lunedì 31 gennaio 2011
Fischi all'inno nazionale italico
E' con sommo piacere che posto questo breve articolo.
In occasione di Napoli - Bologna di Coppa Italia, al momento dell'Inno nazionale italico, la Curva A dello stadio San Paolo ha fischiato l'inno ed ha intonato il coro: "Noi siamo partenopei".
E' una piccola cosa, lo so. Niente di eccezionale. Però è un sintomo. E magari un piccolo inizio di presa di coscienza che questa "nazione", l'Italia, non è altro che un sistema di sfruttamento delle terre e delle genti meridionali.
Lo stadio è notoriamente un territorio in cui è possibile fare proselitismo politico: dopo anni di "compagni" e "camerati", è arrivato il momento dei "patrioti" napoletani e duosiciliani.
L'Oligarca è pronto alla battaglia.
______________________________
venerdì 28 gennaio 2011
Un piccolo resoconto
giovedì 27 gennaio 2011
Giornata della Memoria
Un'orrida fiaba su una zoccola ed un drago
C'era una volta una zoccola,
che fece carriera politica e a 25 anni si alzava 12 mila euro mensili pagati da noi cittadini. Questa zoccola parlava al telefonino. Con una amica. Era incazzata parecchio con un vecchio dal culo flaccido, un lurido porco per il quale lei organizzava festini con minorenni. Questo vecchio dal culo flaccido la ripagò dandole il posto nelle istituzioni del Paese, così i cittadini le pagavano lo stipendio. 25 anni, zero esperienza, posto nelle istituzioni.
Aveva fatto carriera, la zoccola. E continuava a portare al vecchio dal culo flaccido troie di tutte le età. Il vecchio si trasformava in un drago, e le feste diventavano riti sacri in onore del Drago. In una di queste feste, la zoccola portò una troietta marocchina di 17 anni. La piccola, nel suo paese di orgine, era stata stuprata dagli zii. Questa dolorosa esperienza personale le dava diritto, secondo lei, ad un credito nei confronti del Mondo. Visto che le avevano tolto qualcosa, adesso lei doveva toglierlo ad altri e altre. Come? Beh, ad esempio guadagnando in una sera ciò che le precarie italiane guadagnano in sette mesi di lavoro.
La troietta, inoltre, era solita vivere con una prostituta, a cui un giorno rubò dei soldi. Fu arrestata e portata al commissariato, ma poi fu rilasciata perchè il vecchio dal culo flaccido chiamò la Questura e la fece rilasciare in quanto "nipote di Mubarak". La troietta marocchina fu presa in custodia dalla zoccola che organizzava festini, la quale dopo 50 metri la affidò ad una prostituta.
Per tutte queste cose, dei giudici hanno indagato (ascoltando i telefonini) e vogliono processare il vecchio dal culo flaccido. Ma egli, il drago, non vuole farsi processare. Interviene in tv e dice a tutti che è in atto un colpo di stato contro di lui. E le stesse cose sono ripetute a destra e a manca dai suoi stipendiati.
Come finirà questa fiaba? Chi può dirlo. Forse come Piazzale Loreto, o in altra maniera. Chi può dirlo.
mercoledì 26 gennaio 2011
Filosofia del Guerriero - 5
Non attendere l'ultima ripresa. Non aver fretta di chiudere alla prima.
Non aver paura dell'avversario, ma solo terrore di te stesso.
Se il tuo avversario è grande, accorcia la distanza. Se è piccolo, mantienilo a distanza.
Una volta suonata la campana devi cavartela da solo.
Lottiamo tutti. Da quando nasciamo, combattiamo per respirare, aprire gli occhi, camminare, parlare.
__________________________
martedì 25 gennaio 2011
La Gelmini, ministro della repubblica Padana
di SIMONETTA FIORI
Le discipline umanistiche? Non esistono per il governo italiano. Non esiste la storia. Non esiste l'italianistica. Non esiste lo studio dell'arte e dell'archeologia. Non esistono la filosofia né l'estetica. Non esiste, in sostanza, quella tradizione di saperi che conserva il patrimonio e la memoria di un paese. Dal consiglio direttivo dell'Anvur (l'agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca), nominato dal Consiglio dei ministri, sono stati esclusi gli studiosi delle scienze umanistiche. Ed è stato escluso l'intero Mezzogiorno, nel senso che non vi figura nessun rappresentante delle facoltà collocate a Sud di Roma.
All'agenzia spetta un compito fondamentale: giudicare la qualità degli atenei e degli enti di ricerca. Dalle valutazioni discendono i finanziamenti che premiano i risultati migliori. Per questa ragione l'esclusione dell'area umanistica solleva allarme e preoccupazione nella comunità intellettuale. E diventa anche un caso politico. "Ora che finalmente l'Agenzia viene attivata", ha dichiarato Luigi Zanda, vicepresidente del gruppo del Partito Democratico a Palazzo Madama, "il governo ricade nella cattiva abitudine di dividere la cultura tra discipline buone e discipline cattive, e le Università tra quelle del Nord e quelle del Sud". Uno squilibrio che non ha turbato i sonni di Giulio Tremonti, secondo alcuni preoccupato solo di analizzare il colore politico dei consiglieri: ma la sua "furibonda" telefonata alla Gelmini è stata smentita dal Miur. Mentre
Paola Binetti mugugna per la nomina dell'illustre genetista, del quale non gradisce il genere di ricerche. "Sono uno scienziato, non un agitatore politico", è la replica di Giuseppe Novelli.
Centrale rimane la questione dell'esclusione delle scienze umane e del Mezzogiorno. "Sbalordito" e "deluso" si dice Salvatore Settis, che fa parte del comitato che aveva proposto una rosa di quindici candidature al ministro Gelmini, la quale poi ha selezionato sette nomi rappresentativi delle varie aree disciplinari, ma non delle scienze umane. "Non riesco a comprendere le ragioni dell'esclusione", interviene lo studioso. "Abbiamo lavorato con serietà e rigore, mettendo in gioco la nostra esperienza internazionale e le nostre competenze. E ora vediamo che sono state tagliate fuori le scienze umane e l'intero Mezzogiorno". Nella rosa dei sette nomi approvati, compaiono due economisti (Fiorella Kostoris e Andrea Bonaccorsi), una sociologa (Luisa Ribolzi), un genetista (Novelli), un veterinario (Massimo Castagnaro), un fisico (Stefano Fantoni) e un ingegnere (Sergio Benedetto): in sostanza le scienze sociali (in larga rappresentanza), le scienze biomediche e le scienze fisiche. "È evidente la sproporzione", continua Settis, che nel suo comitato era l'unico rappresentante delle discipline escluse. In una lettera alla Gelmini ha chiesto che al più presto sia posto rimedio allo squilibrio.
Identiche perplessità provengono da Enrico Decleva, storico dell'età contemporanea e presidente della Conferenza dei Rettori. "Colpisce l'assenza delle discipline umanistiche. E colpisce anche la mancanza delle università del Mezzogiorno. Ma confido nel fatto che il governo provveda ad ampliare il consiglio direttivo".
In fermento è la comunità degli studiosi che operano nelle Facoltà di Lettere e Filosofia, le più penalizzare dalla scelta del ministro. "Il rischio è che alle nostre discipline vengano trasferiti parametri di valutazione che hanno senso solo in campo scientifico", interviene Amedeo Quondam, presidente degli italianisti. In un documento firmato dalle diverse associazioni - oltre gli italianisti, gli slavisti, i latinisti, gli storici dell'arte, i filosofi, gli studiosi di estetica, gli anglisti, gli storici dell'età medievale, moderna e contemporanea, la conferenza dei presidi di Lettere e Filosofia - si chiede che nel consiglio direttivo dell'Anvur "ci sia una rappresentanza qualificata dell'area umanistica" tenendo conto del fatto "che questo ampio settore ha da tempo elaborato una condivisa cultura della valutazione, in grado di tenere conto con equilibrio di quanto lo rende omogeneo a tutti gli altri settori e di quanto invece lo distingue". Valutarlo secondo criteri sbagliati, in sostanza, porterebbe danno alla memoria e al patrimonio di un paese già in forte crisi di identità.
http://www.repubblica.it/scuola/2011/01/25/news/universit_senza_umanisti-11623683/?ref=HREC2-3
_____________________
Qualcuno intervenga!
Definire "cosiddette signore presenti" le donne ospitate da Gad Lerner ne L'Infedele denota, ancora una volta di più, la volgarità di questo inquisito e dovrebbe indurre la minoranza onesta di donne del PdL ad abbandonare politicamente ed elettoralmente il PdL.
Ma certamente femmine come la Santanchè o la Nicole Minetti saranno ancora lì, a servire il sultano e a mettere la loro dignità sotto le scarpe... col tacco.
Non è più tollerabile questa situazione. Berlusconi deve abbandonare i ruoli di governo e farsi processare. Se davvero qualcuno, ed io non sono tra questi, ritiene che vi sia una via moderata e liberaldemocratica per liberarci di questo eversore residente ad Arcore, intervenga. E con urgenza, perchè la situazione è gravissima. E perchè quando la moderazione fallisce, succede ciò che è successo in Tunisia.
______________________
Sciopero Generale
lunedì 24 gennaio 2011
I Blues dell'Oligarca - 3
per mignotte e mignottocrati.
Per gente che
ha dato il culo
e adesso guadagna in una sera
ciò che io guadagno in un anno.
Nessuna pietà
per chi si trova ad essere
rappresentante del Popolo
per aver procurato piacere
al sultano di turno.
Nessuna pietà
per chi mi toglie
dieci minuti dalla pausa mensa
e mangia su yacth extralusso
e in ristoranti a troppe stelle.
Nessuna pietà
per chi si vende ogni giorno,
per chi mente sapendo di mentire.
Nessuna pietà
per chi vuol cambiare la storia,
trasformare gli eroi in carnefici,
e negare ogni olocausto.
Nessuna pietà
per chi pensa che può tutto
solo perchè è ricco
o perchè ha subito un torto.
Nessuna pietà
per chi non ha pietà
di quelli come me.
___________________
venerdì 21 gennaio 2011
10 milioni di cinghiate, vi meritereste.
Non lo comprendo perchè Berlusconi è lì ed è cio che è:
- per le sue indubbie capacità di comunicatore e manipolatore;
- per lo smisurato potere economico (di dubbia provenienza) che ha esercitato ed esercita;
- per le incredibili incapacità di quei politici di centrosinistra che oggi, ancora oggi, si ritrovano in gran numero dentro il PD.
Se per i primi due punti basterebbe una vera legge sul conflitto di interessi e far svolgere tutti i processi senza leggi ad personam e prescrizioni facili, per il terzo punto la colpa è tutta dei centrosinistri. Completamente loro.
D'Alema, Veltroni, Fassino, Bassolino, Jervolino, Marrazzo, Rutelli, Chiamparino, Bresso, Bersani... tutti costoro sono ancora in politica, invece che in un istituto di igiene mentale. E governano il primo partito dell'opposizione (???) oltre a moltissime istituzioni locali a vari livelli.
Lo sfascio totale in cui viviamo è stato causato anche da loro, specie quando sono stati al Governo ed hanno tradito tutti i principali impegni col loro Popolo. Non sorprende che il Pacchetto Treu sia l'anticamera della Legge Biagi, che la Turco - Napolitano abbia anticipato la Bossi - Fini, che la Berlinguer abbia spianato la strada alla Moratti, prima, e alla Gelmini, poi.
Non sorprende che Fassino, ultimo segretario del PCI a Torino, dica che se fosse stato un operaio avrebbe votato SI al ricatto Marchionne di Mirafiori.
Non sorprende che Renzi va a cena ad Arcore, che D'Alema abbia tentato la strada della Bicamerale per cambiare INSIEME A BERLUSCONI la Costituzione Italiana. Non sorprende che Veltroni sia riuscito in ciò che la Cia non è riuscita a fare in 60 anni: cacciare i comunisti dal Parlamento Italiano.
Allora, caro "compagno Bersani", prima di chiedermi di firmare inutilmente il tuo appello, devi chiedere ufficialmente scusa. A tutti coloro che ti o vi hanno votato. Perchè avete tradito tutti, e avete consentito a Berlusconi di stare lì e di rovinanrci.
