venerdì 28 febbraio 2014

Fermo

Cari lettori insorgenti, ecco a voi una nuova poesia del "poeta grunge" Fabrizio Vallario.



"Fermo in auto in tangenziale
con qualche inutile certezza
la pioggia oscura la visuale
battendo  forte sulla tristezza
urlo dentro e ci sto male
è Dio che sputa sul parabrezza"

Una stanza di 6 versi liberi, in rima alternata.
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SISTRI, la Lega Nord chiede l'ennesimo aiutino per le imprese del Nord

La Lega Nord Padania, partito che ha fondato la propria esistenza sulla discriminazione razziale e territoriale, covo di trogloditi e di mariuoli d'alto livello, ha chiesto al Governo di esentare le imprese del Nord per un anno dal SISTRI, il sistema radar di tracciabilità dei rifiuti tossici. Sia chiaro: SOLO quelle del Nord, perchè le altre imprese, in particolare quelle presenti in Campania, non vanno assolutamente escluse dal SISTRI. Nonostante TUTTI i dati e le informative dimostrino quanto il Nord sia colpevole dello sversamento di rifiuti tossici al SUD, e quanto forti e duraturi siano i legami tra imprenditoria settentrionale e criminalità organizzata meridionale, viene perpetrata la favola dell'innocenza delle imprese del Nord, e quindi viene richiesta la loro ennesima tutela.
BASTA!!!


giovedì 27 febbraio 2014

Corteo No Muos per contrastare la militarizzazione della Sicilia



A Niscemi, mentre proseguono le prove tecniche americane, non c’è tregua per gli attivisti. Continuano infatti manifestazioni e confronti, tra cui una fiaccolata “per la vita” organizzata a Caltagirone. Il 1 marzo si torna in piazza, tutti, per dire no alla militarizzazione dell’isola, con partenza alle 14 dal presizio NO MUOS di Contrada Ulmo con arrivo al Cancello 4 della base.

La novità è che alcuni comuni della provincia di Catania (S.Michele di Ganzaria, San Cono, Caltagirone, S.Alfio, e Mineo) insieme con quelli di Enna, Aidone (EN) e Ragusa hanno aderito “ad adiuvandum” al ricorso al TAR Sicilia presentato dal Comune di Niscemi già nel 2011 ed all’impugnativa presentata contro la “revoca delle revoca”, nei mesi scorsi, dal Movimento No Muos Sicilia, dal Movimento delle Mamme e da altri attivisti e liberi cittadini come il prof. Giuseppe Maida.

Altri tre sindaci, quello di Mirabella Imbaccari (CT) e quelli di Vittoria (RG), e Acate (RG) avevano già aderito formalmente, nei giorni scorsi, ai due ricorsi che verranno trattati nell’udienza pubblica di merito che si terrà il prossimo 27 marzo presso Il TAR e che rappresenta la fase “decisoria” del giudizio di primo grado. Gli 8 amministratori si son detti pronti a presentare le adesioni dei loro Comuni, visto che il termine ultimo per la consegna dei documenti sarà il prossimo martedì 25. Resta, comunque, il fatto – ha dichiarato Rossella Zizza, legale degli attivisti “ricorsisti”- che gli amministratori che si aggiungeranno dopo giorno 25, potranno in ogni caso intervenire con un provvedimento “tardivo”, che avrà comunque la sua efficacia.

Il prossimo 20 marzo è previsto un tavolo tecnico dove i No Muos chiedono la presenza di tutte le amministrazioni locali – pena la rottura dei rapporti di confronto con le istituzioni. Una data scelta non a caso, che precede di una settimana l’udienza del Tribunale Amministrativo Regionale. All’ultimo Tavolo organizzato a Mirabella Imbaccari, sui 50 amministratori invitati, erano presenti soltanto DUE sindaci e 5 rappresentanti di altrettanti 5 Comuni.

Venerdì 28 invece è prevista una tavola rotonda a Loano organizzata dal Meet Up Cinque Stelle, presso la sala congressi del Loano Village, sul Muos alla quale, oltre alla sottoscritta che parlerà per i No Muos, parteciperanno il professor Massimo Zucchetti e l’avvocato Giampiero Trizzino. L’appuntamento è alle 21.

Approvato il testo sui crimini ambientali alla Camera



Il risultato è di quelli da segnare in agenda, non solo perché il testo approvato ieri alla camera darà un forte aiuto alla lotta ai crimini ambientali, ma anche perché c’è stata una grande unione tra le varie forze politiche: hanno votato 390 deputati sui 445 presenti e il testo è stato approvato con 386 sì, 4 no e 45 astensioni.

Il testo, nato a partire da tre proposte di legge i cui i firmatari erano l’On Realacci-Pd, Micillo-M5S e Pellegrino-Sel, renderà più efficace il contrasto alle illegalità e alle ecomafie. Attraverso questo strumento si è finalmente introdotto un adeguamento del nostro codice penale ai sempre più diffusi reati contro l’ambiente e alla normativa europea in materia ambientale (direttiva n. 2008/99/CE).

Ricordiamo che i crimini contro l’ambiente sono arrivati ad essere uno dei più grandi affari per la malavita organizzata, infatti dal rapporto ”Ecomafia di Legambiente” fruttano alle organizzazioni criminali circa 16,7 miliardi l’anno.

I punti fondamentali del testo unificato sono l’introduzione di quattro nuovi reati: disastro ambientale, punito con il carcere da 5 a 15 anni  per coloro che alterano gravemente o irreversibilmente l’ecosistema o compromettono la pubblica incolumità; delitti di inquinamento ambientale in cui è prevista la reclusione da 2 a 6 anni (e la multa da 10mila e 100mila euro) per chi deteriora in modo rilevante la biodiversità o l’ecosistema o la qualità del suolo, delle acque o dell’aria; il traffico di materiale radioattivo che colpisce con la pena del carcere da 2 a 6 anni (e multa da 10mila a 50mila euro) chi commercia e trasporta materiale radioattivo o chi se ne disfa illegittimamente; l’impedimento di controllo, per cui chi nega o ostacola l’accesso o intralcia i controlli ambientali rischia la reclusione da 6 mesi a 3 anni.

A questo si aggiunge l’aggravante per chi commette reati ambientali in forma associativa: “aggravante ecomafiosa”, che scatta in presenza di associazioni mafiose, finalizzate a commettere i delitti contro l’ambiente o a controllare concessioni e appalti in materia ambientale. Aggravanti, peraltro, sono previste anche in caso di semplice associazione a delinquere e se vi è partecipazione di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio.  

Nel caso di ravvedimento operoso sono stati introdotti “sconti pena”: se l’imputato evita conseguenze ulteriori, aiuta i magistrati a individuare colpevoli o provvede alla bonifica e al ripristino dei territori, la sua pena sarà ridotta da metà a due terzi.

Inoltre è stato inserito il raddoppio dei tempi di prescrizione del reato per i delitti; se poi si interrompe il processo, per dar corso al ravvedimento operoso, la prescrizione è sospesa.

Fondamentale è il ripristino a carico del condannato dello stato dei luoghi: sarà Il giudice, in caso di condanna o patteggiamento della pena, a ordinare il recupero e, dove tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi a carico del condannato.

In conclusione, il testo dà un fortissimo impulso alla lotta a quei reati che negli ultimi anni, in particolare nei nostri territori, hanno  martoriato un ecosistema e inflitto non solo danni spesso irreparabili, quali aumento di malattie e distruzione di territori, ma anche danni in termini di immagine a settori produttivi fondamentali per la sopravvivenza delle economie territoriali, come la nostra agricoltura.

Vincenzo Triunfo
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mercoledì 26 febbraio 2014

Le mani dei Rothschild sulla Banca Centrale iraniana

Il mio articolo pubblicato su Insorgenza.it



Pete Papaherakles è un giornalista dell’American Free Press. In un recente articolo ha denunciato un fatto che, se fosse confermato da ulteriori riscontri, sarebbe davvero grave e chiarirebbe tante cose. Secondo il giornalista indipendente americano, dietro le tensioni sociali in Iran e nel cosiddetto Medio Oriente vi sarebbero i Rothschild, la famosissima e antica famiglia di origine tedesco-giudaica che ha letteralmente inventato il settore bancario e finanziario europeo alla fine del Settecento.

La Repubblica Islamica dell’Iran è il più grande stato del Medio Oriente la cui banca centrale non è controllata, direttamente o indirettamente, dai Rothschild. Sono ormai pochi gli Stati al mondo che hanno questa caratteristica: secondo il giornalista dell’AFP, prima dell’11 settembre 2011 erano otto gli stati che avevano una banca centrale indipendente dal Sistema bancario e finanziario “occidentale”. Libia, Afghanistan, Iraq e Sudan sono stati sconquassati da guerre e pseudorivoluzioni, e le rispettive banche centrali sono entrate nell’orbita della “Famiglia dallo Scudo Rosso” (Rothschild, dal tedesco antico). Cuba e Corea del Nord sono, con le dovute differenze del caso, gli ultimi baluardi di un socialismo reale novecentesco, baluardi che prima o poi imploderanno sotto i colpi di qualche sedicente rivoluzione colorata o si trasformeranno in qualcosa di più accettabile per il Sistema. Rimangono Siria e Iran. Vi dicono nulla? Ricordate le recenti “rivolte popolari” contro i governi siriano e iraniano? Ricordate le immagini dei popoli dotati di armi provenienti da altri Paesi? E l’ascesa di leaders improbabili, che si ritrovano improvvisamente avvolti dal sostegno popolare, da chi viene sponsorizzata? Per quanto concerne l’Iran in particolare, va notato quanto la struttura teocratica della società iraniana influenzi moltissimo anche le scelte economiche. L’Islam è una religione che condanna l’usura e l’addebito di interessi, cioè due dei fondamenti del sistema economico creato dai Rothschild e dominante in “Occidente”. E’ plausibile pensare che i Rothschild possano finanziare in ogni modo le opposizioni antigovernative iraniane, allo scopo di mettere le mani sulla Banca Centrale iraniana? E’ immaginabile che i Rotschild vogliano favorire rivolte o guerre civili allo scopo di sovvertire i governi attuali, imporre governi fantoccio costretti a indebitarsi e, di conseguenza, a non saldare mai il debito? Questa è la tecnica usata dai Rothschild fin da quando rilevarono la Banca d’Inghilterra nel 1815: non notate le similitudini, per non dire le uguaglianze, con i dettami imposti dal Fondo Monetario Internazionale?

