani, bambini, famiglie, hanno voluto ancora una volta dimostrare la loro ostilità verso una situazione che ha raggiunto il surreale: da una parte un cantiere zeppo di divise e povero di operai e dall’altra una Valle costellata da posti di blocco a fermare e intimidire una popolazione sempre più esasperata.
I giornali dicono che è la strategia dello sfiancamento: stancarci e demotivarci fino a che la rassegnazione non prenderà il sopravvento.
Ma chi abita e vive questo territorio, chi da vent’anni difende questo lembo di terra, sa che l’epilogo sarà per forza un altro. Una lotta che vede da anni bambini che diventano adulti con una bandiera no tav in mano significa che la resistenza è entrata nel dna di questa popolazione. Chi si ricorda più di Pisanu ministro degli interni, di Ghigo e poi Madama Bresso e di tutti gli altri che hanno sproloquiato sul Tav senza mai sapere neanche di cosa parlavano?, e chi si ricorderà più di Esposito? La cruda verità e che loro passano e i no tav restano.
E’ normale per chi vive in questa Valle dedicare un pezzo importante della propria vita in questa lotta, e noi in questa Valle ci viviamo. Quanto per loro è normale occupare militarmente un territorio? Per quanto tempo potrà uno Stato permettersi di spendere 90 mila euro al giorno per garantire un semplice sondaggio geognostico come quello della Maddalena? Oggi barcollano nel mantenere un cantiere in uno dei posti più impervi e nascosti della valle, ma domani in mezzo ai paesi penseranno veramente di costruire cantieri fortificati alla Fort Apache?
Che l’opera sia inutile orami è assodato, che le poche risorse economiche che rimangono servono per cose ben più importanti e urgenti anche…è solo una questione di tempo, a noi non ci rimane che avere pazienza nella nostra tanta resistenza e poca obbedienza.

 Comitato No Tav Spinta dal Bass - spazio sociale Visrabbia

lunedì 30 luglio 2012

Aula Giulio Cesare, sempre più sorda e grigia




Alemanno continua ad infestare Roma assumendo a destra e a ... destra ex terroristi neri, delinquenti della Banda della Magliana, parenti di amici e conoscenti. L'ultima perla del sindaco soprannominato AleDanno è stato consentire alla vicesindaco Belviso di assumere Maurizio Lattarulo, negli anni ’80 considerato prima vicino al gruppo di estrema destra dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar) e poi alla Banda della Magliana.
La motivazione? Non si sa. Probabilmente il suddetto Lattarulo avrà un curriculum ricco di esperienze nel campo delle Politiche Sociali, visto che è stato assunto (a 1500 euro al mese) proprio dall'assessorato al ramo.
La giustificazione? Geniale quella della Belviso: "Si è riabilitato". Giustissimo: quando una persona paga il debito con la giustizia non deve più essere discriminato. Privilegiare, però, quelli che hanno la fedina penale pulita, no è fattibile? Evidentemente no. Alemanno, viceversa, dichiara di non sapere nulla e che la decisione è stata presa dalla Belviso.
A sua insaputa, ovviamente.

Do svidanija

Avanguardie russe di domenica mattina



Domenica senza lavoro. Giornata ideale per andare a farsi un giro. E magari a cibare il cervello di un po' di cultura alternativa. Se "alternativa" è un aggettivo che ha ancora un senso.
All'Ara Pacis c'è una mostra sulle Avanguardie Russe. Si tratta solo di avanguardie artistiche, non di letterarie. Quindi troverete solo quadri e installazioni. Zero poesie. Zero prose. 
Arriviamo verso le 11.30. Roma è splendida la domenica mattina. Soleggiata e con poco traffico. Molti parcheggi disponibili. Che vuoi più dalla vita?
Attraversiamo il Tevere e giungiamo all'Ara Pacis. L'entrata della mostra è in Via Ripetta. Il costo del biglietto è di 10 euro, a meno che tu non abbia una tessera Feltrinelli, Fnac, o cose del genere. L'aria condizionata è una panacea.
Giriamo per un'ora circa. Opere di artisti famosi (Kandiskij, Chagall, Tatlin, Malevich, Goncharova) e di autori meno conosciuti al grande pubblico sono fianco a fianco. In un'atmosfera austera, eppure rivoluzionaria. Si sente profumo di diversità, di punti di vista alternativi, di distanza dalle brutture della quotidianità. Probabilmente è un inganno: l'arte è nata per ingannare. Il tempo o il Sistema, dipende dall'artista.

Do svidanija

domenica 29 luglio 2012

Ordinanza all'esercito dell'arte - Majakovskij



Cantilenano le brigate dei vecchi
la stessa litania.
compagni!
sulle barricate! Barricate di cuori e di anime.
E' vero comunista solo chi ha bruciato i ponti della ritirata.
Basta con le marce, futuristi, un balzo nel futuro!
Non basta costruire una locomotiva:
fa girare le ruote e fugge via.
Se un canto non saccheggia una stazione,
a che serve la corrente alternata?
Ammonticchiate un suono sopra l'altro,
e avanti, cantando e fischiettando.
Ci sono ancora buone consonanti:
erre, esse, zeta.
Non basta allineare, adornare i calzoni con le bande.
Tutti i soviet insieme non muoveranno gli eserciti,
se i musicisti non suoneranno la marcia.
Portate i pianoforti sulla strada, alla finestra agganciate il tamburo!
Il tamburo spaccate e il pianoforte, perché un fracasso ci sia,
un rimbombo.
Perché sgobbare in fabbrica, perché sporcarsi il muso di fuliggine,
e, la sera, sul lusso altrui sbattere gli occhi sonnacchiosi?
Basta con le verità da un soldo.
Ripulisci il cuore dal vecchiume.
Le strade sono i nostri pennelli.
Le piazze le nostre tavolozze.
Non sono stati celebrati
dalle mille pagine del libro del tempo
i giorni della rivoluzione!
Nelle strade, futuristi, tamburini e poeti!

sabato 28 luglio 2012

La fantastica cerimonia d'apertura delle Olimpiadi



Si è svolta ieri sera la cerimonia di apertura dei giochi olimpici di Londra. È stata una fantastica ed entusiasmante rassegna di luci, colori, immagini e pensieri, che mi hanno emozionato. La direzione di Danny Boyle, famoso regista di vari films tra cui Trainspotting, ha trasportato gli spettatori attraverso un viaggio onirico e orrorifico dall'Inghilterra rurale alla rivoluzione industriale, col suo corollario di inquinamenti, sfruttamento dei lavoratori, inurbamento e abbandono delle campagne, impoverimento delle masse e arricchimento di pochi capitalisti. Un messaggio chiaro e inequivocabile, magari mascherato dall'arte. La descrizione simbolica di come il dogma sviluppista, lanciato a folle velocità, abbia sconvolto e peggiorato il mondo e le persone che lo abitano, tutto per la folle ricerca di un futuro che si vuole sempre più prossimo, è stata lampante. Dopo un intermezzo comico, con la regina Elisabetta che si lancia col paracadute insieme a James Bond e con Mr. Bean che rovina una sinfonia orchestrale mentre sogna Momenti di gloria personalissimi, si è ceduto il passo alla musica, vera ragione sociale della cultura londinese e britannica: un medley clamoroso, durante il quale le note e i versi di artisti quali Sex Pistols, Clash, David Bowe e Prodigy (non esattamente adatti al perbenismo british) sono risuonate nelle aristocratiche orecchie di Sua Maestà e famiglia. 

Promozione piena, quindi. Uno spettacolo davvero di altissimo livello, che non ha ceduto alla retorica, puntando invece verso una serie di proposte culturali e - perché no - politiche assolutamente innovative e radicali.

Do svidanija

venerdì 27 luglio 2012

Il Sabotatore - num. 5

Il Sabotatore



Come ogni venerdì, ecco il nuovo numero de IL SABOTATORE, bollettino settimanale del Network Autonomo Sabotag.
Il link dove è possibile leggerlo è http://www.youblisher.com/p/393306-Il-Sabotatore/

Chiunque voglia collaborare con articoli, racconti brevi, poesie, canzoni, foto o altro, scriva ad ant.lucignano@libero.it

Spirito olimpico



Oggi cominciano ufficialmente le Olimpiadi di Londra.
Le Olimpiadi sono, probabilmente, la più importante manifestazione sportiva del mondo, soprattutto perché riguardano quasi tutte le principali discipline sportive, che sono spesso oscurate dalla dimensione planetaria del calcio.
Saranno giorni di fatica e sudore, ma ci auguriamo prevalga lo sport, l'onore, il rispetto. Per l'avversario e per se stessi.

