martedì 4 febbraio 2014

"Vendesi balcone di Garibaldi", e Napoli si sfoga contro l'omm 'e mmerd



La notizia nei giorni scorsi era su tutti i quotidiani di Napoli: l’appartamento dal quale Giuseppe Garibaldi si affacciò per proclamare l’Unità d’Italia è in vendita. Trattasi, raccontano i quotidiani locali, di immobile assolutamente di pregio — al piano nobile di palazzo Doria d’Angri, in piazza Sette Settembre — per il quale si sarebbero già fatti avanti alcuni compratori. Complessivamente si tratta di 1050 metri quadrati che occupano tutto il primo piano dell’edificio. Affaccio, dunque, su piazza Sette Settembre — dove si trova appunto il balcone di Garibaldi — su via Sant’Anna dei Lombardi (dove per ironia della sorte c’è la sede di Insorgenza, la nostra sede… ) e su via Toledo. Soffitti affrescati, una infilata di saloni, atmosfera di grande effetto, per la “modica” somma di 4 milioni e mezzo.

Nessun giornale però ha raccolto le reazioni del web alla notizia. Reazioni forti e molto polemiche, come quelle sulla pagina facebook del Mattino: oltre 200 i commenti sotto la notizia della vendita, nel post pubblicato il 1 febbraio, che dimostrano ormai una realtà. Quella che la verità storica ormai è diffusa sempre più. Per cui Garibaldi non è un eroe ma il mandatario della colonizzazione. Un nemico, insomma.

C’è chi invoca l’abbattimento “per quello che ha fatto”, chi la disinfestazione, chi dice “appicciatelo”, chi si augura nella sua trasformazione in cesso pubblico, chi in una casa chiusa per dare un messaggio simbolico, chi fa riferimento all’inizio della nostra fine, chi lo prende direttamente a parolacce.

E ancora, c’è chi scrive che quella proclamazione rovinò il Sud Italia, chi vorrebbe che non fosse mai arrivato il giorno di quel proclama, chi definisce Garibaldi un bandito che ci ha defraudati e saccheggiati che non merita né un posto in cronaca né la glorificazione storica, maledicedolo, chi dice che la decisione dell’unità fu una decisione economica presa da poteri economici di cui Garibaldi fu solo l’esecutore materiale, chi lo chiama Caino dedicandogli un poema in cui si racconta del suo patto con Liborio Romano che significò trasformare la camorra, fin’ora malavita disorganizzata, in Sistema. E i rarissimi che difendono l’Italia, nei commenti, vengono mangiati vivi e chiamati “italioti”.

Ci sono anche ipotesi che ci piacerebbero se non fossero utopiche: c’è chi dice che qualcuno dovrebbe comprarla e dichiarare da lì la secessione. E, ancora,  c'è chi inveisce imputando a Garibaldi le ruberie sulla nostra terra e gli omicidi dei nostri fratelli. Chi spera nell’abbattimento anche della statua di Garibaldi nella stazione centrale. E non mancano nemmeno commenti in lingua, “mà pecchè nun te ne stiv a Caprera pè cazz tuoi?” e molti “Nun se putev jetta’ d’a copp abbasc?”.

Insomma di tutto. Ho letto tutti i 237 commenti (e in due casi sui cinque che hanno difeso Garibaldi, soli cinque su 237, non ce l’ho fatta a trattenermi, intervenendo a mia volta).
Ho letto di tutto di più.

L’unica cosa di cui ho trovato pochissima traccia sono proprio i meridionalisti. Ma non è una polemica, sia chiaro, anzi. E’ una cosa che mi ha sorpresa e rafforzata. Non solo perché ormai la verità storica è una consapevolezza generale e popolare, che cresce sempre più. Ma anche perché tra quei commentatori l’aria di nostalgismo mi è sembrata pochissima. Piuttosto una gran rabbia che mi pare crescere e una voglia di riscatto per la nostra terra, che accendono speranze per il futuro.

Lucilla Parlato, da Insorgenza.it

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