giovedì 19 aprile 2012

Andrea Scanzi: "Pro e contro Beppe Grillo"


Vi sottopongo un interessante articolo del sempre ottimo Andrea Scanzi, pubblicato su Il Fatto Quotidiano:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/19/beppe-grillo-contro/205571/

Beppe Grillo cresce nei sondaggi, molti prevedono un suo exploit alle prossime amministrative e tutti lo crivellano. Dal centrodestra al centrosinistra, dalla Lega (a cui Grillo saboterà parte dei voti) ai dalemini caricaturali. Passando per Vendola, che – per quanto colto e munito di perenne supercazzola retorica – non è andato oltre l’accusa stantia di “populismo”. Ovvero una variazione sul tema della solita melassa piddina: demagogo, qualunquista, disfattista, bla bla bla. Prenderà davvero il 7 percento alle prossime amministrative? Più? Meno? Vediamo i pro e i contro, suoi e del Movimento 5 Stelle.


Contro

- Il programma qua e là leggero. O quantomeno un po’ troppo utopico e sognante. Il M5S sembra molto forte nel criticare, non si sa quanto nel costruire. Non è vero che non abbia una parte propositiva (menzogna atta a screditarlo in partenza), ma al momento sembra più credibile come sentinella del (contro)potere che come progetto di governo.

- Alcune uscite sbagliatissime, come lo Ius Soli. Grillo è abile nell’alzare i toni, ma se li alzi sempre finisce che perdi la voce. E ti esce qualche sciocchezza greve.

- La generalizzazione. Grillo deve smetterla di dire “tutti i politici”, “tutti i giornalisti”. Non sono “tutti”: ce ne sono di bravi e onesti e di pavidi e disonesti. Sarebbe come dire che Grillo è uguale a Panariello, o Martufello; o che è uguale a Casini, o Bersani.

- Una tendenza alla dittatura interna. Grillo mal sopporta il dissenso, ama essere detestato dal potere ma pretende un po’ troppo l’adulazione dagli adepti (era così anche il vecchio Pci, per la cronaca).

- I toni. Non puoi usare sempre la forma eccessiva del linguaggio satirico per commentare la realtà. Più prende in giro (i nomignoli ad esempio), più presta il fianco alla critica facile di essere “volgare” (e dunque on meritevole di attenzioni). Grillo si disinnesca spesso da solo.

- Casaleggio. E’ lui – l’ineffabile spin doctor – a dettare la linea, quasi imponendosi e plagiando Grillo, o semplicemente la pensano allo stesso modo?

- Inesperienza. I militanti sono tutti alle prime esperienze politiche. Non è detto che sia un male.

- Manicheismo. Lui (e loro) sono il bene, gli altri il male. Magari fosse così facile.

- Ripetizioni. Grillo tende a reiterare le stesse battute e per chi lo segue da anni scatta il déjà vu.

- La latente rozzezza della prima (ma anche seconda) Lega.

- Lo scazzo con De Magistris. Grillo può fare l’offeso quanto vuole, ma se cominciano a litigare tra loro anche i pochi in grado di catalizare la “società civile”, non c’è speranza.

- Il rischio di una progressiva berlusconizzazione (l’uomo che si è fatto da sé, etc), per quanto le differenze tra i due siano contenutisticamente abissali.


Pro

- Una attività di controcultura, e controinformazione, che nessuno – o quasi – ha fatto in Italia. E non da ieri: da più di 20 anni, abbandonando tv e territori facili. Occorre coraggio: tanto.

- La capacità preveggente di individuare temi cardine (ambiente, informazione, economia) e contesti (la Rete), anticipando evoluzioni (e involuzioni) politiche e mediatiche.

- La competenza in ogni ambito, sua e dei collaboratori (Grillo citava Chomsky e Rifkin quando Vendola era ancora ai presocratici: e c’è rimasto).

- Il coraggio (a volte ostentato) di essere politicamente scorretti.

- L’attenzione a battaglie spesso sottaciute (o peggio) dai media. Per esempio l’omicidio di Federico Aldrovandi e la spaventosa realtà carceraria.

- La credibilità (figlia di una carriera inattaccabile o quasi).

- La politica intesa come servizio civile. Niente rimborsi, tetto agli stipendi.

- L’avere raggiunto gli obiettivi attuali, pur avendo quasi tutti contro.- L’entusiasmo, la novità, la capacità di incarnare il nuovo (che poi lo sia davvero, è aperto il dibattito).

- Il saper essere pienamente politico e non antipolitico (a meno che l’antipolitica sia banalmente il non accontentarsi dell’attuale “abc” al governo).

- Quando sei in grado di fare arrabbiare così tanto, in un colpo solo, Belpietrini e Velardi Muppets, vuol dire che hai innegabili meriti.

Si potrebbe andare avanti, ma l’estrema sintesi può essere questa: Grillo fa battaglie giuste e sbagliate, alterna intuizioni lodevolissime a inciampi rovinosi, ma di sicuro non è il “Male” né “il distruttore” della democrazia. Più semplicemente, al momento sembra essere la figura più brava a catalizzare quel malcontento (a volte confuso) che non voterà mai Berlusconi ma al tempo stesso non ha più voglia di farsi bastare i brodini lessi del Partito Democratico (e derivati).

E’ un reato votare Movimento 5 Stelle? Chi lo fa è antipolitico, qualunquista, populista, demagogo? Sciocchezze. E alibi facili, a cui si aggrappano politici inadeguati e tromboni stonati.

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