Pioveva, fuori di noi. Splendeva il sole, dentro di noi.
Ieri mattina, Roma era sotto un'acquazzone. Le celebrazioni per i 150 anni della (mala)unità italica sono inziate alle 9 e sono finite alle 12. Solo tre ore? Si vede che non c'era molto da festeggiare. Il preannunciato tripudio di tricolori non c'è stato. Non si respirava nessuna aria particolare. Tranne che in un posto: Piazza Farnese.
Lì, in quello spicchio di territorio alle spalle di Campo de' Fiori, dove troneggia la statua del meridionale Giordano Bruno, era presente un gruppetto di patrioti sudisti. Le bandiere del Partito del Sud e di Insorgenza Civile sventolavano insieme a quelle, un pò nostalgiche, ma ieri la nostalgia era obbligatoria, del Regno delle Due Sicilie, del nostro ultimo stato unitario. Prima eravamo a Piazza Venezia, mentre Giorgio Napolitano rendeva omaggio al Milite Ignoto ed una troupe di La 7 ci intervistava; poi siamo andati al Pantheon, dove il presidente della repubblica italica rendeva omaggio a Vittorio Emanuele II, che alcuni ancora chiamano "padre della patria" e molti altri chiamano "assassino di meridionali".
In pratica: mentre qualcuno rendeva omaggio, noi ricordavamo: gli eccidi di Bronte, Pontelandolfo e Casalduni; il primo lager europeo (Fenestrelle); i cosidetti Briganti; il milione di meridionali morti; i venti milioni di meridionali emigrati dopo il 1861; fino ad arrivare alla condizione attuale del Sud, che continua a peggiorare giorno dopo giorno.
E' stata una grande giornata. In molti si sono fermati, incuriositi per questi matti che non festeggiavano l'Unità d'Italia. E sapete la novità? Molti meridionali e molti romani ci davano ragione. Leggevano i nostri volantini, ascoltavano i nostri discorsi, e condividevano. Praticamente nessuno ci ha tacciati di essere esaltati, passatisti, fuori dal tempo e fuori di testa: ciò indica che siamo stati capaci di interagire coi passanti in maniera costruttiva.
Pioveva, fuori di noi. Ma splendeva il sole, dentro di noi.
Il sole del Sud.
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