lunedì 11 luglio 2011

Evasione: guardate le "oneste" regioni del Nord!



di Paolo Bricco, Sole 24 Ore

Prendi il reddito dichiarato al Fisco ai fini dell’Irpef. Pesalo sul Pil generato dalle singole regioni. E non troverai grandi differenze fra Nord e Sud. Anzi. La percentuale che ricavi è compresa fra il 48 e il 52 per cento.

Questo indicatore viene calcolato in un paper della Svimez dal provocatorio titolo ‘L’Italia unita nell’evasione fiscale’. Un breve saggio scientifico, scritto da Franca Moro e da Federico Pica, anche in risposta alla rappresentazione che l’Agenzia delle Entrate ha dato negli ultimi giorni delle differenze fra il Nord e il Sud. «E ci credo che l’Irpef è di 2.929 euro a testa in Liguria e di 1.249 euro a testa in Calabria. Ha un valore reale più alto dove c’è più ricchezza. Non ha senso fare passare il messaggio che, se in una regione l’Irpef procapite è più bassa, è perché lì alligna l’evasione», dice con energia al Sole 24 Ore Pica, docente di Economia pubblica all’università Federico II di Napoli, che in fatto di fisco e di squilibri fra Settentrione e Mezzogiorno è una figura intellettuale contrapponibile a quella di Luca Ricolfi, autore del volume ‘Il sacco del Nord. Saggio sulla giustizia territoriale’.

L’indicatore formato dal reddito dichiarato sul Pil, per quanto non consideri i diversi pesi assunti nelle specifiche realtà da stipendi privati e pubblici, ha un merito: cancella qualunque ipotesi antropologica che il meridionale evada più del settentrionale. La Sicilia è al 51 per cento. La Lombardia è al 49,3 per cento. «Se i lombardi fossero per natura più virtuosi – spiega Pica – sarebbero al 60%, se i siciliani fossero per natura più disonesti sarebbero al 40 per cento. Ma non è così». Allo stesso modo, in Trentino Alto Adige il reddito dichiarato vale il 47,8% del Pil, in Puglia il 53,2 per cento. Usando l’indice più sintetico, quello relativo alle aree del Paese, si scopre che il Mezzogiorno è al 51,2%, mentre il Centro-Nord è al 49,5 per cento. In generale, in tutto il paese il rapporto fra reddito dichiarato e Pil è pari al 49,9 per cento.

L’omogeneità dei comportamenti degli italiani viene confermata da un altro indicatore: il confronto fra il reddito dichiarato ai fini dell’Irpef e il reddito disponibile delle famiglie (depurato dalle prestazioni sociali, maggiori al Sud) è pari all’81% in tutto il paese, all’82% al Sud e all’80,7% nel Centro-Nord: secondo questi conteggi effettuati dalla Svimez su dati dell’Istat e dell’Agenzia delle Entrate, la quota di reddito evasa sarebbe di un punto superiore al Centro-Nord (19%) rispetto al Sud (18%).

«A livello regionale – scrivono Pica e Moro nel loro paper – il livello più elevato di evasione si registrerebbe nel Veneto (22,4%)». Pica non ha voglia di scadere nella polemica politica: «Il Nord-Est granaio elettorale della Lega? Non lo so. Le cronache raccontano di un fisco molto duro con i piccoli imprenditori di quell’area. Certo, però, osservando le statistiche, mi chiedo quanto siano bravi i commercialisti veneti…».

C’è, poi, un altro elemento che viene sottolineato dagli economisti radunati nel cenacolo che fu di Pasquale Saraceno e di Donato Menichella. Il tradimento strutturale dell’articolo 53 della Costituzione, che fissa la progressività del sistema tributario italiano: la percentuale di ricchezza sottratta ai contribuenti deve crescere al crescere del reddito, un principio ripreso dalla legge delega 42/2009 sul federalismo fiscale. Dunque, qualcosa che avrebbe dovuto caratterizzare la Prima e la Seconda Repubblica e che dovrebbe connotare anche la Terza.

La Svimez calcola che la pressione fiscale prodotta dall’Irpef, che è progressiva, è del 9,6% al Sud, mentre al Centro-Nord è del 12,1 per cento. Due punti e mezzo di differenza, in regioni molto diverse. Poca roba. C’è poi l’effetto compensativo dell’Ires (imposta proporzionale, l’aliquota è costante) e dell’Iva (nella sostanza regressiva). Alla fine, con tanti saluti alla progressività fissata per Costituzione, le imposte sul Pil sono pari al 21,4% al Sud e al 22,9% al Centro-Nord. «Con uno scarto così minimo – constata Pica – la progressività resta una pura enunciazione teorica».

Gli economisti della Svimez ricordano come l’evasione sia un fenomeno complesso, con tratti quasi incomparabili da regione a regione: «Al Sud ci sono tanti evasori per piccoli importi. Al Nord c’è una evasione più organizzata e per somme gigantesche. Nel Mezzogiorno l’evasione riguarda attività marginali artigianali e di servizio, visibili e diffuse sul territorio, che non pagando i tributi dovuti riescono a rimanere sul mercato. Al Nord a evadere sono contribuenti e imprese con elevati livelli di reddito che consumano la loro evasione non alla luce del sole, ma nei loro uffici e in quelli dei loro commercialisti. Si possono figurare una evasione per sopravvivenza al Sud e una evasione per accumulazione di ricchezza al Nord».

Sullo sfondo dello scenario delineato dalla Svimez, compare il problema della strategia attuata dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza. Studi di settore, controlli, ispezioni, verifiche. Spese da contenere, perché l’intera macchina fiscale deve rispondere a criteri di risparmio e di economicità. Budget da raggiungere. «Si combatte l’evasione – osserva a questo proposito Pica – in maniera uguale, a mio avviso, in tutto il territorio nazionale. L’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza dovrebbero avere strategie differenti. Non succede. E questo è un problema. Dato che l’evasione al Sud è una cosa. Al Nord è tutta un’altra cosa».

da Meridionalismo.it

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