lunedì 3 febbraio 2014

Armi chimiche siriane al porto di Gioia Tauro: il popolo continua a dire no.



Ormai ci siamo. Quella che sta per cominciare sembra essere la settimana decisiva per l’arrivo delle armi chimiche del regime siriano nel porto di Gioia Tauro per l’avvio del processo di smaltimento.

Dal 4 al 8 febbraio ogni giorno è quello buono per l’arrivo della nave Ark Futura dal porto di Latakia che stipa nelle sue stive le armi chimiche del regime di Assad e la nave speciale della marina militare Usa Cap Ray che dovrà procedere alla dismissione dell’arsenale tramite il processo di idrolisi.

Mentre si avvicina il giorno dell’arrivo delle armi cresce la tensione nella piana di Gioia Tauro. Il presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti negli ultimi giorni ha provato a gettare acqua sul fuoco parlando di un trasbordo delle armi da una nave all’altra che avverrebbe in mare senza interessare la banchina. Rassicurazioni che però non sono servite a placare gli animi dei cittadini di Gioia Tauro e della piana.

Sabato scorso sono centinaia di persone sono hanno preso parte alla manifestazione di protesta contro l’arrivo delle armi chimiche. Tra le 500 e le 600 persone, nonostante una pioggia battente che ha colpito la cittadina calabrese per tutta la giornata, sono hanno sfilato dal municipio di Gioia Tauro fino a San Ferdinando proprio a ridosso delle banchine di quello che è il più grande porto di trasbordo europeo. Presenti alla manifestazione anche i 33 sindaci dei comuni della Piana di Gioia Tauro ed il presidente della Provincia di Reggio Calabria Giuseppe Raffa. Tra i promotori della manifestazione il Coordinamento Portuali SUL di Gioia Tauro che ha coinvolto nella manifestazione le forze dell’associazionismo e del terzo settore della zona oltre alle associazioni ambientaliste e diverse forze politiche.

“Tra i cittadini c’è grande preoccupazione perché non conosciamo l’esatta natura delle sostanze che arriveranno – dice a Fanpage Mimmo Macrì del Coordinamento Portuali SUL – Scopelliti tende a minimizzare, ma quando si parla di gas nervini c’è poco da minimizzare”. In città si respira tensione e preoccupazione perchè ogni possibile incidente avrebbe delle conseguenze incalcolabili. Ciò che fa arrabbiare portuali, amministratori locali e cittadini è l’assenza di un piano di emergenza in caso di incidente. “Non c’è stato alcun tavolo dove ci venisse spiegato cosa fare in caso di incidente o di situazione di pericolo per la popolazione – sottolinea Macrì – il primo ospedale degnamente attrezzato è quello di Reggio Calabria a 60 Km di distanza, visto che quelli di Polistena e Gioia Tauro sono poco meno che piccoli presidi sanitari”.

Una preoccupazione che fonda anche sulle distanze tra il porto e gli insediamenti abitativi. Le operazioni necessitano, secondo i dati diffusi dal governo, di un raggio di protezione di 1 km circa entro il quale non deve esserci nessuno. La banchina del porto si trova a circa 400 metri dalla scuola elementare di San Ferdinando eppure nessuno ha ricevuto comunicazioni su quali misure adottare durante le operazioni.

La “zona rossa” del raggio di 1 Km dalle navi e la così breve distanza tra insediamenti abitativi e la banchina rilancerebbero l’ipotesi avallata dal governatore Scopelliti, ovvero quella di un trasbordo che avverrebbe in mare senza toccare interessare le banchine. I portuali però rigettano l’ipotesi definendola poco plausibile da un punto di vista tecnico. Motivo di preoccupazione è anche la possibilità di incidenti. Pochi mesi fa nel porto di Gioia Tauro, un container contenente 29 tonnellate di marmo si staccò da una grù schiantandosi al suolo, cosa avverrebbe in caso di incidente?

Gli amministratori rilanciano gli allarmi. Emanuele Olivieri è il sindaco di Melicuccà (Rc) ed è il coordinatori del tavolo dei sindaci della piana. “Diciamo no alle scelte calate dall’alto – ha sostenuto durante la manifestazione di sabato scorso – non ci si può ricordare della piana di Gioia Tauro solo per operazioni come questa, il nostro è un territorio dove si chiudono gli ospedali, i tribunali ed i servizi pubblici sono al collasso”.

E’ importante ricordare che il porto di Gioia Tauro vede transitare ogni anno circa trentamila tonnellate di sostanze chimico nocive. Una cifra impressionante rispetto al carico di armi che sta per arrivare dalla Siria. Mancano ormai pochi giorni per vedere come si concluderà la prima parte dell’operazione di smaltimento dell’arsenale siriano. A giugno infatti ci sarà la replica con il secondo ed ultimo carico di armi che arriverà in Italia.

di Antonio Musella, tratto da Fanpage
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