Sono solo domande, alle quali non è possibile dare una risposta certa senza rischiare di essere tacciati di complottismo o di essere seguaci di Adam Kadmon, il misterioso personaggio della trasmissione Mistero. E’ però giusto, per non dire doveroso, porsi queste domande se si vuole cercare una chiave di lettura diversa, per non dire opposta, rispetto a quella proposta dai media filosistemici.
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martedì 25 febbraio 2014

Il falso bivio dell'Ucraina

Il mio articolo pubblicato su Insorgenza.it



Sono giorni che i mass media di tutto il mondo dedicano pagine di giornale, servizi di cronaca e trasmissioni di approfondimento sulla “Situazione Ucraina”.

Le immagini degli scontri tra apparati del regime filorusso di Yanukovic e i manifestanti europeisti della variegata e destrorsa Opposizione scorrono davanti ai nostri occhi, generando brividi sulla pelle e nelle anime. L’informazione liberale e sedicente democratica sta imponendo una chiave di lettura che non lascia spazio ad altre interpretazioni: l’Ucraina è di fronte ad un bivio.

Da un lato, il regime di Yanukovic (democraticamente eletto, ma la storia ci insegna che non basta vincere le elezioni per essere democratici), appiattito sulle posizioni della Russia putiniana ed economicamente dipendente dalla stessa; dall’altra, l’Europa liberaldemocratica e liberista, dove è possibile realizzarsi ed emanciparsi definitivamente dal giogo sovietico, che la caduta del famigerato Muro di Berlino non avrebbe intaccato più di tanto.

L’arcinoto “American Dream” dei decenni passati sta lasciando posto, soprattutto nell’orizzonte dei popoli dell’Europa orientale, al “Sogno Europeo”: entrambi da considerarsi effimere chimere, fondate su un sistema liberticida ed antidemocratico, globalizzante e – per questo motivo – nemico di ogni identità. Le lobbies economiche che determinano le politiche del cosiddetto Occidente (a est e a ovest dell’Atlantico) stanno spingendo affinché la situazione ucraina abbia un solo sbocco accettabile: la fine del regime filorusso di Yanukovic e l’instaurazione  di un regime filoeuropeo, sempre più liberista e “occidentale”, retto da una accozzaglia di nazionalisti, populisti e liberali. Il bivio di fronte al Popolo ucraino è de facto un falso bivio: la scelta non è tra la tirannide e la libertà, ma tra un padrone e un altro. Le pressioni che Germania, Francia e Polonia stanno facendo a Yanukovic non sono mosse da alcun intento umanitario, ma solo dal desiderio di accelerare sul sentiero della transizione, garantendo a Yanukovic una sorta di lasciacondotto per i suoi innegabili crimini. Il tutto nel quadro di un maggiore isolamento della Russia putiniana, con cui sarebbe sempre più facile fare affari a prezzo ribassato.

Ed ecco che si arriva alle notizie di queste ore: accordo siglato tra governo ucraino e opposizione; liberazione della Timoshenko (la quale aveva detto che “con Yanukovic non si tratta, chi lo fa è da considerarsi un traditore”); governo di unità nazionale; limitazione dei poteri del presidente e ritorno alla Costituzione del 2004; amnistia per tutti i manifestanti.

Tutto finito, insomma. I cattivi hanno perso e i buoni hanno vinto. Adesso un radioso futuro si apre all’orizzonte dell’Ucraina.  Un raggiante Sol dell’Avvenire. N’ata vota.
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Amarezza



'O core mio batte insieme a''o tuoj.
L'uocchie nuosti guardano 'o stesso cielo,
eppure stamm luntano, io e te.

Strofa unica di tre versi in endecasillabi sciolti.
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lunedì 24 febbraio 2014

Secciate per Napoli-Genoa



'A lengua d''o Trilussa
stanno parlanno 'e secce:
"Er Napoli stravince, 
glie romperete er culo
ar Genoa! Sicuro!"

Settenari privi di rima, ma con assonanza ai vv. 2-3 e ai vv. 4-5. I primi due versi sono in Lingua Napoletana, gli altri tre in dialetto romanesco.
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domenica 23 febbraio 2014

Provano ad impedire la secessione della Catalunya

Il mio articolo pubblicato su Insorgenza.it



272 favorevoli, 43 contrari e una astensione. Con questi voti è stata approvata dal Congresso spagnolo una mozione, presentata dal partito Union Progreso y Democracia (UPyD), che impegna il Governo spagnolo al “rifiuto categorico” del “piano secessionista” messo in campo dalla Catalunya, che il prossimo 9 novembre è chiamata ad esprimersi con un referendum sull’eventuale indipendenza della Generalitat catalana.

Il Congresso vuole, con questo voto, mostrare i muscoli contro il movimento indipendentista catalano, il cui parlamento aveva dichiarato la propria sovranità un anno fa, e da allora aveva iniziato a mettere in campo tutte le iniziative atte a realizzare il referendum indipendentista. A favore di questa mozione hanno votato i deputati di UPyD, del Psoe (socialisti) e quelli del Partido Popular (Pp, centrodestra); contro hanno votato i nazionalisti catalani di CiU, quelli dell’Erc, Esquerra Plural, Pnb e gli indipendentisti baschi di Amaiur. La mozione approvata esorta il Governo spagnolo a utilizzare “gli strumenti della Costituzione e l’ordinamento giuridico nel suo insieme per garantire che si compia la legalità”.

Noi insorgenti non possiamo che schierarci contro questa infausta decisione presa dal Congresso spagnolo, che vuole solo tentare un estremo tentativo centralista per scongiurare gli eventuali esiti negativi del referendum indipendentista catalano. Una vittoria del “fronte indipendentista” in Catalunya darebbe maggior vigore alle altre istanze secessioniste (pensiamo ai Baschi), in un anno che prevede anche un referendum “autonomista” in Scozia. Barroso aveva detto, pochi giorni fa: “Una Scozia indipendente è fuori dall’Europa”. Chissà se l’Unione Europea sarà egualmente categorica anche nei confronti della ricca Catalunya.

I popoli europei, costretti in involucri liberticidi e antidemocratici quali sono gli Stati nazionali, oppressi anche dal cappio europeista, hanno deciso di ribellarsi e di liberarsi. Solo gli “ultimi giapponesi” del liberismo e del centralismo possono pensare di usare queste misure per fermare i movimenti di Popolo.
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sabato 22 febbraio 2014

Anche Bari avrà un candidato sindaco identitario



Il Movimento Duosiciliano ha scelto non casualmente il portico del Teatro Piccinni di Bari, che fu costruito dal re Ferdinando di Borbone, per comunicare alla stampa il proprio candidato sindaco alle le prossime amministrative del Comune di Bari.

I ‘Briganti’ (così amano farsi chiamare gli attivisti più impegnati del Movimento Duosiciliano) hanno scelto di farsi rappresentare dal barese Michele Ladisa, il quale ha subito dichiarato che non farà accordi di nessun tipo con i vecchi partiti e non aderirà alle alleanze di centro-destra o centro-sinistra.Michele Ladisa detto Lillino, libero professionista, ha 60 anni, è sposato ed ha tre figli. È il Segretario Nazionale del Sindacato Autonomo Case Popolari. Da oltre un ventennio è impegnato sul piano politico nell’affermazione della ragioni e delle rivendicazioni del territorio e del popolo meridionale.

Vanta numerose battaglie a favore dei disagiati della città di Bari. Sempre equidistante da rigide posizioni ideologiche, Ladisa hapartecipato a varie competizioni elettorali, scegliendo indifferentemente le aree politiche sia di destra che di sinistra, purché favorevoli alla lotta per il sud.

Alle provinciali del 1999 Lillino Ladisa è stato determinante per la vittoria del centrosinistra, con Marcello Vernola presidente, per conto del quale ha assunto la carica di assessore al Patrimonio.

Negli ultimi anni, ritenendo superato il meridionalismo storico, ha individuato nel ‘Duosicilianismo’ la nuova frontiera per la rinascita del territorio a sud dello stivale.

Da una sua idea si è costituita la formazione del Movimento Duosiciliano, di cui ne è Segretario Politico. Il Movimento è apertamente alleato con altre formazioni politiche di pari o vicina posizione, come Insorgenza Civile di Napoli ed altri raggruppamenti indipendentisti.

Il Movimento Duosiciliano sarà presente alle amministrative baresi, a quelle di Campobasso, di Margliano (Na), Pompei, Nola, Mercato San Severino.

Tratto da Onda del Sud
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venerdì 21 febbraio 2014

Se si suicidano anche i colletti bianchi...

Il mio articolo pubblicato su Insorgenza.it



Li Junjie aveva 33 anni. Era un banker, un banchiere junior. Lavorava alla JP Morgan di Hong Kong. Si è buttato dal trentesimo piano del grattacielo dove stava facendo quella sorta di stage che tutti i banchieri junior devono svolgere.
Li Junjie è il terzo banker morto nelle ultime settimane, per suicidio o comunque per case legate all’incredibile stress e ai ritmi massacranti a cui sono costretti persino questi colletti bianchi in erba. Il mese scorso, infatti, un banker di 39 anni si era gettato dal tetto della sede londinese di JP Morgan (che adesso ha il poco invidiabile record di banchieri suicidi); poco prima, un top manager della Deutsche Bank era stato trovato morto nel suo appartamento. Causa del decesso: infarto da stress.

