Il mio articolo pubblicato su Insorgenza.it
Secondo molti osservatori più o meno indipendenti, l’aumento della tensione tra Russia e USA (oppure tra Russia e Occidente, vacua e inconsistente categoria rispuntata fuori con prepotenza negli ultimi giorni) rischierebbe di portare il Mondo sull’orlo di una guerra.
In questo caso, però, non si tratterebbe della Terza Guerra Mondiale, da cui probabilmente non uscirebbe un vincitore; bensì, si tratta di una riedizione, aggiornata e corretta, della famosa e famigerata Guerra Fredda, che dal secondo dopoguerra alla caduta del Muro di Berlino è stata la ragione sociale della politica estera di ogni Paese.
Prima esistevano due blocchi (gli Stati Uniti e la Nato, capitalisti; l’Unione Sovietica e Yalta, socialisti), dichiaratamente avversari, per non dire nemici, e portatori di prospettive economiche e sociali praticamente antitetiche. Oggi esistono sempre due blocchi, visto che la Guerra Fredda presuppone l’esistenza degli stessi, ma le differenze sono meno acute: entrambi capitalisti, pur con le dovute differenze; entrambi autoritari e guerrafondai; entrambi infiltrati da mafie (rispettivamente, Cosa Nostra americana e Organizacija) e massonerie; entrambi paladini ad intermittenza della libertà e della indipendenza dei popoli.
Più che una nuova Guerra Fredda, quella che si sta prospettando all’orizzonte è una Guerra Tiepida, di cui l’esito del referendum “indipendentista” (difficile definirlo tale, visto che si è trattato solo di un cambio di padrone) in Crimea rischia di essere solo la scintilla più visibile, ma non la più pericolosa.
Fino a quando gli interessi economici degli USA e della Russia non entreranno in competizione o addirittura in conflitto, difficilmente la temperatura della guerra varierà, abbassandosi verso i glaciali livelli del secondo Novecento o addirittura alzandosi fino ai prodromi di un vero scontro militare. Ad oggi le aziende statunitensi e russe si sono spartite i mercati e talvolta si sono persino alleate, creando veri e propri trust in barba alle più elementari “norme” del liberismo globalizzante di cui sono entrambi ossequiosi osservatori.
Non tragga in inganno la rapidità con cui Putin si è annesso la Crimea, dichiarando assolutamente valido il responso del referendum; né destino preoccupazione le parole di John Kerry, l’ambasciatore dei “falchi obamiani”, categoria di recentissimo conio a cui si sono prontamente iscritti anche i vari leaders del progressismo europeo, non ultimo il tedesco Martin Schulz (ricordate? Berlusconi gli diede del “kapo”), candidato alla presidenza della Commissione Europea.
Non saranno queste scaramucce verbali a scalfire il tepore della guerra tra USA e Russia. I Popoli non cadano nell’errore di appiattirsi sui due blocchi, di farsi attrarre dai due presunti poli avversi: la libertà di tutti e di ciascuno è fuori da questo schema ingessato.
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