E invece di invocare 10 milioni di firme, ti ricordo che i dittatori non si abbattono con le firme. Te lo ricordo, perchè penso che te lo sei scordato.
giovedì 20 gennaio 2011
"L'Uguaglianza? Una Panzana."
Fin qui Bechis. Cui si potrebbe far notare che i nostri Padri costituenti quando nel 1948 vararono l’articolo 68 con le sue guarentigie per i parlamentari avevano in mente un’altra classe politica. Erano uomini con una mentalità e una moralità ottocentesca, quando onestà, rigore, pudore erano valori da tutti condivisi, l’uomo politico doveva essere il primo a dare il buon esempio e un ministro si suicidava per la vergogna perché accusato di aver portato via dal suo ufficio un po’ di cancelleria.
Ma la classe politica cui pensavano i nostri Padri costituenti oggi non esiste più. Oggi un ministro si fa pagare la metà della casa. Ci sarebbe da seppellirsi per la vergogna anche se non si fosse un ministro ma un normale cittadino. E invece il ministro va in televisione, diventata ormai il quarto grado di giudizio in Italia, e con la più grande faccia tosta racconta che lui non si era accorto che qualcun altro aveva pagato la casa al posto suo. Il premier Berlusconi, che è il quinto grado di giudizio, per gli amici e soprattutto per sé (a lui basta giurare sulla testa dei suoi figli e di suo nipote per escludere di aver commesso dei reati e autoassolversi) dà la sua pubblica solidarietà al ministro e ci vorrà del bello e del buono per convincere Scajola che è andato al di là di ogni decenza e a dimettersi. Ma possiamo scommettere che prima o poi lo vedremo rispuntare all’onor del mondo politico.
È solo un esempio di che cos’è la classe politica oggi, di che cos’è oggi un Parlamento dove siedono oltre cento fra inquisiti e condannati. Una banda di ladri, di mafiosi, di profittatori, di nulla facenti. Quei privilegi che i nostri Padri fondatori generosamente gli garantirono non li meritano più e dovrebbero essere aboliti invece di aggiungerne altri (il “privilegio sul privilegio” è un animale che esiste solo in Italia).
Ad ogni buon conto, Bechis, volendo salvare Berlusconi, finisce per smascherare la democrazia liberale. Questa infatti rinuncia all’uguaglianza sociale, ritenuta utopica ma, almeno nei testi dei suoi ideatori (Stuart Mill, Locke) deve essere fermissima su quella formale. Se cade questo pilastro cade tutto il Palazzo della liberaldemocrazia, così come un tempo cadde il sistema feudale quando i nobili a petto dei privilegi di cui godevano (molto simili a quelli di cui gode oggi la nostra classe politica) non ottemperarono nemmeno più agli obblighi che li compensavano. Allora questa truffa finì in un bagno di sangue. Vedremo che fine farà, prima o poi, la truffa della cosiddetta liberaldemocrazia.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/01/16/l%e2%80%99uguaglianzauna-panzana-su-libero-di/86502/
Quest'uomo è un eversore e prepara il colpo di stato
La megalomania berlusconiana sta conducendo da anni il Paese verso il baratro sociale, politico, istituzionale e morale. La fragile democrazia italiana è ormai compromessa. Io non ho alcuna fiducia in Napolitano, che ai miei occhi assomiglia sempre più a Vittorio Emanuele III rispetto a Mussolini nel 1922, quando non firmò il decreto per lo stato d'assedio voluto dal primo ministro Facta, che aveva già intuito i rischi del fascismo ed il colpo di stato morbido in atto.
Ecco, dopo quasi 90 anni, la storia si ripete. Come è noto, la Storia si ripete come farsa, o come tragedia. Speriamo che questa di Berlusconi si l'ennesima, e magari ultima, farsa. Il rischio è che, invece, si traduca in tragedia.
Non abbiate nessuna fiducia nelle raccolte di firme e negli atti parlamentari, nelle mozioni di sfiducia o nelle manifestazioni pacifiche. Sta tornando il tempo della Resistenza.
_____________________
mercoledì 19 gennaio 2011
Il controspot sul nucleare di Greenpeace
Ho detto "farVI riflettere" perchè io ho già riflettuto. Da tempo. Ed ho scelto di schierarmi CONTRO il nucleare e CONTRO i liberisti del Sistema che pagano i politici di tanti Paesi al fine di indirizzare le politiche energetiche degli stessi Paesi verso l'energia nucleare.
martedì 18 gennaio 2011
In this Country...
Invece voglio parlarvi di Luca Sanna, un militare sardo che oggi è morto. In Afghanistan. Dove molti soldati sono stati mandati per meri interessi economici del Sistema (una cosa diversa e peggiore dell'imperialismo statunitense novecentesco) eludendo l'articolo 11 della Costituzione Italiana. Luca Sanna si era sposato quattro mesi fa, nella sua terra. La magnifica Sardegna. E' morto per una guerra, altro che missione di pace. E' morto ed ha lasciato sola una ragazza che non ha avuto tempo di essere moglie ed è già diventata vedova.
Ora diranno che era un eroe. Un martire della Libertà.
lunedì 17 gennaio 2011
Berlusconi non è... In cerca di Amy
Silent Bob, noto per non parlare mai, decide di dire la sua. Riesce ad esprimere in maniera molto importante i sentimenti dell'Amore, della Fiducia, del Perdono.
Mentre Berlusconi va in tv a spiegare che non un puttaniere, e che le mignotte che bazzicano le sue case vengono candidate ed elette nelle istituzioni solo perchè sono brave e capaci... mentre Berlusconi ci racconta che lui non paga per fare sesso, perchè sarebbe degradante per la SUA dignità, e non per quella delle donne... mentre Berlusconi monetizza gli affeti e gli amori, pagando anche settemila euro a sera ad una minorenne marocchina solo per "compagnia"... mentre l'Amore viene svilito a corollario della Vita, perchè ciò che conta sono i Soldi, la Fama, le Scorciatoie, i Compromessi, la Carriera... io vi faccio ascoltare e vedere un monologo che mi è servito molto, nel corso di questa vita.
