Ci sono molte persone per le quali andare in barca significa salire su uno yacht o su un motoscafo (che d'ora in poi chiamerò "motoschifo") e sfrecciare ad alta velocità sulle onde.
Invece, l'essenza più pura dell'andare in barca consiste nel salire su una barca a vela, studiare il venti, armare le vele e partire.
Dalla notte dei tempi, dall'origine dell'uomo, andare per mare significava farsi portare dal vento sulle onde, rispettare il Mare come si conviene ad una divinità.
Oggi, orde di arricchiti senza gusto si lanciano sui flutti come se fossero in una gara di off shore, scaricando in mare la potenza dei motori e sostanze inquinanti, strafregandosene dell'ecosistema marino e dei bagnanti.
Il 16 luglio, alle 17.30, Rachele ed io abbiamo parcheggiato a Marina di Nettuno. Lo skipper, Maurizio Carta dell'associazione Barcadicarta, ci stava aspettando al bar: eravamo i primi. Abbiamo raggiunto la nostra barca, la Libra, e siamo saliti a bordo, togliendoci subito le scarpe ed indossando i tipici mocassini da barca (Decathlon, 30 euro, perfetti).
Dopo una mezzora è giunta una coppia di amiche, infine alle 18.30 sono arrivati gli altri tre membri del più improvvisato equipaggio che la storia della marina modniale abbia mai conosciuto.
Si salpa verso le 19, destinazione Palmarola. La più selvaggia delle isole pontine ci avrebbe visto arrivare dopo 5 ore di navigazione: l'andatura è un traverso, il vento è un caldo libeccio. Io mi metto al timone praticamente subito, desideroso come sono di timonare, per la prima volta, una barca di 12 metri: ero abituato ai laser da villaggio turistico!
Verso le 21.30 rallentiamo e lo skipper comincia a cucinare: ottimi straccetti e pomodori all'insalata. Mentre le ragazze scendono sotto coperta per lavare ed asciugare i piatti, io mi rimetto al timone. Dopo un paio d'ore, giungiamo a Palmarola. Buttiamo l'ancora e andiamo sottocoperta a dormire.
La nostra stanza è la suite di prua: letto matrimoniale e bagno in camera, oblò sopra al letto. Il caldo è asfissiante, di tanto in tanto mi sveglio e mi alzo sul letto, mettendo la testa fuori dall'oblò per respirare. Un cielo stellato illumina tutto intorno: la cala dove dormiamo è stupenda!
Sveglia alle 8, colazione alle 8.30, bagno alle 9. E' il 17 luglio: io e Rachele festeggiamo l'undicesimo anniversario di fidanzamento. Il nostro ultimo anniversario prima del matrimonio. L'acqua è splendida, anche se spaventosamente calda. Circa 26 gradi! A metà mattinata, decidiamo di spostarci a Cala Francese, uno spledido luogo accessibile solo via mare. In lontantanza, la villa di Fendi.
Altra serie di bagni intervallati da un girno in canoa ed una nuotata fino a riva, dove il catrame ha macchiato alcuni di noi.
Si riparte verso le 14 e, con me al timone, ci si ferma in una gola fantastica, dove si decide di mangiare: il menù è rappresentato da un grandioso piatto di pasta al pomodoro fresco e frutta. Qualcuno propone una pennichella, ma in realtà dopo un'ora si è già tutti in acqua!
Rachele ed io prendiamo la canoa e seguiamo il Tender di Maurizio. Passiamo in mezzo a due piccoli faraglioni e ci troviamo in una corrente fortissima. Pagaiamo con forza e riusciamo a superare l'ostacolo, viriamo a sinistra e... spettacolo puro! Di fronte a noi una grotta scavata dal mare e dal vento sembra congiungere le due montagne della cala. La corrente ed il vento ci sono contrari, ma la bellezza del luogo ripaga abbondantemente il piccolo sforzo per raggiungerlo. Quanto è bella la natura, quanto è bello il Mare! I riflessi blu sono ben visibili: la purezza dell'acqua è degna della tanto decantata Sardegna. Sono questi i momenti in cui capisci che ti basta stare in canoa con la donna che ami in mezzo al mare per essere felice ed in pace con tutti, e con te stesso.
Ritorniamo alla barca, facendo qualche altra peripezia degna del miglior Kayak olimpico. Prendiamo maschera e snorkel e ci rituffiamo in mare: il fondale è purtroppo sabbioso, quindi a parte qualche pesce (che poi scopriamo chiamarsi Occhiata) non c'è molto da vedere.
Risaliamo a bordo e partiamo: destinazione Ponza, dove scenderemo a terra ed ivi ceneremo.
Andiamo a farci la doccia. Sotto coperta il moto ondoso può dar notevolmente fastidio. A ciò si aggiunga la stanchezza per una giornata al massimo e il caldo incredibile, amplificato dallo spazio angusto del bagno di una barca.
Risalgo in coperta stravolto ma vestito, pronto a scendere a Ponza. Saliamo sul tender dopo aver attraccato nei pressi del porto e raggiungiamo l'isola pontina per primi. Mentre attendiamo il resto dell'equipaggio, andiamo a farci un breve giro per l'isola, compriamo qualche souvenir e chiacchieriamo di politica.
Quando l'equipaggio è di nuovo al completo, si cerca un posto dove mangiare: alla fine andiamo al ristorante La Kambusa. Vino bianco ed acqua gelida per tutti, poi il menù. Io scelgo un pesce spada alla griglia con insalata mista; Rachele opta per una tagliata di tonno che definire deliziosa è riduttivo. Aggiungiamo a tutto ciò qualche contorno e dolci per tutti: sia Rachele che io prendiamo una torta al cocco e nutella.
Paghiamo il conto (un pò salato, 45 euro a persona) e raggiungiamo il tender. Ripartiamo alla volta della Libra, dove ci spogliamo in un amen e crolliamo a letto.
Il 18 ci svegliamo ancora più presto, in quanto una nave cisterna doveva passare e la nostra barca dava fastidio. Alle 7.30 stiamo facendo colazione, alle 8 siamo di nuovo in mare. Questa volta, oltre alle maschere e agli snorkel, indossiamo anche le pinne. Io scendo tranquillo fino a 4 metri, poi il timpano destro comincia a farmi male. Scrogiamo qualche pesce, qualche conchiglia, qualche ancora. Risaliamo a bordo verso le 10.30 e partiamo subito alla volta di Nettuno, dove arriviamo alle 17 dopo quasi sei ore di traversata. Il mare era alto, infatti praticamente tutti hanno avuto qualche problema col mal di mare. Il vento era di circa 8 nodi, e noi ci muoviamo di bolina a quasi 6 nodi di velocità. Nei pressi di Nettuno scorgiamo una regata velica: è il famoso Giro Vela, che fa tappa nel basso Lazio.
Attracchiamo nel cantiere portuale di Nettuno, facciamo i bagagli, salutiamo l'equipaggio e lo skipper e scendiamo a terra.
E' stata una esperienza fantastica, unica, che consiglio a tutti coloro che amano il mare nella sua essenza più pura e spartana. Certo, la barca a vela è più stancante dello yacht, ma vuoi mettere la gioia di andare a vela col correre sopra una specie di missile che non ha rispetto del mare?
Nessun paragone, signori.
E soprattutto: se cercate una vacanza romantica, il chiarore incredibile delle stelle, l'odore del mare, il famigerato "staccare la spina"... non c'è nulla di meglio di un week end in barca a vela.
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