mercoledì 6 ottobre 2010

La crisi dello stato liberaldemocratico




Lo stato moderno si è addentrato in una spirale di crisi, la storia attuale presenta il conto delle distorsioni socio-politiche causate dal sistema liberal-capitalista; stiamo vivendo una delle ennesime crisi economiche, di natura ciclica caratterizzanti la storia contemporanea. Si assisterà alla fine degli scenari geopolitici attuali? Gli eventi nel contesto, come quello odierno di un mondo globalizzato, mutano nel giro di pochi anni rispetto ad un secolo fa che avevano una natura più statica e i cambiamenti in senso economico e politico necessitavano un arco temporale più ampio per realizzarsi. Dal dopoguerra in poi, soprattutto l’Europa o meglio il mondo occidentale, intere generazioni di uomini e donne nell’avvicendarsi dei decenni e di molteplici legislature di governo di vario colore politico, hanno conosciuto nei loro paesi e relativamente nei rispettivi ambiti di vita lavorativa e non, le conseguenze sempre più o meno devastanti di crisi economiche caratterizzate da una continuità e conseguente incisività nel tessuto sociale come se queste fossero la normalità congiuntamente a un arrancare al limite della sopravvivenza da parte degli stessi cittadini.
Dalla caduta del muro di Berlino, dalla conseguente implosione dei sistemi politico economici comunisti, dall’autodeterminazione dei Paesi facenti parte dell’ex repubblica del blocco socialista-sovietico da parte di tutto il mondo si sperava in una rinascita e in una profusione degli effetti benefici del liberalismo democratico. La fine della contrapposizione di due scuole di pensiero quella liberale ad Ovest del mondo che prospettava un epoca di libertà, di democrazia, di pace, e quella collettivista ad est, faceva sperare in un futuro di prosperità per tutti i popoli, ma il verificarsi poi la persistenza consolidata di un’instabilità economica ha fatto si che quanto presagito fosse un’illusione. L’attuale crisi in Grecia, il primo Paese europeo, a cedere sotto la scure della dipendenza economica-monetaria del sistema-europa, rappresenta lo sfogo dell’immenso marasma causato dal pensiero liberal-democratico che ha dato manforte a un capitalismo senza freni e che ha condizionato l’operato e le scelte di ogni governo soprattutto del mondo occidentale.

La politica, l’indiziata principale per quanto accade oggi giorno, anziché assicurare la tutela delle persone ha assecondato, nel tempo, gli interessi delle leve capitaliste gestite dal sistema economico-bancario mondiale. Se il concetto di Stato fosse stato applicato nel suo reale senso ovvero in un espressione di eticità, questo sarebbe al servizio del cittadino e non viceversa in cui si assiste alla preponderanza oppressiva del sistema di potere Stato-banche sui popoli.

Uno stato etico sarebbe il regolatore di ogni squilibrio socio-politico, il mediatore tra le varie classi lavorative, l’equilibratore, con i suoi strumenti politici e sociali, di tutte le tensioni in seno alla società, tutto ciò si tradurrebbe, a titolo esplicativo, in una cancellazione degli enti inutili, nella riduzione degli sprechi, nel contenimento della burocrazia, nella lotta alla corruzione e alle complicità politico-finanziarie. Nella logica di uno Stato asservito al sistema capital-bancario mondiale in pratica in uno stato che uccide e divora i propri cittadini, assistiamo al taglio progressivo delle pensioni, al blocco degli aumenti salariali, allo smantellamento subdolo dello stato sociale, alle mancate assunzioni nella Pubblica Amministrazione, all’aumento delle tasse sulle imprese il tutto poi coincidente in una riduzione del potere d’acquisto dei redditi dei cittadini.

Di fronte a tutto lo scenario espresso, poco a nulla servono le misure correttive della spesa e gli interventi parziali di possibili liberalizzazioni al fine di assicurare una parvenza di pseudo-crescita dei Paesi. L’Europa costruendo un mercato comune su una moneta stampata e distribuita da una Banca Centrale incentiva al proprio interno la massiccia crescita di un debito nei confronti del sistema bancario stesso, il tutto causato da una progressiva spogliazione di una sovranità monetaria dei singoli Paesi decretata giuridicamente da Trattati come quello di Lisbona e di Maastrict.

Non sarebbe forse da chiedersi alla luce di quanto assistiamo oggi quale portata positiva ha generato ai cittadini europei una moneta nata senza le opportune garanzie di stabilità e benessere tanto paventato? Finché esistevano le monete nazionali uno stato era in grado di generare al proprio interno debiti che poteva coprire autonomamente con la cosidetta moneta sovrana; l’Inghilterra, gli Stati Uniti, il Giappone non operano ancora in tal senso nonostante la mole dei loro debiti interni? Con l’esposizione debitoria che ogni singolo Paese dell’Unione possiede si rende dipendente e soprattutto asservita alle disposizioni e ai dettami di una Banca Centrale.

A questo punto invece di porre l’attenzione di tutta la politica europea ai rapporti giuridici sarebbe necessario effettuare una seria riflessione sulla moneta dell’unione comprenderne i risvolti che hanno generato le contraddizioni socio-economiche dei Paesi aderenti e mascherato le incompetenze dei politici stessi che ne hanno contribuito la nascita, ma in particolar modo è opportuno soffermarsi ad analizzare sulla crisi dello stato moderno e della democrazia rappresentativa.



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