Il Primo Maggio ha avuto un sapore particolare, quest'anno. Agrodolce come un bitter freddo che scende in gola dopo una giornata di fatica. Che per molte persone non significa "lavoro", ma significa "colloquio", "stage", "corso di formazione", "giro per le agenzie interinali". Perchè per molti lavoratori che non lavorano, ogni giornata è fatta di queste fatiche.
Questo Primo Maggio vi sono stati, come sempre, cortei e manifestazioni varie, tra cui il celebre Concertone dei sindacati in Piazza San Giovanni, a Roma. Non c'è Berlusconi al governo, e questa è un'ottima notizia. Ci sono i bocconiani, e questa è la pessima notizia.
Un Primo Maggio di rabbia è capitato tante volte, negli anni passati. Questo Primo Maggio ha aggiunto un ingrediente terribile e pericoloso: la disperazione. Che è cosa diversa dalla rassegnazione, la quale ti fa pensare che è tutto inutile e che nulla cambierà mai. La disperazione, invece, ti convince che non c'è soluzione pacifica, legale, "riformista" alla crisi sociale, politica, civile e culturale in cui siamo infangati. Una soluzione c'è, ma non passa per le raccolte delle firme per un referendum, che poi la classe politica ignorerà, nè per una croce sulla scheda elettorale: è questo il pericolo maggiore per la nostra già fragile e commissariata democrazia.
Girando per strada si incontravano volti arrabbiati e disperati: un connubio minaccioso quando non c'è lavoro e quando si pensa che tutto, dal piccolo comune alle scrivanie del Potere romano, è corrotto da una illegalità dilagante e diffusa.
Lavoro e legalità non sono obiettivi, ma presupposti. Non è possibile immaginare nessun risanamento, nessuna uscita dalla crisi, nessuna "rinascita nazionale" senza partire dal lavoro e dalla legalità.
Questo ci ha ricorda l'ultimo Primo Maggio.
Nessun commento:
Posta un commento