mercoledì 4 settembre 2013

Flusso di tramonti in coscienza



Arriva dal gelido orizzonte l'ultimo bagliore di un'alba infinita.
Cancella sulla schiena i tatuaggi del dominio dello Stato, le frustate dello sbirro e del prete, le condanne del giudice e del Padre.
Qualunque cosa io voglia, è destinata a non essere colta da me.
Ritmi sincopati, quelli del cuore e delle ciglia che battono come puttane lungo marciapiedi di capitali farlocche con le cosce aperte e gli occhi chiusi.

Pausa.

Rallenta e martella, il truce pensiero dell'ultimo sentiero su cui far correre i nostri sogni e i nostri furori giovanili. Toccava a noi, ne eravamo certi. Il mondo non aspettava che noi. Poveri illusi. 
I nostri primi versi ci sembravano splendidi, immarcabili come un centravanti, luridi come la fogna delle nostre esistenze piccolo borghesi e impiegatizie.
I nostri versi: trattori di sentimenti e di benpensanti. I nostri versi: lampi che abbagliavano dai ponti delle tangenziali di periferia, quando sceneggiature indicibili parevano nate per rivoluzionare il cinema alternativo e indipendente. Per sempre.

Ricordo ancora quando il tramonto si conficcava dentro i nostri occhi. Noi, che guardavamo di sbieco il Mondo, coi nostri passi obliqui e i nostri pomeriggi passati a studiare e a fumare erba sopra balconi che affacciavano sull'infinito.
Noi che non chiedevamo scusa per le cose serie, perchè per noi le cose serie erano le rime che gli uccelli disegnavano in cielo o il percorso morbido e impudico delle lingue adolescenziali tra le bocche adolescenziali delle nostre compagne di scuola.
Mai avremmo pensato di chinare il capo, ed ogni volta che l'abbiamo fatto abbiamo pensato a quando avevamo promesso di non farlo mai. E abbiamo odiato chi o cosa ci facesse chinare il capo, e di quell'odio ci siamo nutriti ad ogni alba, ad ogni tramonto. E ci nutriamo ancora, nonostante i nostri vestiti ci mostrino come tranquilli ed onesti cittadini del buono e onesto Stato. 
Noi lo sapevamo, noi lo sappiamo che non siamo nati per obbedire ad altri che a noi stessi e alle persone che amiamo.

Già, i tramonti. Quei tramonti che sembrano nati per rendere unici i colori ingialliti delle foglie e dei lampioni, ancora in attesa di accendersi. Quei tramonti che non sapevano essere grigi, che abbronzavano i nostri visi e soprattutto le nostre anime. Quei tramonti che si intonavano con le fiamme dei nostri accendini e coi ricordi confusi della lezione di Filosofia appena studiata. Quei tramonti di periferia che cancellano i cattivi pensieri e che cominciano a scavare le rughe, le stesse rughe che ogni giorno ritroviamo sui nostri specchi, davanti a noi. Quelle rughe sono nate lì, in quegli interminabili istanti di luce fioca e di passione ardonte per un Rimbaud o un Andrè Breton. Quei tramonti d'anarchia e sbeffeggio, che anticipavano serate in amicizia davanti ad una pizza e a qualche birra in più. Sempre qualche birra in più.

Io non perderò mai l'immenso che avevo dentro, quando quei tramonti scendevano sull'asfalto della nostra città. Lo giuro sulla mia tomba.

3 commenti:

  1. ...troviamo come alibi delle nostre vite adagiate ed impoltronite il voler donare sicurezza e serenità alle nostre famiglie...sembra così che abbiamo dimenticato come si urla...ed il perché si urla.
    Ma il cuore rock è solo sopito, come il vulcano che fa da sfondo ai nostri tramonti...anche se le circostanze ci hanno domato. Mi basta pensare che essere schiavi non vuol dire accettare la propria condizione. Vuol dire non dimenticarsi mai di cercare un modo di fuggire...per quanto difficile...per quanto pericoloso. Il criceto gira nella sua ruota...ma solo per trovare un modo per salire in cima alla gabbia e tentare di scappare....ed è questo che insegnerò sempre ai miei figli...
    un fraterno abbraccio ad un amico di sempre da un amico di sempre
    Fabrizio

    RispondiElimina
  2. La schiavitù: è quello il problema principale. La schiavitù esiste perchè esistono i padroni? Ovviamente si. Ma esiste anche perchè esistono gli schiavi, cioè quelle persone che accettano di servire, che godono nel servire, che hanno interesse nel servire, che adorano colui che servono, che per il loro padrone andrebbero in galera o morirebbero.
    Ci sono criceti che, ad un certo punto, decidono di rompere quella ruota su cui sono costretti a correre. Provano a sabotarla. E se ci riescono, e il padrone la ricostruisce, alcuni criceti ricominceranno a pensare al modo di distruggerla nuovamente.

    E' una lotta quotidiana a chi si stancherà prima: il criceto a correre e sabotare, o il padrone a ricostruire la ruota.
    Gente come noi non deve avere dubbi su quale parte della barricata stare. Anche se siamo formalmente accettabili in società, dobbiamo continuare a negarla.
    Essere esempio ideale e reale dei nostri figli.

    Fraterni saluti libertari

    RispondiElimina