La Spagna guidata da Mariano Rajoy continua ad essere una delle polveriere d’Europa.
A pochi mesi dal referendum indipendentista della Catalunya, anche i Paesi Baschi (più correttamente Euskadi, come i baschi chiamano la loro terra in lingua madre) hanno ricominciato a serrare le fila e ad alzare la voce contro il governo di Madrid. A meno di tre anni dal cessate il fuoco unilaterale deciso dall’ETA, la Spagna si ritrova di fronte ad un nuovo “problema basco”. Stavolta, però, non potrà far valere per tutti la generica accusa di “terroristi”, in quanto il fronte politico che chiede l’indipendenza dell’Euskadi dalla Spagna è molto variegato e va dalla sinistra radicale, figlia della diaspora seguita allo scioglimento di Batasuna, ai cristiano-sociali del Partito Nazionalista Basco (Euzko Alderdi Jeltzalea, EAJ). Difficile definire terroristi i democristiani baschi!
La prima prova di forza e di unità del nuovamente coeso movimento indipendentista basco, sempre più sostenuto dalla popolazione, si è avuta tre mesi fa, in occasione dell’annuale marcia tra le strade di Bilbao. Quest’anno si è registrata una partecipazione storica, “oceanica” secondo quanto riportato dai mass media spagnoli e europei, e l’alleanza tra le varie anime del nazionalismo basco ha ricalcato un po’ il sentiero tracciato dagli omologhi catalani, che sono riusciti a superare i vecchi steccati e ad anteporre l’interesse della Comunità alle piccole logiche di partito.
Il movimento basco ha trovato rinnovato vigore anche nella politica repressiva che il governo Rajoy ha realizzato contro i militanti indipendentisti: gli slogan a favore dei tanti baschi in carcere, sia in Spagna che all’estero, uniti agli slogan contro Rajoy e contro il governo madrileno, sono stati il punto di incontro tra le varie anime del separatismo basco. Anche i più moderati e conservatori hanno compreso che il Sistema Spagna, inserito nella gabbia Unione Europea, non può che peggiorare le condizioni di vita dei baschi.
Come ha reagito Rajoy? Con la solita chiusura mentale di chi, dopo aver già dichiarato “illegale e incostituzionale” il referendum indipendentista che si terrà in Catalunya in autunno, non lascia intravedere spiragli per una soluzione pacifica dell’antico problema basco.
Dopo Barcellona ed Edimburgo, anche Bilbao ha visto incarnarsi le aspirazioni di libertà e autonomia dei popoli europei. Tra qualche giorno tocca a Palermo mettersi in marcia, per l’indipendenza della Sicilia.
L’Europa, e i vetusti stati nazionali che la compongono, non può più dormire sonni tranquilli.
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