mercoledì 15 agosto 2012
Tragedia permanente tarantina
Prima o poi ci vorrà un'analisi a freddo sulle modalità di formazione della decisione della procura pugliese che portato al sequestro dell'area a caldo dell'Ilva. Non sull'aspetto ambientale che sembra proprio ineccepibile. Perchè 1650 morti l'anno nell'area tarantina e 91 nei due quartieri a ridosso dell'Ilva, come da perizia ordinata dal tribunale di Taranto, richiedono come minimo il sequestro dello stabilimento. L'analisi va portata al livello delle modalità di pensiero e di funzionamento di uffici giudiziari che, nel momento di cui emettono ordinanze del genere, tagliano un nodo strategico dell'acciaio italiano e si mettono contro regione, governo, sindacati, confindustria e media (es.Repubblica edizione domenicale è un inno al gruppo Riva formato notizia). Ma per adesso fermiamoci ad altro: di fronte ad una strage di queste proporzioni (oltre 11.000 morti causati in sette anni, sempre da perizia) si può prendere sul serio chi parla di sentenza strumentalizzata da settori "violenti" dell'ambientalismo (Vendola sul manifesto)? Taranto è la Bhopal italiana, questo le narrazioni di Vendola non lo cancellano.
Si può prendere sul serio un sindacato, la Fiom, che non combatte per un epocale piano di risanamento (perchè quello ci vorrebbe) oppure per la chiusura e l'avvio di un nuovo modello di sviluppo sul territorio tarantino?
Eppure il sindacato avrebbe tutto da guadagnare come elemento propulsore di una di queste due politiche. Se si trattasse di un sindacato, appunto.
Si comprende, proprio da questi tragici fatti, cosa siano i soggetti politici e sindacali come quelli rappresentati da Vendola o Landini. Reti di gestione di quote di rappresentanza, politica e sindacale, che hanno trovato collocazione entro istituzioni od economie nei quali, di fatto, possono o sanno fare molto poco (e dire anche cose fuori dal mondo). Nella tragedia, anzi nella strage, questo ruolo non è insufficiente: è patetico. Eppure le strade alternative ci sarebbero. Ad esempio quella di una ristrutturazione dell'acciaieria tarantina modello Linz
http://www.tarantosociale.org/tarantosociale/docs/2906.pdf
oppure, al contrario, quella di una uscita completa dal settore industria pesante sfruttando le leve della fiscalità e la concezione di un modello di sviluppo. Su questo genere di politiche segnaliamo
http://www.mfe2.it/cagliari/documenti/Tasse_ambientali_Grimaldi.htm
Invece, niente di tutto questo. Anche perchè per arrivare oggi, nell’emergenza, a proporre una di queste politiche non bastano certo le opinioni: ci vogliono anni di lavoro politico, scientifico, territoriale. Radicamento vero, non comitati elettorali per le primarie, confondendo i concorsi a premi con la politica, o affermazioni del tipo "siamo in ritardo" come fa sempre la Fiom quando fa finta di ammettere i propri errori per poi ricominciare come prima.
Il presidente della puglia e la Fiom così rimangono impiccati all'Ilva, alla strategia di far riconsegnare la fabbrica al rappresentante Ilva Ferrante (ex prefetto, ex candidato sindaco Pd a Milano nel 2006). E il Pd, mentre attacca la magistratura di Taranto assieme al Pdl, depista. Parla per bocca di Fassina (un nome,un refuso) di "piani dell'Ilva per il risanamento che erano già pronti". Sono piani che non ha visto nessuno ma qualcosa agli elettori, soprattutto non di Taranto, bisogna raccontare.
La drammatica vicenda, ormai s'è capito, non finirà qui. Intanto, pubblichiamo, dall'edizione domenicale del manifesto, l'intervista al portavoce del comitato tarantino "liberi e pensanti". Il comitato che ha sostenuto la contestazione alla manifestazione di Cgil-Cisl-Uil sdraiata sulle ragioni dell'Ilva, sul cui palco non avrebbero dovuto parlare comitati o voci dissidenti. I tarantini, invece, la voce se la sono ripresa da soli.
SenzaSoste
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento