martedì 11 febbraio 2014

Draghi di Sistema



Riceviamo e pubblichiamo da Luigi Fasano:

Draghi è il grande privatizzatore che ha contribuito in prima persona a svendere tutto il patrimonio industriale e finanziario pubblico gettandolo nelle fauci del mercato privato italiano e internazionale con un costo sociale altissimo soprattutto in termini di occupazione. È l’uomo dell’alta finanza massonica internazionale da Soros, ai Rothschild, alla Goldman Sachs, “l’anima nera” dei “poteri forti” internazionali organizzati in associazioni di tipo massonico come Bilderberg e Trilateral alle cui converticole è stato spesso presente. Nel ’90 è consulente proprio della Banca d’Italia con Ciampi governatore, del quale si dice a tutt’oggi sia uomo fidato. Alla Banca d’Italia lavorava anche il padre di Draghi, Carlo, all’epoca di Donato Menichella. Nel 1991 diventa direttore generale del Tesoro. Negli stessi anni è membro del Comitato monetario della CEE e del G7, nonché presidente di Gestione Sace. Dal ’91 al ’96 è nel CdA dell’IMI e dal ’93 al 2001 presiede il Comitato per le privatizzazioni. Dal ’94 al ’98 è presidente del G10 Deputies. Al nome di Draghi si lega anche il nuovo testo per la finanza societaria, che passa alla storia, appunto, come Legge Draghi (DL 24 febbraio 1998 n. 58 ). In sostanza, per dieci anni, fino al 2001, Draghi resta alla torre di controllo dell’industria e della finanza pubbliche nonostante la giostra di ministri e di governi che si sono succeduti: dal governo Andreotti, che lo nominò la prima volta, a quelli Amato, Ciampi, Berlusconi, Dini, Prodi, D’Alema, ancora Amato e ancora Berlusconi.


Draghi sapeva che prima o poi i prodotti spazzatura, i derivati, avrebbero puzzato di marcio! e non ha fatto nulla! Un pò tutta la sinistra ha un senso reverenziale verso un personaggio, che di fatto, in qualità di vice presidente europa della Goldman Sachs, ha contribuito a diffondere e a promuovere, i così detti “prodotti spazzatura” , quei famosi derivati che stanno piegando e piegheranno l’economia mondiale. La P2 di Gelli a confronto è assolutamente meno di zero. Mario Draghi dal 16 gennaio 2006 è Governatore della Banca d’Italia, il primo con un mandato a termine di sei anni, rinnovabile una sola volta. Draghi è stato artefice delle più importanti privatizzazioni delle aziende statali italiane avendo ricoperto diversi incarichi nel Ministero del Tesoro durante gli anni novanta. Ha fatto parte del consiglio d'amministrazione di diverse banche ed aziende come Eni, IRI, Banca Nazionale del Lavoro e IMI. Ha introdotto la normativa per l'Offerta Pubblica di Acquisto e la scalata delle società quotate in borsa. Telecom Italia sarà la prima società oggetto di OPA, da parte dell'Olivetti di Roberto Colaninno, a iniziare la stagione delle privatizzazioni. A questa hanno fatto seguito la liquidazione dell'IRI e le privatizzazioni di ENI, della quale Goldman Sachs acquisì l'intero patrimonio immobiliare, ENEL, Credito Italiano e Banca Commerciale Italiana. Carriera internazionale [ Dal 1984 al 1990 è stato direttore esecutivo della Banca Mondiale. Dal 2002 al 2005 è stato vicepresidente per l'Europa, con incarichi operativi, di Goldman Sachs, quarta banca d'affari al mondo. Governatore di Bankitalia [ Il 29 dicembre 2005 è stato nominato Governatore della Banca d'Italia. Draghi è stato denominato "un vile affarista”; socio della banca d'affari americana Goldman Sachs" e responsabile della "svendita dell'industria pubblica italiana quand'era direttore generale del tesoro" L’Italia consegnata a Goldman Sachs Nel 2005 la banca d'affari Goldmans Sachs - la stessa che si è assicurata il dominio in Italia con Draghi governatore, e presto se