Spero possa essere utile anche a qualcuno di voi, fratelli.
A voi che siete alla ricerca della vostra Amy. A voi che avete perduto la vostra Amy. A voi che, come me, avete ritrovato la vostra Amy.
______________________________
sabato 15 gennaio 2011
I Blues dell'Oligarca - 2
Ogni giorno che passa
siamo tutti meno liberi.
Ci costringono a scegliere
tra lo sfruttamento
e la disoccupazione.
E ci convincono che viviamo
nel migliore dei mondi possibili.
Ogni giorno che passa
siamo tutti più schiavi:
della tv e dei suoi modelli,
delle fandonie dei giornali,
dei reality e dei televoti.
E ci convincono che viviamo
nel migliore dei mondi possibili.
Ogni giorno che passa
siamo tutti più fermi.
Non andiamo allo stadio,
non frequentiamo le piazze,
non andiamo ai concerti.
Viaggiamo con internet
ci accontentiamo di vedere foto
invece che sentire dal vivo.
E ci convincono che viviamo
nel migliore dei mondi possibili.
Ogni giorco che passa
scendiamo sempre più giù.
Ci abbandoniamo a facili discese,
non abbiamo più la voglia di scalare,
di salire, di faticare.
Per arrivare al vertice
non serve più la fatica,
ma saper leccare i piedi,
o altro.
E ci convincono che viviamo
nel migliore dei mondi possibili.
Ogni giorno che passa
smettiamo di piangere,
di emozionarci per un tramonto,
di ruggire di rabbia.
Ci hanno ammaestrato,
ci hanno riempito di promesse
che non manterranno mai.
E ci convincono che viviamo
nel migliore dei mondi possibili.
Mirafiori: gli operai non cedono
Il SI ha vinto con 2.735 voti, pari al 54,05%. A votare NO sono stati invece in 2.325 (45,95%), mentre le schede nulle e bianche sono state complessivamente 59. In pratica, la differenza tra i due "schieramenti" è stata di 410 voti. Sapete quanti sono stati gli impiegati, i colletti bianchi, che hanno votato a favore dell'accordo? 421. Ciò significa che Marchionne ha vinto solo grazie all'apporto dei colletti bianchi e inamidati, mentre gli operai della catena di montaggio, cioè coloro che vivono sulla propria pelle la fatica del lavoro quotidiano, hanno massicciamente ricusato l'accordo. Sconfitto Marchionne, che ottiene una vittoria di Pirro. Umiliati i sindacati firmatari dell'accordo: Fim e Uilm sono stati percepiti dai lavoratori come dei sindacati gialli; della Fismic non parlo nemmeno.
Nessuno può esultare, sia chiaro. Ma visto che l'offensiva mediatica di regime era tutta pro-Marchionne e anti-Fiom, e visto che le previsioni del voto davano la vittoria del SI sopra quel 63 % di Pomigliano che fece infuriare Marchionne, nessuno si aspettava una grande prova di forza di quella "classe operaia" di cui nessuno, nemmeno a sinistra, si preoccupa più.
Dovevate vederle, ieri sera, le faccie del Sistema: tutti convinti di vincere facilmente, tutti inviperiti non appena si è scoperto che solo i colletti bianchi potevano dare la vittoria a Marchionne. Uno su tutti, Oscar Giannino. Presente nella trasmissione "L'ultima parola" con un completo inguardabile, una cravatta verde intonata ai calzini, un bastone da aristocratico de noantri, Oscar Giannino ha prima elogiato l'accordo, poi si è demoralizzato quando ha visto i primi risultati, infine è stato umiliato da quel diavolaccio di Luca Telese, che era in collegamento da Mirafiori.
Per non parlare di Formigoni, del presidente del Piemonte Cota. Gli unici a tenere botta, il politologo Marco Revelli ed uno stranamente forte Oliviero Diliberto. Il servo del potere, Gianluigi Paragone, ha più volte tentato la via della provocazione e della (dis)informazione a senso unico, ma non gli è riuscito il giochetto.
Onore agli operai che hanno votato NO. Siete stati l'esempio di tutti quei lavoratori che per paura o crumiraggio non reagiscono mai alla prepotenza del Padrone. I padroni son sempre padroni.
__________________________
venerdì 14 gennaio 2011
Indagati per prostituzione minorile
Informazioni di garanzia anche per Emilio Fede (direttore del Tg4, il telegiornale di regime sulle tv private del premier), Lele Mora (già coinvolto in numerosi scandali sessuali e la cui azienda è andata in fallimento) e il consigliere regionale Nicole Minetti (ex igienista dentale del premier, candidata ed eletta al consiglio regionale della Lombardia senza avere ALCUNA ESPERIENZA in politica). Per tutti l'accusa è di violazione della Legge Merlin sulla prostituzione e di induzione alla prostituzione minorile. Nel pc della ragazza sono stati trovati filmati e foto di feste nella villa in Sardegna del Premier.
Ora, secondo il garantismo liberaldemocratico, questi figuri sono innocenti fino a prova contraria. Quindi dal punto di vista penale, essì sono ancora presunti innocenti. Bene.
Vi chiedo e mi chiedo, però, se sia moralmente accettabile avere un Presidente del Consiglio indagato in faccende come questa. Oltre ad essere una persona onesta e pulita, un esponente politico non dovrebbe anche apparire onesto e pulito? In questo caso, poi, parliamo del Presidente del Consiglio, mica di un consigliere comunale!
Personalmente credo, da tempo ormai, che Berlusconi sia stato e sia il peggior primo ministro della storia repubblicana italiana. Oltre a tutti i disastri economici, sociali e politici realizzati da quest'uomo, bisogna ricordare la pochezza morale con la quale ha infettato la già fragile democrazia italiana, rendendola ormai inefficace e addirittura dannosa. Non c'è più una etica pubblica, tutti possono fare tutto visto "che lo fa pure Berlusconi". Non si pensa più al futuro, ai nostri figli, ma solo al presente, al tutto e subito, all'hic et nunc.
