Coerenza ad oltranza. "Se non cacciano il capogruppo pdl, io mi dimetto", aveva tuonato Renata Polverini non appena lo scandalo su soldi e festini aveva investito la Regione Lazio. L'ex sindacalista ex fascista, che passerà alla storia come la governatrice del Lazio che ha tagliato il maggior numero di posti letto negli ospedali perchè "nun ce sono i sordi", non voleva minimamente essere accostata a chi utilizzava i soldi "che nun c'erano" per prostitute, balletti con sgallettate, festini impudici e roba varia.
La seduta fiume del consiglio regionale del Lazio doveva essere un terremoto. La montagna, invece, ha partorito un topolino: il capogruppo pdl non si è mosso dal suo ruolo, e la Polverini non si è dimessa. Tanto rumore per nulla? Capita spesso, specie quando a governare e a governarci sono persone incapaci, in malafede o, peggio ancora, burattini in mano a potentati economici e/o criminali. La Polverini, povera crista, si è guardata intorno alla ricerca di una solidarietà che non le è arrivata: lei sta lì perchè ce l'hanno messa, non per meriti o capacità proprie; abbassasse la cresta e "nun cagasse er cazzo".
Detto, fatto. La Renatona de noantri, dopo aver chiesto scusa ar monno intero, ha posato lo sguardo sulla sua poltrona. La sua anima, ne siamo certi, avrà sussultato: "Ahò, ma che stai a fa'? Ma quali dimissioni! Fatti li cazzi tua, lascia sta' er capogruppo e magnamose qualche artra mesata bona...". La sua poltrona non avrà altri padroni oltre al suo nobile deretano, almeno per il momento.
Alla fine, però, il consiglio regionale non poteva non varare un provvedimento eccezionale: la famigerata spending review. Olè!
In serata, tutti a casa. Tutti vincitori, davanti alle telecamere e sulle colonne dei giornali.
Tutti vincitori, i governanti. L'unico perdente: il Popolo.
Viro e mi metto di lasco.
Buon vento.
Buon vento.
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