Il mondo, purtroppo, non pare permeato di spirito olimpico. Anzi, pare invischiato in vicende che sono l'OPPOSTO dello spirito olimpico.
Pertanto ho pensato ad una immagine che, più di tutti, rappresenta la mia visione dello spirito olimpico.

Do svidanija


martedì 24 luglio 2012

Ci si rivede venerdì

Per motivi di lavoro sarò fuori Roma fino a giovedì sera.
Quindi non aggiornerò il blog prima di venerdì.
Al massimo riuscirò ad inviare qualche tweet (per chi volesse seguirmi, @antoniolucignan ).

Guardate l'orizzonte e sognate un mondo migliore. Guardatevi intorno e cominciate a lottare per costruirlo.

Do svidanija

lunedì 23 luglio 2012

Non vi preoccupate dello spread




Non c'è un canale di informazione italiano che non stia osservando, con crescente preoccupazione, la caduta delle borse europee (tra cui la peggiore è Milano) e l'aumento dello spread tra Italia e Germania. La volontà di iniettare panico generalizzato sta cominciando a produrre frutti: non passa ora senza che qualcuno passi vicino a me commentando le oscillazioni della Borsa. Inutile precisare che NESSUNO di coloro che si preoccupano per la Borsa sono possessori di azioni o abili speculatori o quant'altro. Non avrebbero una ragione al Mondo per preoccuparsi, se non fosse che i media hanno fatto passare il seguente messaggio: se i mercati finanziari continuano ad andare così, andremo tutti in default. Tradotto: se i miliardari non continueranno a far miliardi, saranno costretti a licenziarvi e a far aumentare le tasse dal loro governo di fiducia. Stesso discorso, ovviamente, fa fatto per le banche: se lo Stato (cioè noi) non aiuta le banche private  (cioè loro) coi soldi pubblici (cioè coi nostri soldi), allora andremo in default.
Esattamente come è successo in Spagna, e prima ancora in Grecia, adesso anche in Italia stiamo notando come tutte le manovre, tutte le leggi, tutti i tagli, tutte le cosiddette riforme fatte in questi mesi dal governo bocconiano in combutta con la troika della Unione (bancaria) Europea, non sono servite ad una beneamata ceppa. I Greci e gli Spagnoli hanno obbedito a tutti i diktat europei, facendo manovre sanguinarie e realizzando controriforme degne del peggior fascismo. Risultato? Atene rischia il default in autunno; Madrid ha appena vissuto tre giorni di guerriglia urbana, ed il governo Rajoy ha appena comunicato che "nun ce sta na lira", quindi bisogna tagliare ancora gli stipendi, abolire la tredicesima e ridurre le ferie.

In Italia non siamo ancora a questi livelli? Beh, qualche settimana fa un sottosegretario del governo bocconiano, tale Paolillo, ha comunicato a tutti gli italici che bisogna lavorare di più (taglio delle ferie) e guadagnare meno (taglio dei salari e delle tredicesime) se si vuole evitare il default.
Sono di ieri due notizie interessanti: gli stipendi sono fermi da 10 anni; solo due assunzioni su dieci avvengono a tempo indeterminato.
Quindi possiamo dirlo: tecnicamente siamo già in default.

Allora, cari concittadini, piantatela di dar retta ai messi di informazione parziale di massa dietro cui vi sono famosi gruppi economico-finanziari che fanno azione di lobby. Smettetela di preoccuparvi della Borsa, dello spread, dei bund tedeschi. Sono cose da miliardari, da padroni. E se i padroni si vorranno vendicare con noi perché le loro speculazioni non sono più redditizie, perché i loro conti correnti non sono più gonfi come prima, noi abbiamo solo una cosa da fare: reagire.
E solo di questo ci dovremmo preoccupare, perché è palese che non siamo minimamente pronti a reagire, ma solo e soltanto a subire.

Do svidanija

domenica 22 luglio 2012

Sulla violenza allo Stato puro



Prima è arrivata la sentenza per i poliziotti che hanno barbaramente assassinato Federico Aldrovandi, 18 anni: tre anni e sei mesi, a cui vanno tolti i tre anni di indulto. con sei mesi da scontare, non si va in galera. Quindi lo Stato uccide un ragazzo e nessuno paga.
Dopo è arrivata la sentenza sulla mattanza della Diaz: dirigenti di polizia condannati per falsa testimonianza. I reati più gravi? Prescritti. Quindi lo Stato massacra cittadini non colpevoli e nessuno paga.
Bolzaneto è stata la struttura in cui cittadini italiani e stranieri sono stati rinchiusi, massacrati di botte, minacciati, costretti a inneggiare al fascismo, privati delle più elementari tutele legali. Condanne? Zero. Quindi lo Stato realizza una serie di azioni illegali e nessuno paga. 
Arriviamo alla Val di Susa. Da 21 anni lo Stato prova a i mporre la costruzione di una linea ferroviaria che moltissimi studi nazionali e inyernazionali considerano pericolosa e dannosa per la salute, oltre che inutile dal punto di vista economico. Addirittura lo Stato ha sottratto zone di territorio alle comunitá valligiane, imponendo una "zona militare". 

Contro tutte queste violenze di Stato è nata una reazione civica, che talvolta è diventata una vera opposizione politica, sociale e/o culturale. Come ogni reazione, è altamente probabile che alla violenza dello Stato, appena documentata in qualche episodio eclatante, i cittadini reagiscano in maniera vandalica o violenta.

Quindi il ministro degli interni del governo bocconiano, dott.ssa Cancellieri, commette un grave errore quando dice che gli scontri in Val di Susa non sono espreszione di dissenso, ma solo violenza pura. Perche' la storia insegna che quando gli Stati, tramite i loro bracci armati, pur di realizzare i dettami del Sistema, impongono decisioni antipopolari e antisociali ai cittadini e alle comunità, compiono una violenza. Ed è normale che alla violenza non si risponda sempre porgendo l'altra guancia...

Do svidanija

sabato 21 luglio 2012

Caro Alemanno, la Corte ha detto che non puoi svendere Acea



Ieri la sentenza della Corte Costituzionale, relativa all'illegittimità costituzionale dell'articolo 4 della finanziaria-bis 2011 (che disponeva la possibilità di privatizzazione dei servizi pubblici da parte degli enti locali), di fatto potrebbe porre fine alla vicenda della vendita di Acea. La sentenza rileva che la disposizione dell'allora Ministro Tremonti, ripristinata dal governo bocconiano di Monti, viola il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare desumibile dall'articolo 75 della Costituzione.
Una pietra tombale sull'idea di svendere Acea e di privatizzare le altre società che gestiscono i servizi, idrici e non, pubblici? Pare di si, ma con questa classe politica non bisogna mai abbassare la guardia. Più volte è capitato che una norma, espulsa dalla porta, sia rientrata dalla finestra. Ragion per cui i partiti, i movimenti, i comitati e i cittadini farebbero bene a gioire per la vittoria di questa battaglia fondamentale, ben sapendo che la guerra non è ancora finita.



 

KMFDM - Liebeslied

KMFDM, ovvero la band che ha impresso una svolta all'industrial teutonico. Antesignani dei Rammstein, crearono un sound duro e soffice ad un tempo. Questa canzone, ad esempio, ha chiari richiami ai Carmina Burana di Orff, magistralmente mixati all'interno del pezzo. Una contaminatio acida ed elettrica che abbatte i confini tra generi musicali.


Aria (Ария), russian heavy metal band

Gli Iron Maiden Russi. Così sono soprannominati gli Aria (Ария), band heavy metal russa appartenente al filone NWOBHM. Secondo Wikipedia, la maggior parte delle loro canzoni sono scritte dal poeta Margarita Pushkinae da e Helen Alexander.

