sabato 3 settembre 2011

45enne muore dopo manganellate dei carabinieri







L'ARENA è il quotidiano di quella città (innominabile) in cui gioca la squadra che più odio al mondo.

Il giorno 2 settembre, l'ARENA ha pubblicato un articolo in cui si parla di un 45enne, Roberto, tifoso della squadra locale, morto in maniera ancora inspiegabile.

La madre, Elsa Riva, racconta: “È tornato a casa dopo la partita e stava già male. Mi ha detto che c’era stata una rissa ed era stato picchiato dai carabinieri [...]. È tornato verso le 23 ed è andato a letto, ma non ha dormito tutta la notte perché stava male e così la mattina è andato all’ospedale di Borgo Roma [...]. Quando è tornato, mi ha detto che lo avevano visitato, ma era risultato negativo a tutti gli esami; anche quella notte, però, i dolori non lo hanno fatto dormire".

Il lunedì mattina, Roberto è stato trasportato da un'ambulanza all'Ospedale di Borgo Roma. All'una di notte, è morto.



Causa della morte? Non si sa, però si immagina.

Nessun telegiornale ha parlato di questo episodio.

Nessun "Pomeriggio 5" o "Vita in diretta" hanno dedicato un minuto a questa vicenda.

Le forze dell'(dis)ordine continuano impunemente ad operare, senza un numero distintivo sul casco o sulla divisa che consenta a noi di denunciare eventuali abusi o sorprusi.

E tutto continua, in un lento scorrere verso la decadenza più indecente.

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2 commenti:

  1. Amico mio, fratello, con questo commento posso solo timbrare per la mia presenza. O vuoi che ti ripeta quello che penso della sbirraglia e della copertura mediatica di cui godono?

    Però una cosa piccola me l'hai suggerita. Identificativi sui caschi o gli scudi. Sarebbero inutili nel momento in cui, a seguito di denuncia, la magistratura comunque non procedesse a dovere, ma sarebbe un inizio per inchiodare questi delinquenti alle proprie responsabilità

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  2. E' chiaro che il numero identificativo non darebbe la certezza di colpire il vero colpevole, però sarebbe già un passo avanti notevole.
    Ad esempio: se delle foto o immagini mostrano il poliziotto numero 6666 fare un sorpruso, il cittadino può denunciarlo e la magistratura chiederà alla polizia "chi è il numero 6666?". La polizia potrà mentire, e scaricare la colpa su un altro, o dovrà dire la verità.
    Se poi il poliziotto messo in mezzo sta zitto e subisce, cazzi suoi.
    L'importante è che la sbirraglia sappia che, oggi, con telefonini e telecamere, è possibile riprendere tutto: se ci fossero gli identificativi sui caschi, sicuramente gli esaltati in divisa diminuirebbero la loro forza.

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