La chiusura dei siti Megavideo, Megaupload e Mediaporn da parte dell'FBI, spinge ad una riflessione circa l'annoso tema del diritto d'autore e della condivisione di documenti.
La maggioranza degli osservatori internazionali condivido, più o meno velatamente, la decisione di oscurare questi siti di condivisione di film, e auspicano che un analogo atteggiamento conduca alla chiusura dei tanti siti di condivisione di musica, di foto o di opere scritte. E tutti invocano la difesa del diritto d'autore.
Eppure sfugge una cosa fondamentale: il diritto d'autore nacque per tutelare la proprietà intellettuale ed artistica dell'opera, non il suo utilizzo a fini commerciali. E' una differenza fondamentale, che oggi pare sfumata fino a sovrapporre le due posizione, ma che dovrebbe farci riflettere.
Dicevamo: il diritto d'autore nacque per tutelare la proprietà intellettuale ed artistica di un opera. Per fare un esempio, il diritto d'autore nacque per tutelare me dal rischio che la mia poesia fosse pubblicata col nome di un altro autore. Come si vede, non si parlava di sfruttamento economico dell'opera. Perchè? Perchè i libri sono scritti per essere letti, non per essere venduti; perchè i film sono fatti per essere visti, non per trarne profitto; perchè le canzoni sono composte per essere ascoltate, non per guadagnarci sopra.
E' chiaro che questo ragionamento, sicuramente minoritario, può apparire frutto di una visione romantica, o addirittura utopistica, dell'opera d'arte. In realtà, è tutto molto "materiale": se si parte dal presupposto che ogni nostra creazione (un quadro, un romanzo, una canzone o un film) è conseguenza della vita che facciamo, delle esperienze che viviamo, delle relazioni che intessiamo con le altre persone, non possiamo non comprendere il valore "sociale" della nostra creazione. Che significa? Significa che noi non siamo i creatori d'opera, ma siamo coloro che la lasciano emergere. Noi non creiamo un romanzo, ma lo esprimiamo. Noi diamo luce ha ciò che ha già vita, ma che è ancora nell'ombra. Il nostro talento (artistico, poetico, musicale) consiste proprio in questo atto di espressione, non di creazione. Ed il diritto d'autore deve tutelare la paternità di questo atto (cioè chi ha fatto cosa e come lo ha fatto) e non il profitto che ne consegue.
Per questo, Megavideo e gli altri siti potrebbero essere accusati di violazione del diritto d'autore solo se, ad esempio, dicessero che il Titanic non è di James Cameron, ma di Mario Rossi. Nel momento in cui vengono riconosciuti pubblicamente gli autori di un'opera, non vi è lesione del diritto d'autore.
Quindi diciamoci la verità e sveliamo questa stucchevole ipocrisia: la battaglia contro Megavideo e gli altri siti di condivisione non è fatta in nome del diritto d'autore, ma solo in nome del profitto.
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