Strage di Denver: in difesa dell'arte



Ogni volta che un pazzo squinternato assalta un liceo con qualche arma da guerra e lascia sul selciato decine di morti, la stampa liberaldemocratica (dei conservatori come dei progressisti) comincia a raccontarci che quel bravo ragazzo insospettabile era in realtà un matto da legare, assuefatto dalla musica heavy metal o dai fumetti violenti o dai documentari su Hitler o Stalin.
E' davvero stucchevole dover ricordare, ogni santissima volta che una tragedia così "inspiegabile" si realizza, che l'arte non può essere colpevole di niente. L'arte lancia messaggi (d'amore, d'odio, di speranza, di giustizia) che una persona può apprezzare o disprezzare, sostenere o rifiutare, comprendere o non comprendere. Sta poi alla persona, alla sua libertà e alla sua capacità di interpretazione dei messaggi - perchè la Verità, è bene ricordarlo, non esiste in forma assoluta - discernere il messaggio che sta dietro una canzone, un quadro, un romanzo o un film.

Quando vi fu la strage del liceo Columbine, la colpa fu data alla musica di Marilyn Manson, di cui i due assassini erano assidui ascoltatori, invece che alle indegne leggi americane sulla vendita e sul possesso di armi da fuoco. Facile crocifiggere il fu Reverendo Manson, invece che la lobby delle armi!
Stesso discorso per Brevik, autore di più di 70 omicidi in Norvegia. Siccome aveva visto documentari sul Terzo Reich e la razza ariana, era diventato un assassino. Ebbene, io quasi ogni venerdì vedo i documentari de La Grande Storia sulla Rai, e vi posso garantire che parlano di nazismo, di terrorismo, di mafia. Eppure mica vado in giro a bruciare campi rom, sparare agli ebrei o a gambizzare chi non mi bacia la mano.
In Italia abbiamo avuto ed abbiamo ancora il fenomeno delle fiction. Una delle migliori, a mio avviso, è stata Il Capo dei Capi. Piovvero critiche clamorose perchè si notò che molti ragazzi, vedevdo le gesta di Riina e Provenzano, cominciarono ad atteggiarsi a mafiosi e a parlar bene di quella vita. Beh, se un ragazzo volesse vivere come Riina, Provenzano o i camnorristi, costretti a nascondersi sempre, a dover tremare ogni volta che un familiare esce di casa, a star rintanati in tuguri, catapecchie, solo perchè "cummannà è meglio che fottere", possiamo mai dare la colpa alla fiction?
Stesso discorso per Romanzo Criminale, che avrebbe causato un aumento di Libanesi, Freddi e Dandi in giro per Roma. Come se i coatti, prima di Rpmanzo Criminale, non esistessero o fossero pochi.
Ora, in occasione della tragedia di Denver, si da la colpa al fumetto di Batman, e ai fumetti in generale. La maschera di V per Vendetta, ad esempio, è addiritura divenuto simbolo di partiti e movimenti politici! Tutti possibili futuri terroristi?

Non voglio cedere a questi ragionamenti, specie quando poi vedo la tv e i giornali inzeppati di Belen, Sara Tommasi, Fabrizio Corona, Mario Balotelli e gente simile. Batman è un fumetto pericoloso, mentre il Grande Fratello è un programma innoquo? Il Capo dei Capi va censurata, mentre il ciarpame dei reality va promosso?
Almeno nel primo caso parliamo di arte! Nel secondo parliamo solo - adesso si - di modelli negativi. Secondo voi, ci sono più ragazzi che vogliono imitare Joker o Fabrizio Corona? Faranno saltare in aria il Parlamento, come V per Vendetta, o faranno le mignotte e i leccaculi del Potere, come tanti volti noti della tv italica?

Io ho già risposto a queste domande.
Ora tocca a voi.

Do svidanija.

venerdì 20 luglio 2012

Non dimentiCARLO mai

Dalla vecchia web tv IL GRIDO TV, antesignana di SABOTAG TV, un video in memoria delle giornate del G8 di Genova, quando le libertà costituzionali furono sospese e il fascismo tornò a governare il Paese.

 

 NOI NON DIMENTICHIAMO.

Informarsi prima di (stra)parlare



Vi sottopongo un interessantissimo articolo di Wu Ming Foundation sull'omicidio di Carlo Giuliani e sulle tante leggende metropolitane spacciate come verità dai media di regime (di destra, centro, sinistra, sotto, sopra).
Solo i media obliqui, come questo, non sono cascati nel tranello. Ed ogni anno, il 20 luglio, ricordano a tutti ciò che accadde.
Per non dimentiCARLO mai...
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=9071

Nonostante tutto, fratello...

Nonostante tutto, fratello, ci speravo questa sera di poterti sentire sorridere...e invece... non gli è bastato giudicare il tuo assassinio come legittimo. Dopo undici anni, si sono voluti prendere altre vite.
E non quelle di chi ha ucciso,... torturato, massacrato, o quelle di chi ha ordinato i massacri o di chi ha assicurato protezione.
Si sono presi ancora una volta le vite dei nostri compagni, dei nostri fratelli e sorelle. Hanno chiamato "devastazione e saccheggio" un po' di vetri rotti, alcuni dei quali causati - forse - dai 10 imputati.
Hanno chiamato "falso" il coma, le ossa e i denti rotti, il sangue, le torture e le minacce causate dalle forze dell'ordine che non hanno voluto identificare. Hanno chiamato legittimi il buco che un proiettile ha creato nella tua testa, la devastazione che un defender ha fatto sul tuo corpo, la ferita che una pietra ha causato sulla tua fronte, mentre eri steso tra decine di scarponi, quando il tuo cuore ancora gridava.
Hanno dichiarato legittimo il saccheggio della tua vita. e oggi legittimano il saccheggio di altre vite.

giovedì 19 luglio 2012

8ttoebrezze, teatro (gratis) nel Municipio VIII




Si terrà alla Collina della Pace - Parco Peppino Impastato (Via Casilina , Km 18,00, VIII municipio), la rassegna teatrale gratuito 8ttoebrezze 2012. Ingresso completamento gratuito. Una splendida iniziativa culturale nel nostro municipio, che va pubblicizzata e partecipata al massimo!
Questo l'elenco delle pieces:

PER LEI E PER LEI SOTTO LE STELLE
Martedì 24 Luglio, ore 21.00

VERMICINO, UN SALTO NEL BUIO
Mercoledì 25 Luglio, ore 21.00

IN NOME DELLA MADRE
Giovedì 26 Luglio, ore 21.00

IL PIGIAMA - OVVERO SOLO GLI STUPIDI SI MUOVONO VELOCI
Venerdì 27 Luglio, ore 21.00

COME PUÒ RIDURSI UN UOMO
Sabato 28 Luglio, ore 21.00

RECITAL IRREQUIETO
Domenica 29 Luglio, ore 21.00

Info su http://www.estateromana.comune.roma.it/manifestazioni/teatro/8ttoebrezze_scenari_nell_hinterland_roma_delle_torri_estate_2012/appuntamenti

e su http://www.sevencults.it/ 


Il Sabotatore - num. 4



Dato che domani ricorre il triste anniversario della morte di Carlo Giuliani, evento simbolico della "più grande sospensione dei diritti civili in un paese occidentale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale" (cit. Amnesty International), abbiamo deciso di anticipare di un giorno l'uscita del nuovo numero de IL SABOTATORE - Bollettino settimanale del Network Autonomo Sabotag.
In questo numero trovate, in prima pagina, l'articolo di Arcadianet sul concetto di Ribellione Attiva, a maggior chiarimento dell'articolo che apriva il numero scorso; poi trovate due articoli, rispettivamente di Sabotag e di Wu Ming 4 (tratto dal sito della Wu Ming Foundation) sulla sentenza di condanna per "devastazione e saccheggio" dei dieci militanti presenti al G8 di Genova; infine, trovate una riflessione di Sabotag sul fatto che la lotta comincia appena si esce di casa e una poesia della rubrica Versi di Sabotaggio.

Il link ove trovare Il Sabotatore è http://www.youblisher.com/p/387046-Il-Sabotatore/ , a cui si accede anche dalla colonna a destra.

