A sentir parlare i padroni del vapore, siano essi politici settentrionali o politici meridionali al soldo dei potentati economici del Sistema Nord, la forza energetica dell'Italia può crescere solo tramite il ritorno all'energia nucleare. Il recente decreto approvato dal governo in data 3 marzo, il cosiddetto Decreto Romani (dal nome del ministro per lo sviluppo) subito ribattezzato "Ammazarinnovabili", ha sancito una volta di più che questo governo è ostaggio delle facoltose lobbies nucleariste. L'Italia deve tornare al nucleare, nonostante un referendum abbia sancito più di venti anni fa l'abbandono di questa pericolosa fonte di energia.
Le ultime vicende in Giappone hanno spinto il Governo Berlusconi alla prudenza: una moratoria di un anno sul nucleare era ed è il minimo che si dovesse fare. Il problema, però, rimane: può l'Italia, una penisola soggetta a frequenti attività sismiche e bagnata per tre quarti dal mare, abbandonare l'energia solare, eolica, idroelettrica e termica, per ritornare al nucleare? Questa domanda ha una sola risposta: no, non può. E se mai si decidesse di rispondere "si", allora bisognerebbe spiegare dove si comprerebbero e quanto costerebbero l'uranio e il plutonio (visto che l'Italia ne è sprovvista), dove si costruirebbero le centrali nucleari (visto che la parte meridionale della penisola è universalmente ritenuta quella a più alto rischio sismico ed idrogeologico di Europa), dove verrebbero stoccate le scorie. Un programma energetico serio dovrebbe dire tutte queste cose, perchè le Regioni, anzi le Province ed i Comuni dovrebbero potersi esprimere.
Facile profezia: la sindrome N.I.M.B.Y. (Not In My Back Yard, non nel mio giardino) porterebbe tutti i cittadini attualmente favorevoli al nucleare a dire "no, non lo voglio qui da me... fate la centrale lì". E così facendo, il nucleare fallirebbe de facto, oltre ad essere fallimentare per principio.
In Germania, dove vi sono 16 centrali nucleari, due studi diversi, del 2008 e del 2010, hanno portato a queste conclusioni:
"Esaminando tutti i 16 impianti nucleari presenti sul territorio tedesco in relazione all'incidenza dei tumori tra i bambini è emersa una correlazione diretta tra il rischio di essere colpiti da leucemia in bambini con meno di cinque anni. I bambini che vivono entro 5 km dai reattori sono soggetti ad un incremento del 76% del rischio di contrarre una leucemia rispetto ai coetanei che vivono almeno a più di 50 km." (Bundesamtes fur Strahlenschutz (BfS) - Childhood Cancer and Nuclear Power Plants);
"La disparità nella nascita di maschi e femmine è aumentata a livello globale dopo i test di esplosioni atomiche nell'atmosfera, ed in Europa dopo il disastro di Chernobyl; c'è un aumento di tumori infantili nelle vicinanze delle centrali nucleari; la disparità nella nascita di maschi e femmine aumenta nei pressi di impianti nucleari in un modo che potrebbe essere associato al rilascio di radiazioni durante le operazioni di routine di tali impianti" (http://ibb.gsf.de/homepage/hagen.scherb/KusmierzVoigtScherbEnviroInfoBonn2010.pdf ).
Per quanto concerne le rinnovabili, esse sono l'unica speranza... anzi, l'unica prospettiva energetica per il Sud. Ed il Sistema Nord lo sa talmente bene che ha spinto fortemente affinchè il decreto Romani fosse redatto ed approvato. Non basta il furto del petrolio lucano, per il quale alle popolazioni viene corrisposto un misero 7%. Non bastano i tagli del Decreto Romani, che mettono in ginocchio l'80% delle imprese che hanno investito nel fotovoltaico, la maggior parte delle quali sono al Sud. Non basta che il Governo abbia presentato ricorso alla Corte costituzionale chiedendo l'annullamento delle leggi regionali approvate da tre Regioni meridionali (Puglia, Basilicata e Campania) che vietano unilateralmente l'insediamento di impianti nucleari. Adesso il Sud deve diventare il luogo ove sperimentare il nucleare e ove stoccare le scorie.