Secondo recenti sondaggi, gli istituti bancari d’affari impongono agli stagisti, che hanno in genere un’età compresa tra i 18 e i 25 anni, e ai banker, che sono di uno o due lustri più grandi, giornate di lavoro lunghe fino a 13-14 ore. Le ore settimanali di lavoro sono, quindi, non meno di 60, e possono arrivare persino a 90. Molto spesso questi ragazzi sono costretti anche a svolgere compiti poco qualificanti, e solo al fine di realizzare il sogno di un contratto da banker. Molti, però, non ce la fanno: il fisico, o soprattutto la mente, non riesce a sopportare sforzi così gravosi, e cede di schianto. Anche per questo, oltre che per la cattiva pubblicità, le principali banche d’affari stanno approntando interventi allo scopo di prevenire tali crolli psicofisici e conseguenti gesti insani: la Deutsche Bank concede 4 giorni liberi al mese durante i week end; Goldman Sachs ha annunciato la creazione di una task force atta a migliorare l’armonia tra vita privata e vita lavorativa dei dipendenti, e ha tagliato il lavoro nel weekend per gli analisti; Citygroup ha approntato politiche aziendali per migliorare la vita dei lavoratori; JP Morgan ha annunciato nuove assunzioni proprio per allegerire la mole di lavoro sulle spalle degli altri dipendenti.

Tutte queste misure, però, servono e serviranno sempre a poco, fino a quando il paradigma liberista, che impone ritmi massacranti di lavoro sia per i dipendenti più “umili”, sia per gli aspiranti “colletti bianchi”, non verrà abolito. Si, abolito: perché non è possibile correggere le storture di un sistema di organizzazione del lavoro che fonda la propria esistenza sul massimo sfruttamento delle risorse a disposizione, siano esse umane o naturali, economiche o culturali. Sfruttare al massimo per trarre il maggior profitto possibile: questo è il disegno folle di una ideologia folle, che ha ormai infettato Destra e Sinistra indifferentemente. Chi pensava che questa ideologia malata creasse problemi solo ai lavoratori di basso livello, la cosiddetta “manovalanza”, deve ricredersi: questi recenti suicidi dimostrano che nessuno è immune a questo virus economico, che ormai ha assunto i connotati del morbo esistenziale.

Quando i tempi di lavoro equiparano o addirittura superano i tempi di vita, l’Uomo smette definitivamente di essere tale. E diventa Schiavo.
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giovedì 20 febbraio 2014

Se io fossi San Gennaro - Federico Salvatore


Se io fossi san Gennaro non sarei cosi' leggero
Con i miei napoletani io m'incazzerei davvero
Come l'oste fa i conti dopo tanto fallimento
Senza troppi complimenti sarei cinico e violento

Vorrei dire al costruttore del centro direzionale
Che ci puo' solo pisciare perche' ha fatto un orinale
Grattacieli di dolore un infarto nella storia
Forse e' solo un costruttore che ha perduto la memoria

Nei meandri dei quartieri di madonne e di sirene
Paraboliche ed antenne sono aghi nelle vene
E nei vicoli dei chiostri di pastori e vecchi santi
Le finestre anodizzate sono schiaffi ai monumenti

E' come sputare in faccia ai D'angio' agli Aragona
Cancellare via le tracce di una Napoli padrona
E' lo sforzo di cagare dell'ignobile pappone
Sulle perle date ai porci da Don Carlo di Borbone

E' percio' che mi accaloro coi politici nascosti
Perche' solamente loro sono i veri camorristi
A cui Napoli da sempre ha pagato la tangente
E qualcuno l'ha incassata con il sangue della gente

E per certi culi grossi il traguardo e' la poltrona
E per noi poveri fessi basta solo un Maradona
E il miracolo richiesto di quel sangue rosso chiaro
Lo sa solo Gesu' Cristo che quel sangue e' sangue amaro

Lo sa il Cristo ch'e' velato di vergogna e di mistero
Da quel nobile alchimista principe di Sansevero
E con lui lo sa Virgilio il sincero Sannazzaro
Giambattista della Porta che il colpevole e' il denaro

E nessuno dice basta per il culto della festa
E di Napoli che resta sotto gli occhi del turista
Via i vecchi marciapiedi che hanno raccontato molto
Pietre laviche e lastroni seppelliamoli d'asfalto...
...l'appalto

Ma non posso piu' accettare l'etichetta provinciale
E una Napoli che ruba in ogni telegiornale
Una Napoli che puzza di ragu' di malavita
Di spaghetti cocaina e di pizza margherita

Di una Napoli abusiva paradiso artificiale
Con il sogno ricorrente di fuggire e di emigrare
E di un popolo che a scuola ha creato nuovi corsi
E la cattedra che insegna qual'e' l'arte di arrangiarsi

Io non posso piu' accettare l'etichetta di terrone
E il proverbio che ogni figlio e' nu bello scarrafone
E mi rode che Forcella e' la kasba del furbone
Che ti scambia con il pacco uno stereo col mattone

Se io fossi San Gennaro giuro che vomiterei
La mia rabbia dal Vesuvio farei peggio di Pompei
E poiche' c'ho preso gusto con la scusa del santone
Io ritengo che sia giusto fare pure qualche nome

Chiedere a Pino Daniele che fine ha fatto terra mia
Siamo lazzari felici quanno chiove 'a pecundria
Napule e' 'na carta sporca Napule e' mille paure
Ma pe' chhiste viche nire so' passate 'sti ccriature

Da Pontano a Paisiello Giulio Cesare Cortese
Da Basile a Totonno Petito fino a Benedetto Croce
Da Di Giacomo a Viviani poi Caruso coi Parisi
Da Toto' ai De Filippo fino a Massimo Troisi

C'e' passato Genovesi e Leopardi con orgoglio
La romantica Matilde e il mattino di Scarfoglio
Filangieri Cardarelli tutto l'oro di Marotta
C'e' passata la madonna che ora vedi a Piedigrotta

Un Luciano De Crescenzo Bellavista di Milano
E Sofia che da Pozzuoli oggi parla americano
Un Roberto De Simone che le ha preso pure il cuore
Ora cerca di sfruttarala Federico Salvatore

Ma non posso tollerare chi si arroga poi il diritto
Di cambiare e trasformare tutto cio' che e' stato fatto
Di chi vuol tagliar la corda con la vecchia tradizione
Di chi ha messo nella merda la cultura e la canzone

Io non posso sopportare che un signore nato a Foggia
Porta Napoli nel mondo e la stampa lo incoraggia
E che il critico ha concesso al neomelodico l'evento
Di buttare in fondo al cesso Napoli del novecento

Perche' ancora io ci credo e mi incazzo ve lo giuro
Che Posillipo e Toledo li divide un vecchio muro
Come quello di Berlino che ci spacca in due meta'
Uno e' figlio 'e bucchino l'altro e' figlio 'e papa'

Se io fossi San Gennaro giuro che mi vestirei
Pulcinella Che Guevara e dal cielo scenderei
Per gridare alla mia gente tutto cio' che mi fa male
E finire da innocente pure io a Poggioreale

Perche' come Gennarino sono vecchio in fondo al cuore
La speranza Iervolino puo' lenire il mio dolore?
Io ho capito che la vita e' solo un viaggio di ritorno
Che domani e' gia' finito e che ieri e' un nuovo giorno

Sembra un gioco di parole ma mi sento piu' sicuro
Coi progetti dal passato e i ricordi del futuro
E alla fine del mio viaggio chiedo a Napoli perdono
Se ho cercato con coraggio di restare come sono
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mercoledì 19 febbraio 2014

Renzi e la passione italiota di perdere tempo



Facciamo il punto.
La direzione del PD vota un documento che sfiducia Letta, il quale va al Quirinale e dà le dimissioni irrevocabili, impedendo un voto di sfiducia palese (e dichiarandosi "uomo delle istituzioni" invece che "uomo di partito"... chi vuol capire, capisca).
Napolitano SI SORPRENDE e non sa cosa fare: inizia le consultazioni di TUTTI i partiti presenti in Parlamento. I ben pagati collaboratori e consiglieri di Napolitano non hanno pensato di suggerirgli direttamente il nome di Renzi? Tutto il Mondo sapeva che sarebbe toccato al sindaco di Firenze, ma Napolitano ha voluto perdere ore, giorni, in inutili consultazioni.
Dalle consultazioni esce il nome di Renzi (ma va?), il quale SI SORPRENDE per questo incarico e accetta con riserva. CON RISERVA??? Si, perchè prima deve farsi un giro di consultazioni (e stiamo a due...) con gli altri partiti per sentirsi dire quello che TUTTO IL MONDO già sapeva: la maggioranza che lo sosterrà sarà la stessa che ha sostenuto Letta. Intanto passano altri giorni totalmente inutili, mentre la gente continua a suicidarsi o scende in piazza (sessantamila piccoli imprenditori e artigiani a Roma, e ancora non si sono mossi gli operai...).
Arriviamo ad oggi: dopo aver flirtato con Berlusconi, aver subito gli affondi di Beppe Grillo e aver consultato il PD (partito di cui è SEGRETARIO,  e che pochi giorni prima ha votato un SUO DOCUMENTO con una maggioranza schiacciante), è salito al Colle per comunicare a Napolitano che sabato scioglierà la riserva. SABATO??? Ci vogliono due giorni di riflessione personale per decidere se accettare o meno l'incarico?

Ovviamente no. Renzi deve passare i prossimi due giorni a chiudere la lista dei ministri e comunicarla, in via segreta, ai potentati economici che lo sostengono, così questi potentati avranno tempo di organizzarsi e speculare in borsa. Venerdì alle 17 la borsa sarà chiusa... e sabato mattina, MAGICAMENTE, Matteo Renzi saprà dirci se scioglie o meno la riserva.
Vogliamo scommettere?
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lunedì 17 febbraio 2014

Renzi's italian job

Il mio articolo per Insorgenza.it



Renzi silura Letta come D’Alema silurò Prodi. Andare a Palazzo Chigi senza essere eletti (nel caso di Renzi, senza nemmeno essere deputati).

Come vede il Mondo questa ennesima “fregatura all’italiana”? Basta sfogliare le pagine o navigare sui siti dei principali organi di stampa esteri per scoprirlo. L’ironia regna sovrana, a cui viene aggiunto quel pizzico di cattiveria che insaporisce da sempre i giudizi dei giornalisti europei e mondiali.

