Il mio articolo pubblicato su Insorgenza.it
Per il mondo indipendentista e identitario, il 2014 sarà un anno fondamentale. I referendum sull’indipendenza della Scozia e della Catalunya rappresentano un evento importantissimo, perché si vede all’orizzonte la possibilità per i Popoli di sottrarsi al giogo degli Stati Nazionali, di derivazione giacobina, per via referendaria.
Il risultato, in entrambi i casi, sarà molto probabilmente negativo, ma non è questo il tema che ci interessa sottolineare. Va invece evidenziata la straordinaria partecipazione di popolo che questi due eventi necessariamente realizzeranno: non vi sarà uno Scozzese o un Catalano che, nei prossimi mesi, non si interrogherà sugli aspetti positivi e negativi di una eventuale indipendenza; non vi sarà uno Scozzese o un Catalano che non riscoprirà pagine della propria storia popolare volutamente dimenticate o omesse dagli Stati Nazionali in cui sono costretti a vivere, a lavorare, a pagare le tasse, a crescere i figli. Torneranno in auge canzoni e figure, tra lo storico e il leggendario, che solo la cultura popolare più antica e radicata ha permesso che non si smarrissero nel magma indistinto della globalizzazione europea e mondiale.
Va, però, precisato che i motivi alla base dei due referendum sono leggermente diversi: mentre per la Scozia c’è una questione storica, politica e culturale preminente, per la Catalunya (regione ricca e avanzata) il movente è soprattutto, ma non solo, economico. Il primo referendum indipendentista si terrà in Scozia, il 18 settembre. Gli scozzesi saranno chiamati a pronunciarsi sul quesito “Dovrebbe la Scozia essere uno Stato indipendente?”. Bisogna subito notare l’uso del condizionale “dovrebbe” invece dell’indicativo “deve”: l’accordo tra Alex Salmond, Presidente del governo scozzese e leader dello Scottish National Party, e David Cameron, premier inglese conservatore, sancisce che il referendum non avrà effetti immediatamente vincolanti, perché bisognerà ridiscutere temi quali la solidità economica della Scozia, la difesa dello Stato, i rapporti con il Regno Unito e l'adesione a Unione Europea, NATO e altre organizzazioni sovranazionali.
E’ chiaro, però, che una vittoria del SI obbligherebbe Cameron, l’Inghilterra e il Regno Unito a scendere a patti con la Scozia, anche per scongiurare un nuovo “rischio Irlanda”. I sondaggi dicono che la maggioranza degli scozzesi è contraria all’indipendenza, però il fronte del SI cresce col passare dei mesi. La campagna mediatica ha ridato vigore alle tradizioni e alla cultura popolare degli scozzesi, dunque alla loro identità, e in tantissimi hanno cambiato idea, sposando l’idea indipendentista dopo un primo freddo NO.
In Catalunya, invece, si terrà il secondo fondamentale referendum indipendentista del 2014. Il 9 novembre i catalani saranno chiamati a rispondere ad un singolare quesito referendario diviso in due parti: "Volete voi che la Catalogna sia uno Stato?"; in caso di risposta affermativa, “Volete voi che la Catalogna sia uno Stato indipendente?". Tale formula rappresenta il miglior compromesso possibile raggiunto dalle due anime dell’indipendentismo catalano: quella moderata della CiU, favorevoli alla nascita della Stato Catalano ma possibilisti sulla possibilità di rimanere all’interno di una sorta di “Federazione Spagnola”; quella rivoluzionaria della sinistra repubblicana, l’ERC, che invece spinge sulla necessita per la Catalunya di diventare uno stato indipendente dalla Spagna.
Si è rischiato il naufragio, poi fortunatamente le due anime dell’indipendentismo catalano hanno trovato un accordo, anteponendo l’interesse comune al piccolo tornaconto di bottega. Che sia di auspicio e di esempio anche per gli altri indipendentismi europei, al loro interno spesso divisi perché incapaci di vedere che le cose che li uniscono sono molto di più di quelle che li dividono?
________________________________
Nessun commento:
Posta un commento