Giuseppe Diana nasce a Casal di Principe il 4 luglio 1958. Nel 1968 entra in seminario, vi frequenta la scuola media e il liceo classico. Successivamente intraprende gli studi teologici nel seminario di Posillipo, sede della Pontificia facoltà teologica dell’Italia Meridionale. Qui si licenzia in Teologia biblica e poi laurea in Filosofia alla Federico II. Nel 1978 entra nell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI) dove fa il caporeparto. Nel marzo 1982 è ordinato sacerdote. Diventa Assistente ecclesiastico del Gruppo Scout di Aversa e successivamente anche Assistente del settore Foulards Bianchi. Dal 19 settembre 1989 divenne parroco della parrocchia di San Nicola di Bari in Casal di Principe, suo paese nativo.
Successivamente diventa anche segretario del vescovo della diocesi di Aversa, monsignor Giovanni Gazza.
Insegnava anche materie letterarie presso il liceo del seminario Francesco Caracciolo, nonché religione cattolica presso l’istituto tecnico industriale statale Alessandro Volta di Aversa. Don Giuseppe Diana fu ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994 nella sua chiesa, mentre si accingeva a celebrare messa.
La sua morte non è stata solo la scomparsa di una persona vitale, di un capo scout energico, di un insegnante generoso, di un testimone d’impegno civile: uccidere un prete, ucciderlo nella sua Chiesa, ucciderlo mentre si accingeva a celebrare messa, è diventato l’emblema della vita, della fede, del culto violati nella loro sacralità.
E’ stato il simbolo dell’apice cui può giungere la barbarie camorrista nei nostri territori. Il messaggio, l’impegno e il sacrificio di don Giuseppe Diana non possono essere dimenticati, ma la sua figura è stata presa d’assalto da sciacalli pronti a specularci sopra e sempre pronti ad attribuirgli frasi o fatti spesso anche inventati creando brand per il tornaconto economico di qualcuno o per far decollare la carriera politica o giornalistica di altri. “Per amore del mio Popolo non tacerò”, era lo scritto che la Forania di Casal di Principe, nel Natale del 1991 distribuì in tutte le parrocchie locali e dei paesi limitrofi, si faceva riferimento alla situazione Campana e Casalese dell’epoca.
Diceva questo, Don Diana: “Siamo preoccupati, Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra. La Camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana…. E’ oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi. La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L’inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa, l’inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l’Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio. Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili”.
E preoccupati lo siamo ancora oggi, più di ieri, purtroppo: l’impotenza di allora è rimasta ma non ci abbattiamo e non facciamo da spettatori non paganti, anzi ci ribelliamo a tutto questo ogni giorno perché a distanza di venti anni sembra che le parole scritte in quel documento si siano avverate tutte e che questi “nuovi modelli di comportamento” non sono arrivati anzi, abbiamo avuto politici che non hanno difeso il buon nome dei cittadini onesti e non li hanno coinvolti in una politica di sviluppo seria per il territorio per arginare il fenomeno criminale.
La chiesa non si è fatta “più tagliente e meno neutrale” ma solo neutrale, ha continuato a lavorare per il bene della comunità solo nella parte religiosa con una crepa nel cuore e nelle azioni che difficilmente si rimarginerà. Noi lo ricorderemo con memoria, impegno e testimonianza, perché sono questi i punti fondamentali attorno ai quali molti cittadini insieme a tutta la rete associativa religiosa e laica, si prepara a celebrare il ventennale dalla scomparsa di don Giuseppe Diana, il 19 marzo, evento promosso dalla diocesi di Aversa e Libera in primis, con un programma fitto di appuntamenti su tutto il territorio a partire dalla “messa non celebrata” nella Parrocchia di San Nicola in Casal di Principe alle ore 7.30 del 19 marzo, orario in cui fu ucciso Don Peppino Diana, presieduta da Mons. Angelo Spinillo.
Simbolicamente il ritrovarsi a celebrare l’Eucarestia nella stessa ora dell’omicidio di Don Peppino Diana intende riprendere quella preghiera crudelmente interrotta da una mano assassina. In contemporanea suoneranno a festa tutte le campane delle parrocchie della Diocesi, ci sarà un grande raduno nazionale di scuole, scout e vittime di criminalità che cammineranno in un corteo per le strade della città fino alle 12.30 per poi ricevere l’accoglienza con un pasto freddo, frutta e acqua.
Nel pomeriggio fino a sera, nelle varie piazze e in alcuni istituti ci saranno spettacoli musicali e teatrali. Per amore del mio popolo, non mancherò.
Nessun commento:
Posta un commento