Ancora una volta, la Democrazia Liberale si è dimostrata sorda. Non ha ascoltato o, meglio, non ha voluto ascoltare le tantissime voci che si sono schierate, da più di due anni, contro l'infausta (contro)riforma dell'istruzione e dell'Università voluta (?) dal Ministro Gelmini. I deputati ed i senatori, cioè i "rappresentanti del popolo italiano" nelle istituzioni della democrazia liberale italiana, hanno votato SI ed hanno consentito al testo osteggiato da tutte le categorie che lavorano nella scuola (insegnanti, presidi, dirigenti scolastici, studenti, ricercatori, assegnatari di borse di studio) di arrivare al Quirinale e di ricevere la firma del Presidente della Repubblica, quel Giorgio Napolitano che qualche giorno prima aveva invitato una delegazione degli studenti a colloquio, salvo poi venir meno agli impegni e firmare subito la (contro)riforma.
Perchè non si è fatto, nelle scuole, e nelle università ciò che si farà nelle fabbriche a proposito dell'accordo Marchionne - sindacati gialli? Perchè non si è fatto, nelle scuole e nelle università, un REFERENDUM (strumento di democrazia d-i-r-e-t-t-a), chiedendo a tutti coloro che lavorano e vivono nella scuola italiana un giudizio sulla (contro)riforma Gelmini?
da Infoaut
http://www.infoaut.org/articolo/la-quadratura-del-cerchio
Con la firma del Presidente della Repubblica Napolitano il DDL Gelmini ha concluso definitivamente il proprio iter diventando legge a tutti gli effetti.
Il governo si sfrega le mani soddisfatto per aver portato a termine l'obiettivo entro la fine dell'anno mentre la cosiddetta "opposizione", al di là delle solite ed inconsistenti dichiarazioni di contrarietà alla riforma, si inchina di fatto alla scelta del capo dello stato.
Si chiude così il teatrino istituzionale creatosi attorno al travagliato iter parlamentare della riforma: dalle esilaranti salite sul tetto di Bersani fino all'incontro di Napolitano con alcuni studenti universitari.
Su quest'ultimo incontro, in particolare, molte parole sono state spese dai media, che hanno sottolineato l'eccezionalità di tale opportunità ed elogiato la disponibilità al dialogo da parte del presidente della repubblica. Ora tutti possono apprezzarne l'utilità: nulla per il movimento, un po' di pubblicità per i politicanti in erba dei sindacatini studenteschi.
Questa speranza riposta nel Presidente della Repubblica non rispecchia certo l'esperienza degli studenti e delle studentesse che dall'autunno del 2008 in poi hanno urlato a gran voce la propria opposizione al ddl in mezzo ad un assordante silenzio istituzionale e che solo negli ultimi mesi sono diventati oggetto di interesse (in primo luogo elettorale) per i vari PD ed IDV.
La scelta di ascoltare le posizioni degli studenti, ovvero di chi vive quotidianamente l'università, giunga terribilmente tardi e suoni ridicola ad un movimento che ha ormai da tempo interiorizzato la consapevolezza di non poter trovare alcun appoggio o rappresentanza nel mondo parlamentare. Essa sembra fungere molto più come cattura e recupero della dimostrazione di forza messa in campo dal movimento lo scorso 14 dicembre.
Risulta inoltre miope e limitante l'analisi di Napolitano che, "non avendo ravvisato nel testo motivi evidenti e gravi per chiedere una nuova deliberazione alle Camere", individua unicamente alcune criticità nel testo di legge in merito a due o tre questioni; tali dichiarazioni chiudono infatti gli occhi di fronte alla capacità, sviluppata in più di due anni di mobilitazione, che il movimento studentesco ha avuto nel saper allargare l'orizzonte dei propri discorsi, inquadrando dunque la riforma dell'università in un più ampio progetto di smantellamento di diritti e di precarizzazione del futuro.
