lunedì 26 maggio 2014

Gioie e delusioni delle elezioni europee



Quando mi chiedono se preferisco sentire prima una notizia buona o una brutta, io scelgo sempre la brutta. Meglio partire male e poi riprendersi. Per questo oggi, in questo post sulle elezioni europee che si sono concluse ieri notte (o stamattina, più correttamente), voglio partire prima dalle cose che reputo negative, senza considerare troppo il dato dell'astensionismo (più alto delle passate Europee, ma più basso della media europea).

Partiamo dall'Europa: l'avanzata delle forze populiste e neofasciste è decisamente preoccupante. Probabilmente, gli europei hanno riversato su questi partiti il loro disgusto per ciò che l'Europa è diventata: una Unione monetaria e liberista, senza anelito di libertà e di comunità, senza solidarietà e troppo germanocentrica. Le forze populiste, si sa, hanno semplicemente bisogno di un nemico fabbricato ad hoc: lo straniero, l'ebreo, il diverso, o la Merkel. Il loro messaggio è passato, non c'è che dire. Gli argini "democratici" hanno tenuto a stento. L'orda nera rischia di creare un Vajont di dimensioni continentali.
Anche la tenuta della Merkel è alquanto preoccupante: i tedeschi hanno confermato il sostegno al governo (unici, insieme agli italiani, a sostenere il partito di maggioranza), e le voci antieuropeiste hanno raggiunto risultati importantissimi. Basti pensare che il neonato AfD è il quarto partito tedesco, e i neonazisti dell'NPD sono riusciti - prima volta nella storia - ad ottenere un seggio a Strasburgo.

Veniamo ora alle dolenti note italiche. L'affermazione del PDR (Partito Di Renzi) è preoccupante: era dalla seconda metà degli anni 50 che un singolo partito - in quel caso fu la Democrazia Cristiana - non raggiungeva risultati elettorali così alti. Renzi ha ormai completato lo spostamento al centro del PD: il suo elettorato, oltre alla vecchia base orfana del Pci - Pds, è ormai moderato, interclassista, pragmatico e disponibile a piccole novità. Gli alleati di Renzi, che stanno tutti a destra del PD, hanno subito una clamorosa mazzata: NCD riesce a superare lo sbarramento solo grazie al voto nel sud e nelle isole; Scelta Europea è definitivamente estinta, con buona pace dei bocconiani e dei montiani.
Resiste ancora - ed è davvero incredibile - un elettorato berlusconiano e leghista: il 15% degli italioti è ancora disponibile a votare per il Ducetto di Arcore; la Lega di Salvini è riuscita a completare una rimonta difficilmente pronosticabile, ottenendo bei risultati nel nord e addirittura qualche voto al centro e al sud.

Diamo un'occhiata, adesso, alle buone notizie, prima in Europa e poi in Italia. In Europa assistiamo ad un bel risultato della Sinistra Europea, che ottiene una decina di seggi in più rispetto al risultato del 2009. Il merito è certamente di Syriza, la federazione di sinistra greca guidata da Tsipras: 27% e primo partito greco. Si conferma anche la Linke tedesca, che probabilmente è il primo possibile riferimento per una eventuale sinistra unita in Italia. Buoni anche i risultati del Front de Gauche francese, di Izquierda Unida in Spagna e del Bloqueo de Izquierda portoghese, oltre al KKE greco. Questi risultati dimostrano che a sinistra del PSE (e, in Italia, a sinistra del PD renziano) c'è un mondo che chiede ascolto e rappresentanza. Un mondo che spesso non vota o magari disperde il voto, ma che è pronto a ritornare quando una sinistra degna di questo nome si presenta nelle piazze, nelle istituzioni e nelle urne.
Chissà se la Sinistra italiana avrà recepito la lezione. Di certo, il risultato ottenuto dalla lista Altra Europa con Tsipras (4.03%, 3 seggi) va considerato come un qualcosa di straordinario e di inimmaginabile fino a due settimane fa, quando la stessa esistenza della lista era sconosciuta alla maggioranza degli italiani. C'è voglia di sinistra, in Europa come in Italia: una sinistra che sappia protestare ed essere conflittuale, ma anche candidarsi a governare. Pronta ad accordi tattici, non a compromessi al ribasso con chi ha attuato politiche economiche che hanno frantumato il tessuto sociale di tanti stati europei. 

Capiranno Vendola, Ferrero e compagni che il tempo della divisione e della dispersione è finito? Ne dubito, ma ci spero.
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