mercoledì 9 ottobre 2013

Striscione "Napoli colera": ironia o autogol?



Uno striscione per la Terra dei fuochi prima della partita del Napoli. “La terra dei fuochi deve vivere: Assieme si può” recita, dimostrando tutta l’ingenuità politica di Aurelio De Laurentis, che voci ben informate vorrebbero presto scendere in campo, probabilmente contro il suo compagno di banco da stadio, Luigi De Magistris, alle prossime elezioni comunali.

Uno striscione che, per chi vedeva la partita da casa, comunque non può che essere apprezzato. Perché vedete, si continua a dire che allo Stadio la politica non entra. Però poi non è mai del tutto vero e lo stadio, diciamocela tutta, può essere uno straordinario megafono: basti pensare ai famosi fischi all’inno nazionale degli scorsi mesi per rendersene conto.

Pochi istanti dopo la bella sorpresa di aver visto a centro campo lo striscione per la terra dei fuochi, ecco che la telecamera di Sky inquadra la curva B e un altro striscione: “NAPOLI COLERA”.

Parte il tam tam su fb, quasi immediato. Si pensa alla solidarietà con la curva del Milan, chiusa per i cori e gli striscioni contro il Napoli. La gente non capisce, non apprezza quel “Napoli Colera”. Fa male, e soprattutto fa male in tempi di tiepidi risvegli, di gente in piazza per la terra dei fuochi, di difensori appassionati contro chi ci chiama popolo di merda.

Più tardi però alcuni capi storici della Curva B fanno sapere che non si voleva esprimere nessuna solidarietà alla curva del Milan e che i cori di ieri e lo striscione erano ironici e rivolti contro le autorità sportive che per decenni hanno evitato di affrontare il problema del razzismo antinapoletano. Altri invece dicono che quello striscione è stato fatto per invocare un sistema calcio diverso e per tutelare la libertà d’espressione  nelle curve (nella A c’era anche uno striscione anti Milan).

Ok. Prendiamo per buona ogni spiegazione.  Ma il risultato qual è?

Guru ed esperti di comunicazione ci insegnano che se un messaggio viene equivocato vuol dire che non è un buon messaggio. Oltre al fatto che in queste ore non si parla che di quel “Napoli Colera”, con grande rabbia di chi, come ad esempio il quotidiano on line Parallelo 41, sta facendo per la battaglia per la terra dei fuochi una colonna portante della propria mission giornalistica.

Senza contare che, come osserva sempre Parallelo, il fossato tra ultras e tifosi semplici con lo striscione di ieri si amplia sempre più, massacrando anche l’illusione di  Nino D’Angelo che nel ragazzo della curva B, insuperato inno della squadra cantava: “‘è ‘na casa chisto stadio, parimmo na famiglia sultanto dinta ‘cca. Viecchie e giuvane cercano rint’a nu pallone  nu poco ‘e pace nu juorno nuovo ca se chiamma liberta’”.

In una famiglia però ci sono delle priorità. E la priorità a noi, francamente, pare un’altra. Perché Napoli Colera offende tutti e soprattutto, nel giorno dello striscione sulla terra dei fuochi, offende soprattutto le tante persone che hanno perso un proprio affetto perché a Napoli, oggi, al posto del colera c’è il cancro. E ce lo hanno portato dal Nord. E poi se “Chi non milita non merita” è un altro principio ultras, non credete che i tifosi professionisti oggi, in tempi di risveglio di coscienze, dovrebbero provare a lanciare qualche messaggio meno egocentrico e più utile a tutti?

Tratto da Insorgenza

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