In questi ultimi mesi gli studenti e le studentesse hanno sempre avuto ben chiara l'eventualità che il ddl potesse portare a termine il proprio percorso di approvazione; per questo la notizia della firma di napolitano non ci spaventa nè ci scoraggia, ma ci trova anzi determinati nel dire che se il percorso parlamentare della legge è terminato, la nostra lotta non lo è e che non abbiamo intenzione di arrenderci di fronte ad una riforma approvata sulle nostre teste da un governo che ha saputo rimanere in piedi per un pugno di voti (comprati). A gennaio la lotta continuerà; l'obbiettivo sarà quello di rendere impossibile l'applicazione della legge all'interno degli atenei italiani, costruire percorsi comuni con altri soggetti sociali che si vedono precarizzati e privati di diritti ( vedi operai Fiat) e cambiare il sistema di relazioni sociali che ci vuole tutti supini a pagare la crisi creata da chi sta al potere.
Con la firma del Presidente della Repubblica Napolitano il DDL Gelmini ha concluso definitivamente il proprio iter diventando legge a tutti gli effetti.
Il governo si sfrega le mani soddisfatto per aver portato a termine l'obiettivo entro la fine dell'anno mentre la cosiddetta "opposizione", al di là delle solite ed inconsistenti dichiarazioni di contrarietà alla riforma, si inchina di fatto alla scelta del capo dello stato.
Si chiude così il teatrino istituzionale creatosi attorno al travagliato iter parlamentare della riforma: dalle esilaranti salite sul tetto di Bersani fino all'incontro di Napolitano con alcuni studenti universitari.
Su quest'ultimo incontro, in particolare, molte parole sono state spese dai media, che hanno sottolineato l'eccezionalità di tale opportunità ed elogiato la disponibilità al dialogo da parte del presidente della repubblica. Ora tutti possono apprezzarne l'utilità: nulla per il movimento, un po' di pubblicità per i politicanti in erba dei sindacatini studenteschi.
Questa speranza riposta nel Presidente della Repubblica non rispecchia certo l'esperienza degli studenti e delle studentesse che dall'autunno del 2008 in poi hanno urlato a gran voce la propria opposizione al ddl in mezzo ad un assordante silenzio istituzionale e che solo negli ultimi mesi sono diventati oggetto di interesse (in primo luogo elettorale) per i vari PD ed IDV.
La scelta di ascoltare le posizioni degli studenti, ovvero di chi vive quotidianamente l'università, giunga terribilmente tardi e suoni ridicola ad un movimento che ha ormai da tempo interiorizzato la consapevolezza di non poter trovare alcun appoggio o rappresentanza nel mondo parlamentare. Essa sembra fungere molto più come cattura e recupero della dimostrazione di forza messa in campo dal movimento lo scorso 14 dicembre.
Risulta inoltre miope e limitante l'analisi di Napolitano che, "non avendo ravvisato nel testo motivi evidenti e gravi per chiedere una nuova deliberazione alle Camere", individua unicamente alcune criticità nel testo di legge in merito a due o tre questioni; tali dichiarazioni chiudono infatti gli occhi di fronte alla capacità, sviluppata in più di due anni di mobilitazione, che il movimento studentesco ha avuto nel saper allargare l'orizzonte dei propri discorsi, inquadrando dunque la riforma dell'università in un più ampio progetto di smantellamento di diritti e di precarizzazione del futuro.
In questi ultimi mesi gli studenti e le studentesse hanno sempre avuto ben chiara l'eventualità che il ddl potesse portare a termine il proprio percorso di approvazione; per questo la notizia della firma di napolitano non ci spaventa nè ci scoraggia, ma ci trova anzi determinati nel dire che se il percorso parlamentare della legge è terminato, la nostra lotta non lo è e che non abbiamo intenzione di arrenderci di fronte ad una riforma approvata sulle nostre teste da un governo che ha saputo rimanere in piedi per un pugno di voti (comprati). A gennaio la lotta continuerà; l'obbiettivo sarà quello di rendere impossibile l'applicazione della legge all'interno degli atenei italiani, costruire percorsi comuni con altri soggetti sociali che si vedono precarizzati e privati di diritti ( vedi operai Fiat) e cambiare il sistema di relazioni sociali che ci vuole tutti supini a pagare la crisi creata da chi sta al potere.
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