venerdì 25 aprile 2014

Riflessione su questo 25 aprile



Cerchiamo di capirci subito: riflettere su questo 25 aprile non significa riflettere sul 25 aprile in generale. Il significato della giornata in cui si festeggia l'insurrezione contro gli occupanti nazifascisti, e la liberazione dal fascismo inteso come sistema di governo e di Stato, non cambia di anno in anno: rimane immutabile, come la gloria imperitura che meritano i nostri partigiani, gli unici veri eroi dell'italia unita.
Rifletto oggi su questo 25 aprile che ha avuto qualche momento di tensione nel corteo romano (alcuni sionisti hanno protestato per la presenza, nel corteo dell'Anpi, delle bandiere palestinesi), ma che in generale è passato tranquillo e quasi non ci siamo accorti che si trattava di una festa "nazionale". Anni fa, quando ancora bazzicavo gli ambienti partitico-istituzionali della cosiddetta "sinistra radicale", in ogni comune italiano venivano organizzati eventi e iniziative per rinverdire il ricordo e il messaggio della Resistenza, della Liberazione, della lotta partigiana, dell'antifascismo. Ricordo partiti come Rifondazione Comunista, i Comunisti Italiani, persino i DS intenti ad organizzare cortei, convegni, concerti, assemblee, cineforum, incontri con reduci. I muri dei quartieri e dei piccoli centri erano tappezzati di manifesti che annunciavano una iniziativa. 
Oggi non più. Nel mio quartiere (Ponte di Nona, estrema periferia orientale di Roma) non c'è un solo manifesto del PD, di SEL o di qualsiasi altra realtà sociale e di movimento che inneggi al 25 Aprile. Vedo i manifesti coi faccioni di Giovanni XXIII e di Giovani Paolo II, che tra due giorni saranno santificati; osservo, con un brivido di intimo sbigottimento, i manifesti del Ministero della Difesa che glorificano la Liberazione. Nient'altro che questo. Né un manifesto comunista, né un volantino anarchico, né una iniziativa dell'Anpi di zona o di qualche movimento territoriale di sinistra.

Negli anni passati avevo già notato una diminuzione di iniziative e, in generale, di affezione. Esclusi noi irriducibili (comunisti, anarchici, antifascisti e antiautoritari), da un po' di anni non si avverte più un comune sentire coi milioni di italiani che dovrebbero, con orgoglio e gratitudine, festeggiare questa giornata. I partiti della sinistra istituzionale, ormai, non dedicano energie ad organizzare qualcosa per questa giornata; le altre realtà subiscono una fase di riflusso (chi più e chi meno, perché non tutti la subiscono in egual misura), dovuta forse ad una diminuzione di momenti di radicalità e conflitto, perché nessuna lotta sociale ha raggiunto livelli pari a quella No Tav, che ad oggi può essere considerata la madre di tutte le battaglie d'attualità.
L'anno scorso ho festeggiato il 25 Aprile al Pigneto, quartiere popolare di Roma con una forte e radicata tradizione antifascista e di sinistra. Ebbene già in quell'occasione avevo visto una diminuzione sensibile di presenze e di iniziative: dalle semplici bancarelle con libri o bandiere ai luoghi di ristoro, dai tavoli per la raccolta firme a momenti culturali o musicali. Quest'anno, se possibile, ho avvertito ancora maggior partecipazione, reale e emotiva.

Non è il momento - se mai lo è stato - delle analisi approfondite e delle riflessioni articolate. E', e sempre sarà, innanzi tutto il momento dell'azione. Va, però, considerata necessaria una seppur minima riflessione su cosa sta accadendo dentro il mondo antifascista e, in generale, antagonista. Si può fare qualcosa di più? Certo. Si deve fare qualcosa di più? Assolutamente di più. Cosa? Bisogna "fare", nel senso che bisogna agire, dedicare quel poco di tempo libero che ognuno ha a creare, in maniera orizzontale e realmente democratica, momenti di condivisione e di azione collettiva.
L'antifascismo, così come l'anticapitalismo, è innanzi tutto azione reale. Purtroppo anche la nostra comunità (mi perdoneranno i puristi se utilizzo questa espressione) soffre di "viralismo": troppo facebook e poca strada.
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