lo assicurerebbe con Prodi premier - è stata la prima nel mondo come «consulente» in fusioni e acquisizioni (m&a). Mario Draghi a Bankitalia, proveniente dalla Goldman Sachs. Mario Monti uscente dalla Commissione, è stato assunto alla Goldman Sachs. Romano Prodi, futuro presidente del Consiglio, nella sua vita è entrato infinite volte a servizio della Goldman Sachs: era lì che trovava lavoro quando usciva dal settore pubblico italiano. Non sarà un conflitto d'interessi? E' la consegna dell'Italia ai poteri forti e alla banca d'affari americana. Abbiamo già dato in privatizzazioni Gioielli industriali dell'IRI, pagati mille volte dai contribuenti italiani, sono già stati svenduti tutti per un boccone di pane! Beniamino Andreatta: ministro. Nel governo Amato, al Bilancio; nel governo Ciampi agli Esteri, nel governo Prodi alla Difesa. Un coccolone ha impedito al Beniamino tecnocratico di ricoprire altri ministeri, di perfezionare i danni. Gli altri, purtroppo, sono vegeti e pronti. A consegnare l'Italia a Goldman Sachs. Nel settembre '93, alla privatizzazione della Comit fu incaricata di presiedere la Lehman Brothers; a quella del Credit, la Goldman Sachs. In verità Franco Nobili, il precedente capo dell'IRI, aveva dato quest'ultimo incarico alla Merrill Lynch; ma a quel punto Nobili era in prigione in attesa di giudizio per Mani Pulite (solo il tempo necessario: poi sarà prosciolto con formula piena), e comandava Prodi. Fu Prodi a dare l'incarico alla Goldman Sachs, «della quale era stato consulente fino a pochi giorni prima». (1) La Merrill Lynch, nel giorni in cui aveva l'incarico, aveva offerto alla Deutsche Bank il pacchetto di Credito Italiano in proprietà all'IRI per 6 mila lire ad azione. La Goldman Sachs fissò il valore del Credit a 2.075 lire per azione, meno della quotazione in Borsa, che era sulle 2.230 lire. Insomma vendette per 2.700 miliardi qualcosa che ne valeva almeno 8 mila. Un regalo quello che l'IRI sta facendo al mercato? Dal punto di vista patrimoniale è così! Prodi ne ha fatti, di regali. L'Italgel, 900 miliardi di fatturato, venduta per 437 alla Nestlé. La Cirio-Bertolli-De Rica (CBD), 110 miliardi di fatturato, valutata sui 1.350 miliardi, venduta a una finanziaria lucana mai sentita, la FISVI di tale Francesco Lamiranda, «appoggiato dalla sinistra democristiana della Campania» secondo Il Corriere. Un'asta ci voleva: non fu fatta. Bisognava vendere a questo Lamiranda. Pietro Larizza, allora capo della UIL, descrisse l'operazione così: «la FISVI acquista senza avere ancora i soldi per pagare; per formare il capitale necessario, vende una parte di ciò che ha comprato; per quel che rimane cerca ancora soci finanziatori per completare l'acquisto». «c'è il pericolo che privatizzazioni fatte in questo modo espongano pezzi del nostro apparato produttivo alle mire speculative e affaristiche». Era peggio di così. Un perito di nome Renato Castaldo scoprì che dietro lo sconosciuto Lamiranda c'era l'Unilever, la multinazionale olandese. «E' documentato che la Unilever», scriveva, ha «inviato offerte, condotto trattative dirette e indirette con l'IRI…predisponendo anche le clausole da inserire nel contratto» fra Prodi (IRI) e Lamiranda. L'Unilever? Prodi è stato consulente dell'Unilever dal '90 al '93, come consulente di vaglia, a decidere le acquisizioni. Ecco dov'è il miele che Goldman Sachs cerca. Ecco dov'è la linfa che trovano i grand commis nella Goldman Sachs. L'ape cerca i fiori, i fiori si volgono all'ape. ……