Chi tratta con serietà la questione dell’avvicendamento a Palazzo Chigi tra il pisano Letta e il fiorentino Renzi, si divide in un bivio: c’è chi evidenzia l’ennesimo episodio di instabilità politica italiana e chi, al contrario, sottolinea i tratti gattopardeschi di questo “Italian Job”. Tutto deve cambiare, affinché nulla cambi? Beh, l’avvento di Renzi pare proprio rispondere a questo principio (che, in alcuni club di potere, diventa una vera e propria necessità).

Il Wall Street Journal dice che “il premier italiano si dimette dopo l’ammutinamento” del suo partito. Con freddezza e distacco, il WSJ fa capire che la notizia sposta davvero poco: va data perché va data, ma i lettori del principale quotidiano finanziario statunitense possono stare tranquilli sulla continuità delle politiche sociali ed economiche in Italia… 

Geniale il titolo dello spagnolo La Razon: “Renzusconi fulmina Letta e lo costringe alle dimissioni” ponendogli contro tutto il suo partito. ABC sottolinea che quello di Renzi sarà “il terzo governo in due anni”, sottolineando l’instabilità della situazione italiana. Mentre il Financial Times e El Pais pongono l’accento sulla fragilità della coalizione che ha sostenuto il Governo Letta e che sosterrà il Governo Renzi, El Mundo fa notare che “Renzi forza le dimissioni di Letta” per andare al governo senza elezioni. La Voz dice semplicemente che Letta rinuncia ad essere primo ministro, mentre City A.M. sottolinea la “crisi dei politici italiani”, di cui le dimissioni forzate di Letta rappresentano solo l’ennesimo episodio.  La Vanguardia chiama Renzi “emergente leader italiano”; El Periòdico evidenzia “il nuovo episodio di instabilità politica a Roma”: si consuma un’altra guerra nella “Izquierda italiana” (la Sinistra italiana, perché per molti il PD è ancora un partito di sinistra…), e il sindaco di Firenze “sarà il nuovo Primo Ministro e aspira a governare fino al 2018″.  Ottimista, invece, è Les Echos, che parla di Renzi come di “un nuovo uomo forte in Italia per accelerare le riforme”. E gli svizzeri? Oltre ad essere sempre più convinti del risultato referendario sull’immigrazione, sottolineano con ironia le vicissitudini italiche. Addirittura Il Corriere del Ticino commenta la rottamazione di Letta come “la spallata del maschio Alfa”…
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domenica 16 febbraio 2014

'A paura fa 90 - La tradizione del Lotto



Il gioco della tombola fu ideato a Napoli intorno al 1735 al tempo del famosissimo padre predicatore domenicano Gregorio Maria Rocco (Napoli, 4 ottobre 1700 †Napoli, 2 agosto 1782); tale frate domenicano, molto noto sia tra il popolo che a corte, si prodigò a Napoli e provincia in opere di assistenza e di apostolato per alleviare la sofferenza di poveri ed emarginati e combattere il vizio in tutte le sue forme e facendo leva sulla grande la considerazione che gli veniva attribuita indusse nel sovrano Carlo di Borbone [(Madrid, 20 gennaio 1716 – †Madrid, 14 dicembre 1788) che fu, con il nome di Carlo I, dal 1731 al 1735, duca di Parma e Piacenza e poi dal 1735 al 1759 re di Napoli e Sicilia senza numerazioni; avrebbe dovuto essere Carlo VII secondo l'investitura papale, ma non usò mai tale ordinale), e dal 1759 fino alla morte re di Spagna con il nome di Carlo III (Carlos III) nome con cui fu poi ricordato anche a Napoli che gli intitolò la piazza antistante la costruzione di cui qui di sèguito dico.

Il padre domenicano Gregorio Maria Rocco, dicevo, indusse nel sovrano Carlo l’idea della costruzione del Real Albergo dei Poveri (1751-1829) su progetto dell'architetto Ferdinando Fuga (Firenze, 1699 – †Roma, 1782), per dare ricovero ai diseredati. Notissima poi la sua l'iniziativa dell'illuminazione delle strade napoletane, fino allora inesistente, per contrastare i banditi che sul far del buio assaltavano i viandanti.

La situazione già critica al tempo del vice regno spagnolo, si era fatta insostenibile dappoiché s’era dimostrato persino vano il tentativo di illuminare le strade con delle lampade ad olio che venivano subito rimosse dai malintenzionati; il padre Rocco ricorse allora ad un gesto astuto; facendo leva sul sentimento religioso popolare, aveva fatto apporre immagini sacre sui muri delle case,soprattutto su quelle ai cantoni delle viuzze e vicoletti, sollecitando i fedeli ad accendere a sera uno o piú lumini innanzi alle effigi; se ne ricavò una illuminazione stradale insufficiente forse, ma funzionale che mantenne il suo scopo fino a tutto il 1° Gennaio 1817 con le prime tracce del gas a Napoli allorché il re Ferdinando I Borbone (Napoli, 12 gennaio 1751 –† Napoli, 4 gennaio 1825) concesse a Pietro Andevel di Montpellier un "privilegio" per fornire la città di un’illuminazione a gas idrogeno. Ma non divaghiamo!

Torniamo al padre G.M.Rocco che nel 1735, adducendo l’immoralità del giuco del Lotto, ottenne da Carlo III che détto gioco (peraltro ammesso come monopolio del Regno per sostenere le casse dell’erario), fosse sospeso durante il periodo natalizio; il popolo ovviamente gradí poco il divieto e si organizzò in proprio, evitando altresí che il Lotto finisse nelle mani della camorra, ideando un giuoco familiare molto simile al Lotto, ma esente dal gravame fiscale, giuoco da farsi durante le festività natalizie in luogo del sospeso Lotto, gioco quest’ultimo molto praticato a Napoli e provincia sebbene fosse giuoco non originariamente partenopeo, ma fósse nordico, precisamente ligure e segnatamente genovese, la tombola. Del suo ideatore tal Cristoforo Taverna, mancano esatte notizie biografiche: chi lo dice milanese, chi genovese, ma tutti concordono sul fatto che fosse un banchiere che intorno al 1450 ideò un giuoco a premi (giuoco delle Borse), giuoco in cui v’erano sette premi (o borse) determinati mediante l’ estrazione a sorte di cinque numeri su novanta; gli originarî sette premi [che furono nell’ordine primo eletto (a Napoli primm’aletto) – estratto semplice( a Napolistratto) – situato – ambo – terno – quaterno (ma a Napoli quaterna come normalmente poi in uso ovunque) – cinquina] furono poi portati ad otto con l’introduzione di un’ottava borsa intermedia détta cadenza che premiava chi indovinasse la decina con maggior presenza nei cinque numeri estratti, ed il giuoco dell’otto borse divenne giuoco del lotto o piú semplicemente lotto), nelle tombole domestiche si sostití la borsa della cadenza e fu premiato chi indovinasse quindici numeri (‘a chiena), per cui i premi del lotto domestico (tombola) furono nell’ordine primo eletto (a Napoli primm’aletto) – estratto semplice( a Napoli stratto) – situato – ambo – terno – quaterno (ma a Napoli quaterna come normalmente poi in uso ovunque) – cinquina – chiena.
Raffaele Bracale Brak, dal sito di Insorgenza.it

venerdì 14 febbraio 2014

Perchè Sardigna Natzione non parteciperà alle Regionali sarde



A poco meno di un mese dalle elezioni regionali, il fronte degli indipendentisti e sovranisti risulta ancora una volta frammentato e diviso. Da una parte il Psd’Az appoggerà nuovamente Ugo Cappellacci, da un’altra iRS, Partito dei Sardi e Rossomori appoggeranno Francesco Pigliaru; da un lato Fortza Paris, Unidos e Soberania appoggerano Mauro Pili e dall’altro Gigi Sanna è supportato dalla sua lista di movimento per la zona franca; poi ancora Meris portata da Cristina Puddu, la coalizione Sardegna Possibile che candida Michela Murgia e infine il Fronte Unidu Indipendentista supportato da Pierfranco Devias. In tutto questo marasma di liste che si richiamano all’indipendenza dell’isola, una delle più note e delle più storiche come Sardigna Natzione – Indipendentzia, non correrà per le elezioni. Le motivazioni di questa scelta le spiega, raggiunto da ‘Controlacrisi’, proprio il segretario nazionale Bustianu Cumpostu

Perché la mancata presentazione delle liste di Sardigna Natzione in occasione delle elezioni regionali? 
E’ stata una decisione politica. Abbiamo deciso di non presentarci per creare un trauma all’interno del mondo indipendentista che non è riuscito a riunirsi in una proposta univoca al fine di creare un soggetto politico che potesse essere realmente alternativo ai partiti italiani. Abbiamo tentato in tutti i modi, fino all’ultimo momento, fino anche ad arrivare alla presentazione di un simbolo in cui erano presenti altre liste; abbiamo offerto questa proposta alla coalizione Sardegna possibile, la cui candidata presidente è Michela Murgia, ma non è stato realizzabile. Una parte degli indipendentisti, poi, si è accodata al centrosinistra ma noi, indipendentisti storici, non potevamo seguirli. Abbiamo scelto questa volta di rimanere fuori dalla competizione elettorale e di non dare indicazione di voto, quindi dire alla gente di votare strettamente i lavoratori e i rappresentanti delle imprese della Sardegna che si candidano all’interno delle liste sparse: dai zonafranchisti alle liste indipendenti. 

