mercoledì 18 luglio 2012

Samuele Piccolo e la politica dell'insaputa



Scajola viveva in una casa con vista sul Colosseo. Gliela avevano comprata a sua insaputa.
A Umberto Bossi avevano ristrutturato casa coi soldi del partito (che erano frutto di finanziamento pubblico, quindi di soldi nostri). Ovviamente a sua insaputa.

Oggi scopriamo che anche l'ex vicepresidente del consiglio comunale di Roma Capitale, il pidiellino Samuele Piccolo, facesse campagne elettorali pagate a sua insaputa: "Non so assolutamente chi abbia finanziato la mia campagna elettorale. Non so da dove arrivino quei soldi, io mi limitavo a fare attività politica". A sostenere la tesi di Piccolo interviene suo fratello Massimiliano, che secondo gli inquirenti sarebbe la figura apicale dell'organizzazione che garantiva alla Famiglia Piccolo ingenti mezzi finanziari, da adoperare sia in politica che per i proprio sfizi personali. Una organizzazione a tre livelli: un primo livello, costituito da cooperative (costituite soprattutto da stranieri) che svolgevano il lavoro; un secondo livello, costituito dai consorzi filtro, che prendeva le commesse dal primo livello e le subappaltava alle cooperative; un terzo livello, costituito dai consorzi capofila, che prendeva le commesse dagli utenti finali. Una struttura semplice, anche banale. Eppure efficientissima e redditizia, tanto da garantire a Samuele Piccolo un compenso di 5 mila euro mensili, oltre ai soldi che percepiva essendo consigliere comunale di Roma Capitale.

Chissà se Piccolo sapeva di prendere questi soldi dalle cooperative messe su dal fratello, o se i soldi entravano nel suo conto corrente a sua insaputa...


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