mercoledì 11 dicembre 2013

Forconi a Napoli: tricolore e estrema destra allontanano il Popolo



Quando insorgere è giusto!

Prima di cominciare devo raccontarvi un retroscena. Qualche giorno fa, aggirandomi su facebook, mi accorgo che un mio vecchissimo amico di scuola, Massimo Ostuni, è uno degli organizzatori del blocco indetto dai Forconi il 9 dicembre e siccome non lo vedevo né sentivo da anni e sulla sua pagina ho trovato traccia delle mie stesse battaglie, come la sovranità monetaria, l’ingiustizia del precariato, la dittatura Europea e la lotta alle lobby massoniche, decido di contattarlo. Gli domando come mai la decisione di portare come simbolo la bandiera italiana, cosa che per altro ha fatto scegliere, in modo sofferto, a noi di insorgenza, di non partecipare.

Lui mi spiega subito che è una imposizione dal coordinamento nazionale e che loro a Napoli non sono d’accordo, ma che l’importanza della protesta, secondo lui doveva superare anche questo. Decido di presentargli comunque Nando Dicè (che già ne aveva parlato nei giorni scorsi con Mariano Ferro, spiegandogli le ragioni della nostra non-adesione), per trovare un punto d’incontro. Nulla di fatto: anche se Nando e la gran parte del movimento di Insorgenza si trovavano d’accordo su tutti i principi del blocco, si era deciso che non si poteva accettare l’imposizione della bandiera.

Chi conosce il reale significato di quella bandiera non può sfilare impugnandola: per noi è il simbolo della distruzione e decadenza del sud, oltre ad essere di chiara creazione massonica. Che senso ha insomma sventolare la bandiera di questo stato, che noi combattiamo? Avremmo potuto dare supporto alla protesta, dicemmo dunque a Massimo, solo se il tricolore non fosse stato un’obbligo, ma il coordinatore di tutta la Campania, un romagnolo, non volle sentire ragioni: la bandiera italiana doveva esserci.

Il giorno del blocco io, per curiosità, scendo in piazza per vedere come stava andando la manifestazione ripromettendomi di non attivarmi e di non cedere alla mia facile voglia di protestare. Ero lì semplicemente per guardare: ma mi fu subito chiaro che purtroppo il plebiscito sperato dagli organizzatori non c’era stato, anzi incominciava a serpeggiare la sfiducia, condita coi soliti luoghi comuni: ” A Napoli non si riesce mai a fare niente “, “Qui in Campania siamo tutte pecore e non alziamo la testa” eccetera. E così scoppio, gridando la mia rabbia e rammentando che Napoli, invece, ha sempre risposto ai grandi appuntamenti.

Insomma, se solo avessero portato la memoria a qualche giorno prima avrebbero potuto ricordare i centomila di #fiumeinpiena (tra cui noi) e i sessantamila di terra dei fuochi (tra cui noi), e che forse era questa manifestazione che non parlava di Napoli nè ai napoletani.  E poi che ne può mai sapere un romagnolo, di come si fanno le cose a Napoli?

Insomma in breve tempo la gente che era in piazza capisce che era stata usata, nel nome del tricolore, e per giunta da uno che non sapeva nulla delle nostre zone: in quel momento propongo di autorganizzarci , senza tricolore, inserendo tra le tematiche del blocco anche quella dei rifiuti.

Tutti d’accordo. Fatta eccezione per un piccolo gruppo: non molti, ma molto grossi, vestiti in un modo che non lasciava dubbi: erano ultrà vicini a Casapound. Mi si avvicinano con molto irruenza , e confesso di aver pensato: ecco è arrivato il momento d’escogitare una fuga repentina. Eppure, anche se c’è mancato poco, in barba a tutti i pronostici non sono stato malmenato. I tipi però erano veramente incazzati: io avevo dato voce a un malcontento serpeggiante della piazza. Il giochino con le bandiere tricolore era arrivato alla fine delle sue ore.  La gente che era lì aveva capito: Napoli per scendere in piazza vuole essere sovrana nelle sue scelte.

Quanto a Massimo, poi… be’, lui alla fine ha inviato una lettera al coordinamento nazionale. “In virtù della scarsa organizzazione locale, del mancato sostegno organizzativo nazionale (seppure con continue sollecitazioni) , dell’avvenuto presidio a Piazza carlo III non previsto originariamente (insieme ad altre zone di cui non è stata data comunicazione ALCUNA) e nonostante la buona fede dei tanti partecipanti che senza nessuna strumentalizzazione hanno dato l’anima, sono costretto a comunicare le mie dimissioni dal coordinamento 9 \12 di Napoli.

La scelte nazionali di “imporre” come simbolo la Bandiera Tricolore, ha permesso non solo la facile infiltrazione dai membri dell’estrema destra, ma ha anche sfavorito sul territorio Napoletano (e credo in tutto il sud) l’adesione dei tanti movimenti identitari che avrebbero voluto sostenere la protesta e l’obiettivo “COMUNE”, rendendo possibile anche alla città di Napoli la potenziale forte partecipazione.

Nel ringraziare tutti gli amici che hanno dal primo momento sostenuto l’evento e l’organizzazione, rinnovo tutta la mia adesione ai princìpi ispiratori della protesta, che mi hanno spinto con spirito libero e di giustizia a lottare per una causa che credevo questa volta possibile. Mi resta la soddisfazione di aver lottato sul territorio, aver incontrato persone perbene disposte a scendere in campo per tutelare i propri diritti, aver guardato negli occhi la speranza. Faccio a tutti i miei migliori auguri e spero vivamente riuscirete a realizzare tutti i vostri sogni, invitando pertanto alle persone interessate alla protesta a comunicare con gli altri referenti. Buona fortuna”.

Gigi Lista, tratto dal sito di Insorgenza Civile
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