La fragile democrazia italiana si è ormai definitivamente in una NonDemocrazia libelare e liberista, e Berlusconi ne è stato il principale, ma non l'unico, protagonista.
mercoledì 12 gennaio 2011
Se vince il no, disoccupati. Se vince il si, sfruttati.
Secono Berlusconi, nel caso in cui vinca il no a Mirafiori, "le imprese e gli imprenditori avrebbero buone motivazioni per spostarsi in altri Paesi". Tradotto in parole povere: cari lavoratori che siete intenzionati a votare NO, se dopo rimanete a spasso perchè le aziende come la Fiat se ne vanno dall'Italia, non rompete i coglioni e prendetevela con quei komunisti della Fiom, della Cgil, della Sinistra. In pratica: se vince il No, sarete disoccupati. Se vince il Si, sarete sfruttati.
Questa ultima dichiarazione, fatta IN GERMANIA (!!!) durante una visita ufficiale, fa il paio con quella fatta tempo fa: "La Cina ha i lavoratori che lavorano 12 ore al giorno, guadagnano un ventesimo dei nostri e... NON SONO SINDACALIZZATI".
Quindi, in una economia di tipo capitalistico, la competitività di una nazione è da anteporre a:
- diritti dei lavoratori;
- salari, stipendi e pensioni;
- orario di lavoro;
- vivibilità;
- salubrità dell'ambiente.
Più diritti significano meno competitività. Salari più alti significano aziende più povere. Lavorare 8 ore è troppo poco, meglio 12. Il sindacato è un male. Il diritto di sciopero e ad una vita sociale fuori dall'azienda sono privilegi novecenteschi. L'alternativa è tra disoccupazione e sfruttamento, in una economia capitalista.
Ora tutti si stanno scandalizzando per queste affermazioni: Bersani, D'Alema, la CGIL, tutti pronti a dire che ciò che Berlusconi ha detto è vergognoso.
Vero, anzi verissimo. Esattamente come è stato vergognoso introdurre il precariato in Italia col pacchetto Treu, sottoscrivere l'accordo sul Welfare del 2007 (firmato anche dalla CGIL), e far credere a tutti che bastava mandare al governo il sedicente centrosinistra per cambiare il Paese.
Poi, appena qualcuno (studente, precario, disoccupato, terremotato) alza le voce e, in qualche caso, lancia qualche sanpietrino o da un pugno ad un onorevole venduto... tutti pronti a stigmatizzare, a gridare "Allarme terrorismo", a parlare di NonViolenza e di Democrazia.
Non mi fregate più.
____________________
I Blues dell'Oligarca - 1
Una chitarra accordata male
ed una voce rotta
dalla schiavitù della sua gente.
Johnny Lee era un negro,
oggi si direbbe "di colore":
almeno un colore loro ce l'hanno
mica sono pallidi come noi altri.
I posti su bus erano riservati
alla razza eletta:
ma eletta da chi?
Non si è mai saputo,
visto che Dio è negro
ed ha i capelli rasta.
Il cotone delle nostre camicie
era raccolto dalle mani callose
di quelli chiamati negri.
I pomodori sulle nostre tavole
sono raccolti dalle mani callose
di quelli chiamati extracomunitari.
Hanno cambiato il nome,
reso più accettabile
il loro razzismo.
Boom boom!
Una bomba.
Gettata contro il Sistema
e il suo becero razzismo.
Nessun vietcong
mi ha mai chiamato "negro",
nessuno straniero
mi ha mai chiamato "terrone".
Italiano per nascita,
sudista per grazia di Dio.
martedì 11 gennaio 2011
Famiglie in perdita, imprese in attivo
Aula sorda e grigia... e vuota
lunedì 10 gennaio 2011
Bologna, neonato muore di stenti e freddo
Ripeto.
Nella civile Bologna, anno 2011, tra l'indifferenza di tutti, un neonato di appena 20 giorni è morto a causa di stenti e freddo.
Devid Berghi era il suo nome. Era venuto al mondo poco prima di Natale, insieme ad un gemellino.
La sua sfortuna è stata nascere in una famiglia con serissimi problemi economici ed esistenziali: padre, madre, gemellino e sorellina di un anno e mezzo vivevano in mezzo alla strada. Trovavano rifugio in Sala Borsa, nella biblioteca. La madre aveva sempre rifiutato gli aiuti dei sedicenti "servizi sociali". Perchè? Perchè negli anni passati aveva accettato questi "aiuti", e si era visto togliere i due bambini. La famiglia Berghi è abbastanza nota in città: ha avuto un rovescio di fortuna notevole, e ormai viveva come i clochard.
I servizi sociali si sono allertati? La famiglia sembra fosse conosciuta dalle strutture pubbliche, almeno in passato, anche per altre vicende, ma perché nessuno è intervenuto? Come è possibile che nessuno in Sala Borsa o per strada abbia notato questa donna girare con due neonati in condizioni evidentemente disagiate? Può mai definirsi "sviluppata" una società, anzi una struttura economica e sociale di una società, che non interviene efficacemente in casi palesi di difficoltà? Può mai definirsi "progredita" una società che, alla radice, è fondata sulla ricchezza di pochissimi ed il costante impoverimento dei molti?
Siamo proprio sicuri che il rapporto deficit/pil, il tasso di vendita della Fiat, la competitività delle nostre imprese, siano gli unici indicatori della salute della nostra società?
Io una risposta ce l'ho: NO.
domenica 9 gennaio 2011
Polizia Municipale di Napoli, spunta una pistola
Verso le 17.15, è arrivata la polizia municipale ed ha intimato agli studenti di togliere foto, cartelloni e striscioni. "Perchè?", hanno chiesto i ragazzi. Nessuna risposta: i poliziotti municipali hanno cominciato a strappare foto e cartelloni. Ovviamente, gli studenti sono intervenuti per impedire che andasse avanti questo vero e proprio atto squadristico.
Questa notizia non l'ha data nessuno dei media di regime, nemmeno quelli che sembrano essere più "vicini" alle proteste degli studenti contro il DDL Gelmini.
Che si deve fare affinchè questi Rambo de noantri vengano messi in condizione di non nuocre?
Se poi ci scappa il morto (con la divisa o senza), non dite che sono "i soliti comunisti"...
