martedì 17 luglio 2012

Riaprire le case chiuse? Parliamone




Il consiglio municipale dell'Ottavo Municipio di Roma ha votato all'unanimità una mozione riguardante la possibilità, per non dire la necessità, di immaginare una riapertura delle "case chiuse", in deroga alla Legge Merlin. Un argomento che divide l'opinione pubblica da decenni viene discusso e approvato in un consiglio municipale addirittura all'unanimità. Tutti d'accordo, quindi: laici e cattolici, destra e sinistra. 
In effetti, il problema della prostituzione è divenuto ormai insopportabile per chi vive nelle periferie delle grandi città. Nel nostro municipio, in particolare, vi sono strade in cui ogni sera si formano capannelli di lucciole che attirano tantissimi clienti (in barba all'inutile piano antilucciole predisposto dalla Giunta Alemanno), creando problemi per la sicurezza dei residenti, anche perchè - inutile dirlo - non è la prostituzione in sè ad essere un male, ma l'indotto di criminalità che si produce. E' innegabile che la riapertura delle case chiuse potrebbe sicuramente assestare un duro colpo alle organizzazioni criminali che gestiscono il racket della prostituzione; bisogna però capire in che modo riorganizzare le case di tolleranza, per evitare che alla fine si produca semplicemente la legalizzazione della condizione di schiavitù in cui moltissime prostitute versano.

Pertanto è necessario immaginare che le nuove case chiuse siano gestite dalle cooperative di prostitute, che si impegnino a versare le tasse e i contributi, oltre che a realizzare ciclicamente controlli sanitari della struttura e delle operatrici. Ovviamente, sarà necessario amplificare i controlli proprio per assicurarsi che le cooperative non siano la copertura legale dei "papponi" e che gli aspetti fiscali e, soprattutto, sanitari siano una priorità nell'agire della cooperativa. Così facendo si darebbe un duro colpo al caporalato, si responsabilizzerebbero le prostitute ed i clienti.
Altra cosa importante: è necessario evitare ad ogni costo la nascita di "quartieri a luci rosse" all'interno della città. Ciò comporterebbe un "fuggi fuggi" generale da parte dei cittadini residenti e la progressiva cessione di sovranità sostanziale di larghe fasce di territorio nelle mani della criminalità organizzata. Non è immaginabile far diventare Tor Bella Monaca, o Ponte di Nona, il quartiere a luci rosse della città di Roma. Quindi le case chiuse devono stare ad una certa distanza l'una dall'altra, e ramificate su tutto il territorio cittadino, municipio per municipio. Così si eviterebbe la concentrazione di case chiuse in un solo luogo, con conseguente squalificazione di quel territorio.

In definitiva: parliamone. E' un'ottima idea, ed è probabilmente l'unica soluzione praticabile. Va però pensata, realizzata e gestita con criterio, per evitare che la cura peggiori il male invece di debellarlo.


Nessun commento:

Posta un commento