da Meridionalismo.it
Cresce la disoccupazione nell’ Italia dei precari e dei fannulloni, a riprova del fatto che un’ Italia peggiore c’è e va individuata non tanto nei “lavoratori scoraggiati” o nei “lavoratori a tempo parziale involontario” ( che non hanno un lavoro a tempo pieno pur desiderandolo), quanto nell’attuazione di politiche occupazionali e di sviluppo inadeguate o comunque lente rispetto alla ripresa generale dei paesi europei. Secondo quanto rilevano i dati Istat emerge un quadro economico preoccupante che attesta la disoccupazione all’8,1per cento nel Maggio 2010 seppur in calo dello 0,5per cento su base annua.
A farne le spese, i giovani il cui tasso di disoccupazione è cresciuto del 29,6per cento contro il 28,8per cento del primo trimestre 2010 e le donne, per le quali i dati al Sud sono allarmanti : nella fascia compresa tra i 15 e i 24 anni, ossia il 46,1per cento della popolazione femminile, è disoccupata. A mettere in allerta la Camera dei Deputati il rapporto annuale dell’Istituto Italiano di Statistica, che a Maggio di quest’anno aveva definito l’Italia “il fanalino di coda nell’Unione Europea per la crescita” con un tasso medio annuo di appena lo 0,2 per cento contro l’1,3 per cento registrato dall’Ue e l’1,1 dell’UEM. Per l’Istat anche l’inflazione cresce, tanto che nei primi mesi del 2011, fino ad aprile, il tasso d’inflazione è aumentato al 2,6 per cento e per quanto, a differenza di molte economie europee, l’Italia non ha avuto bisogno durante la crisi “di interventi di salvataggio del sistema finanziario”, il 24,7% ossia 15 milioni di persone , ha “sperimentato il rischio di povertà o di esclusione sociale”, vantando ancora una volta una capacità di crescita peggiore alla media europea che è del 23,1%.
Da quanto emerge dalle dichiarazioni del 1 Luglio 2011, ad oggi il numero complessivo di non aventi lavoro è di 2.011mila unità contro le 1.999mila unità registrate ad aprile ed aumenta anche il numero di inattivi, coloro che non cercano lavoro. Tra il 2009 e il 2010 il numero di occupati è diminuito di 532mila unità e ciò che più sbalordisce è che di questi 501 mila unità, sono giovani.
La parte di Italia in cui si soffre di più l’assenza di lavoro è il Mezzogiorno che registra picchi di disoccupazione rispetto al resto della penisola: il fallimento dalla manodopera industriale è doppia rispetto al centro-nord, così come l’impiego della cassa integrazione è più massiccio . Si aggiunge a tutto ciò il minor numero di rientri sul posto di lavoro rispetto al nord e la dispersione scolastica: quasi il 20 cento di ragazzi iscritti ha lasciato gli studi senza conseguire un diploma di scuola superiore.
Il numero degli occupati e’ attestato a 22.914.000 unità, in aumento dello 0,1% rispetto ad aprile e dello 0,2% rispetto allo stesso mese di un anno fa, anche se l’Istat fa sapere che su scala generale l’aumento riguarda la sola componente femminile, il cui tasso occupazionale è del 46,5% con un incremento di 0,1 punti rispetto ad aprile 2011 e di 0,4 punti rispetto a maggio 2010. Ma anche in questo caso le migliori opportunità per le donne sono da considerare fuori dai confini nazionali e in particolar modo meridionali : in Svezia il numero di lavoratrici si stima intorno al 75,7%, 73,1% in Danimarca, 71,4% in Finlandia, 70,8% in Olanda e infine il 69,6% in Germania.
Da quanto si apprende, l’Istat individuerebbe la causa della disoccupazione femminile, nell’importanza che ancora si da al ruolo della donna come “portatrice di valori domestici”. Nel 2009 infatti più di un quinto delle donne, ha lasciato il posto di lavoro per il matrimonio, i figli o altri motivi inerenti la sfera familiare, mentre 800mila donne circa hanno dichiarato di essere state licenziate o indotte a lasciare il posto di lavoro a causa di una gravidanza. Nel 2010 il tasso di occupazione femminile si registra del 46,1 % , ossia 12 punti percentuali in meno di quello medio europeo, su cui ha gravato e non poco la disoccupazione femminile al Sud : 3 donne su 10 lavorano nel mezzogiorno contro le 6 del Nord.
Si tratta di dati impressionanti , che definiscono tutta l’incompiutezza dell’unificazione nazionale, il cui divario Nord-Sud risulta sempre più grave e gravoso sul rilancio dello sviluppo economico nazionale e della sua competitività con il resto d’Europa.
