martedì 28 gennaio 2014

Reggio Calabria muore: chiusi gli asili nido.



Scrivo con amarezza questo articolo. Per far capire fino a che punto una città come Reggio Calabria abbia toccato il fondo. Una volta parlare di Reggio voleva dire parlare dei Bronzi di Riace, del suo meraviglioso lungomare, definito da D’Annunzio “il chilometro più bello d’Italia”, parlare del teatro Cilea e del meraviglioso corso principale ricco di vetrine e con i negozi pieni di clienti. Oggi di Reggio Calabria è rimasto il fantasma.

Si vedono strade degradate e inondate dalla spazzatura, negozi semivuoti, ospedali con esubero di ricoveri, anziani che non arrivano a fine mese e racimolano dai cassonetti dell’immondizia qualcosa da poter portare a casa. Scene indecorose che descrivono lo stato di forte disagio e crisi economica. Ma al peggio non c’è mai fine e un altro mattone, bello pesante, si aggiunge al muro che rende sempre più netto il distacco della Calabria dal resto dell’Italia e dell’Europa. Gli asili sono chiusi.

Ebbene sì, In Italia, nel 2014, c’è una città in cui non esiste neanche un asilo nido pubblico. Questa città è Reggio Calabria, dove dal luglio 2013 anche l’ultima delle tre strutture è stata chiusa per mancanza di fondi. Assurdo, roba da prendere la Costituzione, stracciarla in mille pezzi e gettarla nei rifiuti.

La storia è questa. Nell’anno scolastico 2011-2012 erano soltanto due gli asili nido pubblici comunali, nei quartieri di Archi e Gebbione, a essere stati chiusi alla fine dell'anno scolastico, principalmente per problemi strutturali degli immobili. Problemi che si sarebbero potuti risolvere tranquillamente nel periodo estivo, ma il comune di Reggio Calabria viene sciolto per contiguità mafiosa nell’ottobre del 2012 e al suo posto si insedia una commissione straordinaria, che eredita un buco in bilancio pari a 121 milioni di euro. Non ci sono soldi per sistemare gli asili, bisogna tagliare le spese e quindi si chiudono. Si decide, inoltre, di far fronte al dissesto economico aumentando le tasse. La situazione, di per sé  molto complicata, peggiora nel luglio 2013, quando un asilo aziendale da 25 posti, struttura destinata a figli di dipendenti comunali e bambini provenienti dalle lista di attesa dei nidi comunali, sospende le attività per mancanza dei fondi necessari a pagare la cooperativa che lo gestiva.

Cancellati quindi i 145 posti disponibili per i bambini, un numero irrisorio se si pensa che i bambini sono 5.090. L’anno scolastico2013-2014 non è iniziato per nessun bambino in città. Il commissario aveva promesso fondi per riprendere l’attività e permettere alle famiglie reggine di ritornare nelle strutture pubbliche. Intanto, prospera il business degli asili, mentre le famiglie sono disperate. Vista la forte crisi, l’asilo privato a 300-400 euro al mese a bambino non è di certo alla portata delle molte famiglie disagiate, che risolvono, si fa per dire, con l’aiuto di parenti o addirittura abbandonando il posto di lavoro. Dati Istat alla mano, si fa presto a capire che c'è una forte relazione tra accesso agli asili nido e disoccupazione femminile, tra partecipazione al mondo del lavoro delle donne e maternità: secondo le statistiche infatti oltre il 50% delle donne italiane dichiara di rimanere a casa con i figli (sotto i tre anni) per i costi proibitivi degli asili privati. Il 14 dicembre del 2013, la commissione straordinaria di Reggio Calabria presenta un “piano di intervento” non coinvolgendo i genitori, in gioco c’è uno stanziamento del ministero della Coesione Territoriale di circa 1.300.000 euro Per questo motivo, i genitori creano una petizione online destinata ai commissari di Reggio Calabria, per far sì che ascoltino le esigenze dei genitori, perché venga restituito ai bambini il diritto all'asilo. Oggi la petizione è arrivata  a 5.169 firme.

Pina Condò, da Parallelo 41

Continua lo scempio di diritti e di cultura nel Sud. Dal Lazio alla Sicilia, dagli Abruzzi alle Puglie, il Sistema Italia continua ad attentare ai fondamenti di un Popolo, di una Comunità.
Noi Insorgenti non possiamo nè vogliamo restare fermi a subire. Bisogna firmare assolutamente questa petizione, ma non basta. Purtroppo. Bisogna mettere in preventivo anche azioni di contrasto e di lotta maggiormente incisive e visibili.
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