Riguardo al simbolo che avevate presentato, insieme ad iRS, perché il progetto con Gavino Sale non è andato in porto?
Loro hanno fatto la scelta di appoggiare la coalizione di centrosinistra, noi non potevamo seguirli in questa scelta. Noi siamo indipendentisti sardi…

E col Fronte Unidu Indipendentista, nessuna trattativa? 
Il Fronte Unidu fa un’analisi di classe dell’indipendentismo. Esso ha lanciato, intanto, il progetto in maniera unilaterale: quando gli è stato chiesto di metterlo in condivisione non lo ha voluto fare e poi ‘ha aperto i gulag’ perché “a Manca Pro s’Indipendentzia” ha creato il Fronte ma dentro non ci voleva iRS, non ci voleva il PSd’Az , non ci voleva Sardigna libera e non ci voleva nemmeno il Partito dei sardi. Al suo interno voleva solo Sardigna Natzione ma come ospite, non come condivisore del progetto politico! Il progetto era il loro e non si sono neanche presentati alle assemblee di confronto che abbiamo avuto: hanno snobbato tutto. Il Fronte aveva il suo progetto e dovevano decidere loro del proprio destino. Un progetto così non potrà da sua parte! È un progetto che rimane vecchio, perché pensano che la questione nazionale di un popolo sia soltanto una prerogativa della gente di sinistra, ma il popolo tutto subisce l’umiliazione della sudditanza: non è che coloro che stanno a sinistra subiscono una sudditanza maggiore rispetto a quelli di destra o di centro. Noi siamo un popolo normale in cui c’è gente di tutti i tipi. Se dividiamo il popolo con dinamiche interne e non capiamo che, invece, il confronto della Natzione Sarda con lo Stato Italiano è una dinamica esterna, abbiamo già perso in partenza: stiamo mettendo come obiettivo non l’indipendenza bensì la lotta all’indipendenza.

Dunque, l’indipendentismo deve poter essere trasversale all’interno del popolo sardo? 
Ma è normale! Perché se non sei trasversale hai già perso! O rispondiamo come popolo con tutta la forza che esso può avere, sennò abbiamo già perso.

Quindi, non ci sarà, da parte di Sardigna Natzione, neanche un’indicazione di voto? 
Noi non diamo indicazione di voto perché non c’è un progetto. Ad esso ci abbiamo lavorato tanto, parecchio e se noi dessimo indicazione di voto a questo o quel candidato, vuol dire che quello è il progetto da noi condiviso, ma non è così! Pensiamo, invece, ad un soggetto collettivo, che venga da un cervello collettivo dell’indipendentismo, che sia condiviso. Anche facendo passi indietro, da parte di tutti: io sono leader di questo movimento dal 1995, prima c’era Angelo Caria, ma tutto il processo ha radici da Su Pobulu Sardu. Ho vissuto tutte le fasi, da SardignaColonia all’autodeterminazione, poi alla dichiarazione di indipendenza. C’è stata tutta una fase di maturazione che è avvenuta anche a partire dai rapporti instaurati coi baschi, coi catalani, coi corsi: ci siamo sentiti patrioti della stessa patria, delle patrie oppresse.

Prima faceva riferimento al Psd’Az e agli indipendentisti all’interno del centrosinistra. I sardisti hanno compiuto più di una giravolta: prima in consiglio con il Pdl e Cappellacci, poi le trattative con la Barracciu e il centrosinistra e ora di nuovo centrodestra. Sembra quasi uno schiaffo all’indipendentismo… 
Ma no, assolutamente! Il Psd’az non sta facendo altro che fare quello che sta facendo Jordi Puyol (Presidente della Generalitat de Catalunya) in Catalogna! Certo, con tutte le particolarità del caso per cui Puyol non entrava nella proposta organica della coalizione ma faceva accordi di governo ex-post, certo che era anche diversa la legge elettorale. Comunque sia, il Psd’Az è inserito nella logica di Puyol: non si pongono il problema di centrodestra o centrosinistra. Questo delle giravolte e del voltagabbanismo, è un ragionamento proprio della cultura politica italiana. Se ragioniamo attraverso quei sistemi, allora sì: i sardisti sono dei voltagabbana; se ragionassimo con altre categorie, quelle di un popolo oppresso, il Psd’Az fa accordi con chi gli conviene, superando gli steccati sul fatto di essere di destra e di sinistra. Anche perché, poi, queste categorie coincidono: sono uguali! In Sardegna, non c’è alcuna differenza fra destra e sinistra.

Tratto da ControLaCrisi

"Le Due Sicilie non erano arretrate". Quando gli alunni correggono i prof italioti.



Il Sud «arretrato», praticamente barbaro e subalterno al Nord. Le risorse economiche quasi nulle in un territorio praticamente sottosviluppato prima dell'Unità d'Italia. E' questo il quadro che il libro «Chiedi alla Storia» - autori Amerini e Roveda, edito da Bruno Mondadori - adottato dalla terza classe della sezione C della scuola media «Alfonso Gatto» di Battipaglia, traccia del Mezzogiorno prima dell'arrivo di Garibaldi. Un falso storico per gli alunni. Che hanno deciso di approfondire gli studi, iniziare una serie di ricerche storiografiche per smontare questa tesi e denunciare il fatto. E così è stato.
Tutto è iniziato, come racconta il Mattino, quando i ragazzi hanno studiato il 13 capitolo del libro. Dove il Sud è rappresentato, all'epoca dei Borbone, con un quadro a tinte fosche. Tant'è che secondo gli autori il Regno d'Italia fu costretto a sobbarcarsi il deficit del Regno delle due Sicilie.
Gli alunni hanno recuperato gli atti della Conferenza internazionale di Parigi del 1856, che assegnava al regno dei Borbone un premio per lo sviluppo industriale, e hanno fatto riferimento alla quotazione della Borsa parigina che prima del 1860 premiava la rendita dello stato napoletano. Ed ancora, tra i tanti documenti, i ragazzi hanno fatto riferimento a una lettera del 1899 dello storico Giustino Fortunato che rilevava le «floridissime condizioni» del Meridione prima dell'unificazione.
Dai professori e dal preside è arrivato un plauso all'attività dei ragazzi della III C. Non solo per lo studio. «Purtroppo - ha detto Fortunato Ricco, dirigente della Gatto - molti manuali di storia inquadrano le tappe preunitarie in ottica di sudditanza del Sud. bene hanno fatto gli studenti a evidenziare queste ombre».

Dalle Calabrie, la lezione di Acquaformosa



In Calabria c’è un paesino di poco più di mille abitanti, il suo nome è Acquaformosa ed è sconosciuto ai più. Anche il sindaco di questo paesino è un uomo che è sconosciuto ai più ma meriterebbe di essere una celebrità, quantomeno per quello che fa ogni giorno per il suo paese e  i suoi abitanti.
Ad Acquaformosa circola una valuta particolare, il suo nome è Turrese ed è una valuta “solidale”, come la definisce il primo cittadino Giovanni Manoccio: sono banconote che riportano da una parte e dell’altra i volti di Ernesto Che Guevara e dell’eroe albanese Giorgio Castriota Scanderbeg (Acquaformosa è infatti uno dei 27 paesi della Calabria di minoranza Arbereshe).
Sulle banconote vi è stampata una scritta tratta dal testo de Il ritorno di Paddy Garcia dei Modena City Ramblers:

Non combatto per servire una bandiera, 
ma per lo sguardo stupito e gli occhi dolci dei bambini.

A questo punto della storia, però, è necessario compiere un piccolo passo indietro e spiegare lo speciale rapporto che Acquaformosa ha con il concetto di solidarietà. Il comune, nel 2011, vince il bando SPRAR con il quale si aggiudica la gestione del “Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati”.
Da allora Acquaformosa diventa l’isola “felice” per tutti i migranti che approdano a Lampedusa dopo i lunghi viaggi della speranza nel Sahara, cosicché oggi il comune calabrese conta al suo interno fra i 50 e i 60 rifugiati, di 12 etnie e 4 religioni diverse.
Da qualche tempo a questa parte, ai migranti che vivono all’interno di Acquaformosa, il comune (anche grazie all’intervento economico statale previsto dal progetto SPRAR) destina ogni settimana 100 Euro di sussidio. O meglio: 80 Euro in buoni alimentari e 20 in monete solidali, in Turresi. Questi ultimi sono spendibili solamente nel territorio comunale di Acquaformosa e solamente per attività ludico-ricreative, “in questo modo cerchiamo di equilibrare la vita di queste persone” – dice un po’ troppo modestamente il sindaco Manoccio – “e di favorire l’integrazione con la comunità di Acquaformosa”, aggiungiamo noi.
Per dire, Acquaformosa è anche quel paese che nel 2009, sempre grazie al sindaco Manoccio, decise per l’installazione di pannelli recanti la scritta “Comune deleghistizzato”; è anche il paese di quella signora che, quando la Kyenge venne a vistarlo, ci rimase davvero male perché la ministra non poteva portarsi via il cesto pieno di melanzane e pomodori che le aveva appena preparato.

Tutta questa umanità in soli 1170 abitanti.
Ma chi l’ha detto che le politiche sociali sono una prerogativa del nord del mondo?

Tratto da Il Resto del Caffè
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Essere meridionalisti oggi



La scorsa settimana il quotidiano Repubblica ha pubblicato un video che ha suscitato in poco tempo un tam tam di repliche sui social network. Una telecamera di sorveglianza ha registrato lo scippo di una donna nel Centro Storico del Capoluogo campano ad opera di un giovane alla guida di un motorino, nella semi-indifferenza dei passanti. Solamente un ragazzo, non italiano, avrebbe aiutato la donna e tentato di rimediare al borseggiamento.
I commenti del web sono stati immediati e molti di questi si sono sostanziati in accuse ed offese ai passanti, colpevoli di non aver aiutato la donna, ed ai napoletani in genere: “camorristi”, “gentaglia”, “rovina dell’Italia”. Un reportorio vario e ripetitivo.
Il pregiudizio nei confronti delle popolazioni del Sud ha una lunga storia: già pochi anni dopo l’Unità d’Italia, il Nord ricco e sviluppato si contrapponeva al Sud considerato arretrato e tradizionalista, attraverso fenomeni di discriminazione dei meridionali. E’ questo il periodo nel quale nasce a Torino, cuore del regno d’Italia, il Museo Lombroso o Museo di Antropologia Criminale: appoggiandosi alle teorie della razza, gli studi di Lombroso sostenevano la differenziazione dell’Italia in razze e l’appartenenza delle popolazioni del Sud alla razza “negra ed africana”, considerata inferiore e più incline al crimine ed al vagabondaggio.
Questo retaggio storico ha continuato ad adombrare dei toni del razzismo le migrazioni interne degli abitanti del Sud verso il Nord nei primi decenni del secondo dopoguerra, sino a culminare nei famosi “non si affitta ai meridionali”.
Un passato che sembra non riuscire definitivamente a passare e che ancora oggi alimenta discussioni sul Sud, su Napoli, sui meridionali. In risposta a queste tendenze storiche sono nati nelle città del Sud diversi gruppi meridionalisti, il cui obiettivo principale risiede nella “rivendicazione dell’identità del popolo napoletano” contro un sistema statale che “sfrutta e discrimina il Sud”e che spesso viene paragonato ad un nuovo colonialismo. La particolarità dei movimenti meridionalisti, che rimangono comunque molto diversificati fra loro, è la considerazione dello Stato italiano come di un invasore e la necessità di “liberare” le popolazioni del Sud.
Mediaxpress ha intervistato Donato Meoli, responsabile del gruppo Giovani di Insorgenza Civile.

Cosa significa essere meridionalisti nell’era della globalizzazione e della crisi economica?
Rispetto alla globalizzazione significa riuscire a determinare un futuro che rispecchi in coerenza ed in continua evoluzione le proprie tradizioni, rispetto alla crisi economica, riuscire a difendersi dalla devastante omologazione massificante facendo appello ai propri punti di forza. Un popolo che conosce se stesso non teme crisi economiche, un popolo che segue la via scelte da altri con una economia scelta da altri, rischia sempre delle crisi economiche.

La messa in discussione dell’Unità d’Italia è solitamente il punto di partenza delle riflessioni meridionaliste. Quale credete sia l’utilità di ‘rispolverare’ il Risorgimento nell’attuale situazione politica?
Innanzi alla scelta Unità d’Italia o disoccupazione strutturale dei nostri figli, credo che ripartire dalla verità storica sulla propria storia e quindi comprendere come nasce la disoccupazione al sud, cioè con l’Unità, sia solo un punto di partenza.
Sulla seconda parte della domanda , non saprei che rispondere, noi non ‘rispolveriamo’ il Risorgimento, ma lo studiamo senza i filtri agiografici dell’italianizzazione, proprio per comprendere come siamo arrivati alla situazione drammatica di oggi.

Sostenete un progetto di indipendenza del Sud?
Sosteniamo tutti i progetti che possono ridare al nostro popolo la propria sovranità, in linea con tutti i popoli europei che hanno capito che gli Stati-Nazione sono falliti. Troppo piccoli per i grandi problemi, troppo grandi per i piccoli problemi.

Credete che l’Indipendenza possa essere la soluzione ai nostri problemi?
I nostri problemi nascono con l’annessione forzata ad un modello di sviluppo imposto e non in linea con le nostre tradizioni: risolvere i nostri problemi significa sciogliere quel nodo scorsoio che è stata per noi l’annessione risorgimentale.
L’Indipendenza ci permetterebbe di rompere tutti i trattati commerciali, economici e monetari contrattati a nostro nome da una casta oligarchica non eletta e con nessun mandato popolare, che oggi rappresentano il vero problema di tutti i popoli Europei.

Quali sono i vostri rapporti con i movimenti neo-borbonici?
Cordiale amicizia.

Non credete che sostenere il ritorno della Monarchia sia una posizione anacronistica e forse controproducente ai fini della rilevanza della “questione meridionale”?
La scelta Monarchia o repubblica di per sè non offre nessuna garanzia di risoluzione delle problematiche imposte attraverso crisi cicliche ed ad orologeria dalle lobby finanziarie internazionali. La forma costituzione di per se , in merito alla questione Meridionale che nasce per l’applicazione di un sistema di sfruttamento differenziato tipico delle colonizzazioni moderne, è altrettanto ininfluente.
Noi siamo Insorgenti, quindi  tendenzialmente repubblicani . Però rifiutiamo il binomio semplicistico monarchia uguale arretratezza, anche perché dovrebbe essere applicato anche all’Inghilterra che è tutt’ora una monarchia. A me sinceramente tutte le moine che i media “progressisti” hanno fatto alla nascita del Royal Baby, hanno fatto ridere.

Parlate spesso di rivendicazioni identitarie del Popolo napoletano contro il sistema delle banche e dei padroni. Ma non è una battaglia che dovrebbero far tutti, da Nord a Sud? O addirittura in tutta Europa?
Tutti respirano, ma ognuno respira in maniera ed in quantità differente. Il fatto che tutti i popoli hanno perso la sovranità monetaria e la possibilità di incidere e di decidere liberamente nelle scelte di politica commerciale internazionale, non significa che tutti i popoli reagiscono o reagiranno alla stessa maniera.
Rispondere ad un problema imposto dalla modernità giacobina, cioè alla globalizzazione ed al dominio della finanza imposta in maniera uguale tutti, per tutti ed in tutto il mondo, presupponendo una battaglia uguale e contraria è proprio quello che l’alta finanza vuole.
Il nemico è lo stesso, ogni popolo reagirà coordinandosi con gli altri, nella maniera e nella misura che riterrà giusto. Ma presupporre che ci sia un solo modo di reagire uguale per tutti, sostituirebbe semplicemente un dominio mondialista con un altro.

Tratto da Media X Press

giovedì 13 febbraio 2014

Insorgenza lo aveva detto. Le Iene confermano.



Questo è il video delle Iene, realizzato dallo stranamente ottimo Lucci.
Questo è l'articolo dell'insorgente Floriana Tortora, di qualche giorno fa.

Quello che segue è, invece, l'articolo di Nando Dicè alla luce del servizio delle Iene:

Ieri sera un servizio di Enrico Lucci alle Iene sull’altra verità in merito allo scippo avvenuto in un vicolo di Napoli, presunto scoop di Repubblica, da noi ampiamente contestato.
Un video che ha aperto subito un dibattito feroce sul web.
Ora le Iene sono sempre jene e nelle jene non c’è coerenza, ma solo istinto del branco, verso prede deboli isolate, morenti. E si sa, l’odore della “morte” attira l’audience italiano.
E’ però evidente che se la Vera Napoli non avesse reagito, al punto di essere aggressivissima contro la diffamazione giornalistica standard denominata Sputtanapoli, le Iene avrebbero sbranato un cadavere morente. Ma Napoli non è morta e quindi quando una jena si accorge di questo che fa? È costretta a dire la verità e lo dice da jena, col sorriso maligno di chi sghignazza innanzi al “pasto mancato”.
Ma ogni jena, deve mangiare, deve portare il servizio giornalistico a casa e quindi dopo le varie reazioni dei napoletani sui servizi scandalosi dedicati alla presunta indifferenza di Napoli, avviene il miracolo.
La jena Lucci, ridendo ridendo, dice la verità. Certo: la dice come chi non è abituato a parlare bene di Napoli, pescando alla rinfusa i nomi e le azioni considerate “buone” su Napoli , mischiando Giacobini e Lazzari, Vico e Resistenza, Masaniello e Settembrini, e offrendoci una ricerca da terza media, in perfetto stile italico, ovviamente.
Ma alla fine dice quello che a noi interessa: era impossibile che quello che la maggior parte della stampa ha descritto fosse vero. Infatti non lo era. Non era vero che il popolo ha aiutato lo scippatore, non era vero che la gente non ha fatto nulla, non era vero che Napoli morente fosse acquiescente alla morte per inciviltà che l’Italia dei media auspica per Napoli.
E poi? E poi Benjamin su cui la jena ritorna jena… povero, emigrato, in cerca di lavoro, poverino ora deve pure preoccuparsi che “gli amici dello scippatore” lo puntino per una ritorsione. Logicamente il fatto che Benjamin fosse tutti i giorni li, dove era stato da prima dell’atto eroico, dovrebbe fugare ogni dubbio, avrebbe dovuto far ritenere inutile quella domanda, ma in fondo senza quella domanda che jene sarebbero? E poi? E poi il signore anziano che nonostante abbia cercato di fermare il mezzo e chiamato i poliziotti, si è visto accusare di “associazione solidale con gli scippatori” ma che invece reagisce e fa bene.
Potrei continuare a lungo, ma mi basta dire che lo scippatore era a detta dei testimoni in “pigiama”, sotto i chiari effetti della droga, che la signora rapinata continuava a dire “lasciatelo andare” e che la situazione era altamente confusa ed il tutto si è svolto in pochi minuti. Vorrei chiudere con qualche considerazione.
Le jene sono jene, ma gli sciacalli non mancano mai… e sciacallaggio è quello di chi per sputtanare i napoletani chiede la cittadinanza onoraria di Benjamin, sciacallaggio è non ricordare che per le strade di Napoli c’è l’esercito e nonostante tutto esistono gli scippi. Sciacallaggio e sputtanapoli è non sottolineare che le forze dell’ordine  hanno assicurato lo scippatore alla galera grazie alla denuncia dei napoletani.
Invece azzannata la preda e preso il boccone migliore, lasciano il cadavere alle jene… e poi parlano di vergogna.
Stavolta però la jena era sazia: e la verità, o almeno una parte di essa ha sputtanato lo sputtanapoli. Dandoci ragione. E lo sappiamo, fa male a chi non ha avuto il coraggio e mai l’avrà di difendere il suo popolo continuando a automassacrarsi masochisticamente.

Nando Dicè

E ADESSO CHIEDETECI SCUSA!

Addio, Lugano bella…

Il mio articolo, pubblicato su Insorgenza.it 



Partiamo dal principio: i cittadini di uno Stato sovrano si sono espressi su un tema fondamentale quale è l’immigrazione grazie ad uno strumento di democrazia diretta come il referendum. Non è cosa da poco, in questa Europa che impone trattati e politiche monetarie senza mai chiedere ai Popoli di esprimersi. Anzi, tutte le volte che i Popoli si sono espressi – sconfessando clamorosamente le decisioni degli eurotecnocrati – l’Unione Europea ha cambiato le carte in tavola, in puro stile italiano: ricordate il ministero dell’Agricoltura, abolito da un referendum popolare, e sostituito dal ministero delle Politiche Agricole?
Ora analizziamo i dati: ha vinto il fronte favorevole ad una limitazione dei flussi migratori con il 50,3%, mentre il fronte del NO ha raggiunto il 49,7%. In pratica, meno di 25mila voti hanno determinato la vittoria delle formazioni politiche euroscettiche e di destra (l’aggettivo “nazionalista” poco si addice ad una realtà come la Svizzera). Notevoli sono le differenze da cantone a cantone: in quelli di lingua francese hanno prevalso i NO, mentre nel Canton Ticino hanno stravinto i SI. Il contatto con i frontalieri lombardi ha decisamente stancato e infastidito i ticinesi, il cui partito politico – la Lega dei Ticinesi, una sorta di Lega Nord – è diventato famoso per i manifesti in cui i lombardi venivano rappresentati come topi. La Lega dei Ticinesi è stato tra i partiti maggiormente attivi nella campagna referendaria, insieme all’Unione Democratica di Centro.
La vittoria del “referendum antimigranti” (così è stato ribattezzato dai media europei di regime) è stata accolta negativamente dagli Eurotecnocrati, difensori a spada tratta del trattato di Schengen. Può sembrare paradossale, ma non lo è affatto: la libera circolazione delle merci è sempre stata anteposta alla libera circolazione degli individui, fin dagli albori di questa farsa chiamata Unione Europea; era facilmente pronosticabile che, invece di ampliare la libertà di circolazione delle persone limitando quella delle merci, i movimenti popolari avrebbero generato una reazione esattamente contraria. Così infatti è stato, e così sarà se si continuerà a seguire i dettami della globalizzazione capitalista fregandosene delle identità, delle specificità, dei territori. Questa Europa fa paura ai popoli e alle comunità. La sentono distante, quando va bene; nemica, quando va male. Come dargli torto? Un cittadino avverte la presenza dell’Europa sia quando si tratta di stabilire le quote latte o il numero di semini dentro le arance, sia quando vengono decise, a livello continentale e transcontinentale, le politiche regressive e liberticide in campo economico e sociale dei prossimi decenni. Per il resto, l’Europa è una utopia mai realizzata e, conservando le fondamenta liberiste e universaliste, sarà sempre più irrealizzabile. 
Il voto svizzero non va analizzato né giudicato utilizzando le categorie del progressismo e del conservatorismo, ma va considerato per quello che è: la reazione dei cittadini di un piccolo Stato nel cuore dell’Europa, i quali hanno osservato terrorizzati le immagini provenienti dalla Grecia, dalla Spagna e da Lampedusa. Cittadini che hanno appena cominciato ad avere la schiena ferita dalle frustate del Sistema Europa.  
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mercoledì 12 febbraio 2014

"Repubblica senza patria" - Intervento di Nando Dicè



Le lacreme napulitane di Balo e le accuse (infondate) di razzismo.



E’ un destino crudele quello del napoletano.. Ingiuriato per 153 anni, vessato e infamato in ogni angolo del “suo paese” e non solo, spogliato dei suo beni secolari, alla fine per gli americani è un razzista..
Lui, costretto a leggere “non si fitta ai meridionali”, “non entrano cani e napoletani” in qualche angolo del “laborioso” Nord.. A sorbirsi le ormai ventennali “menate” della Lega Nord (lo sanno cosa sia la Lega in America?).
A sentirsi dire di tutto in ogni stadio d’Italia ad “ogni maledetta domenica”, alla fine per due lacrime di un calciatore con degli evidenti “mal di pancia” personali, si sente definito addirittura razzista..
Senza considerare il giocatore in questione, di colore, bello, ricco e con una ex compagna, guarda caso, napoletana e una figlia (riconosciuta solo qualche giorno fa) anch’essa napoletana..
E dire che il popolo napoletano qualche anno fa, sognava addirittura un approdo di “SuperMario” in maglia azzurra, poi sfumato per i petroldollari degli sceicchi del “ManCity”.. Il che aveva portato ad un feeling particolare tra il calciatore ora in rossonero e la calda piazza partenopea..
Tornando ai fatti: tutto nasce dalla sostituzione al minuto 72.. Il neoallenatore rossonero Seedorf richiama in panchina il numero 45 rossonero Mario Balottelli che – una volta preso posto in panchina scoppia in un irrefrenabile pianto, inspiegabile a primo impatto, salvo poi trovare una prima spiegazione nel “tweet” di una nota giornalista/blogger americana di nome Mona Eltahawy, che appunto accusava in un primo momento la tifoseria azzurra di razzismo, il che sarebbe stato una vera vergogna..
Il tam-tam però rimbalza in rete a tempo record tanto da coinvolgere un sito vicino alla Casa Bianca addirittura! Infatti tale sito “@TheObamaDiary” retwittava il messaggio della Eltahaway.. Possibile? Ma è vero? Balotelli piangeva per dei presunti quanto inspiegabili epiteti razzisti piovuti sulla sua persona dagli spalti del San Paolo?
Il popolo napoletano, “popolo di mare” da sempre considerato popolo aperto e tollerante verso gli altri popoli che nei secoli sono approdati in riva al golfo, d’improvviso ululava come una tifoseria laziale o veronese qualsiasi?
Impossibile a dirsi e ancor di più a credersi e infatti era una bufala, partita stranamente d’oltreoceano..
Video caricati da blogger di fede partenopea e comunicato ufficiale della stessa SSC Napoli hanno smentito l’abbaglio della brava giornalista a stelle e strisce e di conseguenza anche chi, come al solito in “patria”, si è subito gettato sulle disgrazie della città di Totò, visto che la falsa notizia stava gia piombando come da prassi su siti e quant’altro vicini ai media italiani..
E’ risaputo ovunque, grazie anche alla “geniale” pubblicità che ci viene fatta sempre e soprattutto in “patria”, che Napoli ha i suoi bei problemi da risolvere, non ultimo il problema della ormai tristemente nota “Terra dei Fuochi” che in un tempo remoto gli Antichi Romani chiamavano “Campania Felix” (ovvero terra felice) e in un tempo relativamente più recente gli arretrati Borbone delle Due Sicilie “Terra di Lavoro”.
Quindi vorrà sperare lo sfortunato popolo di Partenope di passare ancora per vittima di razzismo e non come razzista.. Che sia un tricolore o delle “stars and stripes” a rendercene vittima, possiamo accettare e reagire a tutto, ma risparmiateci almeno l’accusa di razzismo: è una cosa ignobile che da 2.800 anni non è mai appartenuta a questo popolo straordinariamente tollerante.

Vincenzo Serio, tramite Insorgenza.it

Questo è il comunicato della SSC Napoli, apparso sulla propria pagina facebook:

 "In merito ad alcune argomentazioni apparse su Facebook secondo le quali Mario Balotelli avrebbe pianto ieri allo stadio a causa di presunti cori razzisti nei suoi confronti, il Napoli sottolinea che, come tutti i presenti allo stadio hanno potuto vedere, non PER APPROFONDIRESerie A Napoli, Benitez: «Il Napoli cresce». Higuain: «Mancava fortuna» Serie A Napoli: Higuain affonda il Milan e fa piangere Balotelli Serie A: Napoli-Milan, in fiamme un auto della polizia Benitez: "Il mercato che abbiamo svolto è stato molto buono" Benitez: "Complimenti ai miei giocatori" c'e' stato alcun coro razzista nei suoi confronti, cosi' come non c'e' mai stato alcun coro razzista al San Paolo nei confronti di nessuno".
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martedì 11 febbraio 2014

Tutto quello che non va nel decreto "Terra dei Fuochi"

Vi sottopongo due articoli molto interessanti, riguardanti il cosiddetto "Decreto sulla Terra dei Fuochi". Potrete notare le criticità di questo decreto, pensato male e realizzato peggio.
Nei prossimi giorni, su L'INSORGENTE sarà disponibile il testo integrale del Decreto, con le modifiche degli emendamenti.



Poteva il parlamento italiano convertire il decreto legge 136/13 (noto come Terra dei Fuochi ed Ilva) da noi ritenuto pessimo fin dal primo istante, peggiorandolo ulteriormente?

La risposta negativa sembrava assolutamente la più razionale delle opzioni. Il decreto licenziato dal Consiglio dei Ministri, prima ancora di passare alla Camera dei deputati ed arrivare blindatissimo al Senato, già appariva, nella sostanza, il tentativo goffo del governo e della politica romanocentrica di creare uno spot elettorale a futura memoria.

Come spesso accade, però, nelle italiche faccende ciò che era di per sé male è divenuto peggio con le modifiche approvate dagli illuminati parlamentari all’atto del passaggio alla Camera. La mera elencazione degli emendamenti incriminati non avrebbe lo stesso effetto che ha l’analisi del resoconto stenografico della seduta al Senato che mostra tutti gli aspetti patologici del sistema e del provvedimento. Sotto il primo profilo appare subito evidente l’affanno e l’imbarazzo col quale i senatori discutono di un argomento a loro, evidentemente, ignoto e di un provvedimento sul quale hanno avuto pochissimo tempo per deliberare.

Sotto il secondo abbondano le contraddizioni, persino negli interventi a favore da parte dei parlamentari della maggioranza. La cartina di tornasole dell’imbarazzante faccenda è già nelle parole del relatore Sollo che, in sede di relazione orale, da un lato superfeta il ruolo della criminalità locale sostenendo che il decreto riguarda “un’area che si caratterizza per lo sversamento illegale di rifiuti, anche tossici, da parte della camorra e, in particolare, del clan dei Casalesi” per poi fare riferimento alla particolare natura dei rifiuti ammettendo che “da molti decenni nelle campagne campane si sono verificati sversamenti di rifiuti industriali e di rifiuti tossici e nucleari provenienti dal Nord Italia e dal Nord Europa” senza, però, accennare, neanche minimamente, alla catena di correità che ha potuto (per cinque lustri) consentire a tali rifiuti di viaggiare, indisturbati attraverso lo stivale. Ancora il Governo, attraverso il suo imbarazzato relatore, dichiara che “secondo un rapporto dell’ARPA della Campania, un’area di 3 milioni di metri quadri, compresa tra i Regi Lagni, Lo Uttaro, Masseria del Pozzo-Schiavi (nel Giuglianese) ed il quartiere di Pianura della città di Napoli, risulterebbe molto compromessa per l’elevata e massiccia presenza di rifiuti tossici” senza spiegare come mai dallo screening medico della popolazione, introdotto con un emendamento alla Camera, vengano pretermesse la città di Napoli ed alcune zone del casertano come Terzigno.

Nemmeno spiega il Governo come, preso atto che “la Campania fosse destinata a diventare una discarica a cielo aperto, soprattutto di materiali tossici tra cui piombo, scorie nucleari e materiale acido, che hanno inquinato le falde acquifere campane e le coste di mare dal basso Lazio fino ad arrivare a Castel Volturno” il decreto si limiti alla mappatura dei terreni agricoli tralasciando quelli non agricoli e, soprattutto l’analisi delle falde acquifere.

Non spiega il Governo come, preso atto del ruolo della criminalità mafiosa nel ciclo dello smaltimento dei rifiuti illeciti, abbia potuto ritenere di approvare un provvedimento che deroga i controlli antimafia per le imprese impegnate nelle bonifiche del territorio. Si tratta, per inciso, di centinaia di milioni di euro (di provenienza comunitaria e sottratti all’agricoltura Campana) che rischiano di arricchire gli stessi soggetti (massoneria, politica, camorra) che hanno stuprato il territorio.

Non spiega il Governo la necessità di un provvedimento ad hoc così raffazzonato in vigenza del decreto legislativo 152/06 (chi inquina paga) di per sé sufficiente, sotto l’aspetto sanzionatorio, a garantire la posizione in capo agli autori dell’inquinamento degli oneri di bonifica. Verrebbe il sospetto che se ne sia evitata l’applicazione onde evitare che gran parte degli oneri fossero ricaduti sul tessuto industriale toscopadano e sullo stato complice attraverso le sue strutture di controllo corrotte. Non spiega il governo il senso di una mappatura a chiazza di leopardo con la costituzione di aree agricole no food senza esplicitare i modi ed i tempi della bonifica integrale dei luoghi. Imbarazzo. La sensazione è netta, violenta. Disgusta.

Il Governo ha trattato il problema con la fretta ansiosa di chi deve necessariamente nascondere una verità impronunciabile. Nella Terra dei fuochi è stato perpetrato uno scientifico genocidio di una popolazione inerme sacrificata sull’altare della tenuta economica del sistema imprenditoriale norditaliano attraverso l’abbattimento dei costi di smaltimento dei rifiuti speciali. Il Governo, se avesse minimamente approfondito il dibattito, o lo avesse favorito attraverso la piena discussione del provvedimento adottando, avrebbe dovuto rispondere alla domanda relativa ai quattro lustri di secretazione imposta dalla politica attraverso personalità ancor oggi ben salde nella sala dei bottoni, l’On.le Sig. Presidente della Repubblica in primis al tempo delle dichiarazioni si Schiavone Ministro degli Interni e fautore della segretazione.

Alessandro Cantelmo

In questa breve nota vorrei analizzare l’articolo 3 della legge in questione che è quello che introduce il reato di “combustione illecita di rifiuti”

La norma ha l’obiettivo di introdurre sanzioni penali per contrastare chi appicca i (fuochi) roghi tossici prevedendo uno specifico Reato – Delitto -“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata è punito con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni. Il responsabile è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento, anche in via di regresso, delle spese per la bonifica.”

Questo articolo si affianca all’art.256 del TUA (Testo unico ambientale), diventando l’art. 256 bis del predetto testo.

Ma cosa prescrive l’art 256 del TUA?

“Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 e’ punito:
a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.”

Poichè la combustione è sicuramente considerabile come uno dei tanti modi attraverso i quali è possibile smaltire il rifiuto, non appare molto chiara, nel merito, l’introduzione di uno specifico reato per il rogo (a parte per le sanzioni penali più dure).

Nel metodo la norma si rivela comunque incapace di affrontare il problema, allo stesso modo di quanto già fosse in precedenza l’art. 256 su menzionato. Non ci sembra infatti che questa norma abbia mai nemmeno lontanamente inciso nella direzione di una diminuzione dei roghi di rifiuti.

Si dirà, si però adesso è previsto uno specifico reato di combustione che permetterà di perseguire un reato che invece prima era affidato alla interpretazione e alla tenacia della Polizia giudiziaria e della relativa Autorità, per la possibile distinzione tra “smaltimento” e “combustione”.

Contestazione lecita, intendiamoci. Però bisogna tenere presente che la combustione illecita di rifiuti era già prevista nel D.L.172/2008 convertito dalla L.210/2008 emanato per fronteggiare “l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania”, normativa applicabile ancora oggi in tutti quei territori dello Stato Italiano qualora vi fosse dichiarato, ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225 in vigore dal Novembre 2008 al 31 Dicembre 2009, data in cui è cessato lo stato di emergenza in Regione Campania.

Il riferimento che si è fatto è all’art 6 del D.L. 210/2008 il quale prevede che “Nei territori in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti dichiarato ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225: chiunque in modo incontrollato o presso siti non autorizzati abbandona, scarica, deposita sul suolo o nel sottosuolo o immette nelle acque superficiali o sotterranee, ovvero incendia rifiuti pericolosi, speciali ovvero rifiuti ingombranti domestici e non, di volume pari ad almeno 0.5 metri cubi e con almeno due delle dimensioni di altezza, lunghezza o larghezza superiori a cinquanta centimetri, e’ punito con la reclusione fino a tre anni e sei mesi;

Lo stesso articolo alla lettera b prevede pene più severe se chi commette l’illecito riveste la qualifica di impresa o responsabile di enti. In tal caso è previsto:”i titolari di imprese ed i responsabili di enti che abbandonano, scaricano o depositano sul suolo o nel sottosuolo in modo incontrollato e presso siti non autorizzati o incendiano i rifiuti, ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee, sono puniti con la reclusione da tre mesi a quattro anni se si tratta di rifiuti non pericolosi e con la reclusione da sei mesi a cinque anni se si tratta di rifiuti pericolosi.”

Il reato di combustione illecita dei rifiuti era quindi già previsto dal D.L. 210/2008 in vigore in Campania fino al 31 Dicembre 2009 con scarsissimi risultati nel contrasto al fenomeno dei roghi di rifiuti, come confermato dalle statistiche rese disponibili dalle procure di Napoli e Caserta.

A questo punto si potrebbe obbiettare che il comma 2 della nuova legge metti a disposizione dei prefetti, qualora ne facessero richiesta e comunque non oltre il 31 Dicembre 2014, un contingente di massimo 850 unità di militari. Le risorse a disposizione per l’utilizzo del contingente militare impiegato nelle operazioni di controllo del territorio con funzioni di agenti di pubblica sicurezza (quindi con esclusione delle funzioni di polizia giudiziaria), vengono attinte da un fondo di cira 40 milioni di euro previsti dall’art.1, comma 264 della legge 27 Dicembre 2013, n.147. I 40 milioni di euro menzionati fanno parte di un fondo che serve non solo nei territori della Campania ma in tutte quelle realtà nelle quali per situazioni emergenziali i prefetti ne facciano richiesta.

Bisogna chiarire che l’impiego del contingente militare, con funzioni di pubblica sicurezza, era stato già previsto dalla legge 125/2008 e fino al 31 Dicembre 2009, comportando anche allora risibili risultati nella lotta al contrasto dei roghi e degli sversamenti abusivi di rifiuti.

Si tratta quindi, ancora una volta, di una misura emergenziale che non ha, per sua stessa natura, la capacità di scongiurare il ripetersi, alla fine del periodo emergenziale, degli atti criminali che pur dichiara di voler debellare. Anzi in verità la sua utilità nel perseguire il fine dichiarato è molto opinabile, da un’analisi dei risultati prodotti in passato, anche nel periodo di sua applicazione.

Cosa non prevede la nuova legge.

1) Innanzitutto il problema è mal individuato poichè non si fa riferimento esplicito alla problematica della filiera produttiva criminale che produce e alimenta la problematica degli sversamenti abusivi e dei relativi roghi.

Per esempio non si accenna alla possibilità di estendere il SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) anche ai produttori iniziali che non sono organizzati in enti o imprese e a tutti coloro che producono rifiuti urbani, ancorchè pericolosi.

Infatti l’articolo 188-ter del TUA (D.Lgs. n. 152/2006), così come modificato, dal D.L. n. 101/2013 e dalla legge di conversione n. 125/2013, limita l’obbligo di adesione al SISTRI a queste categorie di operatori economici:

a) enti o imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi.
b) enti o imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali pericolosi a titolo professionale.
c) enti o imprese che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti urbani e speciali pericolosi.

Sono quindi esclusi tutti i produttori non organizzati in enti o imprese e tutti i produttori, di qualsiasi natura, di rifiuti urbani, ancorchè pericolosi (Pile, batterie, vernici, pitture, colori, coloranti, inchiostri, olio esausto, mercurio, etc).

2) Non si fa riferimento alcuno alla ragione dello scarso controllo del territorio da parte delle forze preposte a questo fine. Ovvero il sottodimensionamento critico e sistemico delle forse di polizia sul territorio, le quali avrebbero urgente bisogno di maggiori finanziamenti ordinari e di un incremento del numero di personale.

3) Appare discutibile la scelta di stanziare 40 milioni di euro per gestire una situazione emergenziale quando invece ci sarebbe bisogno di metodi ordinari per il controllo del territorio. Oltre alla su citata possibilità di impiegare un numero maggiore di forze di polizia sarebbe certamente utile avvalersi dell’ausilio di droni, apparecchi sofisticati capaci di sorvolare il territorio senza essere individuabili. La comunicazione in tempo reale tra i droni e gli uffici di polizia renderebbe tempestiva la risposta delle forze dell’ordine rispetto a fenomeni di sversamenti abusivi e combustione di rifiuti senza il bisogno di impiegare fisicamente sul territorio un numero eccessivo di unità operative.

Per quanto fin qui analizzato ci sembra che il legislatore non riesca ad individuare le cause della problematica che si prefigge di contrastare, e quindi la legge approvata non appare capace, per quanto analizzato sopra, di conseguire la finalità per la quale è stata emanata.

Domenico Cuozzo