Anno 2011, rivolta del pane!
sabato 8 gennaio 2011
Giorgio, di quale nazione parli?
This Life - Curtis Stigers & The Forest Rangers
Ci avete rotto i coglioni
mercoledì 5 gennaio 2011
Davvero una manifestazione di massa!
L'Austria ricorda il soldato Ivan
Ma ora il governo di Vienna ha provveduto ad un “censimento” di tutti quei sovietici morti nella battaglia per la liberazione del Paese. L’ha fatto con un lavoro di ricerca a tutto campo curato dallo storico austriaco Stefan Karner e dai collaboratori del Boltzmann Institut für Kriegsfolgenforschung. Le ricerche sul territorio e negli archivi sono durate 12 anni e hanno portato alla pubblicazione di un libro (anche in versione digitale) con l’elenco completo delle vittime e con le informazioni relative alla loro sepoltura.
Tutto questo avviene perché di quelle vittime sconosciute si era perso il ricordo, tanto da non sapere più chi fossero né dove fossero sepolti i loro corpi. Una situazione speculare, in un certo senso, rispetto a ciò che era capitato in Russia ai soldati dell’Armir. Ma ora i caduti dell’Armata Rossa in Austria hanno un nome e un cognome e si sa dove sono sepolti.
Un gesto estremamente significativo che Mosca saluta inserendolo nel quadro di un clima di rinnovata distensione nel cuore del continente. Intanto sono in arrivo nella capitale russa la ministra degli Interni austriaca, Maria Fekter, e lo stesso Karner (l’autore della ricerca) con l’obiettivo di consegnare l’intero elenco al presidente russo Medvedev. In questo modo le famiglie dei caduti potranno consultare l’elenco, che sarà disponibile anche su internet, e sapere finalmente dove riposano i loro caduti.
Forse non sarà possibile per essi andare fino in Austria e portare un fiore sulla tomba dei congiunti ritrovati, ma sarà almeno loro di conforto, dopo tanto tempo, poter guardare la carta geografica dell’Austria e sapere che lì, in qualche città o in qualche villaggio, si trova la loro tomba.
L’Austria - si nota con soddisfazione a Mosca - è il primo Paese in Europa ad aver condotto una simile ricerca sulle vittime di guerra dell’ex Unione Sovietica e ad averla messa a disposizione della Russia. Naturale, quindi, che la consegna dell’elenco a Medvedev costituirà anche una sorta di ringraziamento alle autorità russe per aver aperto negli anni ’90 gli archivi di Mosca e consentito di far luce sulla sorte di migliaia di soldati austriaci della Wehrmacht, fatti prigionieri durante la campagna di Russia o durante la ritirata.
Gli storici russi, in questo clima di distensione e di ricerca della verità storica, ricordano che quando sul finire della seconda guerra mondiale l’Armata Rossa giunse sul territorio austriaco, mancava ormai soltanto poco più di un mese alla capitolazione del Reich. Eppure bastarono quei pochi giorni per lasciare sul terreno decine di migliaia di morti, tanto cruenti furono i combattimenti, casa per casa, strada per strada (18.000 caduti sovietici soltanto nella battaglia di Vienna), voluti fino all’ultimo da Hitler. Alla fine il conto delle perdite russe fu, appunto, di 60.000 caduti.
Erano i giorni in cui le armate sovietiche concludevano la Liberazione della Slovacchia e si muovevano in direzione dell'odierna Repubblica Ceca, quelli in cui l'Armata Rossa combatteva valorosamente anche nelle strade di Vienna. Dal Marzo del 1938, dai giorni della forzata annessione alla Germania, l'Austria faceva parte del criminale Reich nazista.
Gli austriaci ne condivisero o ne subirono le colpe e la sorte, prima di essere liberati dagli Alleati e riconquistare la propria sovranità e indipendenza, benché condizionate alla "neutralità" sancita per loro a Yalta. Fu il generale Blagotatov ad effettuare la presa della capitale mentre le truppe tedesche del gruppo “Sud” ripiegavano. Le cronache di quei giorni ricordano a tutti che fu alle ore 14 del 13 aprile 1945 che le truppe sovietiche occuparono completamente Vienna.
Ed ora alla tv russa compare quella piazza Schwarzenberg, dove in cima all'alta colonna svetta la statua del soldato sovietico, stretto attorno alla sua bandiera vittoriosa. Alla base del monumento, è inciso il testo del decreto ? 334, firmato da Stalin il 13 aprile del 1945, giorno della Liberazione di Vienna. E' l'omaggio ai valorosi reparti del 2° e del 3° Fronte Ucraino e la cronaca delle loro gesta: 130.000 prigionieri tedeschi, 11 divisioni corazzate annientate, 1.345 carri e pezzi d'artiglieria, 2.250 mortai distrutti o sottratti al nemico. Ai lati, i nomi degli eroi. Attorno l'ampio colonnato, sul cui frontone sono incise le parole della gratitudine e della memoria: "Gloria eterna agli eroi dell'Armata Rossa, caduti in combattimento contro gli invasori nazifascisti, per la libertà e l'indipendenza dei popoli dell'Europa".
martedì 4 gennaio 2011
Massimo Fini: dalla parte del Brasile
Io stesso sono un suo ammiratore convinto.
Oggi ha proposto, su Il Fatto Quotidiano, una riflessione interessantissima sulla questione Battisti, appoggiando la decisione di Lula e del governo brasiliano di non concedere l'estradizione.
Leggetelo.