La Goldman Sachs Co. è sicuramente una delle banche d’affari private più potenti del mondo. Sorta nel 1869 a Manhattan (New York) grazie a due immigrati tedeschi: Marcus Goldman e Samuel Sachs. Mario Draghi è stato nominato governatore di Bankitalia, al posto del dimissionario Antonio Fazio. Mario Draghi è vicepresidente della Goldman Sachs per l’Europa (banca che s’incamera il Signoraggio monetario nazionale e una parte del Signoraggio europeo) e governatore. «Una scelta di alto profilo» dice Romano Prodi, “Una guida forte e sicura per Bankitalia” (Veltroni), in merito al nuovo capo di Palazzo Koch! E ci credo: il leader della sinistra è stato (e forse lo è ancora) consulente guarda caso proprio della Goldman Sachs (nonché presidente dell’Iri per ben due volte), e uno dei protagonisti della svendita italiana. In tredici anni decine e decine di grosse aziende nostrane passarono in mani straniere (per esempio Buitoni, Invernizzi, Locatelli, Ferrarelle, e moltissime altre). Quindi non è poi strano che Mario Draghi piaccia tanto a Prodi, anche perché la campagna elettorale di Romano è stata finanziata da una certa Linda Costamagna moglie di Claudio Costamagna, Amministratore delegato della Goldman Sachs per l’Europa! Ma allora…non è che questo colosso – membro della potentissima lobbies bancaria internazionale – ha tutte le intenzioni di privatizzare l’intero Stato, aprendo ulteriormente all’estero (alle sorelle) e controllando il sistema monetario del nostro paese? E poi come non preoccuparsi, se il nuovo controllore del sistema monetario e/o bancario (governatore di Bankitalia) italiano e il capo di un governo PRODI sono finanziati e controllati dalla stessa banca d’affari privata? 
Poi è la volta di Mario Monti strapagato dalla Goldman Sachs. Mario Monti, voluto da Giorgio Napolitano ( uomo della trattativa Stato-mafia, lavvode per mafia si intende anche quella finanziaria ), ex-commisario europero alla concorrenza, nuovo acquisto della banca d’affari Goldman Sachs – per uno stipendio «che non è stato reso noto», ma che non è sbagliato ritenere miliardario .
Varrà la pena di ricordare che la Goldman fu tra le capofila delle banche usurarie che vennero, a bordo del Britannia, lo yacht della regina d’Inghilterra Elisabetta II, a imporre i loro metodi per la privatizzazione dei gioielli dell’IRI. A quell’epoca salì sullo yacht anche Mario Draghi. I banchieri anglo-israeliti-olandesi fecero allora grandi affari e ancor più dal prossimo centro-sinistra al governo e con Monti. 
Il 2 giugno del 1992 il Governatore della Banca d’Italia Draghi, quindi, partecipa ad un incontro sulla nave inglese Britannia, in cui vengono illustrati i piani di privatizzazione delle industrie statali italiane ad alcuni dei maggiori personaggi della finanza (banchieri, finanzieri, manager italiani e statunitensi). Arrivò di fronte a Civitavecchia con tutti i banchieri della City a bordo (Warburg e Barclay, Coopers Lybrand, Barino, eccetera) a intimare le condizioni della finanza anglo-italiana sullo smantellamento delle partecipazioni statali. Una torta da 100 mila miliardi! Ci andò Mario Draghi, i dirigenti dell’ENI, dell’AGIP, dell’IRI, dell’Ambroveneto, del Creditoop, della Comit, delle Generali e della Società Autostrade. Ed altri personaggi “importanti” tra cui Rainer Masera, Giovanni Barzoli e Beneamino Andreatta. Quest’ultimo, sino a quando un ictus lo ha fermato, dopo quella crociera ha fatto molta strada ed è stato ministro nei governi Amato, Ciampi e Prodi. 
In quei giorni la Banca d’Italia bruciò, secondo le diverse stime, da 40.000 a 100.000 miliardi di lire, di fatto prosciugando le riserve valutarie della nostra Banca centrale. Per molto meno altri governatori, in altre parti del mondo, sono stati licenziati. Noi Ciampi, per premio, lo abbiamo mandato prima a Palazzo Chigi, poi al Quirinale e poi il presidente Napolitano lo ha messo nella Corte costituzionale!
