giovedì 6 febbraio 2014

Per i giudici italioti Bassolino è innocente. Ma solo per loro.



Ci sono molti retropensieri che vengono in mente leggendo le 300 pagine di motivazioni della sentenza che ha portato all’assoluzione di Bassolino e Impregilo. La prima, antecedente alla pubblicazione della sentenza, è che c’è chi sta lavorando alla nuova verginità – e dunque alla nuova discesa in campo – dell’ex sindaco di Napoli e presidente della Regione Campania. Lui, oggi, del resto, si incazza col Pd che non se lo fila, che non lo difende. Ci crediamo: la situazione è ai limiti dell’imbarazzante. Ma tant’è, queste sono ipotesi, maliziose, ma senza concreto fondamento che non la chiacchiera da bar web.

Quello che invece è concretamente inquietante è la lettura delle motivazioni dalla quale si evince che l’emergenza rifiuti sarebbe stata causata dalle “troppe resistenze”.
Secondo i magistrati furono i cittadini in piazza contro le discariche e gli inceneritori a far fallire il Ciclo mentre i componenti del Commissariato straordinario “intendevano perseguire lo scopo dell’interesse pubblico e di fronteggiare il problema, drammatico, dello smaltimento dei rifiuti in Campania”.

I componenti del collegio (presidente Maria Adele Scaramella, consiglieri Giuseppe Sassone e Antonia Napolitano Tafuri, tutti e tre estensori) analizzano dunque con queste parole le causa di un’emergenza che in alcuni momenti è stata drammatica. In quasi trecento pagine dal contenuto molto tecnico, i giudici del «processo Bassolino» spiegano i motivi per cui, lo scorso 4 novembre, hanno assolto con formula piena tutti gli imputati. «Nel processo — si legge nella sentenza — è emerso che fin dalla sua nascita il progetto di gestione del circuito dei rifiuti ha trovato enormi e preconcette ostilità ideologiche, politiche e sociali da parte delle popolazioni e — spiace dirlo — di rappresentanti delle istituzioni che hanno ostacolato ogni sua fase e ne hanno determinato il fallimento con le conseguenze ambientali che sono sotto gli occhi di tutti».

Qualcuno, maliziosamente ma non troppo, deduce che i giudici, in sostanza, stiano lanciando un monito per il futuro: nessuno dovrà opporsi a un nuovo inceneritore e, magari, alla presenza dell’esercito o di un eventuale piano per le bonifiche. Probabile. Ciò che però è inaccettabile e che noi cittadini siamo considerati a seconda della convenienza, causa e effetto dell’emergenza rifiuti o della terra dei fuochi. Bravi a crearla, nel bene e nel male. Magari protestando per l’inceneritore ma stando zitti quando ci sversavano i rifiuti. Come fossimo utili idioti. Tutti dottor Malaussene. Capri espiatori, sempre e comunque.

“Ritiene il giudice di poter serenamente affermare, all’esito dell’istruttoria, che lo scopo che in via primaria gli imputati della struttura commissariale intendevano perseguire era l’interesse pubblico e di preminente rilievo di fronteggiare il problema drammatico dello smaltimento dei rifiuti in Campania” dice ancora la sentenza. “E’ una tragica realtà il disastroso tentativo di smaltimento dei rifiuti in Campania negli anni in contestazione, problema purtroppo non risolto compiutamente, se non in minima parte. All’esito dell’istruttoria dibattimentale, però, è possibile affermare che esso non era conseguenza nè di illecite condotte degli imputati, nè di inidoneità tecnica, nè di una disorganizzazione nella gestione degli impianti”, sostengono i magistati. “Ciò che non funzionava non erano gli impianti, ma il fatto che il ciclo dei rifiuti come era stato organicamente ed efficacemente ideato, non era stato compiutamente posto in essere, essendo monco sia della fase iniziale, ovvero la raccolta differenziata, che come visto non si attestava affatto nei limiti ipotizzati, ovvero il 34 per cento, ma rimaneva invece su percentuali bassissime, come confermato dai numerosi sindaci escussi nel dibattimento”. L’accusa sosteneva che il dimensionamento degli impianti era indipendente dalla raccolta differenziata e dalla componente del rifiuto in ingresso, “ma deve affermarsi invece che la qualità del rifiuto conferito influiva irrimediabilmente l’attivita’, in quanto era di pessima qualità”.
E di chi è la colpa della cattiva gestione della differenziata? Manco a dirlo: anche questa dei cittadini.
Insomma anche i giudici si accodano.

Siamo soli. Senza nessuna istituzione che si preoccupi davvero dell’unica cosa di cui ci si dovrebbe occupare: la nostra salute e il nostro futuro, compromessi da questo sistema, che ogni giorno si conferma massacrante, speriamo non in modo irrimediabile.

Lucilla Parlato, tratto da Insorgenza.it
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