I numeri precedenti de Il Sabotatore sono
Num. 0  http://www.youblisher.com/p/358303-Il-Sabotatore/
Num. 1  http://www.youblisher.com/p/365162-Il-Sabotatore/
Num. 2  http://www.youblisher.com/p/369766-Il-Sabotatore/
Num. 3  http://www.youblisher.com/p/382207-Il-Sabotatore/

mercoledì 18 luglio 2012

E' partita la campagna elettorale per il Campidoglio



Sarà una lunga corsa a tappe. Talmente lunga che, al confronto, il Giro d'Italia e il Tour de France sembrano corse per dilettanti. Il traguardo è il Campidoglio, e per raggiungerlo vi saranno parecchi gran premi della montagna e, soprattutto, una lunghissima volata finale. 
Corsa da scalatori o da velocisti? Si vedrà. E soprattutto bisognerà capire se i candidati a sindaco di Roma Capitale sono scalatori o velocisti. 
Le prime pedalate ufficiali le ha date l'attuale Presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, che il 16 luglio ha ufficializzato la sua partecipazione alle primarie del centrosinistra. Parte, ovviamente, con i favori del pronostico, sia perché da tempo giravano voci riguardanti la sua candidatura, sia perché onestamente non si vedono, all'interno dello schieramento di centrosinistra, avversari capaci di impensierirlo. Oggi è stata la volta di Gianni Alemanno, l'attuale sindaco di Roma, che ha ufficializzato l'intenzione di candidarsi alle primarie del centrodestra, assicurando che si terranno indipendentemente dal volere del PdL nazionale. Una bella sfida, quella di Alemanno: parte con l'handicap, alla luce dei disastrosi risultati ottenuti dalla sua giunta su TUTTI i punti del suo programma elettorale; ha una coalizione poco coesa ed un partito in rotta, anche se c'è la speranza che la nuova discesa in campo del Cavaliere Padrone possa spostare qualche voto verso destra. Va anche detto, però, che Alemanno partiva con l'handicap anche contro Rutelli, e poi riuscì a vincere grazie ad un'ottima campagna elettorale e ad un simmetrico suicidio politico del centrosinistra capitolino.

A proposito di campagna elettorale: come al solito si parte dagli uomini, e non dai programmi. Zingaretti, in realtà, due giorni fa ha già messo in campo qualche proposta programmatica interessante: mobilità e sicurezza saranno due priorità imprescindibili del suo programma politico. Secondo Zingaretti, i cittadini romani devono avere il diritto di scegliere tra prendere l'auto e non fare ore di traffico prima di giungere a destinazione oppure prendere i mezzi pubblici, che devono essere efficienti e sicuri. Per quanto concerne la sicurezza, tema da sempre caro alla destra e fallimento più grande della giunta Alemanno, il presidente della Provincia sostiene che sia necessario, ma non sufficiente, incrementare la presenza delle forze dell'ordine nei quartieri di Roma (e il nostro municipio, come è noto, è costituito da quartieri come Ponte di Nona ove non esiste alcun presidio delle forze dell'ordine); a ciò bisogna affiancare ordine e decoro dei quartieri, perchè anche strade sicure e illuminate fungono da deterrente alla criminalità.

Alemanno, viceversa, è stato muto sui programmi, limitandosi a dire che Zingaretti è troppo spostato a sinistra. Omettendo, però, di spiegare come, perchè, in base a cosa Zingaretti sarebbe troppo spostato a sinistra.

E gli altri? La Destra di Storace che farà? Parteciperà alle primarie, rischiando di dover sostenere il candidato che dovesse vincerle? E se quel candidato fosse nuovamente Alemanno?
L'area fascista pare in rotta totale: CasaPound ha annunciato mesi fa di candidarsi autonomamente, evitando quindi di disobbligarsi con Alemanno che gli ha regalato il palazzo in cui ha sede (11 milioni e 800 mila euro nel bilancio del comune di Roma); Forza Nuova e camerati vari non hanno ancora fatto sapere cosa faranno.
Vendiamo al centro: l'Udc che farà? Appoggerà uno dei due candidati principali, o andrà da sola? E il Terzo Polo, dato per morto da Casini, a Roma andrà separato o unito?
Ovviamente, in tutti questi casi non c'è la minima ombra dei programmi.

Prima decideranno chi ci deve governare, poi decideranno cosa vogliono fare per Roma e per i suoi cittadini.
Procedimento esattamente contrario a quello che andrebbe fatto: prima i programmi, poi le persone che li devono realizzare.

Samuele Piccolo e la politica dell'insaputa



Scajola viveva in una casa con vista sul Colosseo. Gliela avevano comprata a sua insaputa.
A Umberto Bossi avevano ristrutturato casa coi soldi del partito (che erano frutto di finanziamento pubblico, quindi di soldi nostri). Ovviamente a sua insaputa.

Oggi scopriamo che anche l'ex vicepresidente del consiglio comunale di Roma Capitale, il pidiellino Samuele Piccolo, facesse campagne elettorali pagate a sua insaputa: "Non so assolutamente chi abbia finanziato la mia campagna elettorale. Non so da dove arrivino quei soldi, io mi limitavo a fare attività politica". A sostenere la tesi di Piccolo interviene suo fratello Massimiliano, che secondo gli inquirenti sarebbe la figura apicale dell'organizzazione che garantiva alla Famiglia Piccolo ingenti mezzi finanziari, da adoperare sia in politica che per i proprio sfizi personali. Una organizzazione a tre livelli: un primo livello, costituito da cooperative (costituite soprattutto da stranieri) che svolgevano il lavoro; un secondo livello, costituito dai consorzi filtro, che prendeva le commesse dal primo livello e le subappaltava alle cooperative; un terzo livello, costituito dai consorzi capofila, che prendeva le commesse dagli utenti finali. Una struttura semplice, anche banale. Eppure efficientissima e redditizia, tanto da garantire a Samuele Piccolo un compenso di 5 mila euro mensili, oltre ai soldi che percepiva essendo consigliere comunale di Roma Capitale.

Chissà se Piccolo sapeva di prendere questi soldi dalle cooperative messe su dal fratello, o se i soldi entravano nel suo conto corrente a sua insaputa...


martedì 17 luglio 2012

Riaprire le case chiuse? Parliamone




Il consiglio municipale dell'Ottavo Municipio di Roma ha votato all'unanimità una mozione riguardante la possibilità, per non dire la necessità, di immaginare una riapertura delle "case chiuse", in deroga alla Legge Merlin. Un argomento che divide l'opinione pubblica da decenni viene discusso e approvato in un consiglio municipale addirittura all'unanimità. Tutti d'accordo, quindi: laici e cattolici, destra e sinistra. 
In effetti, il problema della prostituzione è divenuto ormai insopportabile per chi vive nelle periferie delle grandi città. Nel nostro municipio, in particolare, vi sono strade in cui ogni sera si formano capannelli di lucciole che attirano tantissimi clienti (in barba all'inutile piano antilucciole predisposto dalla Giunta Alemanno), creando problemi per la sicurezza dei residenti, anche perchè - inutile dirlo - non è la prostituzione in sè ad essere un male, ma l'indotto di criminalità che si produce. E' innegabile che la riapertura delle case chiuse potrebbe sicuramente assestare un duro colpo alle organizzazioni criminali che gestiscono il racket della prostituzione; bisogna però capire in che modo riorganizzare le case di tolleranza, per evitare che alla fine si produca semplicemente la legalizzazione della condizione di schiavitù in cui moltissime prostitute versano.

Pertanto è necessario immaginare che le nuove case chiuse siano gestite dalle cooperative di prostitute, che si impegnino a versare le tasse e i contributi, oltre che a realizzare ciclicamente controlli sanitari della struttura e delle operatrici. Ovviamente, sarà necessario amplificare i controlli proprio per assicurarsi che le cooperative non siano la copertura legale dei "papponi" e che gli aspetti fiscali e, soprattutto, sanitari siano una priorità nell'agire della cooperativa. Così facendo si darebbe un duro colpo al caporalato, si responsabilizzerebbero le prostitute ed i clienti.
Altra cosa importante: è necessario evitare ad ogni costo la nascita di "quartieri a luci rosse" all'interno della città. Ciò comporterebbe un "fuggi fuggi" generale da parte dei cittadini residenti e la progressiva cessione di sovranità sostanziale di larghe fasce di territorio nelle mani della criminalità organizzata. Non è immaginabile far diventare Tor Bella Monaca, o Ponte di Nona, il quartiere a luci rosse della città di Roma. Quindi le case chiuse devono stare ad una certa distanza l'una dall'altra, e ramificate su tutto il territorio cittadino, municipio per municipio. Così si eviterebbe la concentrazione di case chiuse in un solo luogo, con conseguente squalificazione di quel territorio.