Che garanzie hanno le Autorità brasiliane che Battisti non sia stato condannato da qualche gruppo di magistrati felloni? Nel suo parere favorevole all’estradizione di Battisti l’Avvocatura dello Stato brasiliano dice: “Non si deve tralasciare di riconoscere che lo Stato italiano è indiscutibilmente uno Stato democratico di Diritto e che le sue decisioni devono considerarsi espressione della volontà dei propri cittadini”. Ma proprio questa precisazione dice che in Brasile si hanno dei dubbi sulla effettiva democraticità del nostro Stato. Nessuno si sentirebbe in dovere di chiarire che la Germania o la Svezia o l’Olanda sono “Stati democratici di Diritto”, sarebbe dato per presupposto, per implicito, per scontato. E in effetti l’Italia non è uno Stato democratico. Non è democratico un Paese in cui la Magistratura, che è l’organo di garanzia dell’osservanza delle leggi, quello che ci consente di essere uniti e di non darci alla giustizia privata, alla faida, è delegittimata. Non è uno Stato democratico quello in cui il presidente del Consiglio, proprio in base a questo sospetto sulla Magistratura dello Stato di cui pur è guida, si sottrae, con vari espedienti, alle leggi del suo Paese. In realtà, nel caso Battisti, scontiamo anni di garantismo peloso. Di destra e di sinistra. Da noi esiste un signore, Adriano Sofri, che è stato condannato a 22 anni di reclusione per l’assassinio sotto casa di un commissario di polizia, dopo nove processi, di cui uno, caso rarissimo in Italia, di revisione, avendo quindi goduto del massimo di garanzie che uno Stato può offrire a un suo cittadino.
Eppure Sofri ha scontato solo sette anni di carcere e, senza aver potuto usufruire dei normali benefici di legge, che non scattano dopo solo sette anni su ventidue, è libero da tempo, e scrive sul più importante quotidiano della sinistra, La Repubblica, e sul più venduto settimanale della destra, Panorama, e da quelle colonne lui ci fa quotidianamente la morale ed è onorato e omaggiato dall’intera intellighentia che, ad onta di tutte le sentenze, lo ritiene, a priori e per diritto divino, innocente. Perché, soprattutto vedendo le cose dal lontano Brasile, non potrebbe essere innocente anche Cesare Battisti che ha potuto usufruire solo dei tre normali gradi di giudizio? In verità siamo noi, noi italiani, che ci siamo messi in questa situazione giuridicamente ambigua che con lo Stato di diritto e la democrazia non ha nulla a che vedere. E Silvio Berlusconi che ha guidato per quattro volte il governo ha dato il suo potente e determinante contributo alla delegittimazione della giustizia dello Stato di cui pure è a guida e, con essa, alla delegittimazione del nostro Paese. Nella sostanza e nell’immagine. Per cui è patetico che adesso facciamo le suorine scandalizzate perché il Brasile non ci vuole consegnare l’assassino Cesare Battisti. Raccogliamo ciò che, in questi anni, abbiamo seminato. All’interno ci consideriamo un Paese democratico. All’estero ci vedono per quello che siamo e appariamo: un Paese in cui sono saltate tutte le regole dello Stato di diritto. Io non consegnerei Battisti all’Italia nemmeno se fossi il Burkina Faso.
Marchionne, il capriccio del ricatto
Alla cerimonia inaugurale di Fiat Industrial in Borsa il Marchionne che rintuzza il tiro in preparazione della battaglia referendaria e della sua gestione è ancora più tronfio e supponente del solito, nervoso e perentorio. Si scaglia nuovamente contro la Fiom, minaccia il ritiro di ogni investimento su Torino, si spazientisce contro chi chiede conto del "Piano Italia", promuove a pieni voti il governo Berlusconi, medita l'uscita da Confindustria e l'assoggettamento più massiccio di Chrysler.
Nelle parole di Marchionne non si può che trovare l'esplicita sintesi del peso della posta in gioco così come del pedrigree autoritario e ricattatorio di casa Fiat:
Sulla Fiom - "La Fiat è capace di produrre vetture con o senza la Fiom"
Su Mirafiori - "Se al referendum vincono i no, non faremo alcun investimento"
Sul Piano Italia - "Farlo è veramente offensivo. Smettiamola di comportarci da provinciali. E' la Fiat che sta andando in giro per il mondo a raccogliere i finanziamenti per portare avanti il piano. Andate in giro voi a prendere i soldi"
Sul governo Berlusconi - "Ho trovato molto incoraggiante l'atteggiamento del governo, che ci ha dato tutto l'appoggio necessario"
Sulla Confindustria - "La vedo come possibile, ma non probabile. Fiat non può continuare ad essere condizionata"
Sulla Chrysler - "Sì, ci stiamo pensando, ci pensiamo sempre... anche nel 2011"
Il "dovere di stare al passo coi tempi" per l'amministratore delegato della Fiat si consuma quindi, per l'ennesima volta, con ulteriore foga padronale, nell'aggressione dei diritti della forza-lavoro, nell'annichilimento delle libertà sindacali, mettendo (nei piani del Lingotto) sotto campana il diritto irrinunciabile dello sciopero ed escludendo a tavolino una forza sindacale (la Fiom) non conforme alle possibilità gialle concesse dalla Fiat...
Ancora troppo timida e tirata la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, che ieri mattina in un'intervista sul Corriere della Sera ha si ribadito la contrarietà all'accordo, ma ha dall'altra parte aperto all'esaustività del referendum come "strumento di accertamento della volontà dei lavoratori", dichiarando che se vincerà il Si bisognerà "prendere atto del risultato e rispettare il voto"... L'ennesima troppo semplice, perchè troppo (mal) rodata ed accettata (!), strada della presunta democraticità dei processi decisionali, quando a far da premessa ad un voto non c'è che la boriosità del ricatto firmato Marchionne.
tratto da Infoaut.org
lunedì 3 gennaio 2011
La farsa della CONTROriforma Gelmini è finita. Forse.
Con la firma del Presidente della Repubblica Napolitano il DDL Gelmini ha concluso definitivamente il proprio iter diventando legge a tutti gli effetti.
Il governo si sfrega le mani soddisfatto per aver portato a termine l'obiettivo entro la fine dell'anno mentre la cosiddetta "opposizione", al di là delle solite ed inconsistenti dichiarazioni di contrarietà alla riforma, si inchina di fatto alla scelta del capo dello stato.
Si chiude così il teatrino istituzionale creatosi attorno al travagliato iter parlamentare della riforma: dalle esilaranti salite sul tetto di Bersani fino all'incontro di Napolitano con alcuni studenti universitari.
Su quest'ultimo incontro, in particolare, molte parole sono state spese dai media, che hanno sottolineato l'eccezionalità di tale opportunità ed elogiato la disponibilità al dialogo da parte del presidente della repubblica. Ora tutti possono apprezzarne l'utilità: nulla per il movimento, un po' di pubblicità per i politicanti in erba dei sindacatini studenteschi.
