Sul sito di Meridionalismo.it ho trovato una lettera di un compatriota che poneva tre domande, a cui ho dato personale risposta:
1) Ricostruzione storica:
Sono consapevole dell’importanza di ristabilire la verità, ricostruendo correttamente la storia del Risorgimento e quella precedente, che giustamente evidenzia la grandezza e la rilevanza che aveva il Regno delle Due Sicilie nel panorama internazionale pre-unitario.
Queste ricostruzioni e coloro che si sono e si stanno adoperando per diffonderle hanno il grandissimo merito di rafforzare l’orgoglio di essere meridionali in un periodo in cui sembra che essere del Sud sia sinonimo di incapacità, di mafiosità e di oziosità.
La domanda che voglio condividere è la seguente: può da sola questa attività essere la strada del cambiamento?
2) L’antagonismo:
E’ difficile in un Paese che tende continuamente a rimarcare e veicolare l’immagine di un Nord produttivo, operoso e rispettoso delle regole verso un Sud clientelare, parassita e incapace, resistere alla tentazione di ripagare con la stessa moneta costoro, evidenziando i motivi che hanno creato tale squilibrio, cedendo alla tentazione di porsi in un muro contro muro, Sud contro Nord.
La seconda domanda che pongo è questa: può un popolo rinascere sull’odio e sull’antagonismo?
3) Analisi dei fattori di sviluppo del Sud:
Chi di noi non ha chiara nella propria mente, la ricetta per rilanciare lo sviluppo della nostra terra?
Il turismo, le infrastrutture, il Mezzogiorno come ponte verso il Mediterraneo, la riduzione della pressione fiscale e tanti altri fattori che elenchiamo e sentiamo nei convegni anche da parte di illustri economisti.
La terza domanda che pongo è questa: abbiamo ancora bisogno di spendere energie nelle analisi e nel definire le ricette su cui non abbiamo potere di fare nulla?
Le mie risposte:
1) No, non può essere la sola. Ma non può neanche essere dimenticata. Bisogna abbinare la conoscienza e coscienza storica ed identitaria, con l’interpretazione e l’azione nel presente e la progettazione di un futuro (che sia secessione, autonomia, o altro).
2) Si. Possiamo e dobbiamo rinascere anche sull’odio e l’antagonismo nei confrotni di chi ci ha costretto, da 150 anni, a vivere in queste condizioni. L’Odio per il Nord e per la sedicente italia deve andare di pari passo. Nessuna alleanza con altri movimenti autonomisti del nord (lega nord, ad esempio) può essere attuata.
3) Bisogna continuare con le analisi, proprio perchè le vecchie analisi potrebbero non essere più attuali. Il problema, semmai, è non fermarsi alla teoria e all’analisi per passare, FINALMENTE, alla prassi e all’azione. Anche violenta, perchè la liberazione potrebbe aver bisogno – per non dire “avra’ bisogno” – di una lotta violenta.
Ovviamente, le mie sono riflessioni personali e come tali vanno prese.
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1) Ricostruzione storica:
Sono consapevole dell’importanza di ristabilire la verità, ricostruendo correttamente la storia del Risorgimento e quella precedente, che giustamente evidenzia la grandezza e la rilevanza che aveva il Regno delle Due Sicilie nel panorama internazionale pre-unitario.
Queste ricostruzioni e coloro che si sono e si stanno adoperando per diffonderle hanno il grandissimo merito di rafforzare l’orgoglio di essere meridionali in un periodo in cui sembra che essere del Sud sia sinonimo di incapacità, di mafiosità e di oziosità.
La domanda che voglio condividere è la seguente: può da sola questa attività essere la strada del cambiamento?
2) L’antagonismo:
E’ difficile in un Paese che tende continuamente a rimarcare e veicolare l’immagine di un Nord produttivo, operoso e rispettoso delle regole verso un Sud clientelare, parassita e incapace, resistere alla tentazione di ripagare con la stessa moneta costoro, evidenziando i motivi che hanno creato tale squilibrio, cedendo alla tentazione di porsi in un muro contro muro, Sud contro Nord.
La seconda domanda che pongo è questa: può un popolo rinascere sull’odio e sull’antagonismo?
3) Analisi dei fattori di sviluppo del Sud:
Chi di noi non ha chiara nella propria mente, la ricetta per rilanciare lo sviluppo della nostra terra?
Il turismo, le infrastrutture, il Mezzogiorno come ponte verso il Mediterraneo, la riduzione della pressione fiscale e tanti altri fattori che elenchiamo e sentiamo nei convegni anche da parte di illustri economisti.
La terza domanda che pongo è questa: abbiamo ancora bisogno di spendere energie nelle analisi e nel definire le ricette su cui non abbiamo potere di fare nulla?
Le mie risposte:
1) No, non può essere la sola. Ma non può neanche essere dimenticata. Bisogna abbinare la conoscienza e coscienza storica ed identitaria, con l’interpretazione e l’azione nel presente e la progettazione di un futuro (che sia secessione, autonomia, o altro).
2) Si. Possiamo e dobbiamo rinascere anche sull’odio e l’antagonismo nei confrotni di chi ci ha costretto, da 150 anni, a vivere in queste condizioni. L’Odio per il Nord e per la sedicente italia deve andare di pari passo. Nessuna alleanza con altri movimenti autonomisti del nord (lega nord, ad esempio) può essere attuata.
3) Bisogna continuare con le analisi, proprio perchè le vecchie analisi potrebbero non essere più attuali. Il problema, semmai, è non fermarsi alla teoria e all’analisi per passare, FINALMENTE, alla prassi e all’azione. Anche violenta, perchè la liberazione potrebbe aver bisogno – per non dire “avra’ bisogno” – di una lotta violenta.
Ovviamente, le mie sono riflessioni personali e come tali vanno prese.
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