Su quella nave era stata messa a punto e deliberata una strategia che doveva portare alla svalutazione della lira e alla completa privatizzazione delle partecipazioni statali italiane a prezzi stracciati grazie alla svalutazione. 
Ciò che avvenne a distanza di soli tre mesi, a settembre dello stesso anno ( settembre nero ) viene lanciato un attacco speculativo che porta a una svalutazione della lira del 30% ed al prosciugamento della riserva della Banca d’Italia con Ciampi ( direttore centrale Dini ) che arriva a bruciare 48 miliardi di dollari. Una crisi che portò anche allo scioglimento del Sistema Monetario Europeo (SME).
Ciò significa che da quel momento, gli stranieri che vogliono acquistare le industrie di stato e parastato italiane, potranno pagarle il 30% in meno.
Allora, si stabilì, di fatto, lo smantellamento del capitalismo pubblico italiano a prezzi stracciati. Guarda caso, tra i croceristi eccellenti c’era il finanziere George Soros, super finanziere d’assalto di origini ungheresi ma yankee d’adozione, a capo del “Quantum fund” (diretta emanazione del gruppo Rothschild) e protagonista di una incredibile serie di crack provocati in svariate nazioni, potendo contare su smisurate liquidità di diversa provenienza a volte ignota e oscura. 
Tanto per cambiare, l’operazione fu resa perfetta, grazie allo zampino dell’agenzia di rating Moody’s che declassò, senza leggere e scrivere, i Bot. Chi pagò caramente il crollo della lira, fu il risparmiatore italiano; guarda caso è la stessa agenzia che “valuta” lo spread.
E subito dopo si apre la stagione delle privatizzazioni: da Eni a Telecom, da Imi a Comit, al Credit, a Bnl. Passano in mano del mercato estero, oltre a buona parte del sistema bancario, i colossi dell’energia e delle comunicazioni, la Buitoni, Invernizzi, Locatelli, Galbani, Negroni, Ferrarelle, Peroni, Moretti, Perugina, Mira Lanza e molte altre aziende dei settori strategici. A governare lo smantellamento dell’Iri c’è Prodi col quale Draghi vanta un’antica amicizia e collaborazione nata nella frequentazione del Centro di studi economici bolognese Prometeia del DC Andreatta. 
Conflitto d’interesse: nel curriculum di Draghi pochi ricordano il curioso riacquisto di una fetta di Seat da parte della Telecom che l’aveva appena ceduta. O del fatto che si è reso conto dell’affare “Telekom Serbia” solo quattro mesi dopo che l’operazione era stata conclusa. O della vendita alla Goldman Sachs per tremila miliardi delle vecchie lire dell’intero patrimonio immobiliare dell’Eni appena un anno prima, nel dicembre 2000, di essere nominato vicepresidente guarda caso proprio della Goldman Sachs. Mario Draghi altro che “ottimo servitore dello Stato”! Piuttosto un ottimo servitore degli interessi speculativi dell’alta finanza e del capitalismo italiano e internazionale ( quanto se non di più del deposto Antonio Fazio dal quale lo distinguono solo le principali correnti e lobby politiche, economiche e finanziarie di riferimento che a volte agiscono in combutta, a volte in contrapposizione ). 18 gennaio 2006 il super potere forte Goldman Sachs : “L’Europa è in vendita, Goldman sta acquistando”. La statunitense banca d’affari è, senza ombra di dubbio, il vero centro di potere privato mondiale, che è scesa, ultimamente, più agguerrita che mai per fare shopping in Europa. Fondata nel 1869 a Manhattan, grazie a due immigrati tedeschi: Marcus Goldman e Samuel Sachs, oggi, è una vera forza “imperialista”.