Questa speranza riposta nel Presidente della Repubblica non rispecchia certo l'esperienza degli studenti e delle studentesse che dall'autunno del 2008 in poi hanno urlato a gran voce la propria opposizione al ddl in mezzo ad un assordante silenzio istituzionale e che solo negli ultimi mesi sono diventati oggetto di interesse (in primo luogo elettorale) per i vari PD ed IDV.
La scelta di ascoltare le posizioni degli studenti, ovvero di chi vive quotidianamente l'università, giunga terribilmente tardi e suoni ridicola ad un movimento che ha ormai da tempo interiorizzato la consapevolezza di non poter trovare alcun appoggio o rappresentanza nel mondo parlamentare. Essa sembra fungere molto più come cattura e recupero della dimostrazione di forza messa in campo dal movimento lo scorso 14 dicembre.
Risulta inoltre miope e limitante l'analisi di Napolitano che, "non avendo ravvisato nel testo motivi evidenti e gravi per chiedere una nuova deliberazione alle Camere", individua unicamente alcune criticità nel testo di legge in merito a due o tre questioni; tali dichiarazioni chiudono infatti gli occhi di fronte alla capacità, sviluppata in più di due anni di mobilitazione, che il movimento studentesco ha avuto nel saper allargare l'orizzonte dei propri discorsi, inquadrando dunque la riforma dell'università in un più ampio progetto di smantellamento di diritti e di precarizzazione del futuro.
In questi ultimi mesi gli studenti e le studentesse hanno sempre avuto ben chiara l'eventualità che il ddl potesse portare a termine il proprio percorso di approvazione; per questo la notizia della firma di napolitano non ci spaventa nè ci scoraggia, ma ci trova anzi determinati nel dire che se il percorso parlamentare della legge è terminato, la nostra lotta non lo è e che non abbiamo intenzione di arrenderci di fronte ad una riforma approvata sulle nostre teste da un governo che ha saputo rimanere in piedi per un pugno di voti (comprati). A gennaio la lotta continuerà; l'obbiettivo sarà quello di rendere impossibile l'applicazione della legge all'interno degli atenei italiani, costruire percorsi comuni con altri soggetti sociali che si vedono precarizzati e privati di diritti ( vedi operai Fiat) e cambiare il sistema di relazioni sociali che ci vuole tutti supini a pagare la crisi creata da chi sta al potere.
domenica 2 gennaio 2011
Il derby che seppellì la tessera del tifoso
Il prefetto di Lecce tira, il ministro dell’Interno respinge d’istinto. E rilancia l’azione. Se fosse calcio giocato, potrebbe riassumersi così il botta e risposta tra Mario Tafaro e Roberto Maroni in merito alla decisione di far giocare a porte chiuse il derby pugliese di Serie A tra Lecce e Bari, in programma il 6 dicembre nel capoluogo salentino. Una partita sentita (e quindi ad alto rischio incidenti), un appuntamento che le tifoserie aspettano sin dalla stesura del calendario 2010-2011 (nella massima Serie le due squadre non di affrontano dal 31 marzo 2001), alcuni precedenti non beneauguranti (disordini nel 2008 e 2000), due relazioni delle Questure a segnalare movimenti sospetti delle opposte fazioni ultras: tutti sintomi che hanno spinto il Prefetto di Lecce a ritenere troppo alto il pericolo per l’incolumità pubblica.
Da qui la decisione, comunque dolorosa: far disputare la gara senza gente sugli spalti. Mario Tafaro, però, non aveva fatto i conti con il ministro dell’Interno, il padre putativo della tessera del tifoso. Per Maroni, infatti, il derby pugliese a porte chiuse rappresenterebbe la sconfitta più amara per la sua adorata creatura, che in estate ha provocato l’ira delle tifoserie organizzate ma che, nonostante qualche falla normativa, i suoi frutti li stava dando. E così il ministro è passato al contrattacco, prima dichiarandosi perplesso per la scelta del Prefetto, poi annunciando di volerlo ascoltare per comprendere i motivi della sua presa di posizione e, dulcis in fundo, rimettendo la palla in gioco. Come? Chiedendo alle autorità pugliesi di riunirsi per rivedere la decisione. L’appuntamento è già stato fissato: il 3 gennaio i Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica di Bari e Lecce si incontreranno nel capoluogo regionale per fare una nuova valutazione in merito alla possibilità di far giocare la partita a porte aperte (o almeno parzialmente chiuse). La morale della favola è come il famoso bicchiere dell’ottimismo: mezzo pieno per Maroni e per i tifosi – che vedono aprirsi uno spiraglio – , mezzo vuoto per gli addetti alla sicurezza, che avevano analizzato con cura quanto riferito loro dalle Questure. Secondo quella di Bari, nelle ultime tre settimane i supporters biancorossi avrebbero sottoscritto tra le cinquemila e le seimila tessere del tifoso appositamente per assistere alla sfida del Via del Mare, con il rischio concreto di un maxi esodo di quasi sedicimila unità.
Non solo. A quanto pare, le frange più violente del tifo di Bari avrebbero programmato un appuntamento per il 5 gennaio nella pineta di Torre dell’Orso per organizzare una spedizione punitiva di massa nel centro di Lecce. La notizia, però, non sarebbe stata troppo segreta, visto che nel capoluogo salentino gli ultras avrebbero già messo a punto le contromisure. Per chi deve garantire la sicurezza il rischio era solo uno: un pomeriggio di guerriglia urbana e ordinaria follia. Da qui la decisione di chiudere lo stadio, esigenza che anche ieri dalla Prefettura di Lecce hanno continuato a difendere, nonostante la discesa in campo di Maroni e le rimostranze dei sindaci delle due città (Michele Emiliano se l’è presa con Alfredo Mantovano, che dopo gli incidente del 2008 aveva promesso che i tifosi del Bari non sarebbero andati a Lecce per molto tempo). Insomma, nella guerra tra poteri e a prescindere da come andrà a finire, chi ci ha perso è solo l’immagine del calcio italiano.