La chiave entra nella serratura e martella. Sento distorsioni urbane sopra cortine di ferro e muri cancellati dall'Antica Berlino dei nostri anni ruggenti. Non guardare il tappeto: ci ho disegnato sopra oscene figuri d'amplessi dimenticati e vigorosi, come l'anarchia delle barricate di Kreuzberg e i primi centri sociali. I sogni d'Autonomia scorrevano lungo i binari della U2 diretti a Punkow.
La brevità di un graffio, di un riff dimenticato.
Il minimalismo della tua bellezza inebria ogni angolo della città, tra i tram che squarciano la nebbia umida e i capelli colorati che scendono lascivi lungo i crinali di una testa vuota e piena di idee.
Ideali.
Sogni.
Aspetto che il tram arrivi. Aspetto che la luce se ne vada, e mi lasci sprofondare dentro oceani di oscuri lampioni nazisti. Una bomboletta spray ababndona la mia tasca e colora il mio muro e il mio mondo di un nero, di una negazione di colori.
E' tutto finito, e non abbiamo ancora cominciato.
Abbiamo mosso i primi passi senza sapere di essere già in ritardo.
Abbiamo sognato che il bianco si sporcasse quando abbiamo capito che la purezza non è di questo mondo. Ci hanno condannati per questo. Condannati a vivere le loro esistenze tranquille. A rallentare i battiti del cuore. Eppure ancora ci emozioniamo, quando incrociamo gli occhi della persona che amiamo. Ancora le viscere si contorcono, quando sentiamo la sua voce insinuarsi nelle orecchie, sfiorando i capelli come carezze d'aliti.
E sputi d'esistenza rabbiosa.
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