Il mio articolo pubblicato su Insorgenza.it
“La crisi è alle spalle”, tuonava trionfale Enrico Letta pochi giorni fa, di ritorno dal viaggio negli Emirati Arabi per elemosinare qualche spicciolo e per rassicurare le lobbies transanazionali. Forse ha dimenticato di aggiungere “… per il Nord Italia, che è l’unica zona che ci interessa, mentre il Sud sta sempre più inguaiato”.
Il Rapporto Censis pubblicato pochi giorni fa conferma, una volta di più, che il Sistema Italia s.p.a. privilegia, anche in tempo di crisi, i territori e le popolazioni del Centro-Nord rispetto a quelle del Mezzogiorno. Va notato, però, che nel Centro Italia vengono considerate anche regioni come il Lazio e l’Abruzzo che in parte o totalmente sarebbe più giusto considerare Sud, sia per motivi storico – culturali sia per affinità economiche.
Andiamo a sviscerare un po’ di dati del Rapporto Censis: negli anni 2007 – 2012 il Sud ha perso il 10% di Pil a prezzi 2012, mentre il Centro-Nord ha perso il 5,7%; se confrontiamo i Pil in termini reali, al Sud abbiamo una contrazione del 6,1% mentre al Centro-Nord è del 4%; la popolazione del Sud è diminuita del 1,1%, mentre quella del Centro-Nord è addirittura aumentata dello 0,3%; gli occupati al Sud sono scesi del 5,1 % mentre quelli del Centro-Nord sono aumentati (!!!) dello o,1% (da considerare che, se a questi dati sottraiamo i territori del Lazio meridionale e degli Abruzzi, avremmo un incremento occupazionale al Centro-Nord ben superiore!).
Per capire la dimensione della disuguaglianza che il Sistema Italia, da oltre un secolo e mezzo, continua a produrre sia in tempi di crescita che in tempi di crisi, confrontiamo alcuni dati con quelli delle altre nazioni europee: il Centro-Nord ha un reddito pro-capite di 31.124 €, simile a quello della Germania (la nazione più ricca d’Europa), che arriva a 31.703 €; il Sud ha un reddito pro-capite inferiore ai 18 mila euro, inferiore persino a quello della Grecia (18.500€); l’Italia ha 7 regioni con un reddito pro-capite inferiore ai 20 mila euro, peggio di Spagna (6), Francia (4) e Germania (1); l’Andalusia, ciò la penultima tra le regione spagnole in termini di ricchezza (l’ultima è l’Extremadura), se la passa meglio di Campania, Calabria, Sicilia e Basilicata.
Tornando all’Italia, dobbiamo evidenziare che nel Mezzogiorno sono a rischio di povertà 39 famiglie su 100 a fronte di una media italiana del 24,6%, mentre è materialmente povero il 26% delle famiglie del Sud, a differenza del 15,7% delle famiglie della media italiana del 15,7%. Nonostante si spendano più soldi al Sud per l’istruzione, la dispersione scolastica delle regioni del Mezzogiorno rimane altissima. Come mai, si chiederebbe un leghista? Semplice: se fai investimenti a pioggia, senza una programmazione reale e progressiva, in territori dove vi è grande povertà e grande disoccupazione, rendi inefficace ogni intervento in quanto i giovani perdono totalmente fiducia nella possibilità di avere un lavoro tramite una adeguata istruzione, e abbandonano gli studi. Cominciamo a ridurre la povertà (anche infrastrutturale) ed occupazionale del Sud… poi vedremo se i giovani continueranno a non andare a scuola o cominceranno a laurearsi come quelli del Centro-Nord (se invece parliamo solo di diplomi superiori, il Sud ha già superato il Centro-Nord!).
Concludiamo questo amaro quadro parlando di lavoro: sui 505.000 posti di lavoro persi in Italia dall’inizio della crisi, tra il 2008 e il 2012, il 60% ha riguardato il Sud(oltre 300.000); il 33% dei giovani del Sud non riesce a trovare lavoro, a differenza del 25% dei giovani del Centro-Nord; le giovani donne disoccupate o inoccupate al Sud raggiungono il 40% (!!!), mentre la disoccupazione femminile nel Mezzogiorno è al 19%, mentre nel resto della penisola italica è all’11%.
Serve altro per capire che, sia in tempi di crescita che in tempi di crisi, il Sud starà sempre peggio del Centro-Nord se si rimane all’interno del Sistema Italia?
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