Non sono convintissmo della rivendicazione effettuata oggi dalla Federazione Anarchica Informale dell'attentato all'AD di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi, compiuto quattro giorni fa a Genova. Per vari motivi.
Innanzi tutto per il modus operandi, storicamente diverso (per non dire antitetico) rispetto a quello degli anarchici, dei "bombaroli" cantati da Fabrizio De Andrè. Non che gli anarchici non sparassero, sia chiaro: ma in genere sparavano per uccidere, non per gambizzare. Ricordiamo Bresci e Luccheni, ad esempio, che spararono per uccidere, rispettivamente, Umberto I di Savoia e Elisabetta d'Austria (la famosa Sissi). La gambizzazione, però, è una tecnica tipica di un terrorismo di altra matrice, e prima ancora è tipica delle azioni mafiose.
Altro motivo di scetticismo sono alcune frasi del documento di rivendicazione: "Con una certa gradevolezza abbiamo armato le nostre mani, con piacere abbiamo riempito il caricatore. Impugnare una pistola, scegliere e seguire l'obiettivo, coordinare mente e mano sono stati un passaggio obbligato, la logica conseguenza di un'idea di giustizia, il rischio di una scelta e nello stesso momento un confluire di sensazioni piacevoli. Un piccolo frammento di giustizia, piombo nelle gambe per lasciare un imperituro ricordo di quello che è ad un grigio assassino". Questo non è un gergo anarchico, un gergo libertario. Sembra derivare più dal personaggio di V per Vendetta che dagli insegnamenti di Malatesta e Cafiero, padri dell'anarchismo italiano.
Sono proprio i sedicenti anarchici della FAI a chiarire la loro distanza con gli "anarchici autodenominatisi sociali"; vogliono scavare "un solco con l'anarchismo infuocato solo a chiacchiere e intriso di gregarismo".
Queste le loro parole. O meglio: queste le parole scritte nel documento di rivendicazione. Quanto sia autentico, e quanto appartenga alla galassia anarchica, è tutto da stabilire. Ed io nutro parecchi dubbi.
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