giovedì 18 novembre 2010

Il figlio di Lady Bondi? Lavora al Ministero della Cultura




Possibile che Fabrizio Indaco, figlio di Manuela Repetti, deputata del Pdl e compagna di Sandro Bondi, lavori per il ministero dei Beni culturali nella direzione generale del cinema in Piazza S. Croce in Gerusalemme a Roma? E possibile, come si sussurra, che rassicuri i giovani produttori, prometta felici finalizzazioni di progetti, spenda la parentela per farsi strada in quella giungla che è il mondo del cinema romano? Per verificare l’ipotesi, una commistione di lunare nepotismo e inopportunità feudale, basta chiamarlo nel tardo pomeriggio al telefono del Mibac a lui intestato.

Risponde al secondo squillo: “È lei Fabrizio Indaco?” “Certo”, “Volevamo chiederle se è davvero figlio dell’onorevole Repetti”. È qui, che il giovane Indaco, laureando in architettura (corso iniziato nel 2002, qualche lentezza nel percorso), viene assalito da un’amnesia, la sindrome Scajola: “Stavo proprio per andare via, se vuole ne parliamo domani”. Insistiamo: “Indaco, ci aiuti a non scrivere inesattezze”. Balbetta qualcosa e poi in un lampo, tronca a tradimento la conversazione.

Ci viene qualche dubbio che proviamo a fugare parlando con la donna che gli ha dato i natali. In Parlamento è una giornata uggiosa. Votazioni, truppe asserragliate. Nonostante questo Manuela Repetti da Novi Ligure, non si nasconde. “Fabrizio è mio figlio certo”. Come mai lavora nel ministero diretto dal suo compagno?”. Qualche secondo di pausa: “Eh, come mai, ci lavora, ecco”. Sbanda ma non crolla, Repetti. Ha fiducia nel prossimo: “Ha un contratto interinale, in scadenza, se vuole qualche informazione in più lo chiedo direttamente a lui”. “Con noi non ha voluto parlare”, spieghiamo: “Eh vabbè poverino, va capito, cerchi di comprendere”. Con tutta l’umana empatia del caso, non possiamo fare a meno di domandare ancora: “Onorevole, per quale ragione un ragazzo laureato in Architettura lavora alla direzione generale cinema, non le sembrano campi d’applicazione inconciliabili?”. Repetti dice di parlare come una qualunque madre preoccupata per il futuro della propria prole. “Non si è laureato, ha finito gli esami, sta preparando la tesi e come tutti i ragazzi, prova a fare qualche cosa. Il suo contratto al Centro sperimentale di cinematografia, che è un ente autonomo, sta per scadere”. Il Csc, vive grazie ai soldi del Fus. Quasi 10 milioni di euro l’anno, non proprio un ente autonomo dal ministero, in ogni caso. “Non so quanto duri l’assunzione temporanea e forse era sua intenzione tornare a Novi Ligure e cercare un mestiere nel suo ramo. Mentre studia, cerca di guadagnare qualcosa, non c’è niente da nascondere”. Si irrigidisce, Repetti, solo se le parli di etica: “Non mi ponga domande come se mi trovassi davanti all’inquisizione”. La rassicuriamo: “Le pare appropriato, mentre il suo compagno dirige il ministero, offrire nello stesso un posto di lavoro a suo figlio? Milioni di ragazzi, un regalo simile non lo avranno mai” e lei traballa: “Bè, ma intanto non sarebbe opportuno se lui non lavorasse, ma mio figlio trotta, come potrebbe essere per tanti ragazzi nella sua posizione, non ci vedo nulla di male o di strano. Se non facesse nulla o approfittasse della situazione (sic) sarebbe grave. Non penso abbia potuto avere facilitazioni”. Il ministro non si è mai preoccupato? “Non vedo come una stranezza che un ragazzo lavori”. Pausa: “Ho capito che è il ministero suo (sic), ma è una combinazione, non è vietato, non vedo sinceramente non capisco, è uno studente come tanti altri, ha fatto una sua esperienza lavorativa, tutto qui”. È affranta.

Stesso tono di voce quando a tarda sera interloquiamo con Nicola Borrelli, direttore generale del ministero, sezione cinema. “Indaco lavora fisicamente da noi, ha un contratto con il Centro sperimentale di cinematografia, con loro abbiamo una convenzione e gli chiediamo una serie di servizi. Con le difficoltà di personale che abbiamo non ce la facciamo. Alcune attività specifiche sono nella mani di ragazzi come Indaco”. Quali esattamente, direttore? “Fabrizio affianca i servizi della direzione generale per la realizzazione della piattaforma on line per la presentazione delle domande di finanziamento che sarà messa in rete entro fine mese”. Trasecoliamo. Presentazione delle domande? Magari di film sulla ricostruzione de L’Aquila o invisi al governo? Si parla di soldi erogati dallo Stato, di fondi di garanzia? “Esattamente, per accedere ai vari contributi e alle istanze amministrative”. Anche a Borrelli, chiediamo della opportunità: “Le devo dire la verità, io gestisco le persone che arrivano dal Centro sperimentale e se le dicessi che non sapevo nulla della parentela di Indaco, sarei ridicolo. Il centro sperimentale è una nostra eccellenza e nell’apporto a questo progetto, lavorano in parallelo Fabrizio e un’altra persona. il suo lavoro è stato prezioso, però non ha questo grandissimo contratto e le preannuncio che dopo aver rilevato l’Eti, non rinnoveremo la convenzione con i ragazzi del Centro sperimentale”. Un’altra buona notizia, per una realtà che lentamente, sta morendo.

Da il Fatto quotidiano del 18 novembre 2010

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