Le ultime vicende in Giappone hanno spinto il Governo Berlusconi alla prudenza: una moratoria di un anno sul nucleare era ed è il minimo che si dovesse fare. Il problema, però, rimane: può l'Italia, una penisola soggetta a frequenti attività sismiche e bagnata per tre quarti dal mare, abbandonare l'energia solare, eolica, idroelettrica e termica, per ritornare al nucleare? Questa domanda ha una sola risposta: no, non può. E se mai si decidesse di rispondere "si", allora bisognerebbe spiegare dove si comprerebbero e quanto costerebbero l'uranio e il plutonio (visto che l'Italia ne è sprovvista), dove si costruirebbero le centrali nucleari (visto che la parte meridionale della penisola è universalmente ritenuta quella a più alto rischio sismico ed idrogeologico di Europa), dove verrebbero stoccate le scorie. Un programma energetico serio dovrebbe dire tutte queste cose, perchè le Regioni, anzi le Province ed i Comuni dovrebbero potersi esprimere.
Facile profezia: la sindrome N.I.M.B.Y. (Not In My Back Yard, non nel mio giardino) porterebbe tutti i cittadini attualmente favorevoli al nucleare a dire "no, non lo voglio qui da me... fate la centrale lì". E così facendo, il nucleare fallirebbe de facto, oltre ad essere fallimentare per principio.
In Germania, dove vi sono 16 centrali nucleari, due studi diversi, del 2008 e del 2010, hanno portato a queste conclusioni:
"Esaminando tutti i 16 impianti nucleari presenti sul territorio tedesco in relazione all'incidenza dei tumori tra i bambini è emersa una correlazione diretta tra il rischio di essere colpiti da leucemia in bambini con meno di cinque anni. I bambini che vivono entro 5 km dai reattori sono soggetti ad un incremento del 76% del rischio di contrarre una leucemia rispetto ai coetanei che vivono almeno a più di 50 km." (Bundesamtes fur Strahlenschutz (BfS) - Childhood Cancer and Nuclear Power Plants);
"La disparità nella nascita di maschi e femmine è aumentata a livello globale dopo i test di esplosioni atomiche nell'atmosfera, ed in Europa dopo il disastro di Chernobyl; c'è un aumento di tumori infantili nelle vicinanze delle centrali nucleari; la disparità nella nascita di maschi e femmine aumenta nei pressi di impianti nucleari in un modo che potrebbe essere associato al rilascio di radiazioni durante le operazioni di routine di tali impianti" (http://ibb.gsf.de/homepage/hagen.scherb/KusmierzVoigtScherbEnviroInfoBonn2010.pdf ).
Per quanto concerne le rinnovabili, esse sono l'unica speranza... anzi, l'unica prospettiva energetica per il Sud. Ed il Sistema Nord lo sa talmente bene che ha spinto fortemente affinchè il decreto Romani fosse redatto ed approvato. Non basta il furto del petrolio lucano, per il quale alle popolazioni viene corrisposto un misero 7%. Non bastano i tagli del Decreto Romani, che mettono in ginocchio l'80% delle imprese che hanno investito nel fotovoltaico, la maggior parte delle quali sono al Sud. Non basta che il Governo abbia presentato ricorso alla Corte costituzionale chiedendo l'annullamento delle leggi regionali approvate da tre Regioni meridionali (Puglia, Basilicata e Campania) che vietano unilateralmente l'insediamento di impianti nucleari. Adesso il Sud deve diventare il luogo ove sperimentare il nucleare e ove stoccare le scorie.
Vi sono anche studi recenti che dimostrerebbero come sia possibile sfruttare il moto delle correnti marine per produrre energia attraverso l’utilizzo di turbine sommerse. Per non parlare poi delle biomasse che, diversamente da quanto si dice , emettono un percentuale di CO2 in atmosfera assorbibile dalle piante senza alterare gli equilibri del nostro pianeta.
Bisogna entrare nell'ordine di idee che il nostro pianeta ha un equilibrio energetico, ovvero produce e rilascia energia. Le scorie nucleari che, seppur inattive, producono energia, messe nel sottosuolo aumentano l’energia prodotta dalla terra, generando un eccesso di energia prodotta. Possiamo pensare che i continui assestamenti, terremoti e tsunami sono il modo che la Terra trova per bilanciare il proprio equilibrio energetico?
Per questi motivi, tutte le regioni meridionali devono unirsi in una battaglia comune che conduca il Sud ad essere autonomo dal punto di vista energetico, in attesa di una autonomia politica di cui si sente sempre più la necessità e l'urgenza.
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