giovedì 15 luglio 2010

Robert Michels e la ferrea legge dell'Oligarchia



Michels studia il partito socialdemocratico tedesco e perviene alla conclusione che nel partito politico si attuano le stesse dinamiche che interessano lo Stato. Un esempio è l’SPD, che per la sua natura dovrebbe coinvolgere maggiormente le masse, ma invece è interessato da processi fortemente oligarchici. Nel suo pensiero il parlamento diventa il luogo in cui le burocrazie dei partiti si accordano, Michels dirà: “io di rivoluzioni ne ho viste tante, di democrazie mai”. Anche in un regime democratico sono i vertici del partito che si fanno eleggere: legge ferrea dell’oligarchia. In realtà nel parlamento non esiste una vera competizione tra partiti, poiché i vari dirigenti hanno interesse a perpetuare la situazione in essere.

Michels discute di questi argomenti con Max Weber, c’è bisogno di una novità in politica e la può portare solo l’”eroe carismatico”, dal momento che al parlamento viene attribuita una valenza negativa. C’è bisogno di un’idea nuova e carismatica: il fascismo; verrà, così, meno la mediazione dei partiti tra leader e popolo e si instaurerà tra di essi un rapporto diretto. A differenza di Weber, il quale ritiene che il carisma del leader si possa formare in parlamento, Michels ritiene che per esserci carisma non si possa prescindere da un rapporto diretto e non mediato con il popolo. Maggioranza e opposizione fanno finta di lottare: il loro scopo è di farsi rieleggere e di perpetuarsi al potere. Con l’adesione al fascismo trova un'alternativa alla ‘’legge ferrea dell’oligarchia’’, che ha per lui una valenza fortemente negativa. Il fascismo esprime un leader carismatico, e questo è l’unico modo per superare la pseudemocrazia che era affermata.

Approfondendo alcuni brani tratti da “L’oligarchia organica costituzionale” si possono enucleare alcuni tratti del sistema teorico di Michels:

Il parlamentarismo è una falsa leggenda: non siamo noi che votiamo i rappresentanti ma i rappresentanti che si fanno scegliere da noi,
Lo Stato non importa alla maggior parte delle persone, soprattutto per ciò che attiene le vicende prettamente istituzionali: non si può sperare che la partecipazione parta dal basso,
Le classi politiche non si sostituiscono come ci aveva spiegato Pareto; puntano, invece, all’amalgama, si servono della captazione per non perdere mai il loro potere,
L’opposizione parlamentare mira all’unico scopo, in teoria, di sostituire la classe dirigente avversaria; in pratica, invece, finisce per amalgamarsi con la classe politica al governo,
A nulla valgono i movimenti popolari, perché chi li guida abbandona la massa e viene assorbito dalla classe politica: “parte incendiario e arriva pompiere”.
Anche dalla lettura di passi tratti da “La democrazia e la legge ferrea dell’oligarchia” si possono trarre alcuni spunti interessanti:

È una funzione scientifica dimostrare l’inganno del parlamentarismo,
Non è vero che ad una rivoluzione seguirà un regime democratico,
I socialisti democratici vengono definiti “fanatici partigiani dell’organizzazione”.
“Chi dice organizzazione dice tendenza all’oligarchia”; l’organizzazione e la seguente degenerazione oligarchica causano veri e propri mutamenti genetici nei partiti socialdemocratici: le masse non possono più interferire con le decisioni, i capi non sono più gli organi esecutivi della volontà della massa ma si emancipano completamente dalla massa stessa. Tanto più grande diventerà il partito, tanto di più si riempiranno le sue casse e la tendenza oligarchica si farà strada con maggior vigore; la base non potrà più controllare in alcun modo i vertici del partito. Il regime democratico non è molto confacente ai bisogni tattici dei partiti politici: il partito politico, così come si deve organizzare per competere con gli altri partiti, è qualcosa di distante dalla comune idea di democrazia. Il principio della democrazia è ideale e legale (perché comunque si va a votare) ma non è reale in quanto, in realtà, la base non può scegliere nulla. Votando non diventiamo compartecipi del potere: “la scienza ha il dovere di strappare questa benda dagli occhi delle masse”. Anche Michels, perciò, ha un approccio scientifico e non ideologico. “La formazione di regimi oligarchici nel seno dei sistemi democratici moderni è organica”. “L’organizzazione è la madre della signoria degli eletti sugli elettori”, un esempio attuale e concreto è quello del “porcellum”.

Una frase sintetizza con efficacia il pensiero di Michels: “sulla base democratica si innalza, nascondendola, la struttura oligarchica dell’edificio”.
da Wikipedia
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Un saggio breve su Michels
http://polis.unipmn.it/pubbl/RePEc/uca/ucapdv/malandrino165.pdf
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In Michels, l’influenza del marxismo è evidente soprattutto perché, nato e cresciuto nell’ambiente culturale tedesco, da giovane, aveva militato da marxista nell’ala sinistra del partito socialdemocratico, contro i revisionisti. Forte è anche l’influenza del sindacalismo di Sorel e, poi, della sociologia di Weber. Stabilitosi poi in Italia, subì l’influenza degli studi di Mosca e Pareto ed aderì al fascismo.
Nella sua opera più famosa, La sociologia del partito politico (1911), centrale è l’idea elitistica della necessità di una minoranza organizzata mentre marxismo, socialismo, democrazia e partecipazione diretta delle masse al potere, sono i suoi costanti bersagli.
Michels afferma che le masse sono deboli e in quanto tali non possono conservare il potere; per farlo, è necessario che si organizzino ma ciò comporta uno stravolgimento nella loro struttura. Ogni organizzazione politica, sia essa un partito o un sindacato, ha bisogno di una struttura, di personale specializzato e ciò comporta, inevitabilmente, una selezione per la formazione di tale personale e l’impossibilità da parte della massa in quanto tale di esercitare un potere diretto. Si crea dunque un’organizzazione gerarchica nell’ambito della quale è possibile che, all’inizio, il capo governi come “servitore delle masse” ma presto saranno le masse a essere sottomesse al gruppo minoritario organizzato. E’ questa la legge di ferro dell’oligarchia.
Tale principio ha trovato, in effetti più conferme che smentite, ed è anche vero quanto affermato da Michels e cioè che questo fenomeno si riscontra anche nelle democrazie e all’interno dei regimi che si rifanno al marxismo.
A Michels va il merito di non aver accettato la distinzione tra maggioranza disorganizzata e minoranza organizzata come un dato di fatto ma di aver spiegato sociologicamente il processo di formazione delle élites.
Le sue affermazioni, però, vanno criticate per alcuni aspetti:
1) Michels spiega il formarsi di una oligarchia all’interno di un partito politico però egli non considera che è un conto trovarsi dinanzi a un unico partito, la cui oligarchia domina incontrastata, e altro conto è trovarsi in una società in cui vi sia una pluralità di partiti, anche se all’interno di ognuno tende a verificarsi quanto egli ha indicato;
2) Michels considera priva di importanza che la minoranza organizzata governi in una società in cui una classe ha la proprietà privata dei mezzi di produzione oppure in una società senza tale proprietà privata in quanto egli afferma che il formarsi di un’oligarchia comunque comporta una serie di privilegi. Però, un conto è parlare di privilegi che derivano dalla diversa organizzazione politico-economica della società e un conto è considerare i privilegi che derivano dall’organizzazione burocratica.
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