La scorsa settimana il quotidiano Repubblica ha pubblicato un video che ha suscitato in poco tempo un tam tam di repliche sui social network. Una telecamera di sorveglianza ha registrato lo scippo di una donna nel Centro Storico del Capoluogo campano ad opera di un giovane alla guida di un motorino, nella semi-indifferenza dei passanti. Solamente un ragazzo, non italiano, avrebbe aiutato la donna e tentato di rimediare al borseggiamento.
I commenti del web sono stati immediati e molti di questi si sono sostanziati in accuse ed offese ai passanti, colpevoli di non aver aiutato la donna, ed ai napoletani in genere: “camorristi”, “gentaglia”, “rovina dell’Italia”. Un reportorio vario e ripetitivo.
Il pregiudizio nei confronti delle popolazioni del Sud ha una lunga storia: già pochi anni dopo l’Unità d’Italia, il Nord ricco e sviluppato si contrapponeva al Sud considerato arretrato e tradizionalista, attraverso fenomeni di discriminazione dei meridionali. E’ questo il periodo nel quale nasce a Torino, cuore del regno d’Italia, il Museo Lombroso o Museo di Antropologia Criminale: appoggiandosi alle teorie della razza, gli studi di Lombroso sostenevano la differenziazione dell’Italia in razze e l’appartenenza delle popolazioni del Sud alla razza “negra ed africana”, considerata inferiore e più incline al crimine ed al vagabondaggio.
Questo retaggio storico ha continuato ad adombrare dei toni del razzismo le migrazioni interne degli abitanti del Sud verso il Nord nei primi decenni del secondo dopoguerra, sino a culminare nei famosi “non si affitta ai meridionali”.
Un passato che sembra non riuscire definitivamente a passare e che ancora oggi alimenta discussioni sul Sud, su Napoli, sui meridionali. In risposta a queste tendenze storiche sono nati nelle città del Sud diversi gruppi meridionalisti, il cui obiettivo principale risiede nella “rivendicazione dell’identità del popolo napoletano” contro un sistema statale che “sfrutta e discrimina il Sud”e che spesso viene paragonato ad un nuovo colonialismo. La particolarità dei movimenti meridionalisti, che rimangono comunque molto diversificati fra loro, è la considerazione dello Stato italiano come di un invasore e la necessità di “liberare” le popolazioni del Sud.
Mediaxpress ha intervistato Donato Meoli, responsabile del gruppo Giovani di Insorgenza Civile.
Cosa significa essere meridionalisti nell’era della globalizzazione e della crisi economica?
Rispetto alla globalizzazione significa riuscire a determinare un futuro che rispecchi in coerenza ed in continua evoluzione le proprie tradizioni, rispetto alla crisi economica, riuscire a difendersi dalla devastante omologazione massificante facendo appello ai propri punti di forza. Un popolo che conosce se stesso non teme crisi economiche, un popolo che segue la via scelte da altri con una economia scelta da altri, rischia sempre delle crisi economiche.
La messa in discussione dell’Unità d’Italia è solitamente il punto di partenza delle riflessioni meridionaliste. Quale credete sia l’utilità di ‘rispolverare’ il Risorgimento nell’attuale situazione politica?
Innanzi alla scelta Unità d’Italia o disoccupazione strutturale dei nostri figli, credo che ripartire dalla verità storica sulla propria storia e quindi comprendere come nasce la disoccupazione al sud, cioè con l’Unità, sia solo un punto di partenza.
Sulla seconda parte della domanda , non saprei che rispondere, noi non ‘rispolveriamo’ il Risorgimento, ma lo studiamo senza i filtri agiografici dell’italianizzazione, proprio per comprendere come siamo arrivati alla situazione drammatica di oggi.
Sostenete un progetto di indipendenza del Sud?
Sosteniamo tutti i progetti che possono ridare al nostro popolo la propria sovranità, in linea con tutti i popoli europei che hanno capito che gli Stati-Nazione sono falliti. Troppo piccoli per i grandi problemi, troppo grandi per i piccoli problemi.
Credete che l’Indipendenza possa essere la soluzione ai nostri problemi?
I nostri problemi nascono con l’annessione forzata ad un modello di sviluppo imposto e non in linea con le nostre tradizioni: risolvere i nostri problemi significa sciogliere quel nodo scorsoio che è stata per noi l’annessione risorgimentale.
L’Indipendenza ci permetterebbe di rompere tutti i trattati commerciali, economici e monetari contrattati a nostro nome da una casta oligarchica non eletta e con nessun mandato popolare, che oggi rappresentano il vero problema di tutti i popoli Europei.
Quali sono i vostri rapporti con i movimenti neo-borbonici?
Cordiale amicizia.
Non credete che sostenere il ritorno della Monarchia sia una posizione anacronistica e forse controproducente ai fini della rilevanza della “questione meridionale”?
La scelta Monarchia o repubblica di per sè non offre nessuna garanzia di risoluzione delle problematiche imposte attraverso crisi cicliche ed ad orologeria dalle lobby finanziarie internazionali. La forma costituzione di per se , in merito alla questione Meridionale che nasce per l’applicazione di un sistema di sfruttamento differenziato tipico delle colonizzazioni moderne, è altrettanto ininfluente.
Noi siamo Insorgenti, quindi tendenzialmente repubblicani . Però rifiutiamo il binomio semplicistico monarchia uguale arretratezza, anche perché dovrebbe essere applicato anche all’Inghilterra che è tutt’ora una monarchia. A me sinceramente tutte le moine che i media “progressisti” hanno fatto alla nascita del Royal Baby, hanno fatto ridere.
Parlate spesso di rivendicazioni identitarie del Popolo napoletano contro il sistema delle banche e dei padroni. Ma non è una battaglia che dovrebbero far tutti, da Nord a Sud? O addirittura in tutta Europa?
Tutti respirano, ma ognuno respira in maniera ed in quantità differente. Il fatto che tutti i popoli hanno perso la sovranità monetaria e la possibilità di incidere e di decidere liberamente nelle scelte di politica commerciale internazionale, non significa che tutti i popoli reagiscono o reagiranno alla stessa maniera.
Rispondere ad un problema imposto dalla modernità giacobina, cioè alla globalizzazione ed al dominio della finanza imposta in maniera uguale tutti, per tutti ed in tutto il mondo, presupponendo una battaglia uguale e contraria è proprio quello che l’alta finanza vuole.
Il nemico è lo stesso, ogni popolo reagirà coordinandosi con gli altri, nella maniera e nella misura che riterrà giusto. Ma presupporre che ci sia un solo modo di reagire uguale per tutti, sostituirebbe semplicemente un dominio mondialista con un altro.
Tratto da Media X Press
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