Partiamo dal principio: i cittadini di uno Stato sovrano si sono espressi su un tema fondamentale quale è l’immigrazione grazie ad uno strumento di democrazia diretta come il referendum. Non è cosa da poco, in questa Europa che impone trattati e politiche monetarie senza mai chiedere ai Popoli di esprimersi. Anzi, tutte le volte che i Popoli si sono espressi – sconfessando clamorosamente le decisioni degli eurotecnocrati – l’Unione Europea ha cambiato le carte in tavola, in puro stile italiano: ricordate il ministero dell’Agricoltura, abolito da un referendum popolare, e sostituito dal ministero delle Politiche Agricole?
Ora analizziamo i dati: ha vinto il fronte favorevole ad una limitazione dei flussi migratori con il 50,3%, mentre il fronte del NO ha raggiunto il 49,7%. In pratica, meno di 25mila voti hanno determinato la vittoria delle formazioni politiche euroscettiche e di destra (l’aggettivo “nazionalista” poco si addice ad una realtà come la Svizzera). Notevoli sono le differenze da cantone a cantone: in quelli di lingua francese hanno prevalso i NO, mentre nel Canton Ticino hanno stravinto i SI. Il contatto con i frontalieri lombardi ha decisamente stancato e infastidito i ticinesi, il cui partito politico – la Lega dei Ticinesi, una sorta di Lega Nord – è diventato famoso per i manifesti in cui i lombardi venivano rappresentati come topi. La Lega dei Ticinesi è stato tra i partiti maggiormente attivi nella campagna referendaria, insieme all’Unione Democratica di Centro.
La vittoria del “referendum antimigranti” (così è stato ribattezzato dai media europei di regime) è stata accolta negativamente dagli Eurotecnocrati, difensori a spada tratta del trattato di Schengen. Può sembrare paradossale, ma non lo è affatto: la libera circolazione delle merci è sempre stata anteposta alla libera circolazione degli individui, fin dagli albori di questa farsa chiamata Unione Europea; era facilmente pronosticabile che, invece di ampliare la libertà di circolazione delle persone limitando quella delle merci, i movimenti popolari avrebbero generato una reazione esattamente contraria. Così infatti è stato, e così sarà se si continuerà a seguire i dettami della globalizzazione capitalista fregandosene delle identità, delle specificità, dei territori. Questa Europa fa paura ai popoli e alle comunità. La sentono distante, quando va bene; nemica, quando va male. Come dargli torto? Un cittadino avverte la presenza dell’Europa sia quando si tratta di stabilire le quote latte o il numero di semini dentro le arance, sia quando vengono decise, a livello continentale e transcontinentale, le politiche regressive e liberticide in campo economico e sociale dei prossimi decenni. Per il resto, l’Europa è una utopia mai realizzata e, conservando le fondamenta liberiste e universaliste, sarà sempre più irrealizzabile.
Il voto svizzero non va analizzato né giudicato utilizzando le categorie del progressismo e del conservatorismo, ma va considerato per quello che è: la reazione dei cittadini di un piccolo Stato nel cuore dell’Europa, i quali hanno osservato terrorizzati le immagini provenienti dalla Grecia, dalla Spagna e da Lampedusa. Cittadini che hanno appena cominciato ad avere la schiena ferita dalle frustate del Sistema Europa.
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