venerdì 6 gennaio 2012

Da mostri a nostri



Su 11.705 beni confiscati alle mafie in Italia, 1689 si trovano in Campania. Di questi, solo il 20% viene riutilizzato a fini sociali o produttivi, mentre il restante 80% rimane in uno stato di abbandono, di incuria o, peggio ancora, continua ad essere abitato dai parenti o dai sodali dei vecchi proprietari: i boss.
A fornire questi dati è il Consorzio S.O.L.E. (Sviluppo Occupazione Legalità Economica). Perchè sono così pochi i beni confiscati in Campania che vengono riconvertiti ad usi sociali e comunitari? Il primo motivo è la paura. I comuni sono lenti, molto lenti, troppo lenti nelle operazioni di confisca e assegnazione. Ci possono volere tra gli otto e i dieci anni, in media. Il sospetto che tale lentezza sia conseguenza della paura, anzi del terrore, che molte amministrazioni hanno nel mettere le mani sui beni della malavita è corposo. A ciò si aggiunga anche l'escamotage delle ipoteche che gli stessi boss accendevano sui beni in odor di confisca: “Negli ultimi anni i camorristi – spiega Lucia Rea, dirigente della Legalità e Sicurezza della Provincia di Napoli e presidente del Consorzio SOLE – si sono fatti furbi. Mentre avanzavano le inchieste e le condanne nei loro confronti, hanno acceso mutui sui beni immobili a rischio confisca. Incassando soldi, molti soldi, contanti, più facili da far ‘sparire’”.
Un episodio sintomatico della situazione: a Nola l’appartamento confiscato al clan Russo è inutilizzato perché al piano inferiore vive la figlia del boss, mentre al piano superiore ci abita la moglie.

Il Consorzio SOLE, nel workshop "Da mostri a nostri", avanza tre proposte: snellimento delle procedure burocratiche, in modo da far passare poco tempo tra la confisca e l'assegnazione; intitolazione del bene confiscato ad una vittima delle mafie; confisca dei beni immobili e delle attività produttive non solo dei malavitosi, ma anche dei collusi e dei corrotti. Soprattutto quest'ultima proposta appare molto interessante, perchè capita spesso che i beni dei condannati per corruzione rimangano in mano degli stessi o dei loro parenti.
Tutto ciò, però, non sara efficace fino a quando lo Stato non provvederà a fare due cose: sostenere, anche economicamente, le tantissime associazioni (come Libera) che si occupano di riutilizzo a fini sociali e produttivi dei beni confiscati alle mafie; presidiare i beni confiscati, tutelando e ripulendo le amministrazioni locali, in cui spesso si annidano i fiancheggiatori "legali" delle holding criminali.

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