In rappresentanza del mondo lavorativo e sindacale è intervenuto il segretario della CGIL Fulvio Fummoni, che ha così commentato il dato diffuso dall’Istat: “Un triste primato europeo. Il Ministro del Lavoro si sente ancora di affermare che stiamo meglio degli altri in Europa? I disoccupati di lunga durata sono fra le quote più alte in Europa e la nostra indennità di disoccupazione fra le più brevi, lasciando scoperte tante persone da ogni tutela”.
A cura di Flavia Sorrentino
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A farne le spese, i giovani il cui tasso di disoccupazione è cresciuto del 29,6per cento contro il 28,8per cento del primo trimestre 2010 e le donne, per le quali i dati al Sud sono allarmanti : nella fascia compresa tra i 15 e i 24 anni, ossia il 46,1per cento della popolazione femminile, è disoccupata. A mettere in allerta la Camera dei Deputati il rapporto annuale dell’Istituto Italiano di Statistica, che a Maggio di quest’anno aveva definito l’Italia “il fanalino di coda nell’Unione Europea per la crescita” con un tasso medio annuo di appena lo 0,2 per cento contro l’1,3 per cento registrato dall’Ue e l’1,1 dell’UEM. Per l’Istat anche l’inflazione cresce, tanto che nei primi mesi del 2011, fino ad aprile, il tasso d’inflazione è aumentato al 2,6 per cento e per quanto, a differenza di molte economie europee, l’Italia non ha avuto bisogno durante la crisi “di interventi di salvataggio del sistema finanziario”, il 24,7% ossia 15 milioni di persone , ha “sperimentato il rischio di povertà o di esclusione sociale”, vantando ancora una volta una capacità di crescita peggiore alla media europea che è del 23,1%.
Da quanto emerge dalle dichiarazioni del 1 Luglio 2011, ad oggi il numero complessivo di non aventi lavoro è di 2.011mila unità contro le 1.999mila unità registrate ad aprile ed aumenta anche il numero di inattivi, coloro che non cercano lavoro. Tra il 2009 e il 2010 il numero di occupati è diminuito di 532mila unità e ciò che più sbalordisce è che di questi 501 mila unità, sono giovani.
La parte di Italia in cui si soffre di più l’assenza di lavoro è il Mezzogiorno che registra picchi di disoccupazione rispetto al resto della penisola: il fallimento dalla manodopera industriale è doppia rispetto al centro-nord, così come l’impiego della cassa integrazione è più massiccio . Si aggiunge a tutto ciò il minor numero di rientri sul posto di lavoro rispetto al nord e la dispersione scolastica: quasi il 20 cento di ragazzi iscritti ha lasciato gli studi senza conseguire un diploma di scuola superiore.
Il numero degli occupati e’ attestato a 22.914.000 unità, in aumento dello 0,1% rispetto ad aprile e dello 0,2% rispetto allo stesso mese di un anno fa, anche se l’Istat fa sapere che su scala generale l’aumento riguarda la sola componente femminile, il cui tasso occupazionale è del 46,5% con un incremento di 0,1 punti rispetto ad aprile 2011 e di 0,4 punti rispetto a maggio 2010. Ma anche in questo caso le migliori opportunità per le donne sono da considerare fuori dai confini nazionali e in particolar modo meridionali : in Svezia il numero di lavoratrici si stima intorno al 75,7%, 73,1% in Danimarca, 71,4% in Finlandia, 70,8% in Olanda e infine il 69,6% in Germania.
Da quanto si apprende, l’Istat individuerebbe la causa della disoccupazione femminile, nell’importanza che ancora si da al ruolo della donna come “portatrice di valori domestici”. Nel 2009 infatti più di un quinto delle donne, ha lasciato il posto di lavoro per il matrimonio, i figli o altri motivi inerenti la sfera familiare, mentre 800mila donne circa hanno dichiarato di essere state licenziate o indotte a lasciare il posto di lavoro a causa di una gravidanza. Nel 2010 il tasso di occupazione femminile si registra del 46,1 % , ossia 12 punti percentuali in meno di quello medio europeo, su cui ha gravato e non poco la disoccupazione femminile al Sud : 3 donne su 10 lavorano nel mezzogiorno contro le 6 del Nord.
Si tratta di dati impressionanti , che definiscono tutta l’incompiutezza dell’unificazione nazionale, il cui divario Nord-Sud risulta sempre più grave e gravoso sul rilancio dello sviluppo economico nazionale e della sua competitività con il resto d’Europa.
In rappresentanza del mondo lavorativo e sindacale è intervenuto il segretario della CGIL Fulvio Fummoni, che ha così commentato il dato diffuso dall’Istat: “Un triste primato europeo. Il Ministro del Lavoro si sente ancora di affermare che stiamo meglio degli altri in Europa? I disoccupati di lunga durata sono fra le quote più alte in Europa e la nostra indennità di disoccupazione fra le più brevi, lasciando scoperte tante persone da ogni tutela”.
A cura di Flavia Sorrentino
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