venerdì 1 luglio 2011

Il Sud: manovra, Mezzogiorno a secco






di Antonio Schembri



Dopo quasi un biennio di annunci, alla fine del 2010 pareva che il Piano per il Sud, il pacchetto di interventi governativi che attraverso lo sblocco di risorse comunitarie, fondi regionali e soprattutto il Fas (fondo per le aree sottoutilizzate), non fosse più un oggetto misterioso. Se ne parlava infatti come di un provvedimento pronto al varo e, in attesa del decreto – anche se con lo scetticismo alimentato dall’enfasi sull’arrivo del provvedimento che nei mesi scorsi aumentava in maniera proporzionale all’avvicinarsi dell’ultimo appuntamento elettorale – si cominciavano a formulare aspettative sulle sue 9 linee d’azione: dalle infrastrutture agli incentivi alle imprese, dalla giustizia alla ricerca, e poi scuola, sicurezza, pubblica amministrazione e servizi pubblici e la Banca del Mezzogiorno, progetto di un organo creditizio centralizzato per l’esercizio del piccolo e medio credito. Ambiti sui quali spalmare una dote complessiva di finanziamenti che, come annunciato, dovrebbe ammontare a 100 miliardi di euro.

A più di sei mesi da quegli annunci speranzosi, però, di tale azione non c’è traccia nella manovra da 47 miliardi che il ministro dell’Economia Giulio Tremonti si accinge a varare. Il mancato inserimento nelle prossime misure economiche di un capitolo specifico destinato al Mezzogiorno suscita delusioni e alimenta le preoccupazioni tra i principali esponenti della classe dirigente meridionale. A stigmatizzare le scelte di via XX settembre è soprattutto il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello che, in un’intervista pubblicata oggi sul Mattino, spiega perché queste costituirebbero un grave errore: “Il rischio è di ridare voce a quelle spinte rivendicazioniste e clientelari che hanno già causato lo spreco di una montagna di risorse disponibili per il Sud”.

“È vero che le misure del governo si legano al fatto che l’economia nazionale è frenata dall’attuale congiuntura negativa e quella del Sud in particolare cresce a ritmi ancora più bassi, aggiunge. Ma è proprio questa la ragione per puntare sul Piano per il Sud, visto che comporta vincoli più stringenti per le Regioni inducendole a evitare parcellizzazioni della spesa”.

I principali dubbi sul Piano del Sud si sono finora appuntati soprattutto sulla reale disponibilità delle risorse. Lo Bello, però, li fuga: “Il problema non sono i soldi, che ci sono, bensì il coordinamento degli interventi. Si tratta di concentrare i fondi europei su poche azioni, ma che siano davvero strategiche”. Sbagliata, aggiunge, anche la scelta di operare un nuovo taglio sui fondi Fas, che, secondo la manovra del governo, dovrebbero essere ridotti di oltre 2 miliardi. Ma, puntualizza Lo Bello, le regioni meridionali hanno indotto il governo a ridurre questi trasferimenti, con la loro incapacità di spesa: “non solo non hanno le risorse assegnate ma lo hanno fatto in maniera errata, presentando progetti frammentati, di scarsa credibilità”.

Sta di fatto, comunque, che le risorse finora effettivamente stanziate per il Piano ammonterebbero a una quantità mille volte inferiore a quelle previste: si parla di non più di un centinaio di milioni di euro messi a disposizione dal Cipe per la realizzazione della banda larga.

Ma, si tratta di valutazioni ancora incerte, i più pessimisti sostengono addirittura che non si sarebbero superati i 55 milioni, come paventava Carlo Trigilia, sociologo dell’economia in forza all’Università di Firenze, in un’intervista pubblicata su Il Sud di marzo. In attesa di capire quanto dei fondi Fas, peraltro in parte già spesi, confluirà nel Piano per il Mezzogiorno (e se questi basteranno), il problema, dice Trigilia continua a risiedere oltre che nella situazione sociale e economica del Sud anche nei meccanismi di funzionamento della loro classe politica locale, ancorata a logiche di consenso più che alle esigenze di pubblica utilità e di crescita collettiva. Invece che la soluzione, perché come è noto la politica al Sud risponde alle esigenze di un consenso che si basa più sulla distribuzione delle risorse a gruppi e rappresentanze che sulla realizzazione di servizi di pubblica utilità e al raggiungimento di obiettivi di crescita. D’altra parte però, puntualizza Trigilia nell’intervista, alcuni settori del governo non mostrano una reale attenzione ai problemi del Sud. Lo dimostrano le cautele di Tremonti nelle manovre di spesa. Soprattutto quelle relative alle risorse del Fas: “dovrebbero essere impiegate in aggiunta ai fondi europei per il Meridione, ma invece sono state in gran parte utilizzate per supportare per finanziando l’abbattimento dell’Ici o gli ammortizzatori sociali”.

___________________________________

Nessun commento:

Posta un commento