In definitiva: parliamone. E' un'ottima idea, ed è probabilmente l'unica soluzione praticabile. Va però pensata, realizzata e gestita con criterio, per evitare che la cura peggiori il male invece di debellarlo.


La lotta comincia dalla porta di casa tua



Quando non avevo ancora la barba bianca sul mento, e militavo nei Giovani Comunisti di Pozzuoli (NA), durante una assemblea sentii una frase: "Pensa globale e agisci locale". Era una frase del Subcomandante Marcos, il leggendario capo della guerriglia zapatista.
Quella frase mi ha "perseguitato" in tutti questi anni, ed è ancora la ragione sociale del mio agire politico. Il problema, forse, è che siamo ancora in pochi a conoscerla e ad agire di conseguenza. La società, politica e civile, è piena di persone che discutono e si adoperano su questioni molto lontane dalla realtà che quotidianamente viviamo oppure non riescono a ragionare e ad attivarsi su temi che vadano oltre il proprio giardino di casa.
Ad entrambe le categorie dico: la lotta comincia dalla porta di casa. Mi spiace dirlo, ma è inutile perdere tempo in un corteo di solidarietà - ad esempio - ai cinque companeros cubani. Meglio dedicarsi al proprio territorio, inteso come un nodo del Sistema che ci opprime e contro cui tutti siamo chiamati alla lotta, consapevoli o meno. Non possiamo, però, nemmeno chiuderci gli orizzonti di riflessione e di azione al hic et nunc, qui ed ora, come se non esistesse nulla oltre questo luogo e questo momento. E' sull'equilibrio - non sulla moderazione, si badi bene - tra queste due componenti che si gioca il futuro della politica e della Democrazia in rete.

Come combattere questa lotta? Non esiste un'arma migliore dell'altra. Io ho scelto la Parola, che risveglia le coscienze, ispira gli spiriti e denuncia le malefatte. Non è sufficiente, sia chiaro, però è importante. Le parole sono molotov che bruciano dentro.
Bisogna, però, prima decidere la tattica: battaglia campale o guerriglia? Cioè, traducendo dal gergo militaresco: battaglia ampia e di massa su un campo vasto oppure battaglia di piccoli nuclei in zone ristrette, vicoli e vicoletti del Sistema? Su questo non ho dubbi: la seconda. Il nemico che ci troviamo ad affrontare quotidianamente nei nostri uffici e nelle nostre strade, nei nostri luoghi di lavoro o nei bar che frequentiamo, è un enimo enorme, armato fino ai denti e potentissimo. E noi non disponiamo di un esercito vasto e preparato. 

Usciamo di casa e prepariamoci alla battaglia. Denunciamo, scriviamo, leggiamo, informiamoci ed informiamo, partecipiamo ed organizziamo. 
Che ognuno diventi il nodo di una rete di sabotatori del Sistema.

lunedì 16 luglio 2012

Disgusto e sabotaggio




Lo ammetto: la notizia della condanna dei 10 militanti antagonisti protagonisti, secondo la pubblica accusa e la Cassazione, di atti di "devastazione e saccheggio" mi ha destabilizzato. Ho sempre fatto propaganda di equilibrio (e mai di moderazione), eppure stavolta ho seriamente rischiato di perdere l'equilibrio e di scivolare verso una deriva che, almeno verbalmente, non si può non definire "insurrezionale" o "terroristica". Il disgusto è talmente elevato che comprime lo stomaco e le tempie, impedendomi di ragionare e di respirare. Sapere che un Paese che si definisce democratico si dimostri così iniquo mi fa letteralmente uscire di senno. Basta confrontare le condanne dei vertici della polizia (pensa massima, 3 anni e 6 mesi) e quelle dei manifestanti (pena massima, 15 anni) per comprendere l'iniquità: chi ha usato violenza contro le persone ha avuto una pena di gran lunga minore rispetto a chi ha commesso atti di vandalismo. Deprecabili quanto si vuole, per carità, ma rompere una mascella sarà sempre più grave che rompere una vetrina. 
Non è evidentemente così per la Magistratura italiana, altro ganglio di quel Sistema liberale e liberista che si dice democratico, ma che nei fatti è una dittatura legalizzata. Un Sistema che addirittura impone l'esportazione di questa presunta democrazia, proprio come esporta le ricette ultraliberiste che si traducono in misure antisociali e antipopolari in ogni angolo del globo. E l'Italia non fa eccezione, come sempre nella sua storia. Il servilismo di cui questa non-nazione si è resa protagonista dalla caduta dell'Impero Romano ad oggi (ad eccezione di qualche stato preunitario, come il Regno delle Due Sicilie, che era all'avanguardia per quanto concerne la cultura e l'economia) continua ad appestare la penisola italica. L'Unione Bancaria Europea ordina, e i bocconiani eseguono. Peggioramento della riforma delle pensioni? Done. Taglio dei diritti dei lavoratori? Done. Miliardi regalati alle banche, le quali poi non erogano credito? Done.

Questa è la situazione. Tutti stanno male, tutti si lamentano, ma nessuno si ribella. Tutti chiusi nelle proprie case, comprate con mutui dai tassi usurai, in quartieri dormitorio privi dei più elementari servizi. E appena uno alza la voce o spacca una vetrina, sono tutti pronti a dargli addosso. "Eh no! Questo non si fa!", come se si stesse facendo la ramanzina ad uno beccato con le mani nella nutella.
Più passano i giorni, i mesi e gli anni, e più mi convinco che solo una grande pars destruens, seguita da una altrettanto gloriosa pars costruens, può cambiare le cose. E siccome non sono come quei fatalisti che attendono che le Masse si ribellino, così come non sono come quelli che credono che basti una raccolta firme o una croce sul simbolo per cambiare le cose, non mi accodo.

L'ho detto e lo ripeto: non è possibile correggere il Sistema, né c'è una rivoluzione sociale alle porte. Noi possiamo solo compiere opera di sabotaggio.

Passo e chiudo.

Il Sistema non è riformabile. Va sabotato.




L'Articolo 21 della Costituzione della Repubblica Italiana, quella che Bersani ama definire "la più bella Costituzione del mondo", salvo poi dimenticarsela puntualmente quando si tratta di votare leggi contro i lavoratori, i pensionati, le donne, gli omosessuali, ecc..., recita così:

"Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni."

Pertanto mi appello all'articolo 21 per dire quanto segue:

Dopo le condanne per reati di devastazione e saccheggio inflitte a ragazzi che erano a Genova durante il G8 del 2001, e confrontando le stesse con le tenui condanne inflitte ai dirigenti di polizia che causarono "la più grande sospensioni delle libertà democratiche in un paese occidentale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale" (cfr Amnesty International), posso senz'altro affermare che lo stato di diritto, in Italia, non esiste più. Non c'è equità tra le pene inflitte, né criterio di proporzionalità. Erano anni, anzi decenni, che questa situazione si protraeva: questa è l'ennesima, ultima goccia che fa traboccare il vaso. Genova è stata, per la mia generazione, la dimostrazione della violenza e del fascismo liberale e liberista del Sistema. Dopo undici anni posso affermare senza timor di smentita che non c'è stata giustizia.
Il Sistema ha vinto. Così come nel 1925 il Fascismo vinse definitivamente la sua battaglia sul piano istituzionale, e fu necessario organizzare la resistenza sul piano extraistituzionale.

Pertanto ritengo sia necessario lottare con ogni mezzo contro questo Sistema oppressivo, che ormai ha raggiunto dimensioni planetarie. Che ognuno organizzi la lotta come meglio crede: con la parola (come fa questo blog) o con altri mezzi. Socializzi, collettivizzi, costruisca reti di relazioni e di lotta. Quando un Sistema opprime i cittadini è sempre una dittatura. Esistono le dittature nazifasciste, le dittature staliniste, e le dittature liberali, che si autodefiniscono democratiche eppure violentano la democrazia a proprio uso e consumo.

