sabato 19 maggio 2012

Dopo l'attentato di Brindisi, pericolo di svolta autoritaria



C'è puzza di bruciato. Non solo nell'attentato che stamattina ha causato la morte di una ragazza e  ha squarciato i cuori di tutta Italia, ma anche in ciò che sta accadendo nella cosiddetta "opinione pubblica". Basta farsi un giro sui blog di informazione, sui siti dei quotidiani o sui social network, per leggere frasi del genere: "Ci vogliono i caschi blu dell'Onu"; "Bisogna fare come Mussolini, che mandò Mori in Sicilia"; "Ci vuole la pena di morte"; "Solo coi carrarmati dell'Esercito si risolve la questione".
In pratica, la cosiddetta opinione pubblica non fa altro che augurarsi una svolta autoritaria: siamo tutti disponibili a perdere la libertà, pur di guadagnare sicurezza. E' la fame di giustizia, che sempre più spesso si trasforma in desiderio di vendetta, a farci ragionare così? No, non credo. O almeno, non solo. Il sospetto che vi sia una mano occulta dietro questo atto si incarna sempre di più man mano che passano le ore. Vuoi perchè chi è davvero esperto di mafie tende ad avere i piedi di piombo, che più piombo non si può. Vuoi perchè il modus operandi dei mafiosi è in genere diverso (così come in genere gli anarchici non gambizzano...). Vuoi perchè questo approccio securitario e autoritario può far comodo a molti. A chi? Ai padroni del vapore. Non mi riferisco tanto ai bocconiani che ci governano, sia chiaro: essi sono strumenti nelle mani del Potere. Mi riferisco proprio al Potere, quello stesso potere che da Piazza Fontana alla Diaz ha sempre voluto stroncare sul nascere ogni ribellione allo status quo, sia essa una ribellione violenta o semplicemente civica. Lo stesso Sistema che è sceso a patti con la mafia, coi terroristi, coi governi dittatoriali in giro per il mondo.

La domanda delle domande è: a chi giova questo attentato? Alle mafie no, se è vero che le mafie vogliono il supporto popolare che questo genere di attentati invece riduce (è la tesi di gente come Gratteri, Ingroia, Abbate, insomma gente esperta di queste cose). Probabilmente, quindi, bisogna provare a rispondere a questa domanda e poi indagare in questa direzione. E se la risposta a questa domanda fosse "lo Stato", saremmo sull'orlo di una nuova strategia della tensione.

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