Quanto all’Italia, Goldman Sachs è sbarcata da tempo. Nel 2000, in Italia, fece shopping e business, avendo al fianco il suo fondo Whitehall, nel ramo immobiliare. Comprò dall’Eni, in via di dismissioni di rami secchi, l’area immobiliare di 300 mila metri quadrati di San Donato Milanese per circa 3000 miliardi di vecchie lire, dove dovevano trasferirsi i locali della Rai di Corso Sempione. Fu il primo grande acquisto immobiliare, ma non l’ultimo. Infatti subito dopo ne fece altri, tra cui gli immobili della Fondazione Cariplo nonché, con un altro big Usa, Morgan Stanely, i patrimoni mattonari di Unin, Ras e Toro. Sul piano industriale, la Goldman Sachs è presente nel capitale di Pirelli Cavi, mentre, recentemente, ha fatto il suo ingresso nel fondo Management&Capitali di Carlo De Benedetti. Nel 2001, il neo governatore di Bankitalia, Mario Draghi, quando si dimise da direttore generale del Tesoro e da responsabile delle privatizzazioni, passò armi e bagagli alla vice presidenza della Goldman Sachs International. In quel periodo, la banca d’affari svolse il ruolo di “advisor” di Abn Amro e di Banco di Bilbao: la banca olandese ha comprato l’AntonVeneta e gli spagnoli la Bnl. 
Giuliano Amato: anche lui un coccolino dei “poteri forti” finanziari internazionali (promosso da Napolitano alla Corte Costituzionale). Basta a indicarlo il fatto che Amato, braccio destro di Bettino Craxi, viene miracolosamente esentato dalla bufera di Tangentopoli. In quel frangente, guarda caso, l’agenzia Moody’s – di punto in bianco, e senza che sia accaduto nulla di nuovo – “declassa” l’Italia, mettendola fra i paesi a rischio d’insolvenza. Risultato: lo Stato deve pagare interessi più alti sui Buoni del Tesoro, se vuole che qualcuno glieli compri. Lo Stato si dissangua; e poiché subito Soros lancia la speculazione sulla lira, tutto peggiora. È una manovra concertata fra Moody’s, Soros e i suoi banchieri di riferimento sono i Rotschild! 
Il nonno d’Italia ci esorta ad aver fiducia nella Patria. Chissà se ha sventolato il tricolore anche nella riunione del Bilderberg del 22-25 aprile 1993, che si riunì in Grecia e aveva il tema Italia all’ordine del giorno. Non lo sappiamo perché la riunione, come sempre, fu a porte chiuse. Certe fonti danno presente Ciampi a quella riunione. Erano presenti anche Gianni Agnelli coi suoi fidi: Mario Monti, Antonio Meccanico, Tommaso Padoa Schioppa, Renato Ruggero. Patrioti anche loro. Ma di quale patria? Il fatto è che, dopo quella riunione del Bilderberg, Ciampi fa una mossa delle sue: “internazionalizza” il debito pubblico italiano, fino a quel momento prevalentemente interno. È una scelta grave e non necessaria. All’epoca gli italiani, coi loro risparmi, comprano volentieri i Bot. Per lo Stato, è un vantaggio enorme: perché s’indebita coi suoi cittadini (a cui può chiedere “sacrifici”, ossia di pazientare a farsi pagare gli interessi) e nella sua moneta, la lira, che può stampare a volontà. Invece, Ciampi offre i Bot sui mercati finanziari esteri. Dove gli interessi dovrà pagarli in dollari, ossia in una valuta su cui non ha il controllo e che non può stampare quando vuole. Di fatto, mette il debito italiano nelle mani della grande finanza – le solite Goldman Sachs, Warburg, Barclays – e alla mercè delle “valutazioni” delle agenzie cosiddette “indipendenti” come Moody’s. La mossa di Ciampi riduce l’Italia nella situazione di un paese del terzo mondo; e senza alcuna necessità. Ecco la storia passata. I lorsignori che tornano al comando dell’Italia Questi vogliono ancora svendere qualcosa: patrimonio pubblico e beni demaniali. Occhio alle larghe intese di destra e di sinistra, di centro e di sotto e di sopra.

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