Ognuno contrasti il Sistema, in ogni luogo e con ogni metodo. Ognuno operi per il sabotaggio sistematico di ogni ganglio del Sistema. Anche mettere una croce su un simbolo elettorale può essere un canale di espressione e di ribellione al Sistema. L'importante è non credere MAI che sia sufficiente l'espressione di un voto per essere e sentirsi liberi. Chiunque creda che la lotta politica si possa esplicare SOLO tramite gli strumenti che il Sistema mette a disposizione (elezioni, raccolta firme, referendum) è un folle utopista. Allo stesso modo: chiunque creda che l'unica soluzione sia imbracciare un fucile o lanciare una bomba, è un velleitario utopista. Ed io, di questi cazzo di utopisti, ne ho piene le palle.

E adesso, arrestateci tutti.

domenica 15 luglio 2012

Piccolo rassegna le dimissioni. Attendiamo quelle di D'Angelo.



Apprendo adesso, tramite RomaToday, che Samuele Piccolo si dimette da vice-presidente del Consiglio Capitolino
Samuele Piccolo rassegnerà così le sue dimissioni dalla carica di vicepresidente del consiglio comunale di Roma. L'ormai ex presidente del consiglio comunale di Roma, Samuele Piccolo si dimette da vice-presidente del Consiglio Capitolino
agli arresti domiciliari per finanziamento illecito ai partiti, compie un atto dovuto con una rapidità che merita di essere menzionata. Soprattutto se confrontata con la lentezza con la quale un altro indagato nella stessa vicenda, nonchè uomo forte di Piccolo nell'Ottavo Municipio romano, si sta muovendo. Parlaimo di Ezio D'Angelo: si dimetterà domani? Dopodomani? Mai?

Attendiamo (s)fiduciosi in uno slancio di dignità politica.

 

PD: Per i Diritti o Per la Discriminazione?



Non hanno ancora deciso cosa vogliono essere. Sappiamo che vogliono morire Partito Democristiano, e quindi l'alleanza con Casini è il sentiero da percorrere, prima o poi. Meglio prima che poi.. Non sappiamo ancora cosa vogliono essere. L'assemblea di ieri non ha fugato i dubbi, anzi li ha incrementati. Sul tema delle unioni gay, il "futuro primo partito italiano", per dirla con Bersani, non ha ancora una posizione chiara. O forse ce l'ha, ma la comunicherà nel 2047.
Capiamo che per motivi di tattica politica conviene non esporsi su questo tema, perchè sui gay rischia di naufragare l'annunciata alleanza con l'UDC. Il ragionamento di Bersani è, probabilmente, il seguente: senza una posizione sulle unioni gay, avrei anche Casini dalla mia (dato per scontato che Di Pietro e Vendola stiano con me, dove vannno sennò... son due poveracci... mica stiamo a smacchiare il giaguaro...); se invece prendo posizione a favore delle unioni omosessuali, perdo sicuramente Casini, forse qualcuno dei miei, e rischio pure che i moderati cattolici (che sono tutti contro le unioni gay, si sa... me lo ha detto anche D'Alema) si avvicinino nuovamente a Berlusconi, il Ritornante.

Caro Bersani e caro PD, speriamo che vi sia un ragionamento del genere alla base della vostra incapacità di esprimervi in maniera chiara su un tema importante come i diritti delle coppie omosessuali. Significherebbe che almeno state facendo ragionamenti e calcoli elettorali.
Indegni, ma con metodo.
Altrimenti siete solo indegni.

Marea - Versi di Sabotaggio



Dobbiamo essere lune.
Solo così alzeremo
le maree sociali.
Finora siamo stati soli.

sabato 14 luglio 2012

Wu Ming sulle condanne di Genova 2001



di Wu Ming 4

E’ chiaro che stanotte non c’è nessuna gloria. E domattina nessun orizzonte. Era antifrastico anche il titolo del film di Stanley Kubrick, uno dei più belli contro l’ottusità antiumana del militarismo. La trama è nota: durante la Prima Guerra mondiale, sul fronte occidentale, un inetto generale francese lancia un impossibile attacco contro una fortificazione tedesca. Le truppe francesi non riescono nemmeno a uscire dalle trincee, vengono falciate dalle mitragliatrici, ricacciate indietro. L’attacco è una catastrofe colossale. Per non passare da incapace, il generale addossa la colpa alla codardia dei suoi soldati e chiede che ne vengano fucilati cento, estratti a sorte. L’Alto Comando gliene concede tre. Tre capri espiatori, che pagheranno per tutti, anche se la colpa non è di nessuno, o meglio, è di chi stava in alto. Di chi ha voluto quella guerra.
La giustizia italiana, stasera, non è diversa da quella militare nel film di Kubrick (che si ispirava a un fatto realmente accaduto). Anche lì c’era un bravo avvocato difensore, che veniva sconfitto da una sentenza grottesca, quasi caricaturale per la sua assurdità.
La giustizia italiana ha deciso che cinque persone pagheranno per tutti. Altre cinque potrebbero aggiungersi. E così si ottiene il pari e patta politico con la sentenza sull’assalto alle scuole Diaz. Poco importa che le condanne dei poliziotti riguardino il pestaggio e il massacro preordinato di persone, per di più indifese, mentre quelle dei manifestanti siano motivate dalla distruzione di cose, di oggetti inanimati, in mezzo al caos generalizzato. Qualcuno di loro si becca dieci anni di galera.
Dieci anni. Quasi lo stesso tempo che è intercorso da allora. Nel frattempo le vite di quelle persone sono diventate chissà cos’altro rispetto a quei giorni. Nel frattempo i danni materiali alle cose sono stati riparati, le assicurazioni hanno risarcito, il mondo è cambiato. Nel frattempo sono scorse in loop su ogni canale di comunicazione, fino a diventare parte dell’immaginario collettivo, le immagini di cosa è stata Genova in quei giorni, del comportamento delle forze dell’ordine, del clima che si era creato. Nel frattempo sul G8 di Genova sono stati girati documentari e film, pubblicate decine di libri, scritti fiumi d’inchiostro. E dopo tutto questo, deve arrivare la sentenza che pretende di fare pagare il conto a dieci persone, metaforicamente estratte a sorte dal destino, per via di un filmato piuttosto che di un altro, di una foto scattata un secondo prima anziché un secondo dopo. I tre soldati del film di Kubrick.
Io ero a Genova nel luglio di undici anni fa. Ero dietro la prima fila di scudi di plexiglass in via Tolemaide, quando il corteo è stato caricato a freddo e asfissiato col gas, in un tratto di percorso autorizzato. Con alle spalle diecimila persone non era possibile arretrare, e l’unica soluzione per salvarci e impedire che la gente venisse schiacciata è stata respingere le cariche come si poteva, e alla fine, dopo il disastro, dopo la battaglia, dopo la morte, proteggere la coda del corteo che tornava indietro sotto i getti degli idranti. E c’ero anche il giorno dopo, insieme a tanti altri, a inerpicarci su per stradine e sentieri con gli elicotteri sulla testa, fino sopra la città, per riportare tutti alla base.
Io avrei potuto essere uno di loro. Uno di questi fanti estratti a sorte. Invece sono qui che scrivo, nel cuore della notte, incapace di dormire, già sapendo che domani andrà meglio, che dormirò di più, e che piano piano potrò concedermi il lusso di ridurre tutto a un brutto ricordo lontano. Loro no. Le vite che hanno condotto in questi undici anni si interrompono e Genova ricomincia da capo.
Questo paese fa la fine che si merita. A Genova nel 2001 manifestavamo contro il potere oligarchico dei grandi organismi economici internazionali. Pensavamo soprattutto alle fallimentari cure neoliberiste che il FMI imponeva ai paesi più poveri, devastando le loro economie col ricatto e strozzandoli col meccanismo del debito. Oggi quella cura tocca a noi. In Italia comandano i commissari non eletti della Banca Centrale Europea, e applicano la stessa ricetta a base di tagli alla spesa pubblica, il cui scopo in definitiva si riduce a un enunciato semplice: salvare i ricchi.

Avevamo ragione.
Abbiamo perso.
Il nemico si tiene gli ostaggi.
Fino a quando la marea non monterà un’altra volta.

Contro gli interessi privati, per l'interesse di tutti



Il compagno Daniele Grasso, consigliere municipale del PD (e vabbè... nessuno è perfetto) ha organizzato per Lunedì 16 luglio, ore 15, in via D. Cambellotti (sede del consiglio municipale ) un incontro pubblico sul seguente tema:
"Contro quattro anni di amministrazione che in questi giorni con le cronache giudiziarie e le scelte sempre piu' scellerate sui servizi sociali hanno portato alla luce l'interesse privato di qualcuno invece dell'interesse di tutti".


Vergogne italiche

Giustizia?



Francesco Romeo ha appena ascoltato la sentenza e non ha dubbi. E' uno degli avvocati cassazionisti difensori di uno dei cinque imputati per cui dovrà essere ricelebrato il processo d'appello.
Ci spiega meglio la sentenza? Cinque persone vanno in carcere, tre con una riduzione minima di qualche mese su una pena di oltre dieci anni. Gli altri cinque sono stati nuovamente rimandati in appello, ma solo per vedere se potranno avvalersi di un'altra riduzione di pena che fa capo alla cosiddetta «suggestione di folla in tumulto».

Quanto potrebbe valere questa attenuante?Se riconosciuta, può comportare la riduzione di un terzo della pena, ma questo è tutto da vedere.

Potrebbero evitare il carcere?Ripeto, per saperlo dovremo attendere il responso del nuovo processo di appello.

E nel frattempo sono liberi?Restano in attesa di giudizio fuori dal carcere.

Com'è andata l'ultima udienza?La requisitoria del procuratore generale Pietro Gaeta ha chiesto di confermare le sentenze di appello e di rigettare tutti i ricorsi.

Non è stata una sorpresa.No, fa parte del suo ruolo.

Per chi non è un cassazionista, colpisce che Gaeta sia lo stesso rappresentante per l'accusa del processo contro gli uomini delle forze dell'ordine. Come si spiega?No, non c'è nulla di strano, può accadere.

Però il risultato è molto diverso.E' evidente la sproporzione, in termine di privazione della libertà: chi è stato accusato di danni contro le cose va in galera, chi invece ha torturato delle persone resta libero.

E' questo l'aspetto più preoccupante della sentenza?Anche il fatto che per tutti dieci gli imputati sia stato confermato il reato di devastazione e saccheggio. Questo costituisce un precedente grave. Negli ultimi dieci anni questo reato è stato applicato in 11 sentenze. In processi che riguardano fatti di tifoserie allo stadio ma anche manifestazioni politiche come quella dell'11 marzo 2006 in corso Buenos Aires a Milano. Nei 52 anni precedenti della Repubblica solo in dieci sentenze si sono condannati degli imputati per lo stesso reato. E' evidente che c'è un'accelerazione del ricorso a questa imputazione.

E voi avvocati della difesa come avete cercato di rispondere?Noi abbiamo opposto l'argomentazione che eventualmente il reato di devastazione e saccheggio non è applicabile in questi casi perché prevederebbe dei danneggiamenti e dei furti in una zona molto più ampia di quella di cui parla l'accusa, ossia alcune specifiche strade di Genova.

Come dire che non si può fare pagare a questi dieci tutto quello che è successo a Genova in quei giorni?Tanto più se le prove a carico sono fotografie e se si ricorre al ricorso morale. Cioè l'idea per cui basta essere ritratti nei pressi dei disordini per essere considerati complici.

Adesso c'è possibilità di altre azioni legali?Per i cinque che non devono rifare l'appello no. Finisce così.

Genova 2001, ingiustizia è fatta



Una settimana dopo la sentenza Diaz, è arrivato il verdetto definitivo di Cassazione per un altro grande processo del G8 di Genova, quello contro 10 manifestanti accusati di violenze di piazza nelle giornate di scontri del 20 e del 21 luglio 2001. I giudici sono entrati in camera di consiglio nel tardo pomeriggio. Poco fa la decisione: condanne più lievi per otto dei dieci imputati. La Prima Sezione Penale della Cassazione, invece, ha confermato in toto la condanna d’appello per soli due imputati. Tutti, però, sono stati riconosciuti responsabili del reato di devastazione e saccheggio. Contestualmente, inoltre, la Suprema Corte ha annullato con rinvio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Genova, la pena inflitta a cinque no-global affinché ci sia una nuova valutazione sul diniego dell’attenuante “di aver agito per suggestione di una folla in tumulto”. Si tratta di: Carlo Arculeo, Antonino Valguarnera, Luca Finotti, Dario Ursino e Carlo Cuccomarino. La loro posizione dovrà dunque essere riesaminata. Inoltre è stata annullata senza rinvio la condanna per Marina Cugnaschi, Vincenzo Vecchi, Luca Finotti e Francesco Puglisi per il solo reato di detenzione di molotov, con sconto di pena compreso tra un anno e nove mesi. Le uniche condanne confermate sono quelle di Ines Morasca (6 anni e 6 mesi) e Alberto Funaro (10 anni).

Il procuratore generale Pietro Gaeta – lo stesso che ha ottenuto le condanne per tutti i 25 poliziotti imputati per l’irruzione nella scuola genovese – aveva chiesto la conferma di tutte le pene comminate in appello il 9 ottobre 2009. Condanne pesantissime, dagli 8 ai 15 anni di reclusione, dovute alla contestazione del reato di devastazione e saccheggio. Proprio contro l’applicazione di questa fattispecie, raramente utilizzata prima del 2001, la Campagna 10X100 Genova non è finita ha raccolto in un mese circa 30mila firme, consegnate oggi al direttore amministrativo della Corte di Cassazione.

Nella requisitoria durata un’ora e mezzo, il pg Gaeta ha sottolineato che “l’ordine pubblico a Genova fu posto in pericolo”, dunque la Corte d’appello del capoluogo ligure ha inflitto le condanne “graduando perfettamente le pene anche nel giudizio di personalità, vale a dire tenendo ben presente i fatti specifici” di cui si resero protagonisti i dieci manifestanti, molti dei quali sfilarono con gruppi di “black bloc“, responsabili di decine di episodi di danneggiamento.
“Il concetto di devastazione è un atteggiamento sistematico tutt’altro che indeterminato” ha sostenuto Gaeta. “Mentre il reato più lieve di danneggiamento si esaurisce infatti nella lesione della proprietà individuale, la devastazione incide sull’ordine pubblico. Con la devastazione si vuole dimostrare la contrapposizione non negoziabile. Insomma, la devastazione è la messa in discussione dell’ordine civile. Dove c’è devastazione, non ci può essere altra manifestazione di pensiero”.
Il Pg ha ripreso la sentenza d’appello riguardo all’uso dei mezzi “per realizzare il danneggiamento: dal lancio delle pietre, al getto delle molotov, alla rimozione dei cassonetti… insomma, il danneggiamento non è stato un fatto isolato ma sistematico e preordinato”.
Da qui la pesantezza delle pene inflitte in appello, che se confermate, aprirebbero le porte del carcere per i condannati : Francesco Puglisi, 15 anni di reclusione; Vincenzo Vecchi, 13 anni; Marina Cugnaschi, 12 anni e 3 mesi; Alberto Funaro, 10 anni; Carlo Arculeo, 8 anni; Luca Finotti, 10 anni e 9 mesi; Antonino Valguarnera, 8 anni (leggi la sua intervista a ilfattoquotidianono.it); Carlo Cuccomarino, 8 anni; Dario Ursino, 7 anni; Ines Morasca, 6 anni e 6 mesi.
Nel processo di primo grado le condanne erano state 25, ma fin da subito era emersa una distinzione tra gli imputati appartenenti alle diverse “anime” del movimento: la contestazione del reato di devastazione e saccheggio per gli imputati accusati di far parte del blocco nero; la contestazione di relati più lievi, come il danneggiamento e la resistenza – via via caduti in prescrizione – per tutti gli altri. In particolare per chi reagì alla carica dei carabinieri al corteo dei Disobbedienti in via Tolemaide il 20 luglio, fino a quel momento pacifico. Una carica che le sentenze di primo e secondo grado hanno bollato come illegittima e arbitrariamente violenta, riconoscendo ai manifestanti una sorta di legittima difesa.
Decine di attivisti vicini al movimento “no global” attendono il verdetto della corte di Cassazione a Roma e in altre città, dove sono state indette manifestazioni. La campagna “Genova 2001 non è finita, 10X100 anni di carcere” ha già raccolto il sostegno di molti esponenti del mondo della cultura, tra i quali Erri De Luca, Ascanio Celestini, Daniele Vicari (regista, tra l’altro, del film “Diaz”), Giorgio Tirabassi, Valerio Mastrandrea, Elio Germano. In piazza Cavour, di fronte alla Cassazione, i militanti hanno srotolato uno striscione che recita: “Chi saccheggia è lo Stato. Tutti liberi. Chi devasta è il capitale”.
Con la sentenza di oggi si chiude il penultimo grande processo sul G8 del 2001. Deve ancora approdare in Cassazione quello relativo alle violenze sui manifestanti detenuti alla caserma di Bolzaneto. Il 6 marzo 2010 la Corte d’appello di Genova ha condannato per vari reati tutti e 44 gli imputati (tra forze di polizia e personale dell’amministrazione penitenziaria), anche se per 37 di loro è arrivata la prescrizione.

tratto da Il Fatto Quotidiano

venerdì 13 luglio 2012

Il Sabotore - num.3



E' uscito il nuovo numero de Il Sabotatore - bollettino settimanale del Network Autonomo Sabotag.
In prima pagina c'è l'articolo sulla Rivoluzione ad opera Arcadianet, realtà anticapitalista con cui iniziamo ufficialmente una collaborazione nonostante le ovvie e salutari differenze di vedute su vari temi; a seguire, un commento alla sentenza che ha condannato alcuni dirigenti della Polizia per la mattanza della scuola Diaz; due articoli sul concetto di Libertà, ad opera di Karl Kaphyer e Michele Bacunino; una brevissima riflessione su ciò che sta accadendo in Spagna, con la lotta dei minatori; conclude, come sempre, una poesia antagonista nella rubrica "Versi di Sabotaggio".

Il link è http://www.youblisher.com/p/382207-Il-Sabotatore/  , e lo trovate anche nella colonna qui a destra.

STAMPATE, DIFFONDETE E SCRIVETECI, se volete collaborare con Il Sabotatore o se volete commentare gli articoli, alla mail ant.lucignano@libero.it

I precedenti numeri de Il Sabotatore:
Num. 0  http://www.youblisher.com/p/358303-Il-Sabotatore/
Num. 1  http://www.youblisher.com/p/365162-Il-Sabotatore/
Num. 2  http://www.youblisher.com/p/369766-Il-Sabotatore/



Io, "Bamboccione emigrante"





di Luca Telese

Metti che sei in treno, metti che stai andando a Milano, metti che ti stai interrogando - come capita spesso in questi tempi - sul giornale che vogliamo fare, e perché. Metti che sull'Eurostar ti si avvicina un giovane con una t-shirt grigia, faccia da ragazzo, fisico da uomo, e metti che ti dica: "Quando esce Pubblico?". Scopri che si chiama Gianni, di cognome Longo, che è cresciuto a Roma, ma che lavora a Losanna, perché - ride amaro - "Faccio parte della generazione degli esiliati della ricerca. Sono diventato un emigrante due anni fa, quando dopo dieci anni da ricercatore in fisica in cui, per darti un'idea, sono stato pagato solo cinque, e male, ho detto: basta, adesso me ne vado".

Gianni ha mandato venti curriculum in giro per il mondo. Gli hanno risposto dall'università dell'Arkansas e da Losanna. L'Arkansas era lontano. Ha scelto la Svizzera. Gli chiedo: "Perché ti definisci emigrante?". Risponde: "Perché molti miei colleghi italiani non farebbero marcia indietro per nulla al mondo. Io voglio tornare". E perché tu vuoi tornare e loro no? "Perché l'Italia è il mio paese e, anche se come loro dovrei, non riesco ad odiarlo. E poi perché mia moglie, e uno dei miei due figli, vivono a Roma". Già, Daniela.

Prima lo ha seguito in Svizzera, poi con un miracolo da anno bisestile più vincita al Totocalcio, ha ottenuto una cattedra a tempo indeterminato, in una scuola media vicino a piazza Bologna, nella capitale. Due figli, Giorgio, tre anni e mezzo, ed Edoardo, un anno. Sospira, Gianni: "Il classico caso in cui una bella notizia diventa una tragedia: ci eravamo appena sistemati, i bambini andavano alla scuola italiana, e lei avrebbe potuto trovare un posto da precaria lì. Ma...".

Ma poi ti arriva un contratto a tempo indeterminato, e cosa fai? "Era il punto decisivo della vita di Daniela, era la possibilità irripetibile di un contratto a tempo indeterminato. Lei era a Roma, io a Losanna, abbiamo avuto la discussione più drammatica della nostra vita, dopo quella in cui si è scelto insieme di fare un figlio da precari". Alla fine, prima di chiudere la linea e ritrovarsi ognuno in una città, solo, a rimuginarci su, con quel peso sul cuore, le ho detto: "Senti, Daniela, insegnare è la cosa che tu più desideri, è quello per cui hai studiato tutta la vita: accetta la cattedra, un modo - non so quale, lo troveremo".

Giorgio aveva già il suo asilo a Losanna e non si stacca mai dal padre. Edoardo era troppo piccolo per separarsi dalla madre. Gianni e Daniela hanno applicato un loro personalissimo congedo parentale: un figlio in Svizzera con lui e uno a Roma, con lei. Gianni racconta: "Mia suocera, una delle tartassate dell'Imu, ci salva la vita perché fa la badante quando Daniela è a scuola. I miei non mi parlano quasi più, dicono che stiamo facendo del male ai bambini... Ma la parità fra un uomo e una donna non vuol dire che in una coppia entrambi contribuiscono in pari misura all'educazione dei figli? Ma essere genitori non vuol dire che nessuno dei due deve essere solo?".

Gianni ti spiega: "un giorno proverò a raccontare, cosa vuol dire passare la maggior parte del proprio tempo libero a provare a parlare con un figlio di un anno e mezzo su Skype". Gli dico di provarci. E lui: "Ad esempio che Edoardo passa il tempo ad accarezzare lo schermo con il mio volto, e con il braccio impalla la telecamerina del computer. Quando poi si vedono dal vivo, quel gesto sulla guancia vale un milione di euro. Giorgio quando lo vedeva su Skype si arrabbiava e se ne andava".

Gianni guadagna un sacco di soldi, più di 5000 euro, ma quasi gli dispiace dirlo "Perché i ricercatori italiani sono alla fame. E poi gli secca "Perché la metá li spendo in andata e ritorno per Roma". Pausa, un sorriso: "Credo che Giorgio sia il primo bambino europeo che ha messo insieme abbastanza voli per il mille miglia già all'asilo". Gianni ha vissuto "Con vergogna" gli ultimi anni del berlusconismo quando qualsiasi collega fisico che non sapesse nulla dell'Italia gli diceva: "Ma ti vieni dal paese della Gelmini, quell del tunnel dei neutrini? Ah, ah, ah".

Adesso guarda da lontano il paese "dove i ricercatori che hanno scoperto il Bosone di Higgs, subiscono un taglio del 10% come premio per il loro successo". Dovreste vederlo, mentre racconta del Cnr, dove se ti si rompe un pezzo lo ripari con lo scotch da pacchi e l'Epfl di Losanna dove se ti si rompe un reggipunta del microscopio da 2.500 euro arriva il direttore e dice: "che problema c'è? Lo ricompriamo".

Dice Gianni: "La verità è che noi italiani, come ricercatori siamo i più bravi del mondo. Siamo in grado di superare difficoltà impensabili, abbiamo talento, preparazione, capacità di inventare: io ho già registrato tre brevetti, nel mio ufficio ne contiamo dieci. All'estero, quando scopri qualcosa, il brevetto viene venduto subito e tu prendi il 33%, il tuo laboratorio il 33%, e il resto va all'istituto e arricchisce la ricerca di tutti".

Pausa, un colore amaro nella voce: "Vedi, in Italia i brevetti che abbiamo registrato li abbiamo passati a un ufficio brevetti del Cnr che subito dopo ha chiuso. Un binario morto. Morale della favola: non si è venduto nulla. Solo in Italia, può accadere una cosa così, l'unico paese al mondo in cui un brevetto è una spesa e non un guadagno".

Questa è la storia di un paese sbagliato, questo è il paese del tunnel della Gelmini, questa é la storia del brevetto sulla spettroscopia degli acciai che adesso è scaduto, ma questa, soprattutto è la storia di Gianni, di Daniela, di Giorgio ed Edoardo, due fratelli che crescono separati per necessità e per scelta. Questa è la storia di - come ti devo definire, Gianni? - "Un bamboccione, direi".