Dichiararsi antidemocratici oggi può produrre un duplice effetto negativo: si rischia di essere considerati pericolosi fascisti o comunisti; oppure di essere ritenuti degli stupidi estremisti.
In entrambi i casi, quindi, tutto ciò che noi dicessimo dopo esserci definiti "antidemocratci" perderebbe di valori per i nostri interlocutori, anche se dicessimo cose giuste e perfino sacrosante. La "società dell'immagine", uno dei tanti prodotti di questa democrazia liberale di stampo anglo-americano in cui tutti noi siamo costretti a vivere, ci impone delle etichette, le quali danno o tolgono valore a ciò che siamo, diciamo e facciamo: l'etichetta di antidemocratico è, sicuramente, tra quelle che tolgono valore, al giorno d'oggi.
Pertanto non è utile alla causa definirsi antidemocratici, e se vogliamo non è neanche corretto. Essere contro la democrazia liberale di stampo anglo-americano, contro QUESTA democrazia, non implica necessariamente essere contro la Democrazia in generale.
La storia dell'ultimo secolo ci ha consegnato piccoli e perfettibili esempi di Democrazia Socialista (il cosiddetto Socialismo reale), od anche di Democrazia Organica (il Corporativismo). Piccoli e perfettibili esempi che, però, hanno dimostrato la possibilità, prima ancora della necessità, di un tipo diverso di democrazia, di una NUOVA DEMOCRAZIA.
Ragion per cui, più che antidemocratici, conviene dichiararsi contrari alla corrennte e predominante concezione di Democrazia.
Già Aristotele, quando esaminò tre forme diverse di governo (Monarchia, Aristocrazia e Democrazia), evidenziò il pericolo principale di ogni democrazia: potere gestito dalla massa, dittatura della maggioranza, "quantitativismo" politico e per ciò stesso dispotico e autoritario.
Non è possibile negare, se si è onesti, che nel 2010 i pericoli della Democrazia sono sempre i medesimi, accentuati inoltre dalla predominanza che il fattore economico ha assunto nel governo della cosa pubblica da quando il Capitalismo è divenuto il nuovo sistema economico, la Borghesia è assunta a nuova classe dominante, il Liberalismo è stato considerato l'unico esempio di democrazia reale. La triade rivoluzionaria (Libertà, Uguaglianza e Fratellanza) avrebbe dovuto riassumere in sè i fondamenti di ogni vera democrazia: purtroppo per gli stolti che ci hanno creduto, la Libertà (intesa soprattutto come liberismo economico e come libertarismo dei costumi) ha letteralmente dominato l'Uguaglianza e la Fratellanza, ormai ridotte a mere enunciazioni formali prive di ogni sostanza.
La democrazia antica (da Sparta ad Atene, fino alla Roma repubblicana), organica come organico era lo Stato, poneva a fondamento di tutto l'Uguaglianza, intesa però non come appiattimento, cancellazione delle differenze, uniformità, nè come governo degli strati culturalmente e civilmente più bassi della popolazione; bensì, come parità fra pari, solidarietà tra appartenenti ad un medesimo gruppo sociale (militari, politici, magistrati), in cui tutti "contavano lo stesso" in quanto appartenenti alla stessa organizzazione sociale, ma tutti "erano diversi" perchè diverse erano le organizzazioni sociali di cui si componeva lo Stato. Traducendo questo discorso oggi e declinandolo secondo l'attualita socio-economica, possiamo affermare che la Democrazia deve necessariamente garantire il principio "tutti uguali, tutti diversi", organizzarsi in gruppi sociali omogenei e permettere alle stesse organizzazioni sociali di governare liberamente. Sarà poi il Popolo (Demos) a togliere o confermare il mandato di governo (Cratos) passato un ragionevole lasso di tempo: nelle democrazie contemporanee, in genere la durata degli incarichi è tra i 4 e i 5 anni, ma nella Roma repubblicana, ad esempio, vi erano anche cariche della durata di un solo anno.
Su questo punto è possibile, quindi, prendere le distanze anche da un altro tipo di democrazia: la democrazia partecipata o "dal basso". Aspirazione tipica del liberalismo plebiscitario, la democrazia partecipata si propone di investire la Massa del potere politico ed economico di una comunità, abolendo la figura del Rappresentante del Popolo (sia esso un consigliere, un deputato, un delegato sindacale o altro). L'idea fondante di questa tipologia democratica liberale è che la massa (cui si da' impropriamente il nome di "popolo") sia capace di curare i propri interessi meglio degli eletti. La domanda sorge spontanea: quali interessi? Quelli dello stomaco? Quelli che riducono i problemi di uno Stato al prezzo del pane, al parcheggio sotto casa, al condono edilizio, al piazzare mio figlio in qualche posto? Questi sono gli interessi delle masse, e partiti come il PDL e la Lega Nord lo hanno capito benissimo. Infatti entrambi i partiti propongono cambiamenti alla struttura istituzionale italiana, sempre nella direzione di una maggiore democrazia diretta e di un più spinto liberalismo plebiscitario.
Pensiamo al voto: nella democrazia liberale di stampo anglo-americano governa chi ottiene la metà più uno dei voti. Non c'è nessuna garanzia del fatto che la maggioranza dei voti venga espressa dagli strati culturalmente e socialmente più validi della comunità. Il voto di chi ignora le norme costituzionali e le elementari leggi dello Stato viene equiparato al voto di chi le conosce, le rispetta, le critica. La lobotomia mediatica cui tutti siamo soggetti attecchisce sulla massa informe con preoccupante facilità.
La strada da percorrere è completamente un'altra. Invece di continuare ad abbassare il baricentro decisionale della democrazia, bisogna urgentemente rialzarlo. E' necessario sostituire alla democrazia della quantità, della dittatura della maggioranza, la democrazia della qualità, meritocratica e organica. Il diritto di voto andrebbe concesso solo a coloro che, ad ogni tornata elettorale, dimostrino di conosce le regole del vivere civile e la Costituzione dello Stato in cui vivono. Il Popolo, finalmente consapevole, potrà quindi esprimere davvero liberamente il proprio voto per questo o quel Rappresentante del Popolo candidato in un partito, e dopo un tempo ragionevole decidere se confermarlo o meno. Per evitare che i Rappresentanti si affezionino troppo alla "poltrona", sarà necessario prevedere una rotazione ed una impossibilità di ricandidarsi negli stessi ruoli.
La strada da percorrere è quella